Il Libro degli Spiriti
CONTIENE
I PRINCIPI E LA DOCTRINA SPIRITISTA
sull'immortalità dell'anima, la natura degli Spiriti e il loro rapporto con gli uomini,
le leggi morali, la vita presente, la vita futura
e l'avvenire dell'Umanità
Secondo L'insegnamento dato dagli Spiriti superiori
con L'aiuto di vari medium
raccolti e messi in ordine da
ALLAN KARDEC
L'insegnamento relativo alle manifestazioni proprie e ai medium forma in un certo senso una parte distinta della filosofia e che può essere oggetto di uno studio speciale. Avendo ricevuto questa parte sviluppi molto considerevoli a seguito dell'esperienza acquisita, abbiamo ritenuto necessario farne un volume a parte, contenente le risposte date a tutte le domande relative a manifestazioni e medium, oltre a numerose osservazioni sullo spiritualismo pratico, quest'opera costituirà la continuazione o il complemento del Libro degli Spiriti.*
*In stampa.
Introduzione allo studio della Dottrina Spiritista
I
In senso peculiare, il Libro degli Spiriti contiene la Dottrina Spiritista; in senso generico, si ricollega alla dottrina spiritualista di cui rappresenta una delle fasi. Questa è la ragione per cui porta, in testa al titolo, le parole: Filosofia spiritualista.
II
Secondo alcuni, l'anima è il principio della vita materiale organica; essa non ha esistenza propria e finisce con la vita: si tratta del materialismo puro. È in questo senso, e per analogia, che di uno strumento incrinato, quando non emette più suono, si dice che non ha più anima. Secondo questa opinione, l'anima sarebbe un effetto e non una causa.
Altri pensano che l'anima sia il principio dell'intelligenza, un agente universale di cui ciascun essere assorbe una porzione. Secondo costoro, in tutto l'universo ci sarebbe una sola anima, che distribuisce scintille ai vari esseri intelligenti nel corso della loro vita. Dopo la morte ogni scintilla ritorna alla fonte comune dove si confonde con il tutto, come i ruscelli e i fiumi ritornano al mare da dove sono venuti. Questa opinione differisce dalla precedente in quanto, secondo detta ipotesi, in noi c’è più della materia e qualcosa resta dopo la morte; ma è quasi come se non restasse nulla perché, non essendoci più individualità, noi non avremmo più coscienza di noi stessi. Secondo questa opinione, l'anima universale sarebbe Dio e ogni essere una parte della Divinità; è una variante del panteismo.
Secondo altri, infine, l'anima è un essere morale, distinto, indipendente dalla materia e che conserva la sua individualità dopo la morte. Questa ipotesi è senza dubbio la più generalizzata perché, sotto un nome o sotto un altro, l'idea che questo essere sopravviva al corpo si trova allo stato di credenza istintiva e indipendentemente da qualsiasi dottrina, presso tutti i popoli, qualunque sia il loro grado di civilizzazione. Questa dottrina, secondo la quale l'anima è la causa e non l'effetto, è la dottrina degli spiritualisti.
Senza entrare nel merito di queste opinioni e considerandone solo l'aspetto linguistico, noi diremo che queste tre applicazioni della parola anima costituiscono tre idee distinte, ognuna delle quali necessiterebbe di un termine differente. Questa parola ha dunque un triplice significato e ognuno di noi ha le proprie ragioni, dal suo punto di vista, riguardo alla definizione che ne dà. Il torto sta nell'avere la lingua una sola parola per tre idee. Per evitare qualsiasi equivoco, bisognerebbe ridurre l'accezione della parola anima a una sola di queste tre idee. La scelta è indifferente, tutto sta nell'intendersi, è una questione convenzionale. Noi riteniamo più logico utilizzarla nella sua accezione più comune ed è per questo che chiamiamo ANIMA l'essere immateriale e individuale che risiede in noi e che sopravvive al corpo. Quand'anche questo essere non esistesse e fosse solo il prodotto dell'immaginazione, ci vorrebbe ancora un altro termine per designarlo.
In mancanza di una parola specifica per ognuno degli altri due punti, noi chiamiamo:
Principio vitale il principio della vita materiale e organica, qualunque ne sia l'origine, o che è comune a tutti gli esseri viventi, dalle piante all'uomo. Potendo la vita esistere anche senza la facoltà di pensare, ne consegue che il principio vitale è una proprietà distinta e indipendente. La parola vitalità non renderebbe la stessa idea. Per alcuni, il principio vitale è una proprietà della materia, un effetto che si produce quando la materia si trova in determinate circostanze. Secondo altri, ed è l'idea più comune, esso risiede in un fluido speciale ovunque diffuso e di cui ogni essere assorbe e assimila una parte durante la vita, come si può vedere nei corpi inerti che assorbono la luce. Questo sarebbe allora il fluido vitale che, secondo alcune opinioni, non sarebbe altro che il fluido elettrico di carattere animale, designato anche come fluido magnetico, fluido nervoso ecc.
Comunque, c’è un fatto che non si può contestare, perché frutto di osservazioni, ed è questo: gli esseri organici hanno in sè una forza intima che produce il fenomeno della vita, fintantoché questa forza esiste; inoltre la vita materiale è comune a tutti gli esseri organici, indipendentemente dall'intelligenza e dal pensiero, e l'intelligenza e il pensiero sono facoltà proprie di certe specie organiche, infine, fra le specie organiche dotate di intelligenza e di pensiero, ce n'è una dotata di un senso morale speciale che le dà un'incontestabile superiorità sulle altre: è la specie umana.
Si comprende che, con un'accezione multipla, l'anima non esclude né il materialismo né il panteismo. Lo spiritualista stesso può intendere molto bene l'anima secondo la prima o la seconda definizione, senza pregiudizio per l'essere immateriale distinto, al quale darà qualche altro nome. Così la parola anima non rappresenta affatto un'unica idea: è un Proteo che ognuno adatta a propria guisa e da cui hanno origine tante interminabili dispute.
Si potrebbe anche evitare la confusione servendosi semplicemente della parola anima per ognuno dei tre casi, aggiungendovi un aggettivo qualificativo atto a indicare il punto di vista sotto il quale la si considera o l'impiego che se ne fa. Si tratterebbe allora di una parola generica che esprime allo stesso tempo il principio della vita materiale, dell'intelligenza e del senso morale, ma che si differenzia con l'aggiunta di un attributo o di un'apposizione, come per i gas, per esempio, che si distinguono aggiungendo le parole idrogeno, ossigeno o azoto. Si potrebbe quindi dire — e ciò sarebbe forse la cosa migliore — l'anima vitale per il principio della vita materiale, l'anima intellettuale per il principio dell'intelligenza, e l'anima spiritista per il principio della nostra individualità dopo la morte. Come si vede, è tutta una questione di termini, ma una questione molto importante ai fini della comprensione. Di conseguenza, l'anima vitale sarebbe comune a tutti gli esseri organici quali piante, animali, uomini, l'anima intellettuale sarebbe propria degli animali e degli uomini, mentre l'anima spiritista apparterrebbe solo all'uomo.
Abbiamo creduto di dover insistere particolarmente su queste precisazioni perché la Dottrina Spiritista si basa naturalmente sull'esistenza, in noi, di un essere indipendente dalla materia e che sopravvive alla morte del corpo. Perciò, dovendo la parola anima ricorrere frequentemente nel corso di quest'opera, era importante che ne venisse fissato il senso che noi le attribuiamo al fine di evitare qualsiasi malinteso.
Veniamo ora all'oggetto principale di questo studio preliminare.
III
La Dottrina Spiritista, come tutte le nuove idee, ha i suoi seguaci e i suoi oppositori. Cercheremo di rispondere ad alcune obiezioni di questi ultimi, esaminando il valore dei motivi sui quali essi si basano, senza avere tuttavia la pretesa di convincere tutti, poiché molti credono che la luce sia stata fatta solo per loro. Noi ci rivolgiamo alle persone di buona fede, senza idee preconcette o quanto meno arretrate, ma sinceramente desiderose di istruirsi, e dimostreremo loro che la maggior parte delle obiezioni, che vengono opposte alla dottrina, provengono da un'osservazione incompleta dei fatti e da giudizi espressi con troppa leggerezza e precipitazione.
Ricordiamo prima brevemente la serie progressiva dei fenomeni che hanno dato vita a questa dottrina.
Il primo fatto osservato è stato quello di oggetti vari messi in movimento; lo si è comunemente designato con il nome di tavole rotanti o danza delle tavole. Questo fenomeno, che pare sia stato osservato per la prima volta in America o che, piuttosto, si è ripetuto in questa area geografica — poiché la storia dimostra che risale alla più remota antichità — si è verificato accompagnato da strane circostanze, quali rumori insoliti e colpi prodotti senza causa apparente. Di là si è rapidamente propagato in Europa e, in seguito, nelle altre parti del mondo. Da principio ha sollevato molta incredulità, ma la molteplicità delle esperienze ben presto non ha più permesso di dubitare della sua realtà.
Se questo fenomeno si fosse limitato al movimento degli oggetti materiali, esso si potrebbe spiegare con una causa puramente fisica. Siamo lontani dal conoscere tutti gli agenti occulti della natura, come pure tutte le proprietà di quelli che conosciamo. L'elettricità, d'altra parte, moltiplica ogni giorno all'infinito le risorse che offre all'uomo, e sembra destinata a illuminare la scienza di una luce nuova. Non è affatto impossibile che l'elettricità, modificata da talune circostanze, o da qualsiasi altro agente sconosciuto, possa essere stata la causa di questo movimento. La riunione di molte persone, aumentando la potenza d'azione, sembra avallare questa teoria, perché si potrebbe considerare questo insieme come una pila multipla la cui potenza è in ragione del numero degli elementi.
Il movimento circolare non aveva nulla di straordinario: si trova in natura. Inoltre, tutti gli astri hanno moto circolare. Noi potremmo dunque avere, in piccolo, un riflesso del movimento complessivo dell'universo. Oppure, per meglio dire, una causa fino allora sconosciuta poteva produrre accidentalmente per i piccoli oggetti, e in date circostanze, una corrente analoga a quella che trascina i mondi.
Ma il movimento non sempre era circolare. Era sovente irregolare, disordinato, e l'oggetto veniva scosso violentemente, capovolto, portato via verso una direzione qualsiasi e, contrariamente a tutte le leggi della statica, sollevato da terra e mantenuto nel vuoto. Però non c'era ancora nulla in questi fatti che non si potesse spiegare con la potenza di un agente fisico invisibile. Non vediamo forse l'elettricità sventrare edifici, sradicare alberi, lanciare lontano i corpi più pesanti, attirarli o respingerli?
I rumori insoliti, i colpi battuti, supponendo che non fossero uno dei comuni effetti della dilatazione del legno, o di ogni altra causa accidentale, potevano benissimo essere anche prodotti dall'accumulo del fluido occulto. L'elettricità non produce forse i rumori più violenti?
Fino a quel punto, come si può notare, tutto può rientrare nel campo dei fatti puramente fisici e fisiologici. Senza uscire da questo ambito di idee, c'era materia sufficiente per studi seri e degni di attirare l'attenzione degli studiosi. Perché non è stato così? È doloroso ammetterlo, ma ciò attiene a cause che provano, fra mille fatti analoghi, la superficialità umana. Innanzi tutto, la rozzezza dell'oggetto principale che è servito di base ai primi esperimenti, non può essere estraneo alle cause di tale superficialità. Quante volte una semplice parola non ha avuto grande influenza sulle cose più gravi? Senza considerare che il movimento poteva venir impresso a un oggetto qualsiasi, l'idea delle tavole è senza dubbio prevalsa, perché era l’oggetto più comodo e perché ci si siede più naturalmente intorno a un tavolo che intorno a un qualsiasi altro mobile. Ora, gli uomini superiori sono a volte così puerili che non sarebbe affatto impossibile che certi spiriti elitari abbiano ritenuto al di sotto del loro livello occuparsi di ciò che era stato convenzionalmente chiamato la danza delle tavole. È anche probabile che, se il fenomeno osservato da Galvani fosse stato osservato da uomini comuni e fosse rimasto contraddistinto da un nome scherzoso, esso sarebbe ancora relegato allo stesso livello della bacchetta magica. Qual è in effetti lo studioso che non avrebbe creduto di degradarsi occupandosi della danza delle rane?
Ciononostante, alcuni, abbastanza modesti da ammettere che la natura potrebbe non aver ancora loro detto l'ultima parola, hanno voluto verificare, per mettersi in pace la coscienza. Però è successo che il fenomeno non sempre ha risposto alle loro aspettative. Così, per il fatto che esso non si era regolarmente verificato alle loro richieste e secondo il loro metodo sperimentale, hanno concluso in senso negativo. Nonostante quanto da essi decretato, le tavole — perché di tavole si tratta — continuano a girare, e noi possiamo dire con Galileo: eppur si muovono! Diremo inoltre che è per il fatto d'essersi talmente moltiplicate che hanno oggi il diritto di essere citate, e che si tratti solo di trovare una spiegazione razionale. Si può forse dedurre qualcosa contro la realtà di un fenomeno per il solo fatto che esso non si produce in modo sempre identico, secondo la volontà e le esigenze dell'osservatore? Forse che i fenomeni elettrici e chimici non sono anch'essi subordinati a determinate condizioni? E si devono forse negare perché si producono al di fuori di queste condizioni? Non c’è dunque niente di sorprendente nel fatto che anche il fenomeno del movimento degli oggetti, per mezzo del fluido umano, abbia le sue condizioni per realizzarsi e cessi di prodursi quando l'osservatore, mettendosi dal proprio punto di vista, pretenda di farlo agire a suo capriccio o assoggettarlo alle leggi dei fenomeni conosciuti, senza tener presente che, per dei fatti nuovi, possono e devono esserci delle leggi nuove. Ora, per conoscere queste leggi, si devono studiare le circostanze nelle quali i fatti si producono, e questo studio può essere solo il frutto di un'osservazione perseverante, attenta e sovente prolungata nel tempo.
Ma, obiettano certe persone, ci sono molte volte delle frodi evidenti. Dapprima domanderemo loro se sono veramente sicure che ci siano delle frodi, se non hanno preso per frodi degli effetti di cui non hanno potuto rendersi conto, più o meno come quel contadino che aveva scambiato un fisico che faceva degli esperimenti per un abile illusionista. Ma supponendo pure che qualche volta ciò possa essere accaduto, sarebbe questa una ragione sufficiente per negare il fatto? Si deve negare la fisica perché ci sono degli illusionisti che si fregiano del titolo di fisici? D'altra parte, si deve tener conto del carattere delle persone e dell'interesse che esse potrebbero avere nell'ingannare. Sarebbe allora uno scherzo? Ci si può ben divertire per un po', ma uno scherzo prolungato all'infinito sarebbe fastidioso tanto per il mistificatore quanto peri il mistificato. Del resto, in una mistificazione che si propaga da un capo all'altro del mondo e fra le persone più ponderate, rispettabili e illuminate, ci potrebbe essere qualcosa di straordinario come il fenomeno in sé stesso.
Le prime manifestazioni intelligenti avrebbero avuto luogo per mezzo di tavoli che si alzavano e battevano con uno dei piedi un determinato numero di colpi, rispondendo in questo modo sì oppure no, secondo la convenzione, alla domanda posta. Fin qui niente di convincente per gli scettici, perché ciò poteva essere attribuito a un effetto casuale. Si ottennero in seguito delle risposte più complesse per mezzo delle lettere dell'alfabeto: l'oggetto mobile, battendo un numero di colpi corrispondente al numero d'ordine di ogni lettera, riusciva a comporre delle parole e delle frasi, in risposta alle domande poste. L'esattezza delle risposte, la loro correlazione con la domanda crearono sconcerto. L'essere misterioso che così rispondeva, interrogato sulla sua natura, dichiarò di essere uno Spirito, o genio, diede il suo nome e fornì varie informazioni sul suo conto. Questa è una circostanza molto importante da tener presente: nessuno aveva dunque immaginato gli Spiriti come mezzo per spiegare il fenomeno. È stato il fenomeno stesso a rivelarsi. Nelle scienze esatte si formulano sovente delle ipotesi per avere una base su cui ragionare, ma non è assolutamente questo il caso.
Questo modo di comunicare era lungo e scomodo. Lo Spirito, e questa è ancora una circostanza degna di nota, ne indicò un altro. Fu uno di questi esseri invisibili che consiglio di attaccare una matita a un canestro o a un altro oggetto. Il canestro, posato su un foglio di carta, venne messo in movimento dalla stessa potenza occulta che faceva muovere i tavoli. Ma, in luogo di un semplice movimento regolare, la matita traccio essa stessa dei caratteri formanti delle parole, delle frasi e dei discorsi interi di più pagine, trattando le più alte questioni di filosofia, di morale, di metafisica, di psicologia ecc., e tutto ciò con la stessa rapidità con cui sarebbe stato scritto con la mano.
Questo consiglio fu dato contemporaneamente negli Stati Uniti, in Francia e in diversi altri paesi. Ecco in quali termini esso fu dato a Parigi, il 10 giugno 1853, a uno dei più ferventi seguaci della dottrina, il quale già da parecchi anni, e precisamente dal 1849, si occupava dell'evocazione degli Spiriti: «Va a prendere, nella camera accanto, il cestello, attaccaci una matita, poggiala sopra un foglio e metti le mani sul bordo». Qualche minuto dopo, il cestello si mise in movimento, e la matita scrisse molto chiaramente questa frase: «Ciò che ti ho detto, io ti proibisco espressamente di dirlo a chicchessia. La prossima volta che scriverò, scriverò meglio».
L'oggetto al quale si attacca la matita non è che uno strumento, perciò la sua natura e la sua forma sono completamente indifferenti. Si è cercato il sistema più pratico, ed è per questo che molte persone fanno uso di una tavoletta.
Il cestello, o la tavoletta, possono essere messi in movimento solo sotto l'influenza di certe persone dotate, a questo riguardo, di un potere speciale. Esse vengono designate con il nome di medium, ossia mezzo, o intermediario, fra gli Spiriti e gli uomini. Le condizioni che danno questo potere si riferiscono a cause allo stesso tempo fisiche e morali, non ancora perfettamente conosciute, poiché si trovano dei medium di tutte le età, di ambo i sessi e a tutti i livelli di sviluppo intellettuale. Questa facoltà, d'altronde, si sviluppa con l'esercizio.
Comprovato ciò, restava da constatare un punto essenziale: quale fosse cioè il ruolo del medium nelle risposte e quale parte potesse egli avere meccanicamente e moralmente. Due circostanze fondamentali, che non riuscirebbero a sfuggire a un osservatore attento, possono risolvere la questione. La prima è il modo in cui il cestello si muove sotto l'influenza del medium, con la sola imposizione delle dita sul bordo. L'esame dimostra l'impossibilità di imprimergli una qualsiasi direzione. Questa impossibilità diventa addirittura palese, quando due o tre persone mettono le dita contemporaneamente sullo stesso cestello: sarebbe necessaria, fra di loro, una simultaneità di movimenti veramente fenomenale; ci vorrebbe inoltre una concordanza di pensiero, per potersi intendere sulla risposta da dare alla domanda formulata. Un altro fatto, non meno singolare, viene ad aggiungersi ancora a questa difficoltà: è il cambiamento radicale della scrittura a seconda dello Spirito che si manifesta. Invece, tutte le volte che uno stesso Spirito ritorna, la sua scrittura si riproduce identica. Bisognerebbe dunque che il medium si applicasse per cambiare la scrittura venti volte in maniera diversa e, soprattutto, che potesse ricordarsi quale appartiene al tale o al talaltro Spirito.
La seconda circostanza risulta dalla natura stessa delle risposte, che sono per lo più, e soprattutto quando si tratta di questioni astratte o scientifiche, notoriamente al di fuori delle conoscenze e al di sopra della portata intellettiva del medium, il quale, del resto, il più delle volte non ha minimamente coscienza di ciò che scrive sotto l'influenza dello Spirito. Frequentemente il medium non intende né comprende la domanda posta, poiché può venire formulata in una lingua ch'egli non conosce, o anche mentalmente, e la risposta può essere data nella stessa lingua. Infine sovente succede che il cestello scriva spontaneamente, senza una domanda preliminare, su un argomento qualsiasi e del tutto imprevisto.
Queste risposte, in certi casi, hanno un tale grado di saggezza, di profondità e di coerenza, rivelando pensieri così elevati e sublimi, che non possono provenire se non da un'intelligenza superiore, indice della più pura moralità. Altre volte le risposte sono così leggere, superficiali e persino volgari, che la ragione si rifiuta di credere che possano provenire dalla stessa fonte. Questa diversità di linguaggio si può spiegare solo con la diversità delle intelligenze che si manifestano. Tali intelligenze si trovano fra gli uomini o sono sovrumane? Questo è il punto da chiarire. Si troverà dunque la spiegazione completa in questa opera così come è stata data dagli Spiriti stessi.
Ecco dunque degli effetti evidenti, che si producono fuori dell'ambito abituale delle nostre osservazioni, che non passano assolutamente per misteri, ma che alla luce del giorno tutti possono vedere e constatare, poiché non sono privilegio di un solo individuo, dal momento che migliaia di persone li ripetono tutti i giorni a volontà. Questi effetti hanno necessariamente una causa e, poiché rivelano l'opera di una intelligenza e di una volontà, escono dal campo puramente fisico.
Molte teorie sono state pronunciate a questo proposito. Noi le esamineremo in seguito e vedremo se possono rendere ragione di tutti i fatti che si verificano. Ammettiamo, intanto, l'esistenza di esseri distinti dall'umanità, perché tale è la spiegazione fornita dalle intelligenze che si rivelano, e sentiamo che cosa ci dicono.
Riassumiamo qui in breve i punti salienti della dottrina che gli Spiriti ci hanno trasmesso per poter rispondere più agevolmente ad alcune obiezioni.
«Dio è eterno, immutabile, immateriale, unico, onnipotente, sovranamente giusto e buono.
Ha creato l'universo che comprende tutti gli esseri animati e inanimati, materiali e immateriali.
Gli esseri materiali costituiscono il mondo visibile o fisico, e gli esseri immateriali il mondo invisibile o spiritista, ossia degli Spiriti.
Il mondo spiritista è il mondo normale, primordiale, eterno, preesistente e sopravvivente a tutto.
Il mondo fisico è solo secondario; potrebbe cessare di esistere, o non essere mai esistito, senza per questo alterare l'essenza del mondo spiritista.
Gli Spiriti vestono temporaneamente un involucro materiale deperibile, la cui distruzione, attraverso la morte, li consegna alla libertà.
Fra le varie specie di esseri corporei, Dio ha scelto la specie umana per l'incarnazione di quegli Spiriti che hanno raggiunto un certo grado di sviluppo, la qual cosa da loro la superiorità morale e intellettuale su tutti gli altri.
L'anima è uno Spirito incarnato il cui corpo e solo un involucro.
Nell'uomo ci sono tre cose: 1) il corpo, o essere materiale analogo a quello degli animali, e animato dallo stesso principio vitale; 2) l'anima o essere immateriale, Spirito incarnato nel corpo, 3) il legame che unisce l'anima al corpo, principio intermediario fra la materia e lo Spirito.
L'uomo ha pertanto due nature: attraverso il corpo egli partecipa della natura degli animali di cui possiede anche l'istinto, attraverso l'anima partecipa della natura degli Spiriti.
Il legame, o perispirito, che unisce il corpo e lo Spirito è una specie di involucro semi materiale. La morte distrugge la parte più grossolana dell'involucro, lo Spirito conserva la seconda che costituisce per lui un corpo etereo, invisibile per noi allo stato normale, ma che lo Spirito può rendere occasionalmente visibile, e persino tangibile, così come accade nel fenomeno delle apparizioni.
Pertanto lo Spirito non è affatto un essere astratto, indefinito, che solo il pensiero può concepire. È un essere reale, ben definito che, in certi casi, è avvertibile con il senso della vista, dell'udito e del tatto.
Gli Spiriti appartengono a varie classi e non sono uguali né in potenza né in intelligenza né in sapere né in moralità. Quelli che appartengono al primo ordine sono gli Spiriti superiori che si distinguono dagli altri per la loro perfezione, la loro conoscenza, la loro vicinanza a Dio, per la purezza dei loro sentimenti e per il loro amore per il bene: sono gli angeli o Spiriti puri. Le altre classi si distanziano via via da questa perfezione. Gli Spiriti dei ranghi inferiori sono inclini alla maggior parte delle nostre passioni: odio, invidia, gelosia, orgoglio ecc.; inoltre si compiacciono del male. Nel numero ci sono poi quelli né troppo buoni né troppo cattivi. Imbroglioni e molesti piuttosto che cattivi, la parte loro spettante sembra essere quella della malizia e dell'incoerenza: sono gli Spiriti folletti o leggeri.
Gli Spiriti non appartengono in eterno allo stesso ordine. Tutti migliorano passando attraverso i vari gradi della gerarchia spiritista. Questo progresso avviene attraverso l'incarnazione, imposta a certuni come espiazione e ad altri come missione. La vita materiale e una prova che essi devono subire a più riprese finché non abbiano raggiunto la perfezione assoluta: è una specie di esame o di epurazione da cui emergono più o meno purificati.
E, lasciando il corpo, l'anima rientra nel mondo degli Spiriti, da cui era uscita, per riprendere una nuova esistenza materiale dopo un lasso di tempo più o meno lungo durante il quale si trova nello stato di Spirito errante.
Dovendo lo Spirito passare attraverso molte reincarnazioni, ne consegue che noi tutti abbiamo avuto molte esistenze e che ne avremo altre ancora, più o meno perfezionate, sia su questa Terra sia in altri mondi.
L'incarnazione degli Spiriti avviene sempre nella specie umana. Sarebbe un errore credere che l'anima, o Spirito, possa incarnarsi nel corpo di un animale. [1]
Le varie esistenze fisiche dello Spirito sono sempre progressive e mai regressive, ma la rapidità del progresso dipende dagli sforzi che ognuno di noi compie per raggiungere la perfezione.
Le qualità dell'anima sono quelle dello Spirito che è incarnato in noi. Così l'uomo dabbene è l'incarnazione di uno Spirito buono, mentre l'uomo perverso è quella di uno Spirito impuro.
L'anima aveva la sua individualità prima dell'incarnazione e la conserva dopo la separazione dal corpo.
Al suo rientro nel mondo degli Spiriti, l'anima vi ritrova tutti quelli che ha conosciuto sulla Terra. Tutte le sue esistenze precedenti scorrono nella sua memoria con il ricordo di tutto il bene e di tutto il male che ha fatto.
Lo Spirito incarnato è sotto l'influenza della materia. L'uomo che supera questa influenza con l'elevazione e la purificazione della sua anima si avvicina ai buoni Spiriti con i quali si troverà un giorno. Chi si lascia dominare dalle cattive passioni e ripone tutta la sua felicita nella soddisfazione degli appetiti più grossolani, si avvicina agli Spiriti impuri, lasciando predominare la natura animale.
Gli Spiriti incarnati abitano globi differenti dell'universo.
Gli Spiriti non incarnati, o erranti, non occupano affatto una regione determinata e circoscritta; si trovano ovunque, nello spazio e al nostro fianco, vedendoci e passandoci accanto di continuo. Una vera e propria popolazione invisibile si muove intorno a noi.
Gli Spiriti esercitano sul mondo morale, e anche sul mondo fisico, un'azione incessante. Agiscono sulla materia e sul pensiero e costituiscono una delle forze della natura, causa determinante di numerosissimi fenomeni finora inspiegabili o male interpretati e che trovano una soluzione razionale solo nello Spiritismo.
Le relazioni degli Spiriti con gli uomini sono costanti. I buoni Spiriti ci incitano al bene, ci sostengono nelle prove della vita e ci aiutano a sopportarle con coraggio e rassegnazione. I cattivi Spiriti ci incitano al male: è per loro una gioia vederci soccombere ed essere simili a loro.
Le comunicazioni degli Spiriti con gli uomini possono essere occulte o manifeste. Le comunicazioni occulte hanno luogo attraverso l'influenza buona o cattiva che essi esercitano su di noi a nostra insaputa. È a nostra discrezione discernere le ispirazioni buone da quelle cattive. Le comunicazioni ostensibili avvengono attraverso la scrittura, la parola o altre manifestazioni materiali, il più delle volte per il tramite di medium che servono loro da strumento.
Gli Spiriti si manifestano spontaneamente o per evocazione. Tutti gli Spiriti possono essere evocati: tanto quelli che hanno animato uomini oscuri quanto quelli dei personaggi più illustri — qualunque sia l'epoca in cui sono vissuti — quelli dei nostri parenti, dei nostri amici o dei nostri nemici e ottenerne, attraverso comunicazioni scritte o verbali, consigli e informazioni sulle loro condizioni d'oltretomba, sui loro pensieri nei nostri riguardi, così come le rivelazioni che è loro permesso farci.
Gli Spiriti sono attirati a misura della loro simpatia per la natura morale dell'ambiente che li evoca. Agli Spiriti superiori piacciono le riunioni serie in cui predomina l'amore per il bene e il desiderio sincero di istruirsi e migliorarsi. La loro presenza allontana gli Spiriti inferiori, che trovano invece libero accesso e possono agire in tutta libertà, fra le persone frivole o spinte dalla sola curiosità, e ovunque possano incontrarsi dei cattivi istinti. Lungi dall'ottenerne buoni consigli o informazioni utili, ci si devono aspettare solo delle futilità, delle menzogne, dei brutti scherzi o delle mistificazioni, visto che essi sovente prendono in prestito dei nomi eccellenti per meglio indurre in errore.
La distinzione fra i buoni e i cattivi Spiriti è estremamente facile: il linguaggio degli Spiriti superiori è costantemente dignitoso, nobile, improntato alla più alta moralità, svincolato da ogni bassa passione, i loro consigli emanano la più pura saggezza e hanno sempre come scopo il nostro miglioramento e il bene dell'umanità. Il linguaggio degli Spiriti inferiori, al contrario, è incoerente, sovente triviale nonché grossolano. Se qualche volta dicono delle cose buone e vere, più spesso ne dicono di false e assurde, per malizia o per ignoranza, si fanno gioco dell'altrui credulità e si divertono alle spalle di coloro che li interrogano, blandendone la vanita e cullando i loro desideri con false speranze. Riassumendo, le comunicazioni serie, nel vero senso della parola, hanno luogo solo nei centri seri, in quelli i cui membri sono uniti da una comunione intima di pensiero in vista del bene.
La morale degli Spiriti superiori si compendia, come quella di Cristo, in questa massima evangelica: agire nei confronti degli altri come noi vorremmo che gli altri agissero nei nostri confronti; ossia fare il bene e non fare assolutamente il male. L'uomo trova in questo principio la regola universale di condotta anche per le sue più piccole azioni.
Gli Spiriti ci insegnano che l'egoismo, l'orgoglio, la sensualità sono le passioni che ci avvicinano alla natura animale vincolandoci alla materia; che l'uomo, il quale già sulla Terra si libera della materia con il rifiuto delle futilità mondane e ama il prossimo, si avvicina alla natura spirituale. Gli Spiriti ci insegnano che ognuno di noi deve rendersi utile secondo le possibilità e i mezzi che Dio ha messo nelle nostre mani per metterci alla prova; che il Forte e il Potente devono appoggio e protezione al Debole, poiché chi abusa della propria forza e potenza per opprimere un suo simile viola la legge di Dio. Essi ci insegnano infine che, nel mondo degli Spiriti, nulla può venire nascosto: l'ipocrita sarà smascherato e tutte le sue turpitudini svelate. Ci insegnano anche che la presenza inevitabile e costante di coloro verso i quali noi avremo agito male è una delle punizioni a noi riservate, che, allo stato di inferiorità e di superiorità degli Spiriti, corrispondono pene e gioie a noi sconosciute sulla Terra.
Ma ci insegnano anche che non esistono errori imperdonabili che non possano venire cancellati con l'espiazione. L'uomo ne trova il mezzo nelle varie esistenze, che gli permettono di avanzare, secondo la sua volontà e i suoi sforzi, sulla via del progresso e verso la perfezione che è il suo scopo finale.»
Questo e il compendio della Dottrina Spiritista, così come risulta dall'insegnamento dato dagli Spiriti superiori. Vediamo ora le obiezioni che vi si oppongono.
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[1] Fra questa dottrina della reincarnazione e quella della metempsicosi, come la prospettano certe sette, c’è una peculiare differenza che viene spiegata nel corso dell'opera.
Quando la scienza esce dall'osservazione materiale di certi fatti e cerca di valutarli e spiegarli, il campo è aperto alle congetture: ognuno supporta il suo piccolo sistema, vuole farlo prevalere e lo sostiene con determinazione. Non vediamo forse tutti i giorni le opinioni più divergenti venire via via formulate e poi rigettate? Prima rifiutate come errori assurdi, poi proclamate come verità incontestabili? I fatti, ecco il vero criterio dei nostri giudizi, l'argomento incontestabile. In assenza di fatti, il dubbio è l'opinione del saggio.
Per le cose note a tutti, l'opinione dei sapienti fa fede a giusto titolo, perché essi sanno di più e meglio delle persone comuni. Ma rispetto a principi nuovi e a cose sconosciute, il loro modo di vedere e basato solo su ipotesi, perché essi non sono più degli altri esenti da pregiudizi. Direi persino che lo scienziato ha forse più pregiudizi degli altri, perché una propensione naturale lo porta a giudicare tutto secondo il suo punto di vista, cioè secondo quanto gli suggerisce la sua specializzazione. Così il matematico vede solo delle prove nella dimostrazione algebrica, il chimico fa riferimento in tutto all'azione degli elementi ecc. Ogni uomo che abbia una specializzazione subordina a essa tutte le sue idee. Fatelo uscire dal suo campo e sovente sragiona, perché vuole sottomettere tutto al suo modo di vedere: e una conseguenza della debolezza umana. Pertanto io consulterei di buon grado e in tutta fiducia un chimico per un'analisi, un fisico per una potenza elettrica, un meccanico per una forza motrice. Ma mi si permetterà, senza con ciò nulla togliere alla stima spettante agli scienziati per la loro conoscenza specifica, di tenere nella stessa considerazione la loro opinione negativa in fatto di Spiritismo non più del parere di un architetto su una questione di musica.
Le scienze comuni poggiano sulle proprietà della materia, che si può sperimentare e manipolare a proprio piacimento. I fenomeni spiritisti poggiano sull'azione di intelligenze che hanno volontà propria, e ci dimostrano a ogni istante che esse non sono in balia nostra. Le osservazioni non possono dunque essere fatte allo stesso modo, richiedono particolari condizioni e un altro punto di partenza. Volerle sottomettere ai nostri consueti processi di indagine, vorrebbe dire stabilire delle analogie che non esistono. La scienza propriamente detta, come scienza, non ha dunque alcuna competenza per pronunciarsi sulla questione dello Spiritismo: non se ne deve occupare, e il suo giudizio, qualunque esso sia, favorevole o no, non potrebbe avere alcun peso. Lo Spiritismo è il risultato di un convincimento personale che gli scienziati possono avere come individui, a prescindere dalle loro qualifiche di scienziati. Ma voler sottoporre la questione alla scienza, sarebbe come voler far decidere l'esistenza dell'anima a un'assemblea di fisici o di astronomi. In effetti lo Spiritismo si fonda completamente sull'esistenza dell'anima e sul suo stato dopo la morte. Pertanto e estremamente illogico pensare che l'uomo debba essere un grande psicologo solo perché e un grande matematico o un grande anatomista. Poniamo che un anatomista, sezionando il corpo umano, cerchi l'anima e, per il fatto che sotto i suoi ferri non la trova come vi trova i nervi, o per il fatto che non la vede volar via come un gas, concluda che non esiste, poiché si pone dal punto di vista unicamente materialista. Ne consegue forse che egli ha ragione contro l'opinione universale? Certamente no. Vedete dunque che lo Spiritismo non è di competenza della scienza. Quando le credenze spiritiste saranno divulgate, quando saranno accettate dalle masse — e, a giudicare dalla rapidità con cui si propagano, questo tempo non dovrebbe essere molto lontano — succederà per lo Spiritismo come per tutte le idee nuove che hanno incontrato opposizione: gli scienziati si arrenderanno di fronte all'evidenza e ci arriveranno individualmente per la forza delle cose. Fino a quel momento non è opportuno sviarli dai loro studi specifici per obbligarli a occuparsi di una cosa a loro estranea, che non è nelle loro attribuzioni né nei loro programmi. Nel frattempo, coloro i quali, senza previo e approfondito studio della materia, si pronunciano negativamente e scherniscono chiunque non sia del loro avviso, dimenticano che è avvenuta la stessa cosa con la maggior parte delle grandi scoperte che onorano l'umanità. Essi si pongono nella condizione div edere i loro nomi ingrossare l'elenco degli illustri contestatori di idee nuove e di vederli scritti accanto ai nomi dei membri della dotta assemblea che, nel 1752, accolse con un immenso scoppio di risa la relazione di Franklin sui parafulmini, giudicandola indegna di figurare nel novero delle relazioni che a quella assemblea erano state inviate. E che dire di quell'altra assemblea che fece perdere alla Francia la prerogativa della nave a vapore, dichiarando il sistema di Fulton un sogno irrealizzabile? Eppure erano questioni di loro competenza! Se dunque queste assemblee, in cui si radunava l'élite dei sapienti del mondo, hanno avuto solo scherno e sarcasmo per delle idee che non comprendevano, idee che alcuni anni dopo avrebbero rivoluzionato la scienza, i costumi e l'industria, come sperare che una questione che esula dal loro campo possa ottenere più favore?
Questi errori, da parte di alcuni sapienti — incresciosi riguardo alla loro memoria — non dovrebbero forse annullare i meriti che, sotto altro aspetto, essi hanno acquisito nella nostra stima? Ci vuole forse un diploma ufficiale per avere del buon senso? Fuori dalle poltrone accademiche si contano forse solo degli sciocchi e degli imbecilli? Si osservino bene i seguaci della Dottrina Spiritista e si veda un po' se si incontrano solo degli ignoranti, e se l'enorme numero di uomini di merito che l'hanno abbracciata consente di relegarla al rango di credenze da donnette. Per il loro carattere e il loro sapere vale bene la pena che si dica: se tali sono gli uomini che lo affermano, bisogna pure che ci sia qualcosa!
Ripetiamo ancora che, se i fatti di cui ci occupiamo si fossero limitati al movimento meccanico dei corpi, la ricerca delle cause fisiche di questo fenomeno sarebbe rientrata nel campo delle scienze. Ma dal momento che si tratta di una manifestazione al di fuori delle leggi umane, essa esula dalle competenze della scienza materiale, perché non si può spiegare né con le cifre, né con la forza meccanica. Quando sorge un fatto nuovo, che non rientra in nessun campo delle scienze conosciute, lo scienziato, per studiarlo, deve prescindere dalla propria scienza e ammettere che per lui si tratta di uno studio nuovo, che non è riconducibile a idee preconcette.
L'uomo che reputa infallibile il suo sapere è molto vicino all'errore. Persino quelli che hanno le idee più errate si appoggiano alla loro ragione ed è in virtù di ciò che rifiutano tutto ciò che sembra loro irrazionale. Coloro i quali hanno un tempo rifiutato le ammirevoli scoperte, di cui l'umanità oggi si onora, facevano tutti appello a questo giudice per rinnegarle. Però ciò che viene chiamato ragione sovente altro non è che orgoglio mascherato, e chiunque si creda infallibile si atteggia a eguale di Dio. Noi ci rivolgiamo dunque a coloro che sono abbastanza saggi da dubitare di ciò che non hanno ancora visto e che, giudicando il futuro attraverso il passato, non credono che l'uomo sia arrivato al suo apogeo, né che la natura abbia girato per lui l'ultima pagina del suo libro.
Ciò che caratterizza uno studio serio e la continuità con cui ci si impegna. Ci deve forse spaventare il non ottenere sovente delle risposte sensate a domande, serie per sé stesse, allorché queste siano fatte a caso e gettate a bruciapelo nel bel mezzo di un mucchio di domande assurde? D'altra parte una domanda e sovente complessa e richiede, per essere chiarita, delle indagini preliminari o complementari. Chiunque voglia acquisire una disciplina deve farne uno studio metodico, cominciare dall'inizio e seguire la concatenazione e lo sviluppo delle idee. Chi a caso rivolgesse a un dotto una domanda su una disciplina di cui non conosce neppure una parola, potrà forse saperne qualcosa di più? Il dotto stesso, sia pure con la migliore buona volontà, potrà forse dargli una risposta soddisfacente? Questa risposta isolata sarà forzatamente incompleta e sovente, proprio per questo, anche inintelligibile, oppure potrà sembrare assurda e contraddittoria. Accade esattamente lo stesso nei rapporti che noi stabiliamo con gli Spiriti. Se vogliamo istruirci alla loro scuola, dobbiamo operare con loro. Ma, proprio come fra di noi, bisogna scegliersi i professori e lavorare con assiduità.
Abbiamo detto che gli Spiriti superiori partecipano solamente alle riunioni serie e soprattutto a quelle in cui regna una perfetta comunione di pensiero e di intenti rivolti al bene. La leggerezza e le domande oziose li allontanano, proprio come fra gli uomini allontanano le persone ragionevoli. Il campo rimane allora aperto alla turba degli Spiriti bugiardi e frivoli, sempre alla ricerca di occasioni per burlarsi di noi e divertirsi a nostre spese. Che cosa diventa in una tale riunione una domanda seria? Ci sarà risposta, ma da parte di chi? È come se in mezzo a un gruppo di allegri buontemponi voi andaste a lanciare queste domande: che cos'e l'anima? Che cos'e la morte? E altre cose del genere. Se voi volete delle risposte serie, siate voi stessi seri nel vero senso della parola e ponetevi in sintonia con tutte le condizioni richieste. Soltanto allora otterrete grandi cose. Impegnatevi e siate più perseveranti nei vostri studi: mancando ciò, gli Spiriti superiori vi abbandonano, come fa un insegnante con i suoi alunni negligenti.
Non parliamo del movimento intelligente di certi oggetti né delle comunicazioni verbali e neppure di quelle scritte direttamente dal medium. Questo genere di manifestazione, lampante per coloro che hanno visto e approfondito l'argomento, non risulta affatto, a prima vista, tanto indipendente dalla volontà del medium da rafforzare il convincimento di un osservatore novizio. Parleremo dunque della scrittura ottenuta con l'aiuto di un oggetto qualsiasi munito di matita, come un cestino, una tavoletta ecc. Il modo in cui il medium posa le dita sull'oggetto provoca, come abbiamo detto, la destrezza più consumata per poter intervenire in qualsiasi modo sul tracciato dei caratteri. Ma ammettiamo pure che, per effetto di un'abilita straordinaria, il medium possa ingannare l'occhio più attento. Come spiegare allora la natura delle risposte allorché esse siano del tutto al di là di tutte le idee e conoscenze del medium? E, notiamo bene, non si tratta di risposte monosillabiche, ma sovente di risposte di molte pagine, scritte con la più sorprendente rapidità, sia spontaneamente sia su un determinato argomento. Sotto la mano del medium, completamente a digiuno di letteratura, nascono a volte delle poesie di una magnificenza e di una purezza irreprensibili, che i migliori poeti umani non disconoscerebbero. Ciò che va ancora ad aggiungersi alla singolarità di questi fatti e che essi si producono ovunque e che i medium si moltiplicano all'infinito. Questi fatti sono reali oppure no? A ciò abbiamo una sola risposta: vedere e osservare — le occasioni non mancheranno —, ma soprattutto osservare sovente, a lungo e nelle dovute condizioni.
Di fronte all'evidenza che cosa rispondono gli avversari? "Siete vittime della ciarlataneria, zimbelli di un'illusione". Noi diciamo innanzi tutto che bisogna scartare la parola ciarlataneria là dove non c’è profitto. I ciarlatani non lavorano gratis. Ciò sarebbe tutt'al più una mistificazione. Ma per quale strana coincidenza questi mistificatori si sarebbero messi d'accordo da un capo all'altro del mondo per agire allo stesso modo, produrre gli stessi effetti e dare sugli stessi argomenti e nelle lingue più diverse risposte identiche, se non riguardo alle parole, quanto meno riguardo al senso? In che modo, persone austere, serie, rispettabili e istruite si presterebbero a simili manovre e a quale scopo? Come si potrebbero trovare nei bambini la pazienza e l'abilita necessarie a questo fine? Perché, se i medium non sono degli strumenti passivi, sono loro necessarie un'abilita e delle cognizioni incompatibili con una certa età e certe posizioni sociali.
Allora si aggiunga che, se non c’è soperchieria, ambedue le parti possono essere vittime di un'illusione. Secondo la logica, la qualità dei testimoni ha un certo peso. È pertanto il caso di domandarci se la Dottrina Spiritista, che conta oggi milioni di aderenti, li recluti solo fra gli ignoranti. I fenomeni sui quali essa si fonda sono così straordinari che comprendiamo i dubbi. Ma ciò che non ci riesce di ammettere è la pretesa di certi increduli che ritengono di avere il monopolio del buon senso e che, senza rispetto per le convenienze sociali o il valore morale degli avversari, tacciano, con la massima sfrontatezza, di stupidita tutti quelli che non sono d'accordo con le loro opinioni. Agli occhi di tutte le persone di buon senso, l'opinione di persone illuminate, che hanno a lungo osservato, studiato e meditato un fatto, sarà sempre, se non una prova, per lo meno una verosimiglianza a loro favore, perché ha potuto attirare l'attenzione di uomini seri che non hanno né un interesse a propagandare un errore, né tempo da perdere in futilità.
Una di queste obiezioni è tratta dal linguaggio di certi Spiriti, che non sembra essere degno dell'alto livello al quale si suppone debbano appartenere degli esseri soprannaturali. Ma se ci si vuole riferire al compendio della dottrina che abbiamo appena presentato, si noterà che gli Spiriti stessi ci insegnano che essi non sono tutti uguali né per conoscenza né per qualità morali e che non bisogna prendere alla lettera tutto ciò che dicono. Spetta alle persone di buon senso distinguere il buono dal cattivo. Sicuramente coloro i quali desumono da ciò che abbiamo a che fare solo con esseri malvagi, la cui unica occupazione è quella di ingannarci, non sono a conoscenza delle comunicazioni che hanno luogo nelle riunioni, dove si manifestano solo Spiriti superiori, altrimenti non penserebbero così. È spiacevole che il caso li abbia tanto mal serviti da mostrare loro solo il lato malvagio del mondo spiritista. In questo caso, infatti, non vogliamo pensare che una tendenza di simpatia attiri verso di loro i cattivi Spiriti piuttosto che i buoni, gli Spiriti ingannatori oppure quelli il cui linguaggio trabocca di grossolanità. Si potrebbe tutt'al più concludere che la solidità dei loro principi non è così forte da evitare il male e che, trovando essi un certo piacere nel soddisfare la loro curiosità a questo riguardo, i cattivi Spiriti ne approfittino per introdursi fra di loro, mentre i buoni si allontanano.
Giudicare la questione degli Spiriti su questi fatti, sarebbe tanto poco logico quanto giudicare il carattere di un popolo da ciò che si dice e si fa nel gruppo di alcuni disgraziati o di persone di malaffare che né i saggi né le persone sensate frequentano. Coloro che così giudicano si trovano nella situazione di uno straniero che, arrivando in una grande capitale attraverso il più brutto dei suoi sobborghi, giudicasse tutti gli abitanti in base ai costumi e al linguaggio di quell'infimo quartiere. Anche nel mondo degli Spiriti c’è una buona e una cattiva società. Vogliano gli oppositori ben studiare ciò che succede fra gli Spiriti d'élite e si convinceranno che la citta celeste racchiude altro che la feccia del popolo. Ma, domandano essi, gli Spiriti elitari vengono fra noi? A questo noi rispondiamo: "Non restate nei sobborghi; guardate, osservate e giudicherete voi; i fatti sono là per tutti. A meno che non si applichino a loro le parole di Gesù: «Essi hanno gli occhi, ma non vedono; hanno orecchie ma non sentono».
Una variante di questa opinione consiste nel vedere solamente, nelle comunicazioni spiritiste e in tutti i fatti materiali ai quali esse danno luogo, l'intervento di una potenza diabolica, nuovo Pròteo che assumerebbe tutte le sembianze possibili per meglio abusare di noi. Non crediamo che ciò possa essere un esame serio, ed è per questo che su ciò non ci soffermeremo: la risposta si trova confutata in ciò che abbiamo appena detto. Aggiungeremo solo che, se così fosse, bisognerebbe convenire che il diavolo è a volte molto saggio, molto ragionevole e soprattutto molto morale, ossia che ci sono anche dei buoni diavoli.
Come credere, infatti, che Dio permetta solo agli Spiriti del male di manifestarsi per perderci, senza darci come contropartita i consigli dei buoni Spiriti? Se non lo può, e impotenza; se lo può e non lo fa, ciò e inconciliabile con la Sua bontà. L'una e l'altra supposizione sarebbero blasfeme. Notate che ammettere la comunicazione dei cattivi Spiriti e riconoscere il principio delle manifestazioni. Perciò, dal momento che esse esistono, ciò può avvenire solo con il permesso di Dio. Però come credere, senza empietà, che Egli permetta solo il male escludendo il bene? Una tale dottrina è contraria alle più semplici nozioni del buon senso e della religione.
Si trova inoltre singolare che gli Spiriti di uomini eminenti accorrano familiarmente al nostro appello e si occupino a volte di cose insignificanti a confronto di quelle a cui si dedicarono durante la loro vita. Non vi è nulla di sorprendente in ciò per coloro che sanno che il potere, o la considerazione di cui questi uomini hanno goduto sulla Terra, non dà loro nessuna supremazia nel mondo spiritista. Gli Spiriti confermano così le parole del Vangelo: "I grandi saranno abbassati e i piccoli innalzati", con ciò intendendo il rango che ognuno di noi occuperà fra gli Spiriti stessi. Così chi e stato primo sulla Terra può trovarsi fra gli ultimi. Colui davanti al quale noi abbiamo chinato il capo durante la nostra vita può trovarsi fra gli Spiriti come il più umile degli artigiani, perché nel lasciare la vita ha lasciato tutta la sua gloria. E il monarca più potente può forse trovarsi più in basso dell'ultimo dei suoi soldati.
Quando lo Spirito di qualcuno, che abbiamo personalmente conosciuto si manifesta, per esempio di un parente o di un amico, soprattutto se è morto da poco tempo, generalmente succede che il suo linguaggio è perfettamente coerente con il carattere che noi gli conosciamo. Già questo e un indice di identità. Ma il dubbio non è quasi più ammesso quando lo Spirito parla di questioni private, ricorda delle circostanze familiari conosciute solo dall'interlocutore. Un figlio non si ingannerà assolutamente sul modo di parlare di suo padre o di sua madre, né i genitori su quello del loro figlio. Accadono a volte, in questo genere di evocazioni fra intimi, delle cose sorprendenti, di natura tale da convincere il più incredulo. Lo scettico più incallito rimane sovente sconvolto dalle rivelazioni inattese che gli vengono fatte.
Un'altra circostanza molto caratteristica viene a sostegno dell'identità dello Spirito. Abbiamo detto che la scrittura di un medium cambia generalmente a seconda dello Spirito evocato, e che la sua scrittura si riproduce sempre esattamente uguale tutte le volte che lo stesso Spirito si presenta. Spesso si è constatato che, soprattutto per le persone morte da poco, questa scrittura ha una somiglianza sorprendente con quella della persona quando erano in vita, e si sono viste firme perfettamente identiche. D'altra parte noi siamo lontani dal dare a questo fatto il valore di regola e, soprattutto, di costante. Lo menzioniamo come cosa degna di nota.
Gli Spiriti giunti a un certo grado di purificazione sono gli unici svincolati da ogni influenza fisica. Ma, quando non sono completamente smaterializzati (è questa l'espressione di cui si servono), conservano la maggior parte delle idee, delle inclinazioni e persino delle manie che avevano sulla Terra. E anche questo e un mezzo di identificazione. Ma l'identificazione si trova soprattutto in una grandissima quantità di fatti, di particolari che solo un'osservazione attenta e perseverante può rivelare. Ci sono scrittori che discutono delle loro opere o delle loro dottrine, approvandone o condannandone certe parti; ricordando di altri Spiriti circostanze ignorate o poco conosciute circa la loro vitae la loro morte. Tutte cose che sono per lo meno prove morali di identità, le sole a cui si possa ricorrere in fatto di cose astratte.
Se dunque l'identità dello Spirito evocato può essere, in qualche caso e fino a un certo punto, stabilita, non c’è ragione perché non possa esserlo per altri. Se, per le persone la cui morte risale a tempi più lontani, non ci sono gli stessi mezzi di controllo, c’è sempre quello del linguaggio e del carattere. Sicuramente, infatti, lo Spirito di un uomo dabbene non parlerà come quello di un uomo perverso o di un degenerato. Quanto agli Spiriti che si fregiano di nomi rispettabili, essi si tradiscono ben presto con il loro modo di esprimersi e con le loro massime. Chi dicesse di essere Fénelon, per esempio, e urtasse, sia pure accidentalmente, il buon senso e la morale, mostrerebbe proprio con ciò l'inganno. Se, al contrario, i pensieri che esprime sono sempre chiari, senza contraddizioni e costantemente all'altezza del carattere di Fénelon, non ci sarebbero motivi per dubitare della sua identità. Altrimenti bisognerebbe supporre che uno Spirito che predichi solo il bene può consapevolmente usare la menzogna, e ciò senza utilità alcuna. L'esperienza ci insegna che gli Spiriti dello stesso livello, dello stesso carattere e animati dagli stessi sentimenti si riuniscono in gruppi o in famiglie. Ora, il numero degli Spiriti è incalcolabile, e noi siamo ben lontani dal conoscerli tutti; la maggior parte non ha neppure un nome per noi. Uno Spirito della stessa categoria di Fénelon può dunque venire in sua vece e al suo posto, sovente inviato da lui stesso quale mandatario. Si presenta sotto il suo nome, perché è identico a lui e può supplirlo, e perché noi abbiamo necessita di un nome per fissare le idee. Ma che importa, in definitiva, che uno Spirito sia realmente o no quello di Fénelon? Dal momento che dice solo cose buone e parla come lo stesso Fénelon parlerebbe, è un buono Spirito. Il nome sotto il quale si fa conoscere è indifferente, e sovente e solo un mezzo per fissare le nostre idee. Non sarebbe la stessa cosa riguardo alle evocazioni fra intimi. Ma in questo caso, come abbiamo detto, l'identità può essere stabilita da prove in qualche modo evidenti.
Per il resto, e certo che la sostituzione degli Spiriti può dar luogo a un'infinita di equivoci, possono risultarne degli errori e sovente delle mistificazioni. È questa una difficolta dello Spiritismo pratico; ma noi non abbiamo mai detto che questa scienza sia qualcosa di facile né che la si possa apprendere alla leggera, non più di quanto succeda per qualsiasi altra scienza. Non ripeteremo mai abbastanza che essa richiede uno studio assiduo e sovente assai prolungato, in quanto i fatti non possono essere provocati. Si deve attendere che si presentino da sé stessi, e sovente sono indotti da circostanze che uno neppure s'immagina. Per l'osservatore attento e paziente, i fatti abbondano, perché scopre moltissime sfumature caratteristiche che sono, per lui, dei lampi di luce. Così come e per le scienze comuni: mentre l'uomo superficiale vede in un fiore solo la sua forma elegante, lo studioso vi scopre dei tesori per il pensiero.
Essendo gli Spiriti molto differenti gli uni dagli altri dal punto di vista delle cognizioni e della moralità, e evidente che alla stessa domanda essi possano rispondere in modo diverso, secondo il rango cui appartengono, esattamente come se la domanda fosse posta, fra gli uomini, alternativamente a un sapiente, a un ignorante, o a un rozzo burlone. Fondamentale, l'abbiamo detto, è sapere a chi la si rivolge.
Ma, aggiungiamo, come avviene che gli Spiriti, riconosciuti come esseri superiori, non siano sempre d'accordo? Diremo innanzitutto che, indipendentemente dalla causa che abbiamo appena indicato, ce ne sono altre che possono esercitare una certa influenza sulla natura della risposta, prescindendo dal livello degli Spiriti. Questo e un punto essenziale, che solo lo studio potrà spiegare. Proprio per questo noi diciamo che tali studi richiedono attenzione incessante, osservazione profonda e, soprattutto, come del resto tutte le scienze umane, costanza e perseveranza. Ci vogliono degli anni per fare un modesto medico e i tre quarti di una vita per fare un sapiente, e si vorrebbe in alcune ore acquisire la scienza dell'infinito? Pertanto non ci si inganni: lo studio dello Spiritismo è immenso e tocca tutti i problemi della metafisica e dell'ordinamento sociale. È tutto un mondo che si apre davanti a noi: ci si deve allora stupire che ci voglia del tempo, e molto tempo, per acquisirlo?
La contraddizione, d'altra parte, non è così reale come può apparire. Non vediamo forse tutti i giorni delle persone che, praticando la stessa scienza, variano nella definizione che danno di una cosa, sia impiegando termini differenti, sia considerando il problema sotto un altro punto di vista, benché l'idea fondamentale sia sempre la stessa? Si faccia il conto, se possibile, del numero delle definizioni che sono state date della grammatica! Aggiungiamo ancora che la forma della risposta dipende sovente dalla forma della domanda. Sarebbe pertanto puerile trovare una contraddizione là dove il più delle volte c’è solo una differenza di termini. Gli Spiriti superiori non tengono assolutamente alla forma, per loro la sostanza del pensiero e tutto.
Prendiamo, per esempio, la definizione di anima. Non avendo questa parola un'unica accezione, gli Spiriti possono dunque, come noi, differire nella definizione che ne danno: uno potrà dire che è il principio della vita, un altro chiamarla scintilla animica, un terzo dire che è interiore, un quarto che è esteriore ecc., e tutti dal loro punto di vista avranno ragione. Si potrebbe persino credere che alcuni tra di loro professino dei principi materialistici e che, pertanto, essa non è niente. La stessa cosa avviene con la parola Dio, che sarà: il Principio di tutte le cose, il Creatore dell'universo, la sovrana Intelligenza, l'Infinito, il Grande Spirito ecc., ma in definitiva sarà sempre Dio. Citiamo infine la classificazione degli Spiriti. Essi formano un seguito continuo e ininterrotto, che va dal grado inferiore al grado superiore. La classificazione e dunque arbitraria: alcuni potranno stabilire tre classi, altri cinque, dieci o venti a seconda dei criteri adottati, senza essere per questo in errore. Tutte le scienze umane ce ne offrono l'esempio: ogni sapiente ha il suo sistema, i sistemi cambiano, ma la scienza non cambia. Che si impari la botanica secondo il sistema di Linnee, o di Jussieu, oppure di Tournefort, di certo non si conoscerà meno la botanica. Smettiamo di dare alle cose di pura convenzione più importanza di quanta ne meritino per occuparci solo di ciò che è veramente serio. Sovente la riflessione ci farà scoprire, in ciò che sembra il più disparato, una similitudine che ci era sfuggita a un primo esame.
Tutte le grandi preoccupazioni dello spirito possono causare la follia: le scienze, le arti, la stessa religione danno il loro apporto. La follia ha come causa primaria una predisposizione organica del cervello, che lo rende più o meno incline a certe suggestioni. Data questa predisposizione alla follia, essa assumerà le caratteristiche della preoccupazione principale, che diventa allora un'idea fissa. Questa idea fissa potrà essere quella degli Spiriti di cui il soggetto si è occupato, come potrà essere quella di Dio, degli angeli, del diavolo, della fortuna, del potere, di un'arte, di una scienza, della maternità, di un sistema politico o sociale. È possibile che un pazzo religioso sia diventato un pazzo spiritista, se lo Spiritismo fosse stato la sua preoccupazione dominante, così come il pazzo spiritista lo sarebbe stato sotto altra forma, secondo le circostanze.
Perciò io dico che lo Spiritismo non ha nessun privilegio in questo senso. Ma vado oltre: dico che, se ben compreso, esso è una difesa contro la follia.
Fra le cause più numerose di sovreccitazione cerebrale, bisogna contare le depressioni, le disgrazie, gli affetti contrastati, che sono allo stesso tempo le cause più frequenti di suicidio. Ora, il vero spiritista vede le cose di questo mondo da un punto di vista così elevato che esse gli appaiono ben piccole e meschine a fronte del futuro che lo attende. La vita è per lui così breve, così fuggevole che le tribolazioni sono ai suoi occhi solo spiacevoli incidenti di percorso. Ciò che in qualcuno potrebbe produrre una violenta emozione, appena lo sfiora. Egli sa d'altronde che le disgrazie della vita sono prove che servono al suo avanzamento, a patto che le sopporti senza lamentarsi, poiché sarà ricompensato a seconda del coraggio con cui le avrà sopportate. Le sue convinzioni gli danno dunque una rassegnazione che lo preserva dalla disperazione e, di conseguenza, da una delle cause più frequenti di follia e di suicidio. Egli conosce inoltre, per mezzo delle scene che le comunicazioni con gli Spiriti gli offrono, la sorte di coloro che mettono fine volontariamente ai loro giorni, e questo quadro è ben atto a farlo riflettere. Anche il numero di quelli che si sono arrestati su questa china funesta e notevole. Ecco uno dei risultati dello Spiritismo. Ridano gli increduli finché vogliono: auguro loro le consolazioni che lo Spiritismo procura a tutti quelli che si sono dati la pena di sondarne le misteriose profondità.
Al numero delle cause di follia bisogna ancora aggiungere la paura, e quella del diavolo ha scosso più di una mente. Si conosce forse il numero delle vittime fatte, tacciandole di fragile immaginazione, con questo quadro che ci si ingegna a rendere più impressionante con particolari spaventosi? Il diavolo, si dice, fa paura solo ai bambini, è un freno per renderli calmi. Sì, come l'orco e il lupo mannaro, e quando non ne hanno più paura, quelli diventano peggio di prima. E per questo bel risultato non si contano i casi di epilessia causati dal vacillare di un cervello fragile. La religione sarebbe ben debole se, mancando la paura, il suo potere potesse essere compromesso. Fortunatamente non è così: essa ha altri mezzi per agire sulle anime. Lo Spiritismo gliene offre tra i più efficaci e i più seri, se li si saprà mettere a profitto. Esso mostra la realtà delle cose, neutralizzando così i funesti effetti di una paura eccessiva.
Secondo la prima di queste teorie, tutte le manifestazioni attribuite agli Spiriti non sarebbero altro che degli effetti magnetici. I medium si troverebbero in uno stato che si potrebbe chiamare sonnambulismo in stato di veglia, fenomeno di cui tutti quelli che hanno studiato il magnetismo hanno potuto essere testimoni. In questo stato, le facoltà intellettive acquisiscono uno sviluppo anomalo, e l'ambito delle percezioni intuitive travalica i limiti delle nostre normali percezioni. Di conseguenza il medium attingerebbe in sé stesso, anche per il fatto della sua lucidità, tutto quello che dice e tutte le nozioni che trasmette, anche riguardo alle cose che gli sono completamente estranee in condizioni normali.
Non saremo noi che contesteremo il potere del sonnambulismo di cui abbiamo visto i prodigi e studiato tutte le fasi per più di trentacinque anni. Noi conveniamo che in effetti molte delle manifestazioni spiritiste possono essere spiegate in questo modo. Ma un'osservazione costante e attenta mostra una quantità di fatti in cui l'intervento del medium, escluso come strumento passivo, e materialmente impossibile. A quelli che condividono questa opinione, noi diremo come agli altri: "Guardate e osservate, perché sicuramente non avete visto tutto". Noi opporremo loro, in seguito, due considerazioni tratte dalla loro stessa dottrina. Da dove è venuta la teoria spiritista? È forse un sistema immaginato da qualcuno per spiegare i fatti? Assolutamente no. Dunque chi l'ha rivelata? Esattamente quegli stessi medium di cui voi esaltate la lucidità. Se pertanto questa lucidità è come voi la supponete, perché avrebbero attribuito a degli Spiriti ciò che essi avrebbero attinto in sé stessi? Come avrebbero potuto dare quelle informazioni così precise, così logiche e sublimi sulla natura di queste intelligenze extraumane? Delle due l'una: o sono lucidi o non lo sono. Se lo sono e se si ha fiducia nella veridicità delle loro rivelazioni, non si saprebbe come ammettere, senza contraddirsi, che essi non sono nel vero. In secondo luogo, se tutti i fenomeni avessero la loro fonte nel medium, essi sarebbero identici in uno stesso individuo, e non accadrebbe che una stessa persona tenesse linguaggi differenti, né che via via si esprimesse sulle cose più disparate. Questa mancanza di uniformità, nelle manifestazioni ottenute da uno stesso medium, prova la diversità delle fonti. Se dunque non possiamo trovarle tutte nel medium, bisogna pur cercarle fuori di lui.
Secondo un'altra opinione, il medium e sì la fonte delle manifestazioni ma, anziché attingerle in sé stesso, così come pretendono i sostenitori della teoria sonnambolica, egli le riceve dall'ambiente. Il medium sarebbe così una sorta di specchio che riflette tutte le idee, tutti i pensieri e tutte le cognizioni delle persone che lo circondano. Egli non direbbe nulla che già non fosse conosciuto almeno da qualcuno. Non si potrebbe negare — e in ciò c’è un principio della dottrina — l'influenza esercitata dagli astanti sulla natura delle manifestazioni. Ma questa influenza e cosa ben diversa da quella che si suppone, e da lì a essere il medium l'eco dei pensieri di quelli che lo circondano, la distanza e molta, in quanto migliaia di fatti dimostrano perentoriamente il contrario. Ecco dunque un grave errore che prova una volta ancora il pericolo di conclusioni premature. Costoro, non potendo negare l'esistenza di un fenomeno, di cui la scienza corrente non può dare una spiegazione, e non volendo ammettere la presenza degli Spiriti, lo spiegano a modo loro. La loro teoria, per quanto ingannevole, sarebbe attraente se potesse abbracciare tutti i fatti. Ma non è assolutamente così. Pur essendo stato loro dimostrato, fino all'evidenza, che certe comunicazioni del medium sono completamente estranee al pensiero, alla conoscenza e persino alle opinioni di tutti gli astanti, che queste comunicazioni sono sovente spontanee e contraddicono qualsiasi idea preconcetta, essi non si arrestano davanti a così poco. L'irradiazione, essi dicono, va ben oltre la cerchia immediata che ci circonda. Il medium è il riflesso di tutta l'umanità, in modo tale che, se egli non trae le sue ispirazioni da ciò che ha accanto a sé, va a cercarle fuori, nella citta, nel Paese, in tutto il mondo e anche nelle altre sfere.
Non credo che in questa teoria si trovi una spiegazione più semplice e più probabile di quella dello Spiritismo, benché presupponga una causa ben più sorprendente. L'idea che degli esseri intelligenti popolino gli spazi e che, essendo in contatto permanente con noi, ci comunichino i loro pensieri, non ha niente che colpisca di più la ragione della supposizione che questa irradiazione universale venga da tutti i punti dell'universo a concentrarsi nel cervello di un individuo.
Ancora una volta — ed e questo un punto fondamentale sul quale non insisteremo mai abbastanza — la teoria sonnambolica e quella che potrebbe chiamarsi riflessiva sono state immaginate da alcune persone. Sono opinioni personali create per spiegare un fatto, mentre la dottrina degli Spiriti non è assolutamente di concezione umana. Essa e stata dettata dalle stesse intelligenze che si manifestano, quando nessuno minimamente ci pensava e persino l'opinione generale la rifiutava. Pertanto noi domandiamo: dove i medium hanno attinto una dottrina che non esisteva nel pensiero di nessuno sulla Terra? Domandiamo inoltre: per quale strana coincidenza migliaia di medium disseminati in tutti i punti del globo, che non si sono mai incontrati, si mettono d'accordo per dire la stessa cosa? Se il primo medium apparso in Francia ha subito l'influenza di opinioni già accreditate in America, per quale bizzarria egli ha attinto le sue idee a duemila leghe al di là del mare, presso un popolo estraneo per costumi e lingua, anziché attingerle intorno a lui?
Ma c’è un'altra circostanza alla quale non si è assolutamente pensato. Le prime manifestazioni in Francia, come in America, non hanno avuto luogo né attraverso la scrittura, né attraverso la parola, ma con dei colpi che, corrispondendo alle lettere dell'alfabeto, formavano parole e frasi. È attraverso questo mezzo che le intelligenze che si sono rivelate hanno dichiarato di essere degli Spiriti. Se dunque si poteva supporre l'intervento del pensiero dei medium nelle comunicazioni verbali e scritte, la stessa cosa non sarebbe stata possibile con dei colpi, il cui significato non poteva essere conosciuto in anticipo.
Potremmo citare numerosi fatti che dimostrano, nell'intelligenza che si manifesta, un'individualità evidente e un'indipendenza assoluta di volontà. Rimandiamo pertanto a un'osservazione più attenta coloro che dissentono e, se vogliono ben studiare senza prevenzione e senza voler concludere prima di aver visto tutto, riconosceranno la debolezza della loro teoria per dare una spiegazione dei fatti. Ci limiteremo a porre la seguente domanda: perché l'intelligenza che si manifesta, qualunque essa sia, si rifiuta di rispondere a certe domande su argomenti perfettamente conosciuti come, per esempio, il nome e l'età dell'interrogante, ciò che tiene in mano, che cosa ha fatto la sera prima, il suo programma per il giorno dopo ecc. Se il medium è lo specchio del pensiero delle persone presenti, niente gli sarebbe più facile che rispondere.
Gli avversari ribattono sull'argomento domandando a loro volta perché degli Spiriti, che dovrebbero sapere tutto, non possono rispondere a cose così semplici, secondo l'assioma, chi più può, meno può, da cui traggono la conclusione che non sono degli Spiriti. Se un ignorante o un rozzo burlone, presentandosi a una dotta assemblea, domandasse, per esempio, perché è giorno in pieno mezzogiorno, credete che i membri dell'assemblea si darebbero la pena di rispondere seriamente? E sarà forse logico concludere, a causa del loro silenzio o dei motteggi con cui gratificherebbero l'interrogante, che i membri di quell'assemblea altro non sono che degli asini? Pertanto, e esattamente per il fatto che gli Spiriti sono degli esseri superiori che non rispondono a domande oziose e ridicole ne vogliono essere sottoposti a un fuoco di fila di domande. È per questo che tacciono oppure asseriscono di occuparsi di cose ben più serie.
Noi domanderemo infine perché gli Spiriti sovente vengono e se ne vanno a un determinato momento e perché, passato questo momento, non ci sono preghiere né suppliche che possano ricondurli. Se il medium agisse solo su sollecitazione mentale dei presenti, e evidente che, in questa circostanza, il concorso di tutte le volontà riunite dovrebbe stimolare la sua chiaroveggenza. Pertanto, se non si concede al desiderio dell'assemblea, sostenuto anche dalla sua volontà, è perché egli obbedisce a un'influenza estranea a sé stesso e a quelli che lo circondano. Ed è così che questa influenza dimostra la sua indipendenza e la sua individualità.
La scienza spiritista comprende due parti: una sperimentale sulle manifestazioni in generale, l'altra filosofica sulle manifestazioni intelligenti. Chiunque abbia osservato solo la prima parte e nella posizione di chi conosce la fisica solo attraverso esperienze ludiche, senza essere penetrato nel profondo della scienza. La vera Dottrina Spiritista sta nell'insegnamento dato dagli Spiriti, e le conoscenze che questo insegnamento comporta sono troppo serie per poter essere acquisite altrimenti che attraverso uno studio serio e continuativo, fatto nel silenzio e nel raccoglimento, Solo in queste condizioni, infatti, si può osservare un numero infinito di fatti e di particolari, che sfuggono all'osservatore superficiale e permettono di fissare un'opinione. Se questo libro non avesse altro risultato che quello di mostrare l'aspetto serio della questione e di sollecitare degli studi in tal senso, per noi sarebbe già molto e ci congratuleremmo con noi stessi per essere stati scelti per compiere un'opera di cui non pretendiamo, del resto, di attribuirci il merito personale, dal momento che i principi che essa contiene non sono una nostra creazione. Il merito è dunque tutto degli Spiriti che l'hanno dettata. Noi speriamo che questo studio ottenga un altro risultato, quello cioè di guidare gli uomini desiderosi di illuminarsi mostrando loro, in questi studi, un fine grande e sublime, quello cioè del progresso individuale e sociale, e di indicare loro la strada da seguire per raggiungerlo.
Terminiamo con un'ultima considerazione. Alcuni astronomi, sondando lo spazio, hanno trovato nella collocazione dei corpi celesti dei vuoti non giustificati e in disaccordo con le leggi dell'universo. Essi hanno supposto che questi vuoti dovevano essere stati occupati da corpi sfuggiti alla loro osservazione, ma hanno anche osservato certi effetti la cui causa era loro sconosciuta. E si sono detti: "Là ci deve essere un mondo perché questi vuoti non possono esistere, e questi effetti devono avere una causa". Analizzando allora la causa attraverso l'effetto, hanno potuto calcolare gli elementi, e più tardi i fatti sono venuti a confermare le loro intuizioni. Applichiamo ora questo stesso ragionamento a un altro ordine di idee. Se si osserva la serie degli esseri, si constata che essi formano una catena senza soluzione di continuità dalla materia bruta fino all'uomo più intelligente. Ma fra l'uomo e Dio, che è l'alfa e l'omega di tutte le cose, quale vuoto immenso! È ragionevole pensare che gli anelli di questa catena si arrestino all'uomo? E che egli possa superare, senza transizione alcuna, la distanza che lo separa dall'infinito? La ragione ci dice che fra l'uomo e Dio ci devono essere altri gradini, così come la ragione ha detto agli astronomi che fra i mondi conosciuti ci dovevano essere dei mondi sconosciuti. Qual e la filosofia che ha colmato questo vuoto? Lo Spiritismo ce lo mostra popolato dagli esseri di tutti i ranghi del mondo invisibile, e questi esseri altro non sono che gli Spiriti degli uomini arrivati ai diversi gradi che conducono alla perfezione. Allora tutto si collega, tutto si concatena, dall'alfa all'omega. Voi che negate l'esistenza degli Spiriti, riempite dunque il vuoto che essi occupano. E voi che ne ridete, osate dunque ridere delle opere di Dio e della Sua onnipotenza!

Fenomeni che non rientrano nelle leggi della scienza si manifestano ovunque e rivelano, nelle loro cause, l'azione di una volontà libera e intelligente.
La ragione dice che un effetto intelligente deve avere come causa una forza intelligente, e alcuni fatti hanno dimostrato che questa forza può entrare in comunicazione con gli uomini con dei segni tangibili.
Questa forza, interrogata sulla sua natura, ha dichiarato di appartenere al mondo degli esseri spirituali che si sono spogliati dell'involucro fisico dell'uomo. È così che fu rivelata la Dottrina degli Spiriti.
Le comunicazioni fra il mondo spiritista e il mondo materiale sono nella natura delle cose, non costituiscono nessun fatto soprannaturale ed e per questo che se ne trova la traccia presso tutti i popoli e in tutte le epoche. Oggi le comunicazioni sono generalizzate e palesi in tutto il mondo.
Gli Spiriti annunciano che il tempo segnato dalla Provvidenza per una manifestazione universale e arrivato e che, essendo essi i ministri di Dio e gli agenti della Sua volontà, loro missione è quella di istruire e illuminare gli uomini aprendo una nuova era per la rigenerazione dell'umanità.
Questo libro e la raccolta dei loro insegnamenti. È stato scritto per ordine degli Spiriti superiori e sotto la loro dettatura, per stabilire i fondamenti di una filosofia razionale, libera dai pregiudizi dello spirito di sistema. Non contiene nulla che non sia l'espressione del loro pensiero e che non sia stato sottoposto alla loro verifica. Solamente l'ordine e il metodo della distribuzione delle materie, così come le note e la forma di alcune parti della redazione, sono opera di colui che ha ricevuto la missione di pubblicarlo.
Fra gli Spiriti che hanno concorso alla realizzazione di quest'opera, molti sono vissuti in epoche diverse sulla Terra, dove hanno predicato e praticato la virtù e la saggezza. Altri non appartengono, per il loro nome, a nessun personaggio di cui la storia abbia conservato memoria, ma il loro alto livello e attestato dalla purezza del loro insegnamento e dalla loro unione con quelli che portano dei nomi venerabili.
Ecco i termini con i quali essi hanno concesso per iscritto, e con l'intermediazione di molti medium, la missione di scrivere questo libro:
«Occupati con zelo e perseveranza del lavoro che hai intrapreso con il nostro concorso, perché questo lavoro e il nostro. Noi vi abbiamo posto le basi del nuovo edificio che si sta innalzando e che un giorno dovrà riunire tutti gli uomini in uno stesso sentimento di amore e di carità. Ma prima di diffonderlo noi lo rivedremo insieme al fine di verificarne tutti i dettagli.
Noi saremo con te tutte le volte che lo domanderai e tutte le volte che vorrai essere aiutato negli altri tuoi lavori, perché questo libro è solo una parte della missione che ti è affidata, e che ti è già stata rivelata da uno di noi.
Fra gli insegnamenti che ti vengono dati, ce ne sono alcuni che tu devi custodire solo per te fino a nuovo ordine. Noi ti indicheremo quando il momento di renderli pubblici sarà giunto. Intanto, meditali, al fine di essere pronto quando te lo diremo.
Metterai all'inizio del libro il tralcio di vite che ti abbiamo disegnato*, in quanto e l'emblema del lavoro del Creatore. Tutti i principi materiali che possono rappresentare al meglio il corpo e lo spirito si trovano qui riuniti: il corpo è il tralcio, lo spirito e la linfa, l'anima, o lo spirito unito alla materia, e l'acino. L'uomo purifica lo spirito con il lavoro, e tu sai che è solo con il lavoro fisico che lo spirito acquisisce conoscenza.
Non lasciarti scoraggiare dalle critiche. Troverai degli oppositori accaniti, soprattutto fra quelli coinvolti negli inganni. Tu ne troverai anche fra gli Spiriti, poiché quelli che non sono completamente smaterializzati cercano sovente di seminare il dubbio per malignità o ignoranza. Ma tu vai sempre avanti, credi in Dio e cammina fiducioso: noi saremo lì a sostenerti. E vicino e il tempo in cui la verità risplenderà ovunque.
La vanita di certi uomini, che credono di sapere tutto e tutto vogliono spiegare a modo loro, farà nascere delle opinioni divergenti. Ma tutti quelli che terranno presente il grande principio di Gesù saranno affratellati dallo stesso sentimento di amore per il bene e si uniranno con un legame fraterno che abbraccerà tutto il mondo. Lasceranno da parte le meschine dispute verbali per occuparsi solo di cose essenziali, e la dottrina sarà sempre la stessa, quanto a sostanza, per tutti quelli che riceveranno le comunicazioni degli Spiriti superiori.
È con la perseveranza che arriverai a raccogliere i frutti del tuo lavoro. Il piacere che proverai vedendo la dottrina propagarsi ed essere ben compresa sarà una ricompensa di cui conoscerai tutto il valore, forse più nel futuro che nel presente. Non preoccuparti dunque delle spine e delle pietre che gli increduli o i perversi semineranno sul tuo cammino. Sii fiducioso: con la fiducia raggiungerai lo scopo e meriterai di essere sempre aiutato.
Ricordati che i buoni Spiriti assistono solo quanti servono Dio con umiltà e disinteresse e che ripudiano chiunque cerchi nella via del cielo un gradino per conquistare le cose della Terra. I buoni Spiriti si ritraggono di fronte agli orgogliosi e agli ambiziosi. L'orgoglio e l'ambizione saranno sempre una barriera fra l'uomo e Dio, un velo gettato sulle luci celesti. Dio non può servirsi del cieco per far comprendere la luce.»
SAN GIOVANNI EVANGELISTA, SANT'AGOSTINO, SAN VINCENZO DE' PAOLI, SAN LUIGI, Lo SPIRITO DI VERITÀ, SOCRATE, PLATONE, FÉNELON, FRANKLIN, SWEDENBORG ecc.[2]
* Il tralcio qui riprodotto è un facsimile di quello che è stato disegnato dagli Spiriti.
** Nota dei revisori: Nella seconda edizione francese c'era una nota di Kardec sul metodo di composizione dell'opera. Questa nota è stata cancellata dalla decima edizione, 1863.
LIBRO PRIMO — LE CAUSE PRIME
Capitolo I — Dio
Dio e l'infinito
«Dio è l'intelligenza suprema, causa prima di tutte le cose» [5]
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[5] Il testo messo fra virgolette dopo le domande è la risposta data dagli stessi Spiriti. Si sono distinte le note e le spiegazioni aggiunte dall'Autore con un altro carattere, nel caso ci fosse stata la possibilità di confonderle con il testo della risposta. Quando esse formano degli interi capitoli, non essendoci possibilità di confusione, si è conservato il carattere normale.
«Ciò che non ha né inizio né fine: il non conosciuto; tutto ciò che è non conosciuto è infinito.»
«Definizione incompleta. Povertà della lingua degli uomini, che è insufficiente per definire le cose che si trovano al di sopra della loro intelligenza.»
Dio è infinito nella Sua perfezione, ma l'infinito e un'astrazione. Dire che Dio è l'infinito è prendere l'attributo di una cosa per la cosa stessa, è definire una cosa, che non è conosciuta, con un'altra cosa ancor più sconosciuta.
Prove dell'esistenza di Dio
«In un assioma che voi applicate alle vostre scienze: non c’è effetto senza causa. Cercate la causa di tutto ciò che non è opera dell'uomo, e la vostra ragione vi risponderà.»
Per credere in Dio, basta gettare lo sguardo sulle opere della creazione. L'universo esiste, dunque ha una causa. Dubitare dell'esistenza di Dio, sarebbe negare che ogni effetto ha la sua causa e sostenere che il nulla ha potuto generare qualcosa.
«Che Dio esiste. Infatti da dove verrebbe loro questo sentimento, se si fondasse sul nulla? È ancora una conseguenza del principio secondo il quale non c’è effetto senza causa.»
«Se così fosse, perché anche i vostri selvaggi avrebbero questo sentimento?»
Se il sentimento dell'esistenza di un essere supremo fosse solamente il prodotto di un insegnamento, esso non sarebbe universale e, come per le nozioni delle scienze, esisterebbe solo presso coloro che avessero potuto ricevere questo nsegnamento.
«Ma, in questo caso, quale sarebbe allora la causa di queste proprietà? Ci vuole sempre una causa primaria.»
Attribuire la formazione primaria delle cose alle proprietà intrinseche della materia, vorrebbe dire scambiare l'effetto per la causa, perché queste proprietà sono esse stesse un effetto che deve avere una causa.
«Altra assurdità! Quale uomo di buon senso può forse considerare il caso come un essere intelligente? E poi, che cos'e il caso? Niente.»
L'armonia che regola le leggi dell'universo rivela combinazioni e determinati obiettivi e, proprio per questo, rivela una potenza intelligente. Attribuire la formazione primaria al caso sarebbe un nonsenso, perché il caso e cieco e non può produrre gli effetti che l'intelligenza produce. Un caso intelligente non sarebbe più un caso.
«Voi avete un proverbio che dice: l'opera si riconosce dall'autore. Ebbene! Osservate l'opera e cercatene l'autore. È l'orgoglio che genera l'incredulità. L'uomo orgoglioso non ammette niente e nessuno al di sopra di sé, ed e per questo che si reputa uno spirito forte. Povero essere, che un soffio di Dio può abbattere!»
Si giudica la potenza di un'intelligenza dalle sue opere. Poiché nessun essere umano può creare ciò che la natura crea, la causa primaria è pertanto un'intelligenza superiore a quella dell'umanità.
Qualunque sia il prodigio compiuto dall'intelligenza umana, questa intelligenza ha essa stessa una causa. E più ciò che essa ha compiuto e grande, tanto più grande dev'essere la causa primaria. È questa intelligenza la causa primaria di tutte le cose, qualunque sia il nome sotto cui l'uomo l'ha designata.
Attributi della Divinità
«No. È un senso che a lui manca.»
«Quando il suo Spirito sarà uscito dal buio della materia e quando, per il suo grado di perfezione, si sarà avvicinato a Dio, allora Lo vedrà e Lo comprendeva.»
L'inferiorità delle facoltà dell'uomo non gli permette di comprendere la natura intrinseca di Dio. Nell'infanzia dell'umanità, l'uomo Lo confonde sovente con la creatura cui attribuisce le imperfezioni. Però, nella misura in cui si sviluppa in lui il senso morale, il suo pensiero penetra meglio nel profondo delle cose e se ne fa un'idea più giusta e più conforme alla retta ragione, sia pure in modo sempre incompleto.
«Sì. Di alcune. L'uomo le comprende meglio man mano che si eleva al di sopra della materia: le intravede per mezzo del pensiero.»
«Dal vostro punto di vista, sì, perché credete di abbracciare tutto. Ma sappiate che esistono cose al di sopra dell'intelligenza dell'uomo più intelligente, per le quali il vostro linguaggio, limitato alle vostre idee e sensazioni, non ha assolutamente mezzi espressivi idonei. La ragione vi dice, infatti, che Dio deve avere queste perfezioni al grado supremo, perché se ne avesse una sola non a questo livello, o che non fosse a livello infinito, non sarebbe superiore a tutto, e di conseguenza non sarebbe Dio. Per essere al di sopra di tutto, Dio non deve subire nessuna vicissitudine e non avere nessuna delle imperfezioni che l'immaginazione possa concepire.»
Dio è eterno. Se avesse avuto un inizio sarebbe uscito dal nulla, oppure sarebbe stato creato Lui stesso da un essere precedente. È così che, passo dopo passo, risaliamo all'infinito e all'eternità.
Egli è immutabile. Se fosse soggetto a cambiamenti, le leggi che reggono l'universo non avrebbero nessuna stabilita.
Egli e immateriale. Ossia la Sua natura differisce da tutto ciò che noi chiamiamo materia, altrimenti non sarebbe immutabile, perché sarebbe soggetto alle trasformazioni della materia.
Egli è unico. Se ci fossero più dei non ci sarebbe né unita di disegni né unita di potenza nell'ordine dell'universo.
Egli è onnipotente, perché è unico. Se non avesse potenza sovrana, ci sarebbe qualcosa di più potente di Lui. Non avrebbe fatto tutte le cose, e quelle che non avesse fatto sarebbero opera di un altro dio.
Egli è sovranamente giusto e buono. La saggezza provvidenziale delle Leggi Divine si rivela nelle cose più piccole come nelle più grandi, e questa saggezza non permette di dubitare né della Sua giustizia né della Sua bontà.
Panteismo
«Se così fosse, Dio non esisterebbe, perché sarebbe l'effetto e non la causa. Egli non può essere allo stesso tempo l'una e l'altra cosa.
Dio esiste. Non potete dubitarne, questo e l'essenziale. Credetemi, non andate oltre. Non perdetevi in un labirinto dal quale potreste non uscire. Questo non vi renderebbe migliori, ma, forse, un po' più orgogliosi, perché credereste di sapere mentre in realtà non sapreste niente. Lasciate dunque da parte tutti questi sistemi; avete cose a sufficienza che vi toccano più direttamente, a cominciare da voi stessi. Studiate le vostre stesse imperfezioni al fine di liberarvene, ciò vi sarà più utile del voler penetrare ciò che è impenetrabile.»
«L'uomo, non potendo farsi Dio, vuole essere almeno una parte di Dio.»
«La ragione. Riflettete da persone mature, e non vi sarà difficile individuarne l'assurdità.»
Questa dottrina fa di Dio un essere materiale che, per quanto dotato di un'intelligenza suprema, sarebbe in grande ciò che noi siamo in piccolo. Ora, poiché la materia si trasforma incessantemente, se così fosse, Dio non avrebbe nessuna stabilita, sarebbe soggetto a tutti i mutamenti e a tutte le stesse necessita dell'uomo; mancherebbe di uno degli attributi essenziali della Divinità: l'immutabilità. Le proprietà della materia non possono allearsi all'idea di Dio, senza che l'idea che noi abbiamo di Dio ne venga sminuita, né tutte le sottigliezze e i sofismi riuscirebbero a risolvere il problema della Sua natura intrinseca. Noi non sappiamo tutto ciò che Egli e, pero sappiamo ciò che Egli non può non essere. E la teoria del panteismo è in contraddizione con le Sue proprietà più essenziali, poiché confonde il creatore con la creatura, esattamente come se uno volesse affermare che una macchina ingegnosa è parte integrante del tecnico che l'ha concepita.
L'intelligenza di Dio si rivela nelle Sue opere, come quella di un pittore nel suo quadro. Ma le opere di Dio non sono Dio stesso così come il quadro non è il pittore che l'ha concepito ed eseguito.
Capitolo II — Elementi generali dell'universo
Conoscenza del principio delle cose
«No, Dio non permette che tutto venga rivelato all'uomo sulla Terra.»
«Il velo si solleverà per lui nella misura in cui egli si purifica. Ma, per comprendere certe cose, ha bisogno di facoltà che ancora non possiede.»
«La scienza gli è stata donata per il suo avanzamento in tutti i campi, ma non può egli oltrepassare i limiti fissati da Dio.»
Quanto più all'uomo viene concesso di penetrare questi misteri, tanto più la sua ammirazione dev'essere grande per la potenza e la saggezza del Creatore. Ma, sia per orgoglio, sia per debolezza, la sua stessa intelligenza lo rende spesso vittima dell'illusione. Egli accumula sistemi su sistemi, che ogni giorno gli mostrano quanti errori ha preso per verità, e quante verità ha rifiutato come errori. Sono altrettante delusioni per il suo orgoglio.
«Sì. Se Dio lo giudica utile, può rivelargli ciò che la scienza non può insegnargli.»
È attraverso le comunicazioni che l'uomo attinge, entro certi limiti, la conoscenza del suo passato e del suo destino futuro.
Spirito e materia
«Dio solo lo sa. Ciononostante c’è una cosa che la vostra ragione vi può indicare, ed e questa: Dio, modello d'amore e di carità, non è mai stato inattivo. Per quanto lontano voi possiate rappresentarvi l'inizio della Sua azione, potete forse immaginarvelo un secondo inattivo?»
«Dal vostro punto di vista e esatto, perché parlate solo di ciò che conoscete. Ma la materia esiste in condizioni che sono a voi sconosciute. Essa può essere, per esempio, talmente eterea e sottile da non impressionare minimamente i vostri sensi, ciononostante è sempre materia, anche se per voi non lo sarebbe.»
22a. Quale definizione potete dare della materia?
«La materia e il legame che incatena lo spirito. È lo strumento di cui lo spirito si serve e su cui, allo stesso tempo, esercita la sua azione.»
Da questo punto di vista si può dire che la materia è l'agente, l'intermediario con l'aiuto del quale e sul quale lo spirito agisce.
«Il principio intelligente dell'universo.»
23a. Qual è la natura intrinseca dello spirito?
«Non è facile da analizzare con il vostro linguaggio. Per voi non è niente perché lo spirito non è una cosa tangibile, ma per noi è qualche cosa. Tenetelo ben presente: il niente è il nulla, e il nulla non esiste.»
«L'intelligenza e un attributo essenziale dello spirito, ma l'uno e l'altro si fondono in un principio comune, cosicché per voi e la stessa cosa.»
«L'uno e l'altra sono distinti. Ma ci vuole l'unione dello spirito e della materia perché l'intelligenza si manifesti nella materia.»
25a. Questa unione è necessaria anche per la manifestazione dello spirito? (Noi intendiamo qui per spirito il principio intelligente, e non le individualità designate con questo nome.)
«Questa unione è necessaria per voi, perché voi non siete predisposti a percepire lo spirito senza la materia. I vostri sensi non sono fatti per questo.»
«È possibile, senza dubbio, con il pensiero.»
«Sì, e al di sopra di tutto ciò Dio, il Creatore, il Padre di tutte le cose. Queste tre cose sono il principio di tutto ciò che esiste, la Trinità universale. Ma, all'elemento materiale, si deve aggiungere il fluido universale che ricopre il ruolo di intermediario fra lo spirito e la materia propriamente detta, troppo rozza perché lo spirito possa esercitare un'azione su di essa. Anche se, da un certo punto di vista, possa essere annoverato fra gli elementi materiali, esso si distingue per delle proprietà particolari. Se il fluido universale fosse veramente materia, non ci sarebbe ragione perché anche lo spirito non lo fosse. Esso si trova fra spirito e materia; e un fluido — come la materia e materia — suscettibile, per le sue innumerevoli combinazioni con questa e sotto l'azione dello spirito, di produrre l'infinita varietà delle cose di cui voi conoscete solo una minima parte. Questo fluido universale, o primitivo o elementare, essendo l'agente che lo spirito impiega, è il principio senza il quale la materia sarebbe in un perpetuo stato di dispersione e non acquisirebbe mai le proprietà che la forza di gravita le dà.»
27a. Questo fluido sarebbe quello che noi designiamo con il nome di elettricità?
«Abbiamo detto che è suscettibile di innumerevoli combinazioni. Quello che voi chiamate fluido elettrico o fluido magnetico sono modificazioni del fluido universale, che altro non è, propriamente parlando, che una materia più perfetta, più sottile, e che si può considerare come indipendente.»
«A noi le parole importano poco. Spetta a voi elaborare il vostro linguaggio in modo da intendervi. Le vostre dispute dipendono quasi sempre dal fatto che fra di voi non vi intendete sulle parole, perché la vostra lingua e incompleta per le cose non percepite dai vostri sensi.»
Un fatto evidente domina tutte le ipotesi: noi vediamo una materia che non è intelligente; noi vediamo un principio intelligente indipendente dalla materia. L'origine e la connessione di queste due cose ci sono sconosciute. Che abbiano o no una fonte comune e dei necessari punti di contatto, che l'intelligenza abbia una sua propria esistenza, o che sia una proprietà, un effetto, ch'essa sia anche, secondo l'opinione di qualcuno, un'emanazione della Divinità, tutto ciò noi Io ignoriamo. Esse ci appaiono distinte, ed è per questo che noi le concepiamo come formanti due principi costitutivi dell'universo. Noi vediamo al di sopra di tutto ciò un'intelligenza che domina tutte le altre, che tutte le altre governa e che si distingue per degli attributi essenziali: è questa intelligenza suprema che noi chiamiamo Dio.
Proprietà della materia
«Della materia, così come la intendete voi, sì; ma non della materia considerata come fluido universale. La materia eterea e sottile che forma questo fluido e imponderabile per voi, ma non per questo non è il principio della vostra materia pesante.»
La gravita è una proprietà relativa. Fuori delle sfere di attrazione dei mondi non c’è peso, come non c’è né alto né basso.
«Da un solo elemento primitivo. I corpi che voi considerate come corpi semplici non sono dei veri elementi, ma delle trasformazioni della materia primaria.»
«Sono delle modificazioni che le molecole elementari subiscono per effetto della loro unione e in determinate circostanze.»
«Sì, senza dubbio, ed esistono solo in virtù della predisposizione degli organi destinati a percepirli.»
Questo principio e dimostrato dal fatto che non tutti percepiscono le qualità dei corpi allo stesso modo: l'uno trova una cosa gradevole al gusto, mentre l'altro la trova sgradevole; gli uni vedono blu ciò che gli altri vedono rosso; ciò che è veleno per gli uni, è inoffensivo o salutare per altri.
«Sì, ed e ciò che si deve intendere quando diciamo che tutto e in tutto.» [6]
L'ossigeno, l'idrogeno, l'azoto, il carbone e tutti i corpi che consideriamo come semplici, non sono che delle modificazioni di una sostanza primitiva. Nell'impossibilità, in cui finora ci troviamo, di risalire, se non con il pensiero, alla materia primaria, questi corpi sono per noi dei veri elementi e possiamo, senza peraltro trarre delle conclusioni, considerarli tali fino a nuovo ordine.
33a. Non sembra forse, questa teoria, dare ragione all'opinione di coloro che ammettono nella materia solo due proprietà essenziali, la forza e il movimento, e pensano che tutte le altre proprietà siano solo degli effetti secondari che variano secondo l'intensità della forza e la direzione del movimento?
«Questa opinione e esatta. Si deve anche aggiungere: secondo la disposizione delle molecole, come si osserva, per esempio, in un corpo opaco, il quale può diventare trasparente e viceversa.»
[6] Questo principio spiega il fenomeno conosciuto da tutti i magnetizzatori e che consiste nel dare, a volontà, a una sostanza qualsiasi, per esempio all'acqua, delle proprietà molto diverse: un determinato gusto e persino delle qualità attive di altre sostanze. Poiché c'è solo un elemento primitivo, e le proprietà dei diversi corpi altro non sono che delle modificazioni di questo elemento, ne deriva che la sostanza più inoffensiva ha lo stesso principio della più deleteria. Così l'acqua, che è formata da due parti di idrogeno e da una di ossigeno, diventa corrosiva se si raddoppia la proporzione di ossigeno. Un'analoga trasformazione può essere prodotta dall'azione magnetica diretta dalla volontà.
«Senza dubbio le molecole hanno una forma, che pero non è percepibile da voi.»
34a. Questa forma è costante o variabile?
«Costante per le molecole elementari primarie, ma variabile per le molecole secondarie che non sono esse stesse che delle aggregazioni delle prime. Infatti ciò che voi chiamate molecola e ancora ben lontano dalla molecola elementare.»
Spazio universale
«Infinito. Se lo si supponesse limitato, che cosa ci sarebbe al di là di esso? Questo confonde la vostra ragione, lo so bene, ma la stessa ragione vi dice che non può essere altrimenti. Così è per l'infinito in tutte le cose. Ma non è dentro la vostra piccola sfera che voi potete comprendere ciò.»
Se si suppone un limite allo spazio, per quanto lontano il pensiero possa concepirlo, la ragione dirà che al di là di questo limite c’è qualcosa, e così, passo dopo passo, fino all'infinito. Infatti, se anche questo qualcosa fosse il vuoto assoluto, sarebbe ancora dello spazio.
«No, niente e vuoto. Ciò che per voi e vuoto e occupato da una materia che sfugge ai vostri sensi e ai vostri strumenti.»
Capitolo III — La Creazione
Formazione dei mondi
37. L'universo è stato creato, oppure come Dio esiste da tutta l'eternità?
«Senza dubbio non si è potuto fare da solo e se, come Dio, esistesse da tutta l'eternità non potrebbe essere l'opera di Dio.»
La ragione ci dice che l'universo non si è potuto fare da sé stesso e che, non potendo essere opera del caso, dev'essere l'opera di Dio.
«Mi si conceda di servirmi di questa espressione: con la Sua Volontà. Niente esprime meglio questa Volontà onnipotente di queste belle parole della Genesi: Dio disse: "Sia la Luce e la Luce fu".»
«Tutto ciò che si può dire, e che voi potete comprendere, e che i mondi si formano per la condensazione della materia disseminata nello spazio.»
«È esatto. Ma l'assurdo sta nel credere nella loro influenza. Voglio intendere quel genere di influenza che viene loro volgarmente attribuito. Infatti tutti i corpi celesti hanno la loro parte di influenza in certi fenomeni fisici.»
«Sì. Dio rinnova i mondi come rinnova gli esseri viventi.»
«Non posso dirlo, perché solo il Creatore lo sa. E ben pazzo sarebbe chi pretendesse di saperlo o di conoscere il numero dei secoli di questa formazione.»
Formazione degli esseri viventi
«In principio era il caos; gli elementi erano confusi. A poco a poco ogni cosa ha preso il suo posto. Allora sono apparsi gli esseri viventi adatti alle condizioni di vita del globo.»
«La Terra ne racchiudeva i germi, che attendevano il momento favorevole per svilupparsi, I principi organici si assemblarono fin dal momento in cui cesso la forza che li teneva separati, e formarono i germi di tutti gli esseri viventi. I germi restarono allo stato latente e inerte, come la crisalide e i semi delle piante, fino al momento propizio per la nascita di ogni specie; allora gli esseri di ogni specie si riunirono e si moltiplicarono.»
«Si trovavano, per così dire, allo stato di fluido nello spazio, in mezzo agli Spiriti, o in altri pianeti, in attesa della creazione della Terra per incominciare una nuova esistenza su un globo nuovo.»
La chimica ci mostra le molecole dei corpi inorganici unirsi per formare dei cristalli di una regolarità costante, secondo ogni specie, dal momento in cui si trovano nelle atte condizioni. Il minimo turbamento, in queste condizioni, è sufficiente per impedire la connessione degli elementi, o per lo meno la disposizione regolare costituente il cristallo. Perché non dovrebbe essere lo stesso per gli elementi organici? Conserviamo per anni la semenza di piante e di animali, che si sviluppa solo a una data temperatura e nell'ambiente propizio, si sono visti semi di frumento germinare dopo molti secoli. C’è dunque in queste semenze un principio latente di vitalità che attende solo una circostanza favorevole per svilupparsi. Ciò che succede quotidianamente sotto i nostri occhi non può essere esistito fin dalle origini del globo? Questa formazione degli esseri viventi, che escono dal caos grazie alla forza stessa della natura, toglie forse qualcosa alla grandezza di Dio? Lungi da ciò, essa risponde meglio all'idea che noi ci facciamo della Sua potenza, che si esercita su mondi infiniti attraverso leggi eterne. Questa teoria, è vero, non risolve la questione dell'origine degli elementi vitali, ma Dio ha i Suoi misteri e ha posto dei limiti alle nostre conoscenze.
«Sì, mail germe primitivo esisteva già allo stato latente. Voi siete, tutti i giorni, testimoni di questo fenomeno. I tessuti dell'uomo e degli animali non racchiudono forse i germi di una quantità di vermi che attendono, per scaturire, la putrida fermentazione necessaria alla loro esistenza? È un piccolo mondo che sonnecchia e che si crea.»
«Sì, ed e venuta a tempo debito. È ciò che ha fatto dire che l'uomo e stato fatto con il fango.»
«No. Tutti i vostri calcoli sono delle chimere.»
«Il principio delle cose è nei segreti di Dio. Ciononostante si può dire che gli uomini, una volta propagatisi sulla Terra, hanno assorbito in loro gli elementi necessari alla loro formazione per trasmetterli secondo le leggi della riproduzione. Lo stesso avviene per le differenti specie degli esseri viventi.»
Popolamento della Terra. Adamo
«No. Colui che voi chiamate Adamo non è stato né il primo né il solo a popolare la Terra.»
«All'incirca in quella che gli assegnate: intorno al 4.000 prima di Cristo.»
L'uomo, che la tradizione ha tramandato sotto il nome di Adamo, fu uno di coloro che sopravvissero in una regione a uno dei grandi cataclismi che, in varie epoche, sconvolsero la superficie del globo. Egli diede origine a una delle razze che oggi popolano la Terra. Le leggi della natura non sono in accordo con il fatto che i progressi dell'umanità, constatati molto prima di Cristo, si siano potuti compiere in pochi secoli, ammesso che l'uomo sia apparso sulla Terra solo dopo la venuta di Adamo. Alcuni considerano Adamo, e più che a ragione, come un mito o un'allegoria che personifica la prima età dell'umanità.
Diversità delle razze umane
«Al clima, alla vita e ai costumi. Lo stesso succede ai figli di una stessa madre se vengono educati lontano gli uni dagli altri e in modo differente. Essi non si assomiglierebbero in niente per quanto riguarda la morale.»
«Sì, e in diverse epoche, ed e questa una delle cause della diversità delle razze. Infatti gli uomini, disperdendosi sotto climi differenti e mescolandosi con altre razze, hanno dato vita a nuovi tipi.»
53a. Queste differenze costituiscono delle specie distinte?
«Certamente no. Tutti appartengono alla stessa famiglia. Le differenti varietà di uno stesso frutto gli impediscono forse di appartenere alla stessa specie?»
«Tutti gli uomini sono fratelli in Dio, perché sono animati dallo Spirito e tendono allo stesso scopo. Voi volete sempre prendere le parole alla lettera.»
Pluralità dei mondi
«Sì, e l'uomo della Terra e lontano dall'essere, come crede, il primo per intelligenza, bontà e perfezione. Ci sono pertanto uomini che si credono molto forti, che immaginano che questo piccolo globo vanti esso solo il privilegio di avere degli esseri raziocinanti. Orgoglio e vanità! Essi credono che Dio abbia creato l'universo solamente per loro.»
Dio ha popolato i mondi di esseri viventi, che concorrono tutti allo scopo finale della Provvidenza. Credere gli esseri viventi limitati al solo pianeta che noi abitiamo nell'universo sarebbe mettere in dubbio la saggezza di Dio, che non ha fatto niente di inutile. Ha dovuto assegnare a questi mondi uno scopo ben più serio che quello di ricreare la nostra vista. Niente, d'altra parte, ne riguardo alla posizione ne riguardo al volume né alla costituzione fisica della Terra, può ragionevolmente far supporre che essa sola abbia il privilegio di essere abitata, escludendo le migliaia di mondi simili.
«No, essi non si assomigliano assolutamente.»
«Senza dubbio, come da voi i pesci sono fatti per vivere nell'acqua e gli uccelli nell'aria.»
«Credete dunque che non ci siano altre fonti di luce e di calore oltre al Sole? En o n considerate per niente l'importanza dell'elettricità che, in certi mondi, gioca un ruolo a voi sconosciuto e ben altrimenti importante di quello sulla Terra? D'altra parte, non è detto che tutti gli esseri vedano allo stesso modo di come vedete voi e con organi conformati come i vostri.»
Le condizioni di vita degli esseri che abitano i diversi mondi devono essere appropriate all'ambiente nel quale essi sono chiamati a vivere. Se noi non avessimo mai visto dei pesci, non saremmo in grado di comprendere che degli esseri possano vivere nell'acqua. Lo stesso è per gli altri mondi, che racchiudono senza dubbio degli elementi che d sono sconosciuti, Non vediamo forse, sulla Terra, le lunghe notti polari illuminate dall'elettricità delle aurore boreali? Non è per nulla impossibile che, in certi mondi, l'elettricità sia più abbondante che sulla Terra e vi svolga un ruolo generale di cui noi non possiamo comprendere gli effetti? Questi mondi possono dunque racchiudere in sé stessi le fonti di calore e di luce necessarie ai loro abitanti.
Considerazioni e concordanze bibliche sulla Creazione
L'obiezione che si può fare a questa teoria e che essa e in contraddizione con i testi sacri. Ma un esame serio rivela che questa contraddizione e più apparente che sostanziale e che essa risulta dall'interpretazione data sovente in modo allegorico.
La questione del primo uomo nella persona di Adamo, come unica origine dell'umanità, non è affatto la sola sulla quale le credenze religiose hanno dovuto ricredersi. La teoria del moto della Terra è apparsa, in una cena epoca, talmente opposta ai testi sacri, che non c’è sorta di persecuzione di cui questa teoria non sia stata pretesto. E comunque la Terra gira malgrado gli anatemi, e nessuno oggi potrebbe contestarla senza far torto alla propria ragione e senza esporsi al ridicolo.
La Bibbia dice anche che il mondo è stato creato in sei giorni e ne stabilisce l'epoca intorno al 4.000 avanti Cristo. Prima, la Terra non esisteva ed e stata tratta dal niente: il testo è categorico. Ed ecco che la scienza positiva, la inesorabile scienza, viene a provare il contrario. La formazione del globo e scritta a caratteri inequivocabili nel mondo fossile, ed è dimostrato che i sei giorni della creazione sono altrettanti periodi, ognuno forse di molte centinaia di migliaia di anni. Questo non è affatto un sistema, una dottrina, un'opinione isolata, ma un fatto tanto costante quanto quello del moto della Terra, e che la teologia non può rifiutarsi di ammettere, prova evidente dell'errore nel quale è stato possibile cadere, prendendo alla lettera le espressioni di un linguaggio sovente metaforico. Si deve con questo concludere che la Bibbia è un errore? No. Sono gli uomini che si sono sbagliati a interpretarla.
La scienza, sfogliando gli archivi della Terra, ha individuato l'ordine col quale i diversi esseri viventi sono apparsi sulla sua superficie, e questo ordine coincide con quello indicato della Genesi, con questa differenza: che l'opera delle scienze, anziché essere uscita miracolosamente dalle mani di Dio in poche ore, si è compiuta, sempre per Sua volontà, e pero secondo la legge delle forze della natura, in alcuni milioni di anni. Dio è forse per questo meno grande e meno potente? La Sua opera e meno sublime per non avere il prestigio dell'immediatezza? Evidentemente no. Bisognerebbe farsi un'idea ben meschina della Divinità per non riconoscere la Sua onnipotenza nelle leggi eterne da Lui stabilite per reggere il mondo. La scienza, lungi dallo sminuire l'opera divina, ce la mostra sotto un aspetto più grandioso e più conforme alle nozioni che noi abbiamo della potenza e della maestà di Dio, per la ragione stessa che si è compiuta senza derogare alle leggi della natura.
La scienza, in ciò d'accordo con Mosè, mette l'uomo per ultimo nell'ordine della creazione degli esseri viventi. Ma, mentre Mosè pone il diluvio universale nell'anno 1654 dopo la Creazione, la geologia colloca il grande cataclisma anteriormente all'apparizione dell'uomo sulla Terra, tenuto conto che, fino a oggi, non si è trovato nei sedimenti primitivi nessuna traccia della presenza dell'uomo, né quella di animali della stessa categoria dal punto di vista fisico. Ma niente prova che ciò sia impossibile; molte scoperte hanno già lanciato dei dubbi al riguardo. È pertanto possibile che da un momento all'altro si acquisisca la certezza materiale di questa precedente presenza della razza umana, e allora si riconoscerà che, su questo punto, come su altri, il testo biblico e una metafora. La questione è sapere se il cataclisma geologico è lo stesso di quello di Noè, Ora, e certo che la durata necessaria alla formazione delle falde fossili non permette errori e, nel momento in cui si saranno trovate tracce dell'esistenza dell'uomo anteriori alla grande catastrofe, rimarrà da provare o che Adamo non è il primo uomo, o che la sua creazione si perde nella notte dei tempi. Contro l'evidenza non ci sono argomenti possibili, e bisognerà accettare questo fatto, come si è accettato quello del moto della Terra e quello dei sei periodi della Creazione.
L'esistenza dell'uomo prima del diluvio geologico è, per la verità, ancora ipotetica, ma ecco che lo è meno. Ammettendo che l'uomo sia apparso per la prima volta sulla Terra 4.000 anni avanti Cristo, se 1650 anni più tardi tutte le razze umane sono state eliminate a eccezione di una sola famiglia, ne consegue che il popolamento della Terra data solo a partire da Noè, ossia 2.350 anni prima della nostra era. Però, quando nel diciottesimo secolo gli Ebrei emigrarono in Egitto, trovarono questo Paese molto popolato e già molto avanzato riguardo alla civilizzazione. La storia prova che all'epoca anche le Indie e altri Paesi erano egualmente fiorenti, senza tener conto della cronologia di altri popoli che risale a epoche ben più lontane. Sarebbe pertanto stato necessario che dal ventiquattresimo al diciottesimo secolo, ossia nello spazio di 600 anni, non solo i discendenti di un solo uomo avessero potuto popolare tutte le immense regioni allora conosciute — supponendo che le altre non lo fossero — ma che, in questo breve intervallo, la specie umana avesse potuto elevarsi dall'ignoranza assoluta dello stato primitivo al più alto grado dello sviluppo intellettuale, la qualcosa e contraria a tutte le leggi dell'antropologia.
La diversità delle razze ancora viene in appoggio a questa opinione. Il clima e i costumi producono senza dubbio delle modificazioni nel carattere fisico, ma si sa fino a che punto queste cause possono influire, e l'esame fisiologico dimostra che fra certe razze ci sono delle differenze costituzionali più profonde di quelle che il clima può produrre. L'incrocio delle razze produce i tipi intermedi; tende a cancellare i caratteri salienti, ma non li produce; crea solo delle varietà. Pertanto, perché ci fossero stati degli incroci di razze, avrebbero dovuto esserci delle razze distinte. Come spiegare, quindi, la loro esistenza dando a essi un'origine comune e, soprattutto, così ravvicinata? Come ammettere che in pochi secoli certi discendenti di Noè si siano trasformati al punto di produrre, per esempio, la razza etiope? Tale metamorfosi non è più ammissibile dell'ipotesi di un'origine comune tra il lupo e la pecora, l'elefante e la pulce, l'uccello e il pesce. Ancora una volta niente potrebbe prevalere sull'evidenza dei fatti. Tutto si spiega, invece, ammettendo: l'esistenza dell'uomo prima dell'epoca che gli viene comunemente assegnata; la diversità delle origini; che Adamo, il quale visse sei mila anni fa, popolo una regione non ancora abitata, che il diluvio di Noè fu una catastrofe parziale scambiato per un cataclisma geologico. E tutto si spiega, infine, tenendo conto della forma allegorica, propria dello stile orientale, e che si ritrova nei libri sacri di tutti i popoli. È pertanto prudente non attribuire troppo alla leggera degli errori alle dottrine, le quali possono, prima o poi, come tante altre, offrire una smentita a coloro che le combattono. Le idee religiose, lungi dal rimetterci, si rafforzano camminando con la scienza. Questo è il solo mezzo per non mostrare allo scetticismo un lato vulnerabile.
Capitolo IV — Principio Vitale
Esseri organici e inorganici
60. Nei corpi organici e nei corpi inorganici, la forza che unisce gli elementi della materia è la stessa?
«Sì, la legge di attrazione e la stessa per tutto.»
«La materia e sempre la stessa, ma nei corpi organici e "animalizzata".»
«La sua unione con il principio vitale.»
«È l'uno e l'altra. La vita è un effetto prodotto dall'azione di un agente sulla materia. Questo agente, senza la materia, non è la vita, così come la materia non può vivere senza questo agente. Il principio vitale dà la vita a tutti gli esseri, i quali lo assorbono e lo assimilano.»
«È, senza dubbio, uno degli elementi necessari alla costituzione dell'universo, ma esso stesso ha la sua origine nella materia universale modificata. È un elemento, come per voi l'ossigeno e l'idrogeno, i quali pertanto non sono degli elementi primitivi, perché tutto ciò parte da uno stesso principio.»
64a. Da ciò sembra risultare che la vitalità non ha il suo principio in un agente primitivo distinto, ma in una proprietà speciale della materia universale, dovuta a certe modificazioni.
«È la conseguenza di ciò che abbiamo detto.»
«Ha la sua sorgente nel fluido universale. È ciò che voi chiamate fluido magnetico o fluido elettrico animalizzato. È l'intermediario, il legame tra lo spirito e la materia.»
«Sì, modificato secondo la specie. È ciò che dà loro il movimento e l'attività e li distingue dalla materia inerte. Poiché il movimento della materia non è la vita, la materia riceve questo movimento, non lo dà.»
«Si sviluppa solo con il corpo. Non abbiamo forse detto che questo agente, senza la materia, non può essere la vita? Ci vuole l'unione di due cose per produrre la vita.»
67a. Si può dire che la vitalità si trova allo stato latente, allorché l'agente vitale non è unito al corpo?
«Sì, è così.»
L'insieme degli organi costituisce una sorta di meccanismo che riceve l'impulso dell'attività intima, o principio vitale, che esiste in loro. Il principio vitale e la forza motrice dei corpi organici. Mentre l'agente vitale da impulso agli organi, l'azione degli organi mantiene e sviluppa l'attività dell'agente vitale, pressappoco come l'attrito sviluppa il calore.
La vita e la morte
«L'esaurimento degli organi.»
68a. Si potrebbe paragonare la morte alla cessazione del movimento in una macchina disgregata?
«Sì, se la macchina è montata male, il meccanismo si rompe; se il corpo è malato, la vita se ne va.»
«Il cuore è un meccanismo della vita. Ma il cuore non è l'unico organo la cui lesione causi la morte; non è che uno degli ingranaggi essenziali.»
«La materia inerte si decompone e forma nuovi esseri organici. Il principio vitale ritorna alla sua origine.»
Quando l'essere organico e morto, gli elementi di cui è costituito subiscono delle nuove combinazioni che costituiscono nuovi esseri. Questi attingono alla fonte universale il principio della vita e dell'attività, l'assorbono e l'assimilano per restituirlo a questa fonte quando cesseranno di vivere.
Gli organi sono, per così dire, impregnati di fluido vitale. Questo fluido da a tutte le parti dell'organismo un tipo di attività, che ne opera il riavvicinamento in certe lesioni e ristabilisce le funzioni momentaneamente sospese. Ma quando gli elementi essenziali al congegno degli organi sono distrutti, o troppo profondamente danneggiati, il fluido vitale si trova nell'impossibilità di trasmettere loro il movimento della vita, e l'essere muore.
Gli organi reagiscono più o meno necessariamente gli uni sugli altri ed e dall'armonia del loro insieme che risulta la loro azione reciproca. Quando una qualsiasi causa distrugge questa armonia, le loro funzioni si arrestano come il movimento di un meccanismo i cui ingranaggi essenziali si siano rotti; come un orologio che si usuri nel tempo, o rimanga per disgrazia danneggiato, e la cui forza motrice risulti impotente a rimetterlo in movimento.
Possiamo farci un'immagine più precisa della vita e della morte con un apparecchio elettrico. Questo apparecchio nasconde l'elettricità, come tutti i corpi della natura, allo stato latente. I fenomeni elettrici si manifestano solo quando il fluido è messo in attività da una causa particolare: allora si potrebbe dire che l'apparecchio e vivo. Venendo a cessare la causa d'attività, anche il fenomeno cessa: l'apparecchio ritorna allo stato d'inerzia. I corpi organici sarebbero così delle specie di pile o apparecchi elettrici nei quali l'attività del fluido produce il fenomeno della vita: la cessazione di questa attività produce la morte.
La quantità di fluido vitale non è uguale in tutti gli esseri organici; essa varia a seconda delle specie e non è assolutamente costante né nello stesso individuo né negli individui della stessa specie. Esistono quelli che ne sono, per così dire, saturi, e altri che ne hanno appena una quantità sufficiente. Da ciò consegue che per alcuni la vita è più attiva, più tenace e, in un certo senso, sovrabbondante.
La quantità di fluido vitale si esaurisce e può diventare insufficiente per la conservazione della vita se non è rinnovato con l'assorbimento e l'assimilazione delle sostanze che lo contengono.
Il fluido vitale si trasmette da un individuo all'altro. Chi ne ha di più può donarlo a chi ne ha meno e, in alcuni casi, richiamare una vita sul punto di spegnersi.
Intelligenza e istinto
«No, poiché le piante vivono e non pensano: esse non hanno che la vita organica. L'intelligenza e la materia sono indipendenti dal momento che un corpo può vivere senza l'intelligenza. Però l'intelligenza non può manifestarsi che per mezzo degli organi materiali; ci vuole l'unione con lo spirito per dare intelligenza alla materia "animalizzata".»
L'intelligenza e una facoltà particolare, propria di certe classi di esseri organici, e che da loro — con il pensiero e con la volontà di agire — la coscienza della loro esistenza e della loro individualità, come pure i mezzi per stabilire dei rapporti con il mondo esterno e per provvedere alle loro necessita.
Possiamo così distinguere: 1º gli esseri inanimati formati di sola materia, senza vitalità né intelligenza: questi sono i corpi bruti; 2º gli esseri animati non pensanti, formati di materia e dotati di vitalità, ma non di intelligenza; 3º gli esseri animati pensanti, formati di materia, dotati di vitalità, e aventi inoltre un principio intelligente che dà loro la facoltà di pensare.
«L'abbiamo detto: l'intelligenza universale.»
72a. Si potrebbe dire che ogni essere attinge una porzione di intelligenza alla fonte universale e l'assimila, così come attinge e assimila il principio della vita materiale?
«Questo e solo un paragone, ma non è esatto, perché l'intelligenza e una facoltà propria d'ogni essere e costituisce la sua individualità morale. Del resto, lo sapete, ci sono cose che all'uomo non è permesso penetrare, e questa per il momento è una di esse.»
«Non esattamente, perché e una specie di intelligenza. L'istinto e un'intelligenza non razionale. È per mezzo dell'istinto che tutti gli esseri provvedono alle loro necessita.»
«No, perché sovente si confondono. Tuttavia si possono distinguere molto bene gli atti che appartengono all'istinto e quelli che appartengono all'intelligenza.»
«No, l'istinto esiste sempre, ma l'uomo lo trascura. L'istinto può anche condurre al bene; ci guida quasi sempre, e a volte meglio della ragione. Esso non s'inganna mai.»
75a. Perché non sempre la ragione è una guida infallibile?
«Essa sarebbe infallibile se non fosse fuorviata dalla cattiva educazione, dall'orgoglio e dall'egoismo. L'istinto non ragiona, mentre la ragione consente delle scelte e da all'uomo il libero arbitrio.»
L'istinto e un'intelligenza rudimentale che differisce dall'intelligenza propriamente detta per il fatto che le sue manifestazioni sono quasi sempre spontanee, mentre quelle dell'intelligenza sono il risultato di una combinazione e di un atto deliberato.
L'istinto varia nelle sue manifestazioni secondo le specie e le loro necessita. Negli esseri che hanno la coscienza e la percezione delle cose esteriori, l'istinto si affianca all'intelligenza, ossia alla volontà e alla libertà.
LIBRO SECONDO — MONDO SPIRITISTA O DEGLI SPIRITI
Capitolo I — Degli Spiriti
Origine e natura degli Spiriti
«Si può dire che gli Spiriti sono gli esseri intelligenti della creazione. Essi popolano l'universo al di fuori del mondo materiale.»
Nota - La parola Spirito viene impiegata qui per designare l'individualità degli esseri extracorporei, e non più l'elemento intelligente universale.
«Mio Dio! Sono una Sua opera, esattamente come un uomo che fabbrichi una macchina. Questa macchina e opera di questo uomo, non lui stesso. Si sa che quando l'uomo fa una cosa bella e utile, la chiama la sua creatura. Ebbene, lo stesso è di Dio: noi siamo Sue creature, perché siamo Sua opera.»
«Se gli Spiriti non avessero affatto avuto un inizio, sarebbero uguali a Dio, mentre invece sono una Sua creazione e sottoposti alla Sua volontà. Dio esiste dall'eternità, questo è incontestabile. Ma per quanto riguarda il sapere quando e come ci ha creati, non sappiamo niente. Si può dire che noi non abbiamo un inizio, se si intende con ciò che Dio, essendo eterno, ci ha dovuto creare incessantemente. Ma quando e come ognuno di noi è stato creato, ripeto, nessuno lo sa. Qui sta il mistero.»
«È evidente. Gli Spiriti sono l'individualizzazione del principio intelligente, come i corpi sono l'individualizzazione del principio materiale. Sono l'epoca e il modo di questa formazione che ci sono sconosciuti.»
«È perpetua, ossia Dio non ha mai cessato di creare.»
«Dio li crea, come tutte le altre creature, di Sua volontà. Ma, ancora una volta, la loro origine e un mistero.»
«Come può definirsi una cosa quando mancano i termini di comparazione e non si possiede un linguaggio sufficiente? Un cieco può forse dare la definizione della luce? Immateriale non è il termine proprio. Incorporeo sarebbe più esatto, poiché si deve ben comprendere che lo Spirito, essendo una creazione, deve pur essere qualcosa. È una materia quintessenziata — ma non ve n'e di analoga presso di voi — così eterea che sfugge del tutto alla capacita dei vostri sensi.»
Noi diciamo che gli Spiriti sono immateriali, perché la loro essenza differisce da tutto do che noi conosciamo sotto il nome di materia. Un popolo di ciechi non avrebbe affatto dei termini per esprimere la luce e i suoi effetti. Il cieco dalla nascita crede di avere tutte le percezioni attraverso l'udito, l'odorato, il gusto e il tatto; ma non comprende quelle idee che il senso di cui manca potrebbe dargli. Anche noi, riguardo all'essenza degli esseri sovrumani, siamo dei veri ciechi. Possiamo definirli solo con comparazioni sempre imperfette, o con uno sforzo dell'immaginazione.
«Parecchie sono le cose che voi non comprendete, perché la vostra intelligenza è limitata. Ma questa non è una ragione per rifiutarle. Il bambino non comprende tutto ciò che comprende suo padre, né l'ignorante tutto ciò che comprende il dotto. Noi vi diciamo che l'esistenza degli Spiriti non finisce affatto. È tutto ciò che possiamo dire per ora.»
Mondo normale primitivo
«Sì. Essi costituiscono il mondo degli Spiriti o delle intelligenze incorporee.»
«Il mondo spirituale. Esso e preesistente e sopravvive a tutto.»
«Sì. I due mondi sono indipendenti, eppure la loro correlazione è incessante, perché agiscono di continuo l'uno sull'altro.»
«Gli Spiriti sono ovunque. Gli spazi, infiniti, sono da loro popolati all'infinito. Ce ne sono senza fine accanto a voi, e vi osservano e agiscono su di voi a vostra insaputa, poiché gli Spiriti sono una delle forze della natura e gli strumenti di cui Dio si serve per il compimento dei suoi disegni provvidenziali. Però non tutti vanno dappertutto, perché ci sono delle regioni interdette ai meno avanzati»
Aspetto e ubiquità degli Spiriti
«Ai vostri occhi, no; ai nostri, sì. Lo Spirito è, se volete, una fiamma, un bagliore, o una scintilla eterea.»
88a. Questa fiamma, o scintilla, ha un qualche colore?
«Per voi varia dal cupo allo splendore del rubìno, a seconda che lo Spirito sia più o meno puro.»
Generalmente ì geni sono rappresentati con una fiamma o una stella sulla fronte. È un'allegoria che richiama la natura essenziale degli Spiriti. La sì mette sulla sommità del capo perché è lì che ha sede l'intelligenza.
«Sì, ma un tempo veloce come il pensiero.»
89a. Il pensiero non è forse l'anima stessa che si sposta?
«Quando il pensiero si trova da qualche parte, l'anima lo e pure, dal momento che è l'anima che pensa. Il pensiero è un suo attributo.»
«L'una e l'altra cosa. Lo Spirito può benissimo, se lo vuole, rendersi conto della distanza che percorre, ma questa distanza può anche venire completamente cancellata. Ciò dipende dalla sua volontà e anche dalla sua natura più o meno purificata.»
«No, essi penetrano dappertutto: l'aria, la terra, l'acqua e persino il fuoco sono loro accessibili.»
«Non può esserci divisione di uno stesso Spirito; ma ogni Spirito è un centro che si irradia in diverse direzioni, ed e per questo che sembra trovarsi in vari luoghi nello stesso tempo. Si veda il sole. È uno solo e tuttavia si irradia tutt'intorno e dirige i suoi raggi molto lontano. Malgrado do non si divide.»
92a. Tutti gli Spiriti si irradiano con la stessa intensità?
«Ci mancherebbe! Ciò dipende dal loro grado di purezza.»
Ogni Spirito è una unita indivisibile, ma ognuno di essi può estendere il suo pensiero in varie parti senza peraltro dividersi. È solamente in questo senso che si deve intendere il dono dell'ubiquità attribuita agli Spiriti; come una luce che proietti lontano il suo chiarore e può così essere percepita da tutti i punti dell'orizzonte; o, ancora, come un individuo che, senza spostarsi e senza dividersi, può trasmettere ordini, segnali e movimento in diversi punti.
Perispirito
«Lo Spirito è circondato da una sostanza vaporosa per voi, ma ancora molto grossolana per noi; abbastanza vaporosa, comunque, da permettergli di elevarsi nell'atmosfera e trasferirsi dove vuole.»
Come il seme di un frutto è circondato dal perisperma, così lo Spirito propriamente detto è rivestito di un involucro che, per analogia, si può chiamare perispirito.
«Nel fluido universale di ogni globo. È per questo che non è il medesimo in tutti i mondi. Passando da un mondo all'altro lo Spirito cambia involucro, come voi cambiate abito.»
94a. Pertanto quando gli Spiriti, che abitano dei mondi superiori, vengono tra noi, si rivestono di un perispirito più grossolano?
«Si devono rivestire della vostra materia; l'abbiamo già detto.»
«Sì. Ha una forma secondo il gradimento dello Spirito. Ed è così che vi appare qualche volta, sia nei sogni, sia in stato di veglia, e può assumere un aspetto visibile e persino tangibile.»
Differenti ordini di Spiriti
«Ce ne sono di differenti ordini, secondo il grado di perfezione al quale sono pervenuti.»
«Il numero e illimitato perché non c’è tra questi ordini una linea di demarcazione tracciata come confine, cosicché si possono moltiplicare o ridurre le divisioni a volontà. Comunque, se si considerano i caratteri generali, le divisioni si possono ridurre a tre principali.
Al primo posto si possono mettere gli Spiriti che hanno raggiunto la perfezione: sono gli Spiriti puri. Quelli del secondo ordine sono arrivati a metà della scala: il desiderio del bene e la loro preoccupazione. Quelli dell'ultimo grado si trovano ancora alla base della scala: sono gli Spiriti imperfetti, caratterizzati dall'ignoranza, dal desiderio del male e da tutte le cattive passioni che ritardano il loro avanzamento.»
«Essi hanno questo potere secondo il grado di perfezione raggiunto: alcuni hanno la scienza, altri la saggezza e la bontà, ma tutti hanno ancora delle prove da affrontare.»
«No, alcuni non fanno né del bene né del male, altri invece si compiacciono del male e provano piacere quando hanno l'occasione di farlo. E poi ci sono ancora degli Spiriti leggeri, o folletti, più arruffoni che cattivi, i quali indulgono più alla malizia che alla cattiveria e provano piacere nel mistificare e causare piccole contrarietà di cui si fanno beffe.»
Scala spiritista
Aggiungiamo ancora questa considerazione, che non si deve perdere mai di vista: fra gli Spiriti, esattamente come fra gli uomini, ce ne sono di molto ignoranti, e non si stara mai abbastanza in guardia dalla propensione a credere che tutti gli Spiriti debbano sapere tutto perché sono degli Spiriti. Qualsiasi classificazione esige metodo, analisi e conoscenza approfondita dell'argomento. Pertanto, nel mondo degli Spiriti, quelli che hanno delle conoscenze limitate sono, come sulla Terra gli ignoranti, incapaci di abbracciare un insieme e di formulare un sistema, non conoscono o non comprendono che imperfettamente una qualsiasi classificazione. Per costoro, tutti gli Spiriti superiori a loro sono di prim'ordine, senza che essi siano in grado di valutare le sfumature del sapere, della capacita e della moralità che li distinguono, come da noi l'uomo rozzo nei riguardi dell'uomo colto. Anche quelli che sono capaci di farlo possono variare nei particolari secondo il loro punto di vista, soprattutto quando una suddivisione non ha niente di assoluto. Linneo, Jussieu e Tournefort hanno elaborato ognuno un loro metodo, ma la botanica non è per questo cambiata. Il fatto è che essi non hanno inventato né le piante né le loro caratteristiche: essi ne hanno osservato le analogie in base alle quali hanno poi stabilito i gruppi e le classi. È così che noi abbiamo proceduto: non abbiamo inventato né gli Spiriti né le loro caratteristiche. Abbiamo visto e osservato, li abbiamo giudicati in base alle loro parole e ai loro atti, e poi classificati per analogie basandoci sui dati che essi stessi ci hanno fornito.
Gli Spiriti ammettono generalmente tre categorie principali o tre grandi suddivisioni. Nell'ultima, quella che si trova alla base della scala, ci sono gli Spiriti imperfetti, caratterizzati dalla predominanza della materia sullo spirito e la propensione al male. Quelli della seconda categoria sono caratterizzati dalla predominanza dello spirito sulla materia e dal desiderio del bene: questi sono i buoni Spiriti. Infine la prima comprende gli Spiriti puri, quelli che hanno raggiunto il grado supremo della perfezione.
Questa suddivisione ci sembra essere perfettamente razionale e presentare dei caratteri ben definiti. Non ci resta che far emergere, attraverso un numero sufficiente di suddivisioni, le sfumature principali dell'insieme. È ciò che abbiamo fatto con l'aiuto degli Spiriti, i quali non ci hanno mai fatto mancare le loro benevole istruzioni.
Con l'aiuto di questo schema sarà facile determinare la categoria e il grado di superiorità o di inferiorità degli Spiriti con i quali possiamo entrare in contatto e, di conseguenza, il grado di fiducia e di stima che loro spetta. È questa, in un certo senso, la chiave della scienza spiritista, che pero può solo orientarci sulle discrepanze che le comunicazioni presentano, chiarendoci le disuguaglianze intellettuali e morali degli Spiriti. Facciamo osservare, tuttavia, che gli Spiriti non appartengono sempre esclusivamente alla tale o tal altra classe. Avvenendo il loro progresso solo per gradi e, sovente, più in un senso che in un altro, essi possono riunire i caratteri di più categorie, cosa che è facile valutare dal loro linguaggio e dai loro atti.
Terzo ordine - Spiriti imperfetti
Hanno l'intuizione di Dio, ma non lo comprendono.
Non tutti sono essenzialmente cattivi. In alcuni c’è più leggerezza, incoerenza e malizia che vera cattiveria. Altri non fanno né del male né del bene, ma, per il fatto stesso che non fanno del tutto il bene, denotano la loro inferiorità. Altri ancora, invece, si compiacciono del male e sono contenti quando hanno l'occasione per farlo. Possono associare l'intelligenza alla cattiveria o alla malizia; ma qualunque sia il loro sviluppo intellettuale, le loro idee sono poco elevate e i loro sentimenti più o meno ignobili.
Le loro conoscenze sulle cose del mondo spiritista sono limitate, e il poco che sanno si confonde con le idee e i preconcetti della vita materiale. Ci possono dare solo delle nozioni false e incomplete; ma l'osservatore attento trova sovente nelle loro comunicazioni, anche se imperfette, la conferma delle grandi verità insegnate dagli Spiriti superiori.
Il loro carattere si rivela con il loro stesso linguaggio. Ogni Spirito che, nelle sue comunicazioni, tradisca un cattivo pensiero, può essere assegnato al terzo ordine. Di conseguenza qualsiasi cattivo pensiero che ci viene suggerito ci viene da uno Spirito di questo ordine. Essi vedono la felicita dei buoni, e questo e per loro un tormento incessante perché provano tutte le afflizioni che l'invidia e la gelosia possono originare.
Conservano il ricordo e la percezione delle sofferenze della vita fisica, e questa impressione è sovente più dolorosa della realtà. Soffrono dunque veramente, sia dei mali che essi hanno sopportato sia di quelli che hanno fatto sopportare agli altri. E, poiché soffrono da lungo tempo, credono di dover soffrire per sempre. Dio, per punirli, vuole che essi lo credano.
Gli Spiriti appartenenti al terzo ordine si possono dividere in cinque classi principali.
Nelle manifestazioni si riconoscono dal loro linguaggio. La trivialità e la rozzezza delle espressioni, presso gli Spiriti come presso gli uomini, è sempre indice di inferiorità morale, se non intellettuale. Le loro comunicazioni rivelano la bassezza delle loro inclinazioni e, se cercano di trarre in inganno parlando in modo sensato, non possono sostenere a lungo il ruolo e finiscono sempre col tradire la loro origine.
Certi popoli ne hanno fatto delle Divinità malefiche, altri li designano sotto il nome di demoni, geni cattivi, Spiriti del male.
Gli esseri viventi che essi animano, quando sono incarnati, sono inclini a tutti i vizi che le passioni vili e degradanti generano: la sensualità, la crudeltà, l'impostura, l'ipocrisia, la cupidigia, l'avarizia sordida. Fanno del male per il piacere di farlo, il più delle volte senza motivo e, in odio al bene, scelgono quasi sempre le loro vittime tra i buoni. Essi sono dei flagelli per l'umanità, a qualsiasi rango della società appartengano, e la patina della civilizzazione non li mette al riparo dall'obbrobrio e dall'ignominia.
Nelle comunicazioni con gli uomini, il loro linguaggio è a volte spiritoso e faceto, ma quasi sempre superficiale. Colgono i difetti e il ridicolo che poi esprimono con battute mordenti e satiriche. Se prendono a prestito dei nomi falsi, è sovente più per malizia che per cattiveria.
Secondo ordine - Buoni Spiriti
Essi hanno cognizione di Dio e dell'infinito e godono già della felicita dei buoni. Sono felici del bene che fanno e del male che impediscono. L'amore che li unisce è per loro fonte di una felicita ineffabile che non viene alterata né dall'invidia né dal rimorso né da alcune delle cattive passioni che costituiscono il tormento degli Spiriti imperfetti. Ma tutti hanno ancora delle prove da subire, finché non abbiano raggiunto la perfezione assoluta.
Come Spiriti, suscitano buoni pensieri, distolgono gli uomini dalla via del male, proteggono nella vita coloro che se ne rendono degni e neutralizzano l'influenza degli Spiriti imperfetti in coloro che non si compiacciono di subirla.
Coloro nei quali essi si sono incarnati sono buoni e benevoli verso i loro simili: non sono mossi né dall'orgoglio né dall'egoismo né dall'ambizione. Non provano ne odio né rancore né invidia né gelosia e fanno il bene perii bene.
A questo ordine appartengono gli Spiriti designati nelle credenze popolari sotto i nomi di buoni geni, geni protettori, Spiriti del bene. Ai tempi della superstizione e dell'ignoranza se ne fecero delle divinità benevole.
Si possono dividere in quattro gruppi principali.
Quando, eccezionalmente, si incarnano sulla Terra, e per compiervi una missione di progresso e ci offrono allora quel modello della perfezione alla quale l'umanità può sulla Terra aspirare.
Primo ordine - Spiriti puri
Godono di una felicita inalterabile, perché non sono soggetti né alle necessita né alle vicissitudini della vita materiale. Ma questa felicita non è assolutamente quella di un ozio monotono trascorso in una contemplazione perpetua. Essi sono i messaggeri e i ministri di Dio, di cui eseguono gli ordini per mantenere l'armonia universale. Comandano tutti gli Spiriti a loro inferiori, li aiutano a perfezionarsi e assegnano loro la missione che a loro spetta. Assistere gli uomini nelle difficolta, esortarli al bene o all'espiazione degli errori, che li allontanano dalla felicita suprema, è per questi Spiriti una dolce occupazione. Li si designa a volte con il nome di angeli, arcangeli o serafini.
Gli uomini possono entrare in comunicazione con loro, ma molto presuntuoso sarebbe colui che pretendesse di averli costantemente ai suoi ordini.
Progressione degli Spiriti
«Sono gli stessi Spiriti che si migliorano e, migliorando, passano da un ordine inferiore a uno superiore.»
«Dio ha creato tutti gli Spiriti semplici e ignoranti, ossia senza conoscenza. Ha dato a ognuno di loro una missione, allo scopo di illuminarli e di farli arrivare progressivamente alla perfezione attraverso la conoscenza della verità, e per avvicinarli a Lui. Per loro la felicita eterna e pura sta in questa perfezione. Gli Spiriti acquisiscono le conoscenze passando attraverso le prove che Dio loro impone. Alcuni accettano queste prove con sottomissione e arrivano più prontamente alla meta loro destinata; altri le supportano solo lamentandosi e pertanto restano, per colpa loro, lontani dalla perfezione e dalla felicita promessa.»
115a. Da ciò sembrerebbe che gli Spiriti siano alla loro origine come dei bambini, ignoranti e senza esperienza, ma che acquistino a poco a poco le conoscenze di cui mancano, percorrendo le differenti fasi della vita.
«Sì, il paragone è valido. Il bambino ribelle resta ignorante e imperfetto, traendo maggiore o minore profitto a seconda della sua docilità. Però la vita dell'uomo ha un termine, mentre quella degli Spiriti si prolunga all'infinito.»
«No, tutti diventeranno perfetti. Essi cambiano, ma ci vuole molto tempo. Infatti, come abbiamo già detto, un padre giusto e misericordioso non può bandire eternamente i suoi figli. Vorreste dunque che Dio così grande, così buono, così giusto, fosse peggio di quanto non siate voi stessi?»
«Certamente. Essi vi arrivano più o meno rapidamente a seconda del loro desiderio e della loro sottomissione alla volontà di Dio. Un bambino docile non si istruisce forse più in fretta di un bambino neghittoso?»
«No. Man mano che avanzano, comprendono ciò che ancora li separa dalla perfezione. Quando lo Spirito ha terminato una prova, possiede la conoscenza e non la dimentica più. Può restare in una situazione di stasi, ma non retrocede.»
«Se gli Spiriti fossero stati creati perfetti non avrebbero meriti per gioire dei benefici di questa perfezione. Dove starebbe il merito senza la lotta? D'altra parte la disuguaglianza esistente fra loro è necessaria alla loro personalità. E, infine, la missione che compiono a questi differenti livelli è nei disegni della Provvidenza per l'armonia dell'universo.»
Poiché nella vita sociale tutti gli uomini possono arrivare ai più alti incarichi, tanto varrebbe domandarsi perché il sovrano di un Paese non fa di ciascuno dei suoi soldati un generale; perché tutti gli impiegati subalterni non sono degli impiegati superiori; perché tutti gli studenti non sono dei professori. Pertanto c’è una differenza fra la vita sociale e quella spirituale: la prima è limitata e non sempre permette di superare a tutti i livelli, mentre la seconda e indefinita e lascia a ognuno la possibilità di elevarsi al grado supremo.
«Non per la trafila del male, ma per quella dell'ignoranza.»
«Non hanno essi il libero arbitrio? Dio non ha affatto creato degli Spiriti cattivi. Ha creato Spiriti semplici e ignoranti, ossia con attitudine tanto al bene quanto al male. Quelli che sono cattivi lo diventano per loro volontà.»
«Il libero arbitrio si sviluppa nella misura in cui lo Spirito acquisisce coscienza di sé stesso. Non ci sarebbe più libertà se la scelta fosse sollecitata da una causa indipendente dalla volontà dello Spirito. La causa non è in lui, bensì fuori di lui, nelle influenze alle quali cede in virtù della sua libera volontà. È la grande allegoria della caduta dell'uomo e del peccato originale: c’è chi ha ceduto alla tentazione e chi vi ha resistito.»
122a. Da dove vengono le influenze che si esercitano sullo Spirito?
«Dagli Spiriti imperfetti, che cercano di impossessarsi di lui per dominarlo e sono felici di vederlo fallire. È questo che si è voluto simbolizzare con la figura di Satana.»
122b. Questa influenza si esercita sullo Spirito, soltanto alla sua origine?
«Essa lo segue nella sua vita di Spirito finché non abbia raggiunto un controllo tale su di sé, che gli Spiriti malvagi rinunciano ad assediarlo.»
«Come osate chiedere conto a Dio dei Suoi atti? Pensate di poter penetrare nei Suoi disegni? Tuttavia voi potete chiarirvi questo: la saggezza di Dio sta nella libertà, che Egli lascia a ognuno, di scegliere, affinché ognuno acquisisca i meriti secondo il suo operato.»
«Sì, senza dubbio, ed e quiche si trova la grande maggioranza degli Spiriti.»
«Sì, ma le eternità per loro saranno più lunghe.
Con la parola eternità si deve intendere l'idea che hanno gli Spiriti inferiori della perpetuità delle loro sofferenze, poiché non è dato loro vederne la fine, e questa idea si rinnova a ogni prova a cui essi devono soccombere.
«Dio contempla quelli che hanno smarrito la strada con gli stessi occhi e li ama tutti con lo stesso cuore. Essi sono detti cattivi perché hanno ceduto, ma all'inizio non erano che dei semplici Spiriti.»
«Sono creati tutti uguali ma, non sapendo essi da dove vengono, e necessario che il libero arbitrio faccia il suo corso Essi progrediscono, più o meno rapidamente, in intelligenza come in moralità.»
Gli Spiriti, che seguono sin dall'inizio la via del bene, non sono per questo Spiriti perfetti. Se non hanno delle tendenze cattive, devono comunque acquisire l'esperienza e le conoscenze necessarie per raggiungere la perfezione. Possiamo paragonarli a dei bambini che, qualunque sia la bontà dei loro istinti naturali, hanno bisogno di svilupparsi, di imparare, e dall'infanzia non arrivano all'età matura senza transizione. Come presso di noi ci sono uomini che sono buoni e altri che sono cattivi, fin dalla loro infanzia, così ci sono degli Spiriti buoni o cattivi fin dall'inizio. Con questa differenza fondamentale: il bambino ha degli istinti completamente formati, mentre lo Spirito, all'inizio della sua formazione, non è più cattivo che buono. Ha tutte le tendenze e prende l'una o l'altra direzione in base al suo libero arbitrio.
Angeli e demoni
«No, sono gli Spiriti puri, quelli che si trovano sul grado più alto della scala e riuniscono tutte le perfezioni.»
La parola angelo richiama generalmente l'idea della perfezione morale; ciononostante viene sovente applicata a tutti gli esseri buoni e cattivi che sono al di fuori dell'umanità. Si dice: l'angelo buono e l'angelo cattivo, l'angelo della luce e l'angelo delle tenebre. In questo caso e sinonimo di Spirito o di genio. Noi la usiamo qui nell'accezione di buono.
«Hanno superato tutti i livelli ma, come abbiamo già detto, alcuni hanno accettato la loro missione senza lamentarsi e sono arrivati più rapidamente alla perfezione, altri hanno impiegato un tempo più o meno lungo per arrivarci.»
«Sappiate che il vostro mondo non è assolutamente eterno, e che molto tempo prima che esistesse, degli Spiriti avevano già raggiunto il grado supremo dell'evoluzione. Per questo, allora, gli uomini hanno potuto credere di essere stati sempre perfetti.»
«Se ci fossero dei demoni sarebbero opera di Dio, e sarebbe forse Dio giusto e buono avendo fatto degli esseri eternamente votati al male e infelici? Se ci sono dei demoni, e nel vostro mondo inferiore o in altri simili al vostro ch'essi risiedono. Sono quegli uomini ipocriti che fanno, di un Dio giusto, un Dio malvagio e vendicativo, e che credono di essere a Lui graditi per le cose abominevoli che commettono in Suo nome.»
La parola demonio implica l'idea di cattivi Spiriti solo nella sua accezione moderna. Infatti la parola greca daimon, da cui deriva, significa genio, intelligenza, e s'impiegava anticamente per designare esseri incorporei, buoni o cattivi senza distinzione.
I demoni, secondo l'accezione corrente del termine, si suppone siano degli esseri essenzialmente maligni per natura. Essi sarebbero, come tutte le cose, creazione di Dio. Ora, Dio che è sovranamente giusto e buono non può aver creato degli esseri predestinati al male, per loro stessa natura, e condannati per l'eternità. Se poi non fossero opera di Dio, esisterebbero da e per tutta l'eternità come Lui, ossia ci sarebbero molti poteri sovrani.
La prima condizione di ogni dottrina è quella di essere logica. Ora, quella dei demoni, in senso assoluto, pecca di questa base essenziale. Che nella credenza di popoli arretrati — i quali, non conoscendo gli attributi di Dio, ammettevano delle Divinità malefiche — si ammettessero anche i demoni, questo è comprensibile. Ma, per chiunque faccia della bontà di Dio un attributo per eccellenza, e illogico e incoerente supporre che Egli abbia potuto creare degli esseri votati al male e destinati a praticarlo eternamente, perché questo sarebbe negare la Sua bontà. I sostenitori dei demoni si appoggiano sulle parole di Cristo. E non saremo certamente noi a contestare qui l'autorevolezza del Suo insegnamento, che vorremmo pero vedere nei cuori più che sulle bocche degli uomini. Ma i sostenitori di questa idea sono ben certi del senso che allora si attribuiva alla parola demonio? Non sappiamo forse già che la forma allegorica è uno dei modi distintivi del Suo linguaggio? Tutto ciò che il Vangelo racchiude deve forse essere preso alla lettera? Valga come prova solo questo passo:
«Subito dopo questi giorni di afflizione, il Sole si oscurerà, e la Luna non dara più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo, e le forze del cielo saranno scosse. In verità vi dico che questa generazione non passerà senza che tutte queste cose si siano compiute.»
Non abbiamo forse visto la forma del testo biblico contraddetta dalla scienza per ciò che riguarda la creazione e il moto della Terra? Non può essere lo stesso di certe allegorie impiegate dal Cristo, il quale doveva parlare secondo i costumi dei tempi e dei luoghi? Il Cristo non ha potuto dire scientemente una cosa falsa. Se dunque in queste parole ci sono delle cose che sembrano impressionare la ragione, è perché noi non le comprendiamo o le interpretiamo male.
Gli uomini hanno pensato riguardo ai demoni ciò che hanno pensato riguardo agli angeli. Come hanno creduto a degli esseri perfetti eterni, per analogia hanno preso gli Spiriti inferiori per degli esseri perpetuamente cattivi. La parola demonio deve dunque intendersi propria degli Spiriti impuri, che sovente non valgono più di quelli designati con il nome di demoni. Con la differenza, pero, che il loro stato e solo transitorio. Sono Spiriti imperfetti, i quali si lamentano delle prove che subiscono e che, per questo, le subiscono più a lungo, ma anche per essi arriverà il loro turno quando ne avranno la volontà. Si potrebbe dunque accettare il termine demonio con questa limitazione, ma, poiché oggi lo si intende in senso esclusivo, esso potrebbe indurre in errore facendo credere all'esistenza di esseri particolari, creati perii male.
Riguardo a Satana, è evidentemente la personificazione del male sotto una forma allegorica, poiché non si potrebbe ammettere un essere malvagio che lottasse da potenza a potenza con la Divinità, e la cui sola preoccupazione fosse quella di opporsi ai Suoi disegni. Siccome per l'uomo ci vogliono delle allegorie e delle immagini per colpirne l'immaginazione, egli stesso ha raffigurato gli esseri incorporei sotto una forma materiale, con attributi che richiamino le qualità o i difetti umani. È così che gli antichi, volendo personificare il Tempo, lo hanno dipinto con l'aspetto di un vecchio con una falce e una clessidra. Una figura di giovane uomo sarebbe stato un controsenso. Lo stesso è delle allegorie della fortuna, della verità ecc. Attualmente gli angeli, o puri Spiriti, vengono rappresentati attraverso una immagine radiosa, con delle ali bianche, emblema della purezza. Satana con corna, artigli e gli attributi della bestialità, emblema delle basse passioni. L'uomo comune, che prende le cose alla lettera, ha visto in questi emblemi un individuo reale, come già aveva visto Saturno nell'allegoria del Tempo.
Capitolo II — Incarnazione Degli Spiriti
Scopo dell'incarnazione
«Dio la impone loro con lo scopo di farli giungere alla perfezione. Per alcuni è un'espiazione, per altri una missione. Ma, per arrivare a questa perfezione, essi devono subire tutte le vicissitudini dell'esistenza fisica: questa è l'espiazione. L'incarnazione ha anche un altro scopo, quello di mettere lo Spirito in grado di compiere la sua parte nell'opera della creazione. Ed è per compierla ch'egli, in ogni mondo, prende un corpo in armonia con la materia essenziale di questo mondo: per eseguirvi, da questo punto di vista, gli ordini di Dio, in modo tale che, concorrendo all'opera generale, lui stesso avanzi.»
L'azione degli esseri corporei e necessaria al cammino dell'universo. Ma Dio, nella Sua saggezza, ha voluto che, in questa stessa azione, essi trovassero un mezzo per progredire e avvicinarsi a Lui. È così che, attraverso una mirabile legge della Sua provvidenza, tutto si concatena, tutto e compartecipe nella natura.
«Tutti gli Spiriti sono creati semplici e ignoranti e si istruiscono con le lotte e le tribolazioni della vita fisica. Dio, che è giusto, non poteva crearne felici alcuni, senza pene e senza fatiche, e per conseguenza, senza merito.»
133a. Ma allora agli Spiriti che cosa serve aver seguito la via del bene, se ciò non li esonera dalle pene della vita fisica?
«Arrivano più rapidamente alla meta destinata. Inoltre le pene della vita sono sovente la conseguenza dell'imperfezione dello Spirito: minori sono le imperfezioni e minori sono i tormenti. Chi non è né invidioso né geloso né avaro né ambizioso non avrà i tormenti generati da questi difetti.»
Dell'anima
«Uno Spirito incarnato.»
134a. Che cos’era l'anima prima di unirsi al corpo?
«Uno Spirito.»
134b. Le anime e gli Spiriti sono dunque la stessa identica cosa?
«Sì, le anime non sono altro che gli Spiriti. Prima di unirsi al corpo l'anima è uno degli esseri intelligenti che popolano il mondo invisibile e che rivestono temporaneamente un involucro carnale per purificarsi e per istruirsi.»
«C'è il legame che unisce l'anima al corpo.»
135a. Qual è la natura di questo legame?
«Semi materiale, ossia una via di mezzo fra lo Spirito e il corpo. Ed è necessario che lo sia affinché possano comunicare l'uno con l'altro. È per mezzo di questo legame che lo Spirito agisce sulla materia, e viceversa.»
L'uomo è così formato di tre parti essenziali:
1º - Il corpo o essere materiale, analogo a quello degli animali e animato dallo stesso principio vitale.
2º - L'anima, Spirito incarnato di cui il corpo è la dimora.
3º - Il principio intermedio o perispirito, sostanza semi materiale che serve da primo involucro allo Spirito e unisce l'anima e il corpo. Così come nei frutti sono il seme, il perisperma e il guscio.
«Il corpo non è che l'involucro, lo ripetiamo continuamente.»
136a. Può il corpo esistere senza l'anima?
«Sì. Tuttavia, nel momento in cui il corpo cessa di vivere, l'anima lo lascia. Prima della nascita, non c’è ancora una unione definitiva fra l'anima e il corpo, mentre dopo che questa unione è stata stabilita, la morte del corpo rompe i legami che lo uniscono all'anima, e l'anima lo lascia. La vita organica può animare un corpo senz'anima, ma l'anima non può abitare un corpo privato della vita organica.»
136b. Che sarebbe il nostro corpo se non avesse l'anima?
«Un ammasso di carne senza intelligenza, tutto quello che si vuole, eccetto che un uomo.»
«No. Lo Spirito e indivisibile e non può animare simultaneamente due esseri differenti» (Vedere, ne Il libro dei medium, il capitolo "Bicorporeità e trasfigurazione").
«È una questione di termini. Non ci interessa. Cominciate con l'intendervi fra di voi.»
«Non c’è contraddizione; ciò dipende dall'accezione delle parole. Perché non avete una parola per ogni cosa?»
La parola anima viene impiegata per esprimere cose molto differenti. Alcuni chiamano così il principio della vita, e in questa accezione e esatto dire, in senso figurato, che l'anima è una scintilla animica emanata dal grande Tutto. Queste ultime parole descrivono la sorgente universale del principio vitale di cui ogni essere assorbe una porzione, e che ritorna alla massa dopo la morte. Questa idea non esclude assolutamente quella di un essere morale distinto, indipendente dalla materia, e che conserva la sua individualità. È questo essere che viene anche chiamato anima, ed è in questa accezione che si può dire che l'anima e uno Spirito incarnato. Dando dell'anima definizioni differenti, gli Spiriti hanno parlato secondo l'impiego che essi facevano del termine e secondo le idee terrene di cui erano più o meno imbevuti. Ciò attiene alle carenze del linguaggio umano, che non ha ancora un termine per ogni idea, e da qui l'origine di un'infinita di malintesi e di discussioni. Ecco perché gli Spiriti superiori ci dicono di intenderci prima sulle parole.[7]
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[7] Vedere, nell'introduzione al paragrafo II, la spiegazione sul termine anima.
«Questo dipende ancora dal senso che si attribuisce alla parolaanima. Se essa viene intesa come fluido vitale, si ha ragione; se viene intesa come Spirito incarnato, si ha torto. L'abbiamo già detto, lo Spirito e indivisibile, trasmette il movimento agli organi attraverso il fluido intermediario senza per questo dividersi.»
140a. Ciononostante ci sono degli Spiriti che hanno dato questa definizione.
«Gli Spiriti ignoranti possono scambiare l'effetto per la causa.»
L'anima agisce tramite gli organi, e gli organi sono animati dal fluido vitale che si distribuisce in loro e più copiosamente in quelli che sono i centri o fonti del movimento. Ma questa spiegazione non si addice all'anima considerata come Spirito, che abita il corpo durante la vita e lo lascia alla morte.
«L'anima non è affatto racchiusa nel corpo come l'uccello nella sua gabbia. Essa s'irradia e si manifesta all'esterno come la luce attraverso un globo di vetro, o come il suono intorno a un centro sonoro. È così che si può dire che è esterna, ma essa non è affatto per questo l'involucro del corpo. L'anima ha due involucri: l'uno sottile e leggero, che è il primo, quello da voi chiamato il perispirito. L'altro grossolano, materiale e pesante che è il corpo. L'anima è il centro di tutti e due questi involucri, come lo è il seme nel nocciolo. Noi l'abbiamo già detto.
«Lo Spirito e uno solo. È completo nei bambini come negli adulti. Sono gli organi, o strumenti, delle manifestazioni dell'anima che si sviluppano e si completano. Ancora una volta è stato scambiato l'effetto per la causa.»
«Gli Spiriti non sono tutti ugualmente illuminati su queste materie. Ci sono Spiriti le cui conoscenze sono ancora limitate e non comprendono le cose astratte. Succede come da voi con i bambini. Ci sono anche degli Spiriti pseudo sapienti che fanno sfoggio di parole per imporsi: è di nuovo come succede fra voi. E poi gli Spiriti illuminati possono essi stessi esprimersi con termini differenti, che hanno sostanzialmente lo stesso significato, soprattutto quando si tratta di cose che il vostro linguaggio è nell'impossibilità di rendere chiaramente. Si deve perciò ricorrere a figure allegoriche e a paragoni che voi prendete per reali.»
«È il principio universale della vita e dell'intelligenza, da dove nascono le individualità. Ma coloro che si servono di queste parole sovente non le comprendono loro stessi. La parola anima e così duttile che ognuno l'interpreta secondo la sua immaginazione. Alcune volte e stata attribuita perfino alla Terra, dovendosi con ciò intendere l'insieme degli Spiriti devoti che guidano le vostre azioni sulla buona strada, quando voi li ascoltate, e che sono in qualche modo i delegati di Dio presso il vostro globo.»
«Questi uomini sono stati i precursori della Dottrina Spiritista eterna. Hanno preparato il cammino. In quanto uomini, hanno potuto sbagliarsi, perché hanno preso le loro idee per la luce. Mai loro stessi errori servono a fare emergere la verità mostrando i pro e i contro. D'altra parte fra questi errori si trovano delle grandi verità, che uno studio comparato vi farà comprendere.»
«No. Ma si trova soprattutto nella testa nei grandi genie in tutti quelli che pensano molto; nel cuore in coloro che hanno sentimenti molto elevati e le cui azioni sono tutte rivolte al bene dell'umanità.»
146a. Che cosa pensare dell'opinione di coloro che collocano l’anima in un centro vitale?
«Come dire che lo Spirito abita questa parte del vostro organismo, piuttosto che un'altra, in quanto e quiche confluiscono tutte le sensazioni. Quelli che collocano l'anima in quello che considerano come il centro della vitalità la confondono con il fluido o principio vitale. Tuttavia si può dire che la sede dell'anima si trova più specificamente negli organi che servono alle manifestazioni intellettuali e morali.»
Materialismo
«Il fisiologo riconduce tutto a ciò che vede. Orgoglio degli uomini, che credono di sapere tutto e che non ammettono che qualcosa possa oltrepassare le loro conoscenze! È il loro stesso sapere che li rende presuntuosi: pensano che la natura non possa loro nascondere nulla.»
«Non è esatto dire che il materialismo è una conseguenza di questi studi. È l'uomo che ne trae errate conseguenze perché può abusare di tutto, persino delle cose migliori. Il nulla, d'altra parte, li spaventa più di quanto diano a vedere, e i cosiddetti spiriti forti sono sovente più pavidi che coraggiosi. La maggior parte di essi è materialista perché non ha niente con cui colmare questo vuoto. Di fronte a questo baratro, che si apre davanti a loro, gettate loro un'ancora ed essi vi si aggrapperanno immediatamente.»
Per un'aberrazione dell'intelligenza, ci sono persone che non vedono negli esseri organici che l'azione della materia alla quale attribuiscono tutti i nostri atti. Essi non hanno visto nel corpo umano se non la macchina elettrica; non hanno studiato il meccanismo della vita se non nel gioco degli organi. Molte volte hanno visto quel corpo spegnersi per la rottura di un filo e non hanno visto niente altro che questo filo. Hanno cercato se restava qualcosa, e, per il fatto d'aver trovato solo la materia inerte, non hanno visto l'anima fuggire e non hanno potuto afferrarla, concludendo così che tutto risiedeva nelle proprietà della materia e che, di conseguenza, dopo la morte c’è solo l'annichilimento del pensiero. Triste conseguenza se così fosse, perché allora il bene e il male sarebbero senza scopo. L'uomo sarebbe portato a pensare solo a sé stesso e a mettere al di sopra di tutto le soddisfazioni dei suoi piaceri materiali. I legami sociali verrebbero spezzati e gli affetti più sacrosanti dissolti per sempre. Fortunatamente queste idee sono lontane dall'essere generali; si può persino dire che sono limitatissime e costituiscono solo delle opinioni individuali, poiché da nessuna parte si sono organizzate in dottrina. Una società fondata su queste basi porterebbe in sé il germe della sua dissoluzione, e i suoi membri si dilanierebbero reciprocamente come animali feroci.
L'uomo ha per istinto l'idea che per lui non tutto finisce con la vita. Ha orrore del nulla e ha un bell'irrigidirsi contro l'idea del futuro: quando viene il momento supremo, pochi sono quelli che non si domandino che cosa sarà di loro, perché l'idea di lasciare la vita senza la prospettiva di un ritorno ha qualcosa di penoso. Chi potrebbe, in effetti, guardare con indifferenza una separazione assoluta, eterna, da tutto ciò che ha amato? Chi potrebbe vedere senza orrore aprirsi davanti a sé il baratro immenso del nulla in cui verrebbero inghiottite per sempre tutte le sue facoltà, tutte le sue speranze, e dire a sé stesso: Cosa? Dopo di me il nulla, null'altro che il vuoto. Tutto e finito senza ritorno. Pochi giorni ancora e il mio ricordo sarà cancellato dalla memoria di coloro che sopravvivono a me. Presto non rimarrà nessuna traccia del mio passaggio sulla Terra. Lo stesso bene che ho fatto sarà dimenticato dagli ingrati che ho beneficiato. Niente per compensare tutto ciò, nessun'altra prospettiva se non quella del mio corpo roso dai vermi!
Questo quadro non ha qualcosa di orrendo, di glaciale? La religione ci insegna che non può essere così, e la ragione ce lo conferma. Ma questa esistenza futura, vaga e indefinita, non ha niente che potrebbe soddisfare la nostra propensione per il positivo. È questo che in molti genera il dubbio. Noi abbiamo un'anima, e sia, ma che cos'e questa nostra anima? Ha una forma, una qualsiasi apparenza? È un essere limitato o indefinito? Alcuni dicono che è un soffio divino, altri ancora una scintilla, altri una parte del grande Tutto, il principio della vita e dell'intelligenza. Ma che cosa ci insegna tutto ciò? Che cosa può importarci l'avere un'anima se dopo di noi essa si confonde nell'immensità come le gocce d'acqua nell'oceano? La perdita della nostra individuala non è forse per noi come il nulla? Si dice anche che l'anima e immateriale. Ma una cosa immateriale non potrebbe avere delle proporzioni definite; per noi perciò equivale al nulla. La religione ci insegna anche che noi saremo felici o infelici secondo il bene o il male che avremo fatto, Ma qual e questa felicita che ci attende nel seno di Dio? È una beatitudine, una contemplazione eterna, senza altro compito se non quello di cantare le lodi del Creatore? Le fiamme dell'inferno sono una realtà o una figura allegorica? La stessa Chiesa le intende in quest'ultima accezione; ma quali sono queste pene? Dov’è questo luogo del supplizio? In una parola, che cosa si fa, che cosa si vede in questo mondo che ci attende tutti? Si dice che nessuno sia ritornato per dircelo. È un errore. E missione dello Spiritismo è precisamente quella di illuminarci su questo futuro, di farcelo, fino a un certo punto, percepire con il tatto e con la vista, non più con il ragionamento, ma con i fatti Grazie alle comunicazioni spiritiste, non è più una presunzione, o una probabilità sulla quale ognuno ricama a modo suo, che i poeti abbelliscono con le loro fantasie, o disseminano di immagini allegoriche che ci ingannano. È la realtà che ci appare, perché ci sono gli esseri stessi dell'oltretomba che vengono a descriverci la loro situazione, a dirci che cosa fanno, che ci permettono di assistere, per così dire, a tutte le peripezie della loro nuova vita e, in questo modo, ci mostrano la sorte inevitabile che ci è riservata secondo i nostri meriti o demeriti. C’è forse in questo qualcosa di antireligioso? Al contrario, anzi. Perché gli increduli vi trovano la fede e gli indecisi un rinnovamento del fervore e della fede. Lo Spiritismo è dunque il più potente supporto della religione. Poiché ciò è quello che Dio permette, e lo permette per rianimare le nostre speranze vacillanti e per ricondurci sulla via del bene mediante la prospettiva del futuro.
Capitolo III — Ritorno Della Vita Fisica Alla Vita Spirituale
L'anima dopo la morte
«Ritorna Spirito, ossia rientra nel mondo degli Spiriti che aveva lasciato temporaneamente.»
«Sì, non la perde mai. Che cosa sarebbe se non la conservasse?»
150a. Come può d'anima constatare la sua individualità, dal momento che non ha più il suo corpo materiale?
«Essa ha ancora un fluido — che le e proprio e che attinge nell'atmosfera del suo pianeta — che rappresenta l'aspetto della sua ultima incarnazione: il suo perispirito.»
150b. L'anima non porta niente con sé di questa Terra?
«Nient'altro che il ricordo e il desiderio di andare in un mondo migliore. Questo ricordo è pieno di dolcezza o di amarezza, a seconda dell'impiego che ha fatto della vita. Più essa è stata pura, tanto più l'anima comprende la futilità di quello che ha lasciato sulla Terra»
«Forse che l'insieme degli Spiriti non forma un tutto? Non è forse tutto un mondo? Quando ci si trova in un'assemblea, si è parte integrante di questa assemblea e tuttavia si conserva la propria individualità.»
«Non avete questa prova attraverso le comunicazioni che ricevete? Se non siete ciechi, vedrete; se non siete sordi, udrete, perché assai sovente una voce vi parla e vi rivela l'esistenza di un essere al di fuori di voi.»
Quelli che pensano che, alla morte, l'anima rientri nel tutto universale sono in errore, se intendono per questo che, simile a una goccia d'acqua la quale cada nell'oceano, essa vi perda la sua individualità. Questi sono invece nel vero se intendono il tutto universale come l'insieme degli esseri incorporei di cui ogni anima o Spirito è un elemento. Se le anime fossero confuse nella massa, non avrebbero che le qualità dell'insieme e niente le distinguerebbe le une dalle altre. Esse non avrebbero né intelligenza né qualità proprie, mentre in tutte le comunicazioni gli Spiriti dimostrano di avere coscienza dell'io e una volontà propria. La diversità infinita che le anime presentano sotto ogni aspetto è la conseguenza stessa delle individualità. Se ci fosse dopo la morte solo quello che si chiama il grande Tutto — che assorbe tutte le individualità — questo Tutto sarebbe uniforme e, di conseguenza, tutte le comunicazioni che si ricevono dal mondo invisibile sarebbero identiche. Poiché vi si incontrano degli esseri buoni e altri cattivi, dei sapienti e degli ignoranti, dei felici e degli infelici; e poiché ce ne sono di tutti i caratteri, tristi e allegri, leggeri e profondi ecc., e evidente che si tratta di esseri distinti.
L'individualità diventa ancora più evidente quando questi esseri danno prova della loro identità con segni incontestabili, con dettagli personali relativi alla loro vita terrena, che si possono comprovare. Né la loro identità può essere messa in dubbio quando si manifesta sotto gli occhi di tutti nelle loro apparizioni. L'individualità dell'anima ci è stata insegnata in teoria, come articolo di fede. Lo Spiritismo la rende evidente e, in qualche modo, concreta.
«È la vita dello Spirito che è eterna, quella del corpo e transitoria e passeggera. Quando il corpo muore, l'anima ritorna alla vita eterna.»
153a. Non sarebbe più esatto chiamare vita eterna quella degli Spiriti puri, ossia di quelli che, avendo raggiunto il grado di perfezione, non hanno più prove da subire?
“Si tratta piuttosto della felicita eterna. Ma questa è, ancora una volta, una questione di termini. Chiamate le cose come volete, a condizione che vi intendiate.»
Separazione dell'anima e del corpo
«No. Il corpo soffre sovente di più durante la vita che al momento della morte, l'anima assolutamente no. Le sofferenze che a volte si provano al momento della morte sono una gioia per lo Spirito che vede arrivare la fine del suo esilio.»
Nella morte naturale, quella che arriva per l'esaurimento dell'organismo a causa dell'età, l'uomo lascia la vita senza accorgersene: e come un lume che si spegne per mancanza di alimentazione.
«Essendosi spezzati i legami che la trattenevano, essa si libera.»
155a. La separazione avviene istantaneamente e con una brusca transizione? Ce una linea di demarcazione nettamente tracciata fra la vita e la morte?
«No, l'anima si libera gradualmente e non fugge via come un uccello in gabbia improvvisamente reso alla libertà. Questi due stadi si toccano e si confondono, in modo che lo Spirito si libera a poco a poco dai suoi legami: essi si sciolgono ma non si spezzano.»
Nel corso della vita lo Spirito si lega al corpo mediante il suo involucro semi materiale, o perispirito. La morte è la distruzione del solo corpo e non dì questo secondo involucro, che si separa dal corpo quando in esso cessa la vita organica. L'osservazione dimostra che al momento della morte l'affrancamento del perispirito non è subito completo. Avviene solo gradualmente e con una lentezza molto variabile, a seconda degli individui. In alcuni e assai rapido e si può dire che il momento della morte e anche quello della liberazione, a qualche ora di distanza. Ma in altri, soprattutto in coloro la cui vita e stata tutta materiale e sensuale, la liberazione è molto meno rapida e a volte dura dei giorni, delle settimane e persino dei mesi, cosa che non implica la minima vitalità del corpo né la possibilità di un ritorno alla vita, ma una semplice affinità fra il corpo e lo Spirito, affinità che è sempre in ragione della preponderanza che, durante la vita, lo Spirito ha dato alla materia. È ragionevole concepire, infatti, che più lo Spirito si è identificato con la materia, più fatica a separarsene. Invece, l'attività intellettuale e morale e l'elevatezza del pensiero operano l'inizio dell'affrancamento anche durante la vita fisica e, quando arriva la morte, la liberazione e quasi istantanea. Tale è il risultato degli studi fatti su tutti gli individui osservati al momento della morte. Queste osservazioni provano inoltre che l'affinità, che in certi individui persiste fra anima e corpo, è qualche volta molto dolorosa, perché lo Spirito può provare orrore per la decomposizione. Questo caso è eccezionale e specifico di un certo genere di vitae di un certo genere di morte. Esso si verifica in alcuni suicidi.
«Durante l'agonia, l'anima qualche volta ha già lasciato il corpo, il quale non ha altro che la vita organica. L'individuo non ha più coscienza di sé stesso, e comunque gli resta ancora un soffio di vita. Il corpo è una macchina che il cuore fa funzionare; esiste finché il cuore fa circolare il sangue nelle vene e non ha bisogno dell'anima per questo.»
«Sovente l'anima sente sciogliersi i legami che la tengono attaccata al corpo. Allora essa fa ogni sforzo per romperli completamente. Già in parte liberata dalla materia, l'anima vede il futuro scorrere davanti a lei e gioisce in anticipo dello stato di Spirito.»
«Un'idea in piccolo. L'allegoria è valida, ma dovreste prenderla alla lettera, come sovente vi succede.»
«Dipende. Se si fa il male con l'intenzione di farlo, si prova in un primo momento tutta la vergogna per averlo fatto. Per il giusto e ben differente: l'anima e come alleggerita da un grande peso perché non teme alcuno sguardo indagatore.»
«Sì, secondo l'affetto che egli aveva per loro e quello che essi avevano per lui. Sovente vengono a riceverlo al suo rientro nel mondo degli Spiriti e lo aiutano a liberarsi dai legami della materia. Ritrova anche molti che aveva perduto di vista durante la sua permanenza sulla Terra. Vede quelli che sono erranti, quelli che sono incarnati, e va a trovarli.»
«Generalmente e così, ma in tutti i casi l'istante che li divide e molto breve.»
«Molte volte la conserva per qualche minuto, finché la vita organica non sia completamente estinta. Ma sovente l'apprensione della morte gli fa perdere questa coscienza prima dell'istante del supplizio.»
Si tratta qui solo della coscienza che il suppliziato può avere di sé stesso, come uomo e tramite gli organi, e non come Spirito. Se non ha perduto questa coscienza prima del supplizio, può allora conservarla per alcuni istanti, che sono pero di brevissima durata. Essa cessa necessariamente con la vita organica del cervello, la qual cosa non implica, per questo, che il perispirito sia completamente liberato dal corpo. Anzi, in tutti i casi di morte violenta — quando la morte non è causata dall'estinzione graduale delle forze vitali — i legami che uniscono il corpo al perispirito sono più tenaci e la liberazione completa è più lenta.
Turbamento spiritista
«Coscienza immediata non è il termine esatto. Essa si trova per qualche tempo in uno stato di turbamento.»
«No, ciò dipende dal grado di elevatezza. Chi è già purificato si riconosce quasi immediatamente perché si è già liberato della materia durante la vita fisica, mentre l'uomo carnale, quello la cui coscienza non è pura, conserva ben più a lungo la sensazione di questa materia.»
«Un'influenza molto grande, poiché lo Spirito comprende già in anticipo la sua situazione. Però la pratica del bene e la coscienza pura esercitano l'influenza maggiore.»
Al momento della morte, tutto all'inizio e confuso. All'anima necessita un po' di tempo per riconoscersi. Essa e come stordita, è nello stato di chi esca da un sonno profondo e cerchi di rendersi conto della situazione. La lucidità delle idee e la memoria del passato gli ritornano nella misura in cui si cancella l'influenza della materia, di cui si va liberando e in cui si dissipa quella specie di nebbia che oscura il suo pensiero.
La durata del turbamento che segue la morte è molto varia. Può essere di qualche ora, come di molti mesi e persino di molti anni. È molto meno prolungata per coloro che si sono identificati, nella loro vita, con il loro stato futuro, perché comprendono immediatamente la loro situazione.
Questi turbamenti presentano delle circostanze peculiari secondo il carattere degli individui e soprattutto secondo il tipo di morte. Nelle morti violente, per suicidio, supplizio, incidente, apoplessia, ferimenti ecc., lo Spirito è sorpreso, spaventato. Non crede di essere morto e sostiene ciò con accanimento. Comunque, vede il suo corpo, sa che quel corpo è il suo e non comprende perché ne sia separato. Va dalle persone che ama, parla loro e non comprende perché non lo ascoltino. Questa illusione dura fino alla completa liberazione del perispirito. Solo allora lo Spirito si riconosce come tale e comprende che non fa più parte dei vivi.
Questo fenomeno si spiega facilmente. Preso alla sprovvista dalla morte, lo Spirito si sente stordito perii brusco cambiamento che si è verificato su di lui. Per lui la morte e ancora sinonimo di distruzione, di annientamento. Ma poiché è in grado di pensare, vedere, intendere, ha insomma tutti i suoi sensi, non si considera morto. Ciò che aumenta la sua illusione e il fatto di vedersi in un corpo simile per aspetto al precedente, ma di cui non ha ancora avuto il tempo di studiare la natura eterea. Lo giudica solido e compatto come il primo e, quando la sua attenzione viene richiamata su questo particolare, si stupisce di non poterlo toccare.
Questo fenomeno e analogo a quello dei sonnambuli novizi, i quali non credono di dormire. Per essi il sonno e sinonimo di sospensione delle facoltà. Pertanto, siccome pensano liberamente e vedono, secondo loro non dormono. Certi Spiriti presentano questa particolarità sebbene la morte non sia arrivata per loro inattesa. Però il fenomeno e ancora più diffuso in quelli che, sebbene malati, non pensano di morire. Si vede allora il singolare spettacolo di uno Spirito che assiste al proprio funerale come a quello di un estraneo, parlandone come di una cosa che non lo riguardi, fino al momento in cui comprende la verità.
Il turbamento che segue la morte non ha niente di doloroso per l'uomo dabbene: egli è calmo e in tutto simile a uno che si svegli tranquillo. Invece, per colui la cui coscienza non è pura, la morte e piena di ansietà e di angosce che aumentano man mano ch'egli acquista coscienza di sé.
Nei casi di morte collettiva, e stato osservato che tutti quelli che periscono nello stesso momento non sempre si rivedono immediatamente. Nel turbamento che segue la morte, ognuno va per proprio conto o si preoccupa solo di coloro che gli interessano.
Capitolo IV — Pluralità Delle Esistenze
Della reincarnazione
«Subendo la prova di una nuova esistenza.»
166a. Come l'anima realizza questa nuova esistenza? Attraverso la sua trasformazione come Spirito?
«L'anima, purificandosi, subisce senza dubbio una trasformazione, ma per questo e necessaria la prova della vita fisica.»
166b. L'anima ha dunque numerose esistenze fisiche?
«Sì. Tutti noi abbiamo moltissime esperienze. Quelli che dicono il contrario vogliono tenervi nell'ignoranza in cui essi stessi si trovano. È il loro desiderio.»
166c. Sembra risultare da questo principio che l'anima, dopo aver lasciato il colpo, ne prenda un altro, ossia che si reincarni in un nuovo corpo. È così che si deve intendere?
«È evidente.»
«Espiazione e miglioramento progressivo dell'umanità. Senza ciò, dove sarebbe la giustiziar
«A ogni nuova esistenza, lo Spirito fa un passo avanti sulla via del progresso. Quando si è spogliato di tutte le sue impurità, non ha più alcuna necessita delle prove della vita fisica.»
«No, chi avanza rapidamente si risparmia delle prove. Tuttavia le incarnazioni successive sono sempre numerosissime, perché il progresso è pressoché infinito.»
«Uno Spirito beato. Un puro Spirito.»
Giustizia della reincarnazione
«Sulla giustizia di Dio e sulla rivelazione, perché — lo ripeteremo di continuo — un buon padre lascia sempre ai suoi figli una porta aperta al pentimento. La ragione non vi dice forse che sarebbe ingiusto privare per sempre della felicita eterna tutti quelli il cui miglioramento non è dipeso da loro stessi? Gli uomini non sono forse tutti figli di Dio? È solo fra gli uomini egoisti che si trovano l'iniquità, l'odio implacabile e i castighi senza remissione.»
Tutti gli Spiriti tendono alla perfezione, e Dio fornisce loro i mezzi per raggiungerla attraverso le prove della vita materiale. Ma, nella Sua giustizia, permette loro di compiere nelle nuove esistenze ciò che essi non hanno potuto fare o terminare in una precedente prova.
Non sarebbe né secondo l'equità né secondo la bontà di Dio, condannare per sempre quelli che hanno potuto incontrare degli ostacoli al loro miglioramento, al di là della loro volontà e dell'ambiente in cui sono venuti a trovarsi. Se la sorte dell'uomo fosse irrevocabilmente fissata dopo la morte, Dio non avrebbe pesato le azioni di tutti sulla stessa bilancia né li avrebbe trattati con imparzialità.
La dottrina della reincarnazione, ossia quella che consiste nell'ammettere per l'uomo molte esistenze consecutive, e la sola che risponda all'idea che noi ci facciamo della giustizia di Dio, riguardo agli uomini che si trovano in una condizione morale inferiore, la sola che possa spiegarci il futuro e rafforzare le nostre speranze, perché essa ci offre il mezzo per riscattare i nostri errori con delle nuove prove. La ragione ce lo indica e gli Spiriti ce lo insegnano.
L'uomo che ha coscienza della sua inferiorità attinge nella dottrina della reincarnazione una speranza consolatrice. Se crede nella giustizia divina, non può sperare di essere a un tratto, e per l'eternità, uguale a coloro che hanno agito meglio di lui. Tuttavia il pensiero che questa inferiorità non lo priverà per sempre del bene supremo e che egli potrà conquistarlo con nuovi sforzi, lo sostiene e rianima il suo coraggio. Qual è quello che, al termine della sua carriera, non rimpiange di aver acquisito troppo tardi un'esperienza di cui non può più approfittare? Questa esperienza tardiva non è assolutamente persa. Egli la metterà a profitto in una nuova vita.
Incarnazione nei diversi mondi
«Non tutte, bensì nei diversi mondi. Quella di questa Terra non è né la prima né l'ultima, ed è una delle più materiali e delle più lontane dalla perfezione.»
«Essa può rivivere molte volte sullo stesso globo, se non è abbastanza avanzata per passare a un mondo superiore.»
173a. Così noi possiamo riapparire molte volte sulla Terra?
«Certamente.»
173b. Possiamo noi ritornarci dopo essere vissuti in altri mondi?
«Sicuramente. Voi potete essere vissuti in altri mondi e sulla Terra»
«No, ma se non avanzate, potete andare in un altro mondo che non è migliore e che può essere persino peggiore.»
«Nessun vantaggio particolare, a meno che non ci si trovi in missione. Allora si avanza qui come altrove.»
175a. Non saremmo più felici se restassimo Spiriti?
«No, no! Vorrebbe dire rimanere stazionari, mentre ciò che si vuole e avanzare verso Dio.»
«Sì, come voi negli altri. Tutti i mondi sono solidali: ciò che non si compie in uno si compie in un altro.»
176a. Perciò ci sono degli uomini che si trovano sulla Terra per la prima volta?
«Ce ne sono molti e a diversi livelli.»
176b. Si può riconoscere, da un segnale qualsiasi, uno Spirito che sia alla sua prima apparizione sulla Terra?
«Ciò non sarebbe di alcuna utilità.»
«No, perché ci sono molti mondi che sono allo stesso livello della scala evolutiva e dove lo Spirito non imparerebbe niente di nuovo.»
177a. Come spiegare allora la pluralità delle sue esistenze su uno stesso globo?
«Lo Spirito può trovarsi ogni volta in situazioni molto differenti, che sono per lui altrettante occasioni per acquisire esperienza.»
«Sì, quando devono compiere una missione per contribuire al progresso. Allora essi accettano con gioia le tribolazioni di questa esistenza, perché esse offrono loro un mezzo per avanzare.»
178a. Questo non potrebbe forse succedere anche per espiazione? Dio non potrebbe mandare degli Spiriti ribelli in mondi inferiori?
«Gli Spiriti possono restare stazionari, ma non regrediscono, e allora la loro punizione è quella di non avanzare e di dover ricominciare le esistenze impiegate male, nell'ambiente che più conviene alla loro natura.»
178b. Chi sono quelli che devono ricominciare la stessa esistenza?
«Quelli che falliscono nella loro missione o nelle loro prove.»
«No, e come sulla Terra: ce ne sono di più o meno avanzati.»
«Senza dubbio, l'intelligenza non si perde, ma egli può non avere gli stessi mezzi per manifestarsi. Questo dipende dal grado della sua superiorità e dalle condizioni del corpo che prenderà.» (Vedere Influenza Dell'organismo, dal n.367 al n.370).
«Senza dubbio essi hanno un corpo, perché e pur necessario che lo Spirito sia rivestito di materia per poter agire sulla materia. Però questo involucro e più o meno materiale a seconda del grado di purezza a cui sono arrivati gli Spiriti, ed è questo che fa la differenza dei mondi che noi dobbiamo percorrere. Infatti ci sono molte dimore nella casa del Padre nostro e pertanto molti livelli. Alcuni lo sanno e ne hanno coscienza su questa Terra, altri non hanno assolutamente questa coscienza.»
«Noi, Spiriti, non possiamo rispondere che seguendo il livello di avanzamento nel quale vi trovate. Ossia noi non dobbiamo rivelare queste cose a tutti, perché non tutti sono nella condizione di comprenderle, e questo li turberebbe.»
Man mano che lo Spirito si purifica, di pari grado il corpo che lo riveste si avvicina alla natura spirituale. La materia e meno densa, essa non si trascina più penosamente al suolo, le necessita fisiche diventano meno grossolane e gli esseri viventi non devono più distruggersi reciprocamente per nutrirsi. Lo Spirito e più libero e ha, per le cose lontane, delle percezioni che a noi sono sconosciute: vede con gli occhi fisici ciò che noi vediamo solo con il pensiero.
La purificazione degli Spiriti produce negli esseri nei quali essi sono incarnati il perfezionamento morale. Le passioni brute si affievoliscono, e l'egoismo lascia il posto al sentimento fraterno. È per questa ragione che, nei mondi superiori alla Terra, le guerre sono sconosciute, e l'odio e le discordie non hanno ragion d'essere, perché nessuno pensa di fare torto al suo simile. La percezione che hanno del loro futuro, la sicurezza che da loro una coscienza esente da rimorsi, fanno sì che la morte non causi loro alcuna apprensione. Essi la vedono arrivare senza timore e come una semplice trasformazione.
La durata della vita, nei diversi mondi, sembra essere commisurata al grado di superiorità fisica e morale di questi mondi, e ciò e perfettamente logico. Meno il corpo è materiale, meno e soggetto alle vicissitudini che lo devastano. Più lo Spirito e puro, più è libero dalle passioni che lo insidiano. È un altro beneficio della Provvidenza che vuole in questo modo alleviare le sofferenze.
L'infanzia e ovunque una transizione necessaria, ma non dappertutto e così sprovveduta come presso di voi.»
«Non sempre. Ma può domandare e può ottenere, se lo merita. I mondi sono infatti accessibili agli Spiriti solo secondo il grado della loro elevatezza.»
184a. Se lo Spirito non domanda niente, che cose che determina il mondo dove dovrà reincarnarsi?
«Il grado della sua elevatezza.»
«No. Anche i mondi sono sottoposti alla legge del progresso. Tutti hanno cominciato come il vostro trovandosi in uno stato di inferiorità, e la stessa Terra subirà una trasformazione simile. Diventerà un paradiso terrestre quando gli uomini saranno diventati buoni.»
Pertanto le razze che oggi popolano la Terra spariranno un giorno e saranno sostituite da esseri sempre più perfetti. Queste razze, così trasformate, succederanno alla razza attuale, come questa è succeduta ad altre ancora più rozze.
«Sì, ci sono. Questo stesso involucro diventa talmente etereo che per voi è come se non esistesse: è questo dunque lo stato dei puri Spirito.»
186a. Sembra risultare da ciò che non ci sia una netta demarcazione fra lo stato delle ultime incarnazioni e quello di puro Spirito.
«Questa demarcazione non esiste. Sparendo la differenza a poco a poco, insensibilmente diventa come la notte che svanisce alle prime luci dell'alba.»
«No. È più o meno eterea. Passando da un mondo all'altro, lo Spirito si riveste della materia propria di ciascuno, è ciò avviene con la celerità di un lampo.»
«I puri Spiriti abitano determinati mondi, ma non vi sono confinati come succede agli uomini sulla Terra; essi possono meglio di altri essere ovunque.» [8]
______________
[8] Secondo gli Spiriti, di tutti i globi che compongono il nostro sistema planetario, la Terra sarebbe uno di quelli i cui abitanti sono i meno avanzati sia fisicamente sia moralmente. Marte sarebbe meno avanzato ancora e Giove di molto superiore sotto ogni aspetto. Il Sole non sarebbe affatto un mondo abitato da esseri fisici, ma un luogo di incontro degli Spiriti superiori che di là s'irradierebbero con il pensiero verso altri mondi, che essi guidano per mezzo di Spiriti meno elevati, con i quali comunicano attraverso il fluido universale. Riguardo alla costituzione fisica, il Sole sarebbe un centro di elettricità. Tutti i Soli sembrano trovarsi in una posizione identica.
Il volume e la lontananza dal Sole non avrebbero necessariamente nessun rapporto con il grado di avanzamento dei mondi, poiché sembra che Venere sia più progredita della Terra, e Saturno meno di Giove.
Molti Spiriti, che hanno animato persone conosciute sulla Terra, hanno detto di essere stati incarnati su Giove, uno dei mondi più vicini alla perfezione, e ci si è meravigliati di vedere, in un globo così avanzato, degli uomini che l'opinione comune non collocava qui sulla Terra al medesimo livello. Ma ciò non ha niente di sorprendente, se si considera che certi Spiriti, che hanno abitato questo pianeta, possono essere stati inviati sulla Terra per compiervi una missione che, ai nostri occhi, non li poneva in primo piano. In secondo luogo, bisogna considerare che fra la loro esistenza terrena e quella su Giove, essi hanno potuto avere esistenze intermedie nelle quali si sono migliorati. Terzo, infine, è da considerare che in quel mondo, come nel nostro, ci sono differenti gradi di sviluppo e che fra questi livelli ci può essere la distanza che da noi separa il primitivo dall'uomo civilizzato. Pertanto, dal fatto che uno abiti su Giove, non consegue che sia al livello degli esseri più avanzati, non più di quanto uno sia al livello di un sapiente dell'Istituto, perii solo fatto che abiti a Parigi.
Le condizioni di longevità non dappertutto sono le stesse di quelle sulla Terra, e l'età non può paragonarsi. Una persona deceduta da qualche anno, essendo stata evocata, disse di essersi incarnata dopo sei mesi in un mondo ii cui nome è a noi sconosciuto. Interrogata sull'età che aveva in questo mondo, rispose: "Non posso valutarla perché noi non ne facciamo il computo come voi. Ne consegue che il modo di esistere non è lo stesso: qui ci si sviluppa molto più rapidamente. Pertanto, quantunque siano solo sei dei vostri mesi che io sono qui, posso dire che, riguardo all'intelligenza, ho trent'anni dell'età che avevo sulla Terra".
Molte risposte analoghe sono state date da altri Spiriti, e ciò non ha niente di inverosimile. Non vediamo forse, sulla Terra, un gran numero di animali raggiungere in pochi mesi il loro completo sviluppo? Perché non dovrebbe essere lo stesso dell'uomo in altre sfere? Si noti, inoltre, che lo sviluppo, raggiunto dall'uomo sulla Terra all'età di trent'anni, non può essere che una specie di infanzia, a confronto di quello che deve raggiungere. Bisogna essere ben limitati per credere di essere in tutto il prototipo della creazione, e bisogna ben sminuire la Divinità per credere che al di fuori di noi non ci sia niente che a Lui sia possibile.
Trasmigrazione progressiva
«No, perché lo Spirito, come l'uomo, ha anche la sua infanzia. In origine, gli Spiriti hanno solo un'esistenza istintiva e, a stento, una coscienza di sé stessi e delle loro azioni. Non è che a poco a poco che l'intelligenza si sviluppa.»
«Lo stato dell'infanzia nella vita corporea. La sua intelligenza sta sbocciando: l’anima prova a vivere.»
«Relativamente infantile. Ma sono anime già sviluppate e hanno delle passioni,»
191a. Le passioni sono dunque un segno di sviluppo?
«Di sviluppo, sì, ma non di perfezione. Esse sono un segno sia di attività sia della coscienza dell'io, mentre nell'anima primitiva l'intelligenza e la vita sono allo stato di germe.»
La vita dello Spirito, nel suo insieme, attraversa le stesse fasi che noi conosciamo nella vita fisica. Lo Spirito passa gradualmente dallo stato di embrione a quello dell'infanzia, per arrivare, attraverso una successione di periodi, allo stato adulto che è quello della perfezione, con la differenza pero che non c'è ne declino né decrepitezza come nella vita fisica. Né per la sua vita, che ha avuto un inizio, ci sarà una fine. Gli ci vuole inoltre moltissimo tempo, dal nostro punto di vista, per passare dall'infanzia spiritista a uno sviluppo completo. Infine il suo progresso si compie non in una sola sfera, ma passando per mondi diversi. La vita dello Spirito si compone pertanto di una serie di esistenze fisiche, ciascuna delle quali è per lui un'occasione di progresso, così come ogni esistenza corporea si compone di una serie di giorni, in ognuno dei quali l'uomo acquisisce dell'esperienza e dell'istruzione in più. Ma, come nella vita dell'uomo ci sono giorni che non portano nessun frutto, così in quella dello Spirito ci sono esistenze fisiche che sono senza risultato, perché egli non ha saputo metterle a profitto.
«No, perché ciò che l'uomo crede perfetto e lontano dalla perfezione. Ci sono delle qualità che gli sono sconosciute e che non può comprendere. Egli può essere perfetto tanto quanto comporta la sua natura terrena, ma ciò non è la perfezione assoluta. Come un bambino, per precoce che sia, deve passare attraverso la giovinezza prima di arrivare all'età matura; e come il malato deve passare attraverso la convalescenza prima di recuperare pienamente la sua salute. Inoltre lo Spirito deve progredire in conoscenza e moralità: se è progredito solo in un senso, deve progredire anche nell'altro, per raggiungere la sommità della scala. Però, quanto più l'uomo avanza nella sua vita presente, tanto meno le prove successive saranno lunghe e penose.»
192a. L'uomo può almeno assicurarsi in questa vita un'esistenza futura meno piena di amarezze?
«Sì. Senza dubbio, può abbreviare la durata e le difficolta del cammino. Solo l'incurante si trova sempre allo stesso punto.»
«Come posizione sociale, sì, come Spirito, no.»
«No, perché non può regredire.»
194a. L'anima di un uomo perverso può diventare quella di un uomo dabbene?
«Sì, se egli si è pentito. E allora questa è una ricompensa.»
Il cammino degli Spiriti e progressivo e mai regressivo. Essi si elevano gradualmente nella gerarchia e non scendono affatto dal livello al quale sono pervenuti. Nelle loro differenti esistenze fisiche, possono scendere come uomini, ma non come Spiriti. Così l'anima di un potente della Terra può in futuro animare il più umile artigiano, e viceversa. Infatti i ranghi fra gli uomini sono sovente inversamente proporzionali alla nobiltà dei sentimenti morali. Erode era un re, e Gesù un falegname.
«Chi pensa così non crede a niente né maggiormente lo trattiene l'idea di un castigo eterno, poiché la sua ragione lo fa arretrare. Inoltre, questa idea conduce all'incredulità su tutte le cose. Se fossero stati impiegati solo dei mezzi razionali per orientare gli uomini, non ci sarebbero tanti scettici. Uno Spirito imperfetto può, in effetti, pensare come voi pensate durante la sua vita fisica; ma una volta liberato dalla materia pensa diversamente, perché ben presto si accorge che ha fatto un calcolo errato, ed è allora che in una nuova esistenza egli reca con sé un sentimento contrario. È così che si compie il progresso, ed ecco perché voi avete sulla Terra uomini più avanzati di altri. Alcuni hanno un'esperienza che altri non hanno ancora, ma che acquisiranno poco alla volta. Dipende da loro affrettare il loro progredire o ritardarlo all'infinito.»
L'uomo che si trova in una cattiva posizione desidera uscirne il più presto possibile. Chi è persuaso che le tribolazioni di questa vita siano la conseguenza dei suoi difetti cercherà di assicurarsi una nuova e meno penosa esistenza. E questo pensiero lo distoglierà dalla via del male più di quello del fuoco eterno, al quale peraltro non crede.
«Sì, e esattamente così. Gli Spiriti migliorano attraverso queste prove evitando il male e praticando il bene. Ma e solo dopo molte e successive incarnazioni o purificazioni che essi raggiungono lo scopo al quale tendono, in un tempo più o meno lungo, secondo il loro impegno.»
196a. È il corpo che influisce sullo Spirito per migliorarlo, o è lo Spirito che influisce sul corpo?
«Il vostro Spirito e tutto; il vostro corpo e un rivestimento che si decompone: ecco tutto.»
Troviamo nel succo dell'uva un raffronto materiale dei differenti gradi di purificazione dell'anima. L'uva contiene il liquido chiamato spirito o alcol, ma indebolito da una quantità di materie estranee che ne alterano l'essenza. Questa essenza arriva alla purezza assoluta solo dopo molte distillazioni in ognuna delle quali si libera di qualche impurità. L'alambicco e il corpo nel quale l'essenza deve entrare per purificarsi. Le materie estranee sono come il perispirito, che si depura lui stesso nella misura in cui lo Spirito si avvicina alla perfezione.
Sorte dei bambini dopo la morte
«A volte lo e di più, perché può esser vissuto molto di più e avere più esperienze, specialmente se ha progredito molto.»
197a. Lo Spirito di un bambino può allora essere più avanzato di quello di suo padre?
«Questo e un fatto molto frequente. Non lo constatate sovente voi stessi sulla Terra?»
«Se non ha potuto fare del male, non ha neppure potuto fare del bene, e Dio non lo esime dalle prove che dovrà subire. S e è puro, lo e non perché era un bambino, ma perché era più avanzato.»
«La durata della vita di un bambino può essere, per lo Spirito che è in lui incarnato, l'integrazione di un'esistenza precedente interrotta prima del termine stabilito. Inoltre la sua morte è sovente una prova o un'espiazione per i genitori.»
199a. Che ne è dello Spirito di un bambino morto in tenera età?
«Ricomincia una nuova vita.»
Se l'uomo non avesse che una sola esistenza e se, dopo questa esistenza la sua sorte futura venisse fissata per l'eternità, quale sarebbe il merito della metà del genere umano che muore in tenera età, per godere senza sforzo della beatitudine eterna? E con quale diritto sarebbe affrancato dalle condizioni, sovente così dure, imposte all'altra metà? Un tale ordine di cose non potrebbe esistere, secondo la giustizia di Dio. Con la reincarnazione, invece, l'uguaglianza e per tutti. Il futuro appartiene a tutti senza eccezione e senza favoritismi per alcuno. Chi arriva per ultimo non può incolpare che sé stesso. L'individuo deve avere il merito dei suoi atti, così come deve averne la responsabilità.
D'altra parte non sarebbe logico considerare l'infanzia come un normale stato d'innocenza. Non si vedono forse dei bambini dotati dei peggiori istinti in un'età in cui l'educazione non ha potuto ancora esercitare la sua influenza? Non se ne vedono forse di quelli che sembrano portare con sé, fin dalla nascita, l'astuzia, la falsità, la perfidia, persino l'istinto del furto e della violenza, nonostante i buoni esempi da cui essi sono circondati? La legge civile assolve i loro misfatti perché, dice la legge, essi hanno agito senza discernimento. E ha ragione, perché in effetti essi agiscono più per istinto che per deliberato proposito. Ma da dove possono provenire questi istinti così diversi in bambini della stessa età, educati allo stesso modo e sottoposti alle medesime influenze? Da dove viene questa perversità precoce se non dall'inferiorità dello Spirito, dal momento che l'educazione non c'entra per niente? Quei bambini che sono viziosi Io sono perii fatto che il loro Spirito ha progredito meno e pertanto ne subisce le conseguenze, non per le loro azioni infantili, ma per quelle delle loro esistenze precedenti. E d è così che la legge e uguale per tutti, e che la giustizia di Dio raggiunge tutti.
Sesso degli Spiriti
«Non proprio come voi lo pensate, perché il sesso dipende dall'organismo. C’è fra di loro amore e simpatia ma fondati sull'affinità dei sentimenti.»
«Sì. Lo stesso Spirito può reincarnarsi in un uomo o in una donna.»
«È di poca importanza per lo Spirito, dal momento che tutto dipende dalle prove che deve subire.»
Gli Spiriti si incarnano come uomini e come donne, perché sono asessuati. Poiché devono progredire in tutto, ognuno dei due sessi, così come ogni posizione sociale, offre loro delle prove e dei doveri particolari e l'occasione per acquisire esperienza. Chi fosse sempre uomo non saprebbe che quello che sanno gli uomini.
Parentela e filiazione
«I genitori danno solo la vita animale, perché l'anima è indivisibile. Un padre stupido può avere dei figli intelligenti, e viceversa.»
«Non può essere diversamente. La successione delle esistenze fisiche stabilisce fra gli Spiriti dei legami che risalgono alle vostre esistenze precedenti. Da qui molte volte le ragioni della simpatia fra voi e alcuni Spiriti che sembrerebbero estranei.»
«Essa li estende, ma non li distrugge. Essendo la parentela fondata su affetti precedenti, i legami che uniscono i membri di una stessa famiglia sono meno precari. Questa dottrina aumenta, inoltre, i doveri della fraternita, poiché nel vostro vicino, o nel vostro subalterno, può trovarsi uno Spirito che è stato a voi legato da legami di sangue.»
205a. Allora la reincarnazione diminuisce l'importanza che alcuni attribuiscono al loro ceppo generazionale, dal momento che uno può aver avuto per padre uno Spirito appartenuto a tutt'altra razza, o che è vissuto in tutt'altra condizione?
«È vero, ma questa importanza e fondata sull'orgoglio. Ciò che la maggioranza onora nei propri antenati sono i titoli, il rango, la fortuna. Gente simile arrossirebbe per avere avuto come avo un onesto ciabattino e si vanterebbe invece di discendere da un gentiluomo dissoluto. Ma comunque dicano o facciano, non impediranno alle cose di essere quello che sono, perché Dio non ha regolato le leggi della natura sulla loro vanta.»
«Assolutamente no, perché si deve essere orgogliosi di appartenere a una famiglia nella quale si sono incarnati Spiriti elevati. Sebbene gli Spiriti non procedano gli uni dagli altri, non provano meno affetto per quelli che sono legati a loro da rapporti familiari, perché questi Spiriti sono sovente attirati in una famiglia piuttosto che in un'altra per motivi di simpatia o da legami precedenti. Però state pur certi che gli Spiriti dei vostri antenati non si sentono affatto onorati dal culto che rendete loro per orgoglio. Il loro merito si riflette su di voi solo nella misura in cui voi vi sforzate di seguire i buoni esempi che essi vi hanno dato, ed è solo allora che il vostro ricordo può esser loro non solo gradito ma persino utile.»
Somiglianze fisiche e morali
«No, perché essi sono anime o Spiriti diversi. Il corpo procede dal corpo, ma lo Spirito non procede dallo Spirito. Fra i discendenti di una famiglia, c'è solo consanguineità.»
207a. Da dove vengono le somiglianze morali esistenti a volte fra genitori e figli?
«Dal fatto che sono Spiriti simpatici attirati dalla somiglianza delle loro tendenze.»
«Ce n'e una molto grande. Come abbiamo già detto, gli Spiriti devono concorrere reciprocamente al progresso. Dunque lo Spirito dei genitori ha per missione lo sviluppo del progresso dei loro figli attraverso l'educazione. Per lui e un compito: se vi viene meno, è colpevole.»
«Uno Spirito cattivo può chiedere dei buoni genitori, nella speranza che i loro consigli lo guidino su una strada migliore. Sovente Dio lo affida proprio a loro.»
«No. Ma possono migliorare lo Spirito del bambino a cui hanno dato la vita e che è stato loro affidato: e un loro dovere. I figli cattivi costituiscono una prova per i genitori.»
«Viene dall'essere Spiriti simpatici che si avvicinano per somiglianza di sentimenti e che sono felici di trovarsi insieme.»
«Sì. Ma la somiglianza fra le due anime è tale che sovente ai vostri occhi non ne appare che una sola.»
«Non è una regola quella secondo cui i gemelli hanno solo Spiriti simpatici. Spiriti cattivi potrebbero voler lottare insieme sulla scena della vita.»
«È una metafora! Per dimostrare che il loro odio era già radicato, lo si fa risalire a prima della loro nascita. Generalmente voi non tenete sufficientemente conto delle figure poetiche.»
«Anche gli Spiriti hanno famiglie formate per affinità delle loro tendenze, più o meno purificate, secondo il grado di elevatezza. Ebbene! Un popolo è una grande famiglia in cui si uniscono gli Spiriti tra loro simpatici. La tendenza che i membri di queste famiglie hanno a unirsi sta all'origine della somiglianza che esiste nel carattere distintivo di ogni popolo. Credete che degli Spiriti buoni e umani cercherebbero un popolo barbaro e ignorante? No. Gli Spiriti simpatizzano con le masse come simpatizzano con gli individui. Là si trovano nel loro ambiente.»
«Sì, può succedere. Ma migliorando cambia. la sua posizione nella società può anche non essere più la stessa. Se da padrone diventa subalterno, i suoi gusti saranno del tutto diversi e voi avrete delle difficolta a riconoscerlo. Essendo lo Spirito sempre lo stesso nelle varie reincarnazioni, le sue manifestazioni possono avere, dall'una all'altra, certe analogie, sebbene modificate dalle abitudini della sua nuova condizione, fintantoché un notevole miglioramento non ne abbia cambiato completamente il carattere. Infatti, da orgoglioso e cattivo può diventare umile e umano se si è pentito.»
«Il corpo viene distrutto, e il nuovo non ha nessun rapporto con il precedente. Comunque lo Spirito si riflette sul corpo. Certo il corpo non è che materia. Malgrado ciò, esso e modellato sulle capacita dello Spirito, che gli imprime un certo carattere, soprattutto al volto, ed e con ragione che gli occhi sono stati designati come lo specchio dell'anima. Vale a dire che il volto in modo particolare riflette l'anima, cosicché anche una persona molto brutta ha qualcosa che piace quando essa è l'involucro di uno Spirito buono, saggio, umano. Mentre ci sono dei volti molto belli che non suscitano nessuna emozione, per i quali si prova anzi repulsione. Voi potreste credere che solo i corpi ben fatti siano l'involucro degli Spiriti più elevati, mentre incontrate tutti i giorni uomini dabbene sotto aspetti deformi. Senza avere una somiglianza pronunciata, le affinità dei gusti e delle tendenze possono dunque dare quel che si dice un'aria di famiglia.»
Non avendo il corpo che riveste l'anima in una nuova reincarnazione nessun rapporto necessario con quello che essa ha lasciato — poiché può ottenerlo da tutt'altra fonte —, sarebbe assurdo dedurre una successione di esistenze da una somiglianza che è solo fortuita. Ciononostante le qualità dello Spirito modificano sovente gli organi che servono alle loro manifestazioni e imprimono sul volto, e anche all'insieme dei modi, un carattere particolare. È così che sotto l'involucro più umile si può trovare l'espressione della grandezza e della dignità, mentre sotto l'abito del gran signore si vede a volte quella della bassezza e dell'ignominia. Certe persone, uscite dalla posizione più infima prendono agevolmente le abitudini e le maniere del gran mondo, sembrano ritrovarsi nel loro elemento, mentre altre, malgrado la loro nascita e la loro educazione, si trovano sempre in imbarazzo. Come spiega re questo fatto se non come un riflesso di quello che in precedenza è stato lo Spirito?
Idee innate
«Gli rimane un vago ricordo che gli da ciò che va sotto il nome di idee innate.»
218a. La teoria delle idee innate non è dunque una chimera?
«No. Le conoscenze acquisite in ogni esistenza non si perdono. Lo Spirito, libero dalla materia, se ne ricorda sempre. Durante l'incarnazione, può dimenticarle in parte, momentaneamente, ma l'intuizione che gliene resta contribuisce al suo avanzamento. Senza ciò dovrebbe ricominciare sempre daccapo. A ogni nuova esistenza, lo Spirito prende il suo punto di partenza da quello in cui era rimasto nella sua precedente esistenza.»
218b. Deve allora esserci una grande connessione fra due esistenze consecutive?
«Non sempre così grande come si potrebbe credere, perché le situazioni sono sovente molto differenti e, nell'intervallo, lo Spirito potrebbe essere progredito.» (Vedere n. 216 di quest'opera)
«Ricordi del passato, progresso anteriore dell'anima, ma di cui lo Spirito stesso non ha coscienza. Da dove volete che vengano? Il corpo cambia, ma lo Spirito no, benché cambi veste.»
«Sì, se questa intelligenza è stata sprecata o nel caso se ne sia fatto un cattivo uso. Una facoltà può, inoltre, rimanere assopita per tutta una esistenza, perché lo Spirito vuole esercitarne un'altra che non è in relazione. Allora questa facoltà rimane allo stato latente per riapparire in seguito.»
«È il ricordo che ha conservato di ciò che sapeva come Spirito prima di reincarnarsi, ma l'orgoglio soffoca sovente questo sentimento.»
221a. È a questo stesso ricordo che sono dovute certe credenze relative alla Dottrina Spiritista e che si ritrovano presso tutti i popoli?
«Questa Dottrina è antica come il mondo. È per questa ragione che la ritroviamo dappertutto ed è anche la prova che è vera. Lo Spirito incarnato, conservando l'intuizione del suo stato di Spirito, ha la coscienza istintiva del mondo invisibile, ma sovente essa viene falsata dai pregiudizi, e l'ignoranza vi mescola la superstizione.»
Capitolo V — Considerazioni Sulla Pluralità Delle Esistenze
Gli Spiriti, insegnando il dogma della pluralità delle esistenze fisiche, rinnovano perciò una dottrina nata agli albori del mondo e che si è conservata fino ai nostri giorni nel pensiero intimo di molti. Solo che gli Spiriti la presentano sotto un punto di vista più razionale, più conforme alle progressive leggi della natura e più in armonia con la sapienza del Creatore, spogliandola di tutti gli orpelli della superstizione. Una circostanza degna di nota è che non solo in questo libro essi l'hanno insegnata in questi ultimi tempi; ma prima ancora della sua pubblicazione, numerose comunicazioni della stessa natura sono state ottenute in diversi paesi e si sono considerevolmente moltiplicate. Forse sarebbe qui il caso di esaminare perché gli Spiriti non sembrino essere tutti d'accordo su questo punto. Ci ritorneremo più avanti.
Esaminiamo la questione sotto un altro punto di vista, escludendo qualsiasi intervento degli Spiriti. Mettiamoli da parte per un momento e supponiamo che questa teoria non li riguardi; supponiamo anche che non sia mai stata una questione di Spiriti. Poniamoci dunque momentaneamente su un terreno neutro, ammettendo lo stesso grado di probabilità per entrambe le ipotesi, quella cioè della pluralità e quella dell'unicità delle esistenze fisiche, e vediamo da quale parte ci porterà la ragione e il nostro stesso interesse.
Qualcuno respinge l'idea della reincarnazione per il solo motivo che non gli conviene, dicendo che ne ha abbastanza di un'esistenza e che non vorrebbe ricominciarne un'altra uguale. Noi conosciamo alcuni che al solo pensiero di ricomparire sulla Terra sussultano di rabbia. Abbiamo una sola cosa da chieder loro: se il Signore abbia tenuto conto del loro parere e consultato i loro gusti per reggere l'universo. Pertanto, delle due l'una: o la reincarnazione esiste o non esiste. Se esiste, essa ha un bel contrariarli, dovranno subirla. Dio non chiederà il permesso a loro. Ci sembra di sentire un malato che dica: "Ho sofferto abbastanza oggi, non voglio più soffrire domani". Ma, qualunque sia il suo cattivo umore, domani e nei giorni seguenti non dovrà soffrire meno, e ciò fin quando non sarà guarito. Pertanto, se costoro devono rivivere fisicamente, rivivranno e si reincarneranno. Avranno un bel ribellarsi, come un bambino che non voglia andare a scuola, o come un condannato in prigione: attraverseranno ciò che dovranno attraversare. Simili obiezioni sono troppo infantili per meritare un più serio esame. Ciononostante noi diremo loro, per rassicurarli, che la Dottrina Spiritista, sulla reincarnazione, non è così terribile come essi credono, e che se l'avessero studiata a fondo non sarebbero tanto terrorizzati. Essi saprebbero che la condizione della nuova esistenza dipende da loro: sarà felice o infelice secondo quello che avranno fatto sulla Terra, e possono già da questa vita elevarsi così in alto da non dover più temere di ricadere nel fango.
Noi supponiamo di parlare a chi crede a un futuro qualsiasi dopo la morte e non a chi, come prospettiva, si offre il nulla o vuole affondare la propria anima nel tutto universale, senza individualità, come le gocce di pioggia nell'oceano, che è pressappoco la stessa cosa. Se tu credi in un futuro qualsiasi, senza dubbio non ammetterai che esso sia uguale per tutti, altrimenti in che cosa consisterebbe l'utilità del bene? Perché reprimersi? Perché non soddisfare tutte le passioni, tutti i propri desideri, foss'anche a danno degli altri, dal momento che sarebbe la stessa cosa? Non credi che questo futuro sarà più o meno felice a seconda di quello che avremo fatto durante la vita? Non avrai allora il desiderio d'essere il più felice possibile, dal momento che ciò dev'essere per l'eternità? Avrai forse la pretesa di considerarti uno degli uomini più perfetti che siano mai esistiti sulla Terra e di avere pertanto immediatamente diritto alla suprema felicita degli eletti? No. Ammetterai allora che ci sono degli uomini che valgono più di te e che hanno diritto a un posto migliore, senza che per questo tu sia fra i reprobi. Ebbene! Poniti per un istante con il pensiero nella posizione intermedia, che sarà probabilmente la tua, poiché l'hai appena ammesso, e supponi che qualcuno venga a dirti: 'Tu soffri, non sei così felice come potresti invece essere, mentre hai di fronte a t e degli esseri che godono di una felicita completa. Vuoi tu cambiare la tua condizione con la loro?" "Senz'altro — dirai tu —. Che cosa bisogna fare?" "Meno di niente. Rifare ciò che è stato fatto male e cercare di farlo meglio." Esiteresti ad accettare, foss'anche al prezzo di più esistenze di prova? Ma prendiamo a paragone qualcosa di più semplice. Se a un uomo che, senza essere in estrema miseria, sopporta tuttavia delle privazioni a causa della modestia delle sue risorse, gli si dicesse: "Ecco un'immensa fortuna. Puoi godere. Bisogna per questo che tu lavori duramente per un minuto." Fosse pure il più pigro della Terra, dira senza esitare: "Lavorerò un minuto, due minuti, un'ora, un giorno, se e necessario. Che sarà mai questo, pur di finire la mia vita nell'abbondanza?" Pertanto, che cos'e la durata della vita fisica a confronto dell'eternità? Meno di un minuto, meno di un secondo.
Abbiamo inteso anche fare questo ragionamento: Dio, che è sovranamente buono, non può imporre all'uomo di ricominciare una serie di miserie e di tribolazioni. Si penserebbe per caso che ci sarebbe più bontà a condannare l'uomo a una sofferenza eterna per qualche momento di errore, piuttosto che dargli i mezzi per riparare i suoi errori? "Due imprenditori avevano ognuno un dipendente che poteva aspirare a diventare il socio del capo. Ora accadde che questi due dipendenti impiegassero una volta assai male la loro giornata lavorativa e si meritassero di essere licenziati. Uno dei due imprenditori mando via, malgrado le suppliche, il suo dipendente che, non avendo trovato un altro lavoro, morì di stenti. L'altro imprenditore disse al suo: "Hai perso un giorno, me ne devi quindi uno in compensazione. Hai fatto male il tuo lavoro e pertanto me ne devi il risarcimento: ti permetto di rifarlo. Cerca di farlo bene e conserverai il tuo lavoro e potrai sempre aspirare alla posizione superiore che ti ho promesso". È necessario chiedere quale dei due imprenditori è stato il più umano? Dio, che è la clemenza stessa, sarebbe forse più spietato di un uomo? Il pensiero che la nostra sorte sia per sempre determinata da qualche anno di prova, anche quando non sempre è dipeso da noi raggiungere la perfezione sulla Terra, ha qualcosa di angoscioso, mentre l'idea opposta e eminentemente consolatoria poiché essa ci concede la speranza. Così, senza pronunciarci a favore o contro la pluralità delle esistenze, senza aderire a un'ipotesi piuttosto che all'altra, diciamo che, se ci fosse dato il diritto di scelta, non ci sarebbe nessuno che preferirebbe un giudizio senza appello. Un filosofo ha detto che se Dio non esistesse bisognerebbe inventarlo per la felicita del genere umano. Lo stesso si potrebbe dire per la pluralità delle esistenze. Ma, come abbiamo già detto, Dio non chiede il nostro permesso, non consulta il nostro parere: questo e o n on è. Vediamo da che parte stanno le probabilità, affrontiamo la questione da un altro punto di vista — escludendo sempre l'insegnamento degli Spiriti — e analizziamola unicamente come studio filosofico.
Se non c’è reincarnazione, l'esistenza fisica e una sola, questo è evidente. Se la nostra esistenza fisica attuale è l'unica, l'anima di ogni uomo si costituisce al momento della nascita, a meno che non si ammetta l'anteriorità dell'anima, nel qual caso ci si domanderà che cosa era l'anima prima della nascita e se questo stato non costituiva un'esistenza sotto una qualche forma. Non c'è via di mezzo: o l'anima esisteva, o non esisteva prima del corpo. Se esisteva, qual era la sua condizione? Aveva oppure non aveva coscienza di sé stessa? Se non ne aveva coscienza, e quasi come se non esistesse. Se aveva la sua individualità, essa era progressiva o stazionaria: in un caso come nell'altro, a quale grado essa e arrivata nel corpo? Ammettendo, secondo la credenza popolare, che l'anima nasca con il corpo oppure, ed e la stessa cosa, che anteriormente alla sua reincarnazione essa abbia solo delle facoltà negative, poniamo le seguenti domande:
1º. Perché l'anima mostra delle attitudini così diverse e indipendenti dalle idee acquisite con l'educazione?
2º. Da dove viene l'attitudine eccezionale di certi bambini in tenera età per la tale arte o la tale scienza, mentre altri rimangono inferiori o mediocri per tutta la loro vita?
3º. Da dove vengono, in alcuni, le idee innate o intuitive che non esistono in altri?
4º. Da dove vengono, in certi bambini, quegli istinti precoci di vizi o di virtù, quei sentimenti innati di bassezza o di dignità che contrastano con l'ambiente in cui sono nati?
5º. Perché certe persone, indipendentemente dall'educazione ricevuta, sono più avanzate di altre?
6º. Perché ci sono degli uomini primitivi e degli uomini civilizzati? Se prendete un lattante ottentotto e lo portate in uno dei nostri più famosi licei, né farete mai di lui un Laplace o un Newton?
Ci domandiamo allora qual è la filosofia o teosofia che può risolvere questi problemi. O le anime alla loro nascita sono uguali o non lo sono, su ciò non v'e dubbio. Se sono uguali perché quelle attitudini così diverse? Si dirà che ciò dipende dall'organismo? In questo caso sarebbe la dottrina più mostruosa e immorale. L'uomo non sarebbe altro che una macchina, una vittima della materia, non avrebbe più la responsabilità dei suoi atti e potrebbe attribuire tutto alle sue imperfezioni fisiche. Se le anime non sono uguali, e perché Dio le ha create così. Ma allora perché quella superiorità innata concessa ad alcuni? Questa parzialità e forse conforme alla giustizia di Dio e all'amore che Egli riversa ugualmente su tutte le sue creature?
Ammettiamo, invece, una successione di esistenze anteriori progressive per ogni anima, e tutto si spiega. Nascendo gli uomini portano con sé l'intuizione di ciò che hanno acquisito. Essi sono più o meno avanzati secondo il numero delle esistenze trascorse e secondo che siano più o meno distanti dal loro punto di partenza: esattamente come in un'assemblea di individui di ogni età, ognuno avrà uno sviluppo proporzionato al numero di anni vissuti. Le esistenze successive saranno, per la vita dell'anima, quello che gli anni sono per la vita del corpo. Radunate un giorno mille individui, da uno a ottant'anni; immaginate che un velo venga calato su tutti i loro giorni passati. E immaginate che, nella vostra ignoranza, voi li crediate così tutti nati nello stesso giorno. Naturalmente vi domanderete come accade che alcuni siano grandi e altri piccoli, alcuni vecchi e altri giovani, alcuni istruiti e altri ignoranti. Ma se il velo, che vi nasconde il passato, si sollevasse, se veniste a sapere che hanno tutti vissuto chi più e chi meno a lungo, tutto vi sarà chiaro. Dio, nella Sua giustizia, non ha potuto creare delle anime perfette e altre meno. Ma, con la pluralità delle esistenze, la disuguaglianza che notiamo non è più assolutamente in contrasto con la più rigorosa giustizia. Il fatto e che noi vediamo solo il presente e non il passato. Questo ragionamento poggia su un sistema o su una supposizione gratuita? No, noi partiamo da un fatto evidente, incontestabile: la disuguaglianza delle attitudini e dello sviluppo intellettuale e morale. Non riusciamo a spiegare questo fatto con tutte le teorie possibili, mentre la spiegazione è semplice, naturale, con un'altra teoria. È forse logico preferire quella che non spiega anziché quella che spiega?
Riguardo alla sesta domanda, si dirà senza dubbio che l'Ottentotto e di razza inferiore; pertanto ci si domanderà se l'Ottentotto è un uomo o no. Se è un uomo, perché Dio ha privato lui e la sua razza dei privilegi accordati, per esempio, alla razza Caucasica? Se quello non è un uomo, perché cercare di farlo cristiano? La Dottrina Spiritista va oltre a tutto ciò: per essa non ci sono più specie umane, ci sono solo uomini il cui Spirito è più o meno arretrato, ma suscettibile di progresso. Questo non è forse più conforme alla giustizia di Dio?
Abbiamo appena esaminato la condizione dell'anima nel suo passato e nel suo presente. Se la considereremo nel suo avvenire troveremo le stesse difficolta.
1º. Se la nostra attuale esistenza fosse la sola a decidere del nostro avvenire, qual è, nella vita futura, la rispettiva posizione del primitivo e dell'uomo civilizzato? Stanno essi sullo stesso piano? O sono distanziati rispetto alla somma di beatitudine eterna?
2º. L'uomo che ha impiegato tutta la sua vita a migliorarsi e allo stesso livello di chi e rimasto a un livello inferiore, non per colpa sua, ma perché non ha avuto né il tempo né la possibilità di migliorarsi?
3º. L'uomo che ha fatto del male, perché non ha potuto istruirsi, è responsabile di uno stato di cose che non sono dipese da lui?
4º. Si lavora per istruire gli uomini, moralizzarli e civilizzarli. Ma, per uno che si istruisce, ce ne sono milioni che ogni giorno muoiono prima che la luce sia giunta fino a loro. Qu a I è la sorte di costoro? Vengono trattati come dei reprobi? In caso contrario, che cosa hanno fatto per meritare di trovarsi allo stesso livello degli altri?
5º. Qual è la sorte dei bambini che muoiono in tenera età prima di aver potuto fare del bene o del male? Se sono fra gli eletti, perché questa concessione senza aver fatto niente per meritarla? In base a quale privilegio sono essi affrancati dalle tribolazioni della vita?
Esiste una dottrina che possa risolvere questa questione? Ammettete delle esistenze consecutive e tutto e spiegato in conformità alla giustizia di Dio. Ciò che non si è potuto fare in un'esistenza, lo si farà in un'altra. È così che nessuno sfugge alla legge del progresso, che ognuno sarà ricompensato secondo i suoi meriti reali, e così che nessuno e escluso dalla beatitudine suprema, alla quale può aspirare quali che siano gli ostacoli che abbia incontrato sul suo cammino.
Queste questioni potrebbero essere moltiplicate all'infinito, perché moltissimi sono i problemi psicologici e morali che trovano soluzione solo nella pluralità delle esistenze. Noi ci siamo limitati ai più comuni. Qualunque cosa sia — si potrà forse dire — la dottrina della reincarnazione non è assolutamente ammessa dalla Chiesa. Ciò sarebbe dunque un capovolgimento della religione. Il nostro scopo in questo momento non è quello di trattare tale questione: ci basta aver dimostrato che questa dottrina e eminentemente morale e razionale. Pertanto ciò che è morale e razionale non può essere cosa contraria a una religione la quale proclama che Dio e la Bontà e la Ragione per eccellenza. Che cosa sarebbe stato della religione se, contro l'opinione universale e la testimonianza della scienza, si fosse ostinata di fronte all'evidenza e avesse radiato dal proprio seno chiunque non avesse creduto al moto del Sole o ai sei giorni della creazione? Quale credibilità avrebbe meritato e quale autorevolezza avrebbe avuto presso i popoli più illuminati, una religione fondata su errori manifesti imposti come articoli di fede? Quando l'evidenza e stata dimostrata, la Chiesa si è saggiamente schierata dalla parte dell'evidenza. Dal momento che è stato dimostrato che alcune cose di questo mondo sono impossibili da spiegare senza la reincarnazione, che certi punti del dogma si possono spiegare solo in questo modo, bisognerà pure ammetterla e riconoscere che l'antagonismo di questa dottrina e di questi dogmi e solo apparente. Più avanti dimostreremo che la religione è forse meno lontana dalla Dottrina degli Spiriti di quanto si pensi, e che non soffrirebbe più di quanto non abbia sofferto per la scoperta del moto della Terra e dei periodi geologici che, a prima vista, sembrarono smentire i testi sacri. D'altra parte il principio della reincarnazione traspare in molti passaggi delle Scritture e si trova notoriamente formulato in modo esplicito nel Vangelo:
«Poi mentre scendevano dal monte, Gesù diede loro quest'ordine: "Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo sia risuscitato dai morti". E i discepoli gli domandarono: "Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?". Egli rispose: "Certo, Elia deve venire e ristabilire ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, gli hanno fatto tutto quello che hanno voluto; così anche il Figlio dell'uomo deve soffrire da parte loro". Allora i discepoli capirono che egli aveva parlato loro di Giovanni il battista.» (Matteo, capitolo XVII)
Poiché Giovanni Battista era Elia, c’è dunque stata reincarnazione dello Spirito o dell'anima di Elia nel corpo di Giovanni Battista.
Del resto qualunque sia l'opinione che ci si faccia della reincarnazione, che la si accetti o che non la si accetti, non si potrà fare a meno di subirla, se esiste nonostante ogni credenza contraria. Il punto essenziale e che l'insegnamento degli Spiriti è eminentemente cristiano, poiché poggia sull'immortalità dell'anima, sulle pene e ricompense future, sulla giustizia di Dio, sul libero arbitrio dell'uomo, sulla morale di Cristo. Dunque non è contro la religione.
Finora abbiamo ragionato, come abbiamo detto, escludendo qualsiasi insegnamento spiritista che, per taluni, non ha alcuna autorevolezza. Se noi, con molti altri, abbiamo adottato il principio della pluralità delle esistenze, non è solo perché esso ci viene dagli Spiriti, ma e perché questo principio ci è sembrato il più logico, il solo atto a risolvere questioni finora insolute. Anche se ci fosse venuto da un semplice mortale, noi l'avremmo adottato lo stesso ne avremmo più a lungo esitato a rinunciare alle nostre idee personali. Dal momento in cui un errore viene dimostrato, l'amor proprio ha più da perderci che da guadagnarci a ostinarsi in un'idea errata. Parimenti, avremmo respinto questo principio, quantunque proveniente dagli Spiriti, se ci fosse sembrato contrario alla ragione, come ne abbiamo rifiutati tanti altri, poiché sappiamo per esperienza che non si deve accettare ciecamente tutto ciò che viene dagli Spiriti, non più di ciò che viene dagli uomini. Secondo noi, il primo titolo di questo principio è pertanto quello di essere prima di tutto logico. Ce n'e un altro, ed e quello di essere stato confermato dai fatti: fatti positivi e per così dire tangibili, che uno studio attento e ragionato può rivelare a chiunque si dia la pena di osservare con pazienza e perseveranza, e di fronte ai quali il dubbio non è più ammesso. Quando questi fatti verranno divulgati, come quelli della formazione e del moto della Terra, ci si dovrà pur arrendere all'evidenza, e gli oppositori pagheranno le spese della loro contraddizione.
In conclusione, riconosciamo dunque che la dottrina della pluralità delle esistenze e l'unica che spieghi quanto, senza di essa, sarebbe inesplicabile; l'unica che sia eminentemente consolatoria e conforme alla giustizia più rigorosa, l'unica che sia per l'uomo l'ancora della salvezza che Dio gli ha dato nella Sua misericordia.
Le parole stesse di Gesù non possono lasciare dubbi al riguardo. Ecco che cosa si legge nel Vangelo secondo san Giovanni, capitolo III:
3.Gesù rispose a Nicodemo: "In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio".
4.Nicodemo gli disse: "Come può un uomo nascere quando e già vecchio? Può egli entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e nascere?"
5.Gesù rispose: "In verità, in verità ti dico che se uno non e nato d'acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio.
Quello che e nato dalla carne, e carne; e quello che e nato dallo Spirito, e spirito. Non ti meravigliare se ti ho detto: Bisogna che nasciate di nuovo". (Vedere il capitolo Resurrezione della carne, n. 1010).
Capitolo VI — Vita Spiritista
Spiriti erranti
«A volte immediatamente, ma più di frequente dopo intervalli più o meno lunghi. Nei mondi superiori la reincarnazione e quasi sempre immediata. Poiché la materia fisica lì e meno rozza, lo Spirito incarnato vi fruisce di quasi tutte le sue facoltà di Spirito; il suo stato normale e simile a quello dei vostri sonnambuli lucidi.»
«Uno Spirito errante, che aspira alla sua nuova destinazione e attende.»
224a. Quale può essere la durata di questi intervalli?
«Da qualche ora a qualche migliaio di secoli. Del resto, per essere esatti, allo stato errante non è stato affatto fissato un limite estremo, che può protrarsi a lungo, ma che in ogni caso non sarà mai perpetuo. Lo Spirito ha sempre, prima o poi, l'opportunità di ricominciare un'esistenza, che serve alla purificazione delle sue esistenze precedenti.»
224b. Questa durata è subordinata alla volontà dello Spirito o può essere imposta come espiazione?
«È una conseguenza del libero arbitrio, poiché gli Spiriti sanno perfettamente quel che fanno. Ma ci sono casi in cui è una punizione inflitta da Dio. Altri ancora domandano di prolungare la durata per compiervi degli studi che non possono essere fatti con profitto se non nello stato di Spirito.»
«No, perché ci sono Spiriti erranti di tutti i livelli. L'incarnazione e uno stato transitorio, l'abbiamo già detto: nel suo stato normale, lo Spirito e libero dalla materia.»
«Quelli che si devono reincarnare, sì. Ma i puri Spiriti, che sono giunti alla perfezione, non sono erranti: il loro stato e definitivo.»
Sotto l'aspetto delle qualità intime, gli Spiriti sono di differenti ordini o livelli, che essi percorrono in successione nella misura in cui si purificano. Come stato, essi possono essere: incarnati, ossia uniti a un corpo; erranti, ossia liberi dal corpo materiale e in attesa di una nuova incarnazione per migliorarsi; puri Spiriti, ossia quelli perfetti e che non hanno più necessita di reincarnarsi.
Fra gli Spiriti non incarnati ve ne sono di quelli che hanno delle missioni da compiere, delle occupazioni attive e che godono di una relativa felicita, altri invece fluttuano nel vuoto e nell'incertezza. Questi ultimi sono Spiriti erranti nel vero senso della parola, e sono in realtà quelli che vengono designati col nome di anime in pene. I primi non sempre si considerano erranti, perché essi fanno una distinzione tra la loro situazione e quella degli altri (1015). (Quest'ultimo paragrafo fa parte degli Errata della 5a edizione, 1865.)
«Essi studiano il loro passato e cercano i mezzi per elevarsi. Guardano e osservano ciò che succede nei luoghi che percorrono. Ascoltano i discorsi degli uomini illuminati e i consigli degli Spiriti di più alto livello, e ciò fornisce loro delle idee che prima non avevano.»
«Gli Spiriti elevati, perdendo il loro involucro, abbandonano le cattive passioni e conservano soltanto quelle volte al bene. Ma gli Spiriti inferiori le conservano, altrimenti farebbero parte del primo ordine.»
«Ci sono delle persone eccessivamente gelose in questo mondo. Credete forse che dopo che l'hanno lasciato perdano questo difetto? Esso rimane, dopo la partenza dalla Terra, — soprattutto in quelli che hanno avuto delle spiccate passioni —, come una sorta di atmosfera che li avvolge lasciando loro tutte quelle cose cattive, proprio perché lo Spirito non è completamente libero. Solo per alcuni momenti esso intravede la verità, quasi a mostrargli la retta via.»
«Può migliorare molto, sempre secondo la sua volontà e il suo desiderio. Ma è nell'esistenza fisica ch'egli mette in pratica le nuove idee che ha acquisito.»
«Più o meno secondo i loro meriti. Soffrono per passioni di cui hanno conservato le tracce, oppure essi sono felici a seconda che si siano più o meno smaterializzati. Nello stato errante, lo Spirito intravede ciò che gli manca per essere più felice. È allora che cerca i mezzi per giungervi, ma non sempre gli è permesso di reincarnarsi a suo piacimento, e questa è allora una punizione.»
«Secondo i casi. Quando lo Spirito ha lasciato il corpo, non per questo si è completamente liberato della materia e appartiene ancora al mondo in cui è vissuto, o a un mondo dello stesso livello, a meno che, durante la sua vita, non si sia elevato, ed e questo il fine cui deve tendere. Senza di ciò non si perfezionerebbe mai. Egli può tuttavia andare in certi mondi superiori, ma allora vi si trova da straniero. È, per così dire, come se li intravedesse, ed è ciò che gli accende il desiderio di migliorarsi, per essere degno della felicita di cui lì si gode e potervi più tardi abitare.»
«Ci vanno sovente per aiutarli a progredire. Senza di ciò questi mondi sarebbero abbandonati a sé stessi senza alcuna guida che li orienti.»
Mondi transitori
«Sì. Ci sono dei mondi destinati in particolare agli esseri erranti, mondi nei quali essi possono abitare per qualche tempo. Sono specie di bivacchi, di campi per riposarsi da un troppo lungo errare, stato questo sempre piuttosto penoso. Sono delle posizioni intermedie fra gli altri mondi, graduate secondo la natura degli Spiriti, i quali possono soggiornarvi e godere di un benessere più o meno grande.»
234a. Gli Spiriti che abitano questi mondi possono lasciarli quando vogliono?
«Sì. Gli Spiriti che si trovano in questi mondi possono staccarsene per andare dove devono recarsi. Immaginatevi degli uccelli migratori che atterrino su un'isola, in attesa di riprendere le forze per recarsi al luogo di destinazione.»
«Certamente. Quelli che si riuniscono così lo fanno con lo scopo di istruirsi e di poter più facilmente ottenere il permesso di recarsi in luoghi migliori e raggiungere la posizione che ottengono gli eletti.»
«No. La loro situazione è solo temporanea.»
236a. Questi mondi sono abitati contemporaneamente da esseri fisici?
«No. La loro superficie e sterile. Coloro che li abitano non hanno bisogno di niente.»
236b. Questa sterilità è permanente e concerne la loro particolare natura?
«No. Essi sono sterili transitoriamente.»
236c. Questi mondi allora sono privi di bellezze naturali?
«La natura si manifesta attraverso le bellezze dell'immensità, che non sono meno ammirevoli di quelle che voi chiamate le bellezze della natura.»
236d. Poiché lo stato di questi mondi e transitorio, la nostra Terra sarà parte un giorno di quel numero?
«Lo è stata.»
236e. In quale epoca?
«Durante la sua formazione.»
Niente e inutile in natura: ogni cosa ha il suo scopo, la sua finalità. Niente è vuoto, tutto è abitato, la vita è dappertutto. Così nel lungo corso dei secoli che si sono succeduti prima dell'apparizione dell'uomo sulla Terra, durante questi lenti periodi di transizione, attestati dagli strati geologici, prima ancora della formazione dei primi esseri organici, su questa massa informe, in questo arido caos dove gli elementi erano confusi, non c'era assenza di vita. Vi trovavano rifugio esseri che non avevano né i nostri bisogni né le nostre sensazioni fisiche. Dio ha voluto che, anche in questa condizione imperfetta, questo nostro mondo servisse a qualcosa. Pertanto chi oserebbe dire, che fra i miliardi di mondi che ruotano nell'immensità, uno solo, uno dei più piccoli, perso nella moltitudine, ebbe il privilegio esclusivo di essere popolato? Quale sarebbe dunque l'utilità degli altri? Dio li avrebbe fatti al solo scopo di ricreare i nostri occhi? Supposizione assurda, incompatibile con la saggezza che scaturisce da tutte le Sue opere, e inammissibile se si pensa a tutte quelle cose che non possiamo percepire. Nessuno contesterà che, in questa idea di mondi non ancora adatti alla vita materiale, e tuttavia popolati da esseri viventi idonei a questo ambiente, c’è qualcosa di grande e di sublime, dove forse si trova la soluzione a più di un problema.
Percezioni, sensazioni e sofferenze degli Spiriti
«Sì. E altre che prima non possedeva, perché il suo corpo era come un velo che le ottenebrava. L'intelligenza e un attributo dello Spirito, ma essa si manifesta più liberamente quando non ci sono ostacoli.»
«Più essi si avvicinano alla perfezione, più sanno. Se sono Spiriti superiori, sanno di più, mentre gli Spiriti inferiori sono più o meno ignoranti su tutte le cose.»
«Dipende dal loro grado di elevatezza e purezza. Gli Spiriti inferiori non sanno più degli uomini.»
«No. Ed è per questo che accade che non sempre ci comprendete quando si tratta di fissare date oppure epoche.»
Gli Spiriti vivono al di fuori del tempo, come lo intendiamo noi. La durata del tempo per loro è, per così dire, nulla. I secoli, interminabili per noi, sono per loro degli istanti che svaniscono nell'eternità, come le asperità del suolo si annullano e spariscono per chi si alza nello spazio.
«Succede più o meno come a chi abbia una buona vista e si fa più di un cieco un'idea precisa delle cose. Gli Spiriti vedono ciò che voi non vedete, perciò giudicano in modo diverso da voi. Ma, ancora una volta, ciò dipende dal loro grado di elevatezza.»
«Il passato, quando noi ce ne occupiamo, è un presente, esattamente come quando voi ricordate una cosa che vi ha colpito nel corso del vostro esilio terreno. Solo che noi, non avendo più il velo materiale che ottenebra invece la vostra intelligenza, ricordiamo cose che per voi sono state cancellate. Però gli Spiriti non conoscono tutto, a cominciare dalla loro creazione.»
«Anche questo dipende dal loro livello di perfezione. Sovente lo intravedono soltanto, ma non sempre è loro permesso di rivelarlo. Quando lo vedono a loro sembra un presente. Lo Spirito vede il futuro più chiaramente nella misura in cui si avvicina a Dio. Dopo la morte, l'anima vede e abbraccia in un sol colpo d'occhio le sue emigrazioni passate, ma non può vedere ciò che Dio le riserva. Perché questo accada, è necessario che l'anima sia completamente in Lui dopo moltissime esistenze.»
243a. Gli Spiriti giunti alla perfezione assoluta hanno una conoscenza completa del futuro?
«Completa non è la parola giusta, perché Dio solo è il maestro sovrano, e nessuno può uguagliarlo.»
«Solo gli Spiriti superiori Lo vedono e Lo comprendono. Gli Spiriti inferiori Lo sentono e Lo intuiscono.»
244a. Quando uno Spirito inferiore dice che Dio gli vieta o gli permette una cosa, come sa che viene da Dio?
«Lo Spirito inferiore non vede Dio, ma sente la Sua sovranità, e quando una cosa non deve essere fatta o una parola non deve essere detta, egli sente come un'intuizione, come un avvertimento invisibile che gli impedisce di farla. Voi stessi non avete forse dei presentimenti che sono per voi come degli avvertimenti segreti per fare o non fare la tale o la talaltra cosa? Lo stesso è per noi, solamente a un livello superiore, perché comprenderete bene che l'essenza degli Spiriti, essendo più affinata della vostra, può ricevere meglio gli avvertimenti divini.»
244b. L'ordine viene trasmesso allo Spirito direttamente da Dio o per mezzo di altri Spiriti?
«Non gli viene direttamente da Dio. Per comunicare con Dio bisogna esserne degni. Dio gli trasmette i Suoi ordini per mezzo di Spiriti che si trovano a un alto grado di perfezione e istruzione.»
«No. Essa risiede in loro stessi.»
«Essi vedono da sé stessi e non hanno bisogno della luce. Per loro niente tenebre, eccetto quelle nelle quali possono trovarsi per espiazione.»
«Poiché lo Spirito si sposta con la rapidità del pensiero, si può dire ch'egli vede tutto contemporaneamente. Il suo pensiero può irradiarsi e spostarsi allo stesso tempo su più differenti punti, ma questa facoltà dipende dal suo grado di purezza: meno e puro, più la sua vista è limitata. Solo gli Spiriti superiori possono abbracciare la totalità.»
Negli Spiriti, la facoltà di vedere è una proprietà inerente alla loro natura, e che perciò risiede in tutto il loro essere, come la luce risiede in tutte le parti di un corpo luminoso. È una specie di lucidità universaleche si estende a tutto, abbraccia allo stesso tempo lo spazio, i tempi e le cose, e per la quale non ci sono né tenebre né ostacoli materiali. E si comprende perché deve essere così. Nell'uomo, agendo la vista per mezzo del meccanismo di un organo sensibilizzato dalla luce, senza di essa egli si trova nell'oscurità. Nello Spirito, invece, la facoltà di vedere, essendo un attributo proprio, che esclude qualsiasi agente esterno, e indipendente dalla luce. (Vedere Ubiquità, n. 92)
«Più distintamente, perché la sua vista penetra ciò che voi non potete penetrare. Niente glielo offusca.»
«Sì. E percepisce anche quelli che i vostri sensi ottusi non possono percepire.»
249a. La facoltà di udire è in tutto il suo essere come quella di vedere?
«Tutte le percezioni sono attributi dello Spirito e fanno parte del suo essere. Quando e rivestito da un corpo materiale, queste facoltà gli pervengono solo attraverso gli organi, ma in stato di libertà esse non sono più localizzate.»
«Lo Spirito vede e sente soltanto ciò che vuole. Questo vale in generale e soprattutto per gli Spiriti elevati, perché quelli che sono imperfetti frequentemente vedono e sentono, loro malgrado, ciò che può essere utile per il loro miglioramento.»
«Intendi parlare della vostra musica? Che cos'e essa a confronto della musica celeste? Di quell'armonia di cui niente sulla Terra può darvi un'idea? L'una sta all'altra come il canto del selvaggio sta a una soave melodia. Comunque degli Spiriti volgari possono provare un certo piacere nell'udire la vostra musica, perché non è ancora dato loro comprenderne una più sublime. La musica ha per gli Spiriti attrattive infinite date le loro sviluppatissime qualità sensitive. Mi riferisco alla musica celeste, che è tutto quanto l'immaginazione spirituale può concepire di più bello e di più soave.»
«Le bellezze della natura degli altri mondi sono così varie, che si e ben lontani dal conoscerle tutte. Sì. Gli Spiriti sono portati, secondo la loro attitudine, ad apprezzarle e comprenderle. Per gli Spiriti elevati ci sono delle bellezze d'insieme davanti alle quali spariscono, per così dire, le bellezze dei particolari.»
«Essi le conoscono, perché le hanno subite, ma non le provano materialmente come voi. Sono Spiriti.»
«Essi non possono avvertire la fatica come l'intendete voi, e di conseguenza non hanno bisogno del vostro tipo di riposo fisico, in quanto non hanno organi le cui forze debbano essere ritemprate. Ma lo Spirito si riposa in questo senso: egli non è in costante attività. Egli non agisce in senso materiale e la sua azione è tutta intellettuale. Il suo riposo e completamente morale, vale a dire che ci sono dei momenti in cui il suo pensiero cessa di essere così attivo e non si concentra più su un determinato oggetto. Si tratta di un vero riposo, che pero non è paragonabile a quello del corpo. Il tipo di fatica che gli Spiriti possono provare è commisurato al loro livello di inferiorità, perché più sono elevati e meno hanno necessita di riposarsi.»
«Angosce morali che lo torturano più dolorosamente delle sofferenze fisiche.»
«È un ricordo di quello che avevano sofferto durante la vita, ricordo a volte tanto penoso quanto la realtà. Sovente è un paragone attraverso cui, in mancanza di meglio, essi esprimono la loro situazione. Quando si ricordano del loro corpo, provano una specie di sensazione, simile a quella che si prova quando ci si toglie un mantello e si crede, per qualche tempo ancora, di continuare a portarlo.»
Saggio teorico sulle sensazioni negli Spiriti
Il perispirito e il legame che unisce lo Spirito alla materia del corpo e viene attinto dall'ambiente e dal fluido universale. Possiede allo stesso tempo elettricità, fluido magnetico e, fino a un certo punto, materia inerte. Si potrebbe dire che è la quintessenza della materia, il principio della vita organica, ma non quello della vita intellettuale: la vita intellettuale risiede nello Spirito. È inoltre l'agente delle sensazioni esterne. Nel corpo, queste sensazioni sono determinate dagli organi specifici, che servono loro da canali. Distrutto il corpo, le sensazioni diventano generali. Ecco perché lo Spirito non dice di soffrire di mal di testa piuttosto che di dolore ai piedi. Bisogna d'altra parte guardarsi dal confondere le sensazioni del perispirito, reso indipendente, con quelle del corpo: possiamo prendere queste ultime solo come termine di paragone ma non come analogia. Liberato del corpo, lo Spirito può soffrire, ma questa sofferenza non è quella del corpo e tuttavia non è neanche una sofferenza esclusivamente morale, come il rimorso, poiché si lamenta del freddo e del caldo. Lo Spirito non soffre maggiormente in inverno che in estate: abbiamo visto Spiriti passare attraverso le fiamme senza provare alcun dolore. La temperatura non provoca dunque su di loro nessuna impressione. Il dolore che avvertono non è pertanto un dolore propriamente fisico: e una vaga sensazione intima di cui lo Spirito stesso non sempre si rende perfettamente conto, proprio perché il dolore non è localizzato e perché non è provocato da agenti esterni; e un ricordo piuttosto che una realtà, ma comunque un ricordo penoso. Qualche volta pero c’è qualcosa di più di un ricordo, come vedremo.
L'esperienza ci insegna che al momento della morte il perispirito si libera più o meno lentamente del corpo. Nei primi istanti, lo Spirito non sa spiegarsi la situazione; non crede di essere morto, si sente vivo, vede il suo corpo lì accanto, sa che è il suo e non capisce che ne è separato. Questo stato persiste finché c’è un legame fra corpo e perispirito. Un suicida ci ha detto: "No, non sono morto". E ha aggiunto: "E ciononostante sento i vermi che mi rodono". Ebbene, sicuramente i vermi non rodevano il suo perispirito e ancor meno lo Spirito, essi non rodevano che il suo corpo. Ma poiché la separazione del corpo e del perispirito non era ancora completa, ne risultava una sorta di ripercussione morale che gli trasmetteva la sensazione di ciò che stava succedendo nel corpo. Ripercussione forse non è la parola giusta, poiché potrebbe far credere a un effetto troppo materiale. È piuttosto la vista di quello che succedeva nel suo corpo, al quale il suo perispirito ancora lo teneva legato, a produrre in lui un'illusione, che egli prendeva per realtà. Perciò non era un ricordo, poiché durante la vita mai era stato roso dai vermi: era una sensazione di quel momento. Vediamo pertanto le deduzioni che si possono trarre dai fatti, quando sono osservati attentamente. Durante la vita, il corpo riceve le sensazioni esterne e le trasmette allo Spirito tramite il perispirito che costituisce, probabilmente, il cosiddetto fluido nervoso. Il corpo, essendo morto, non avverte più niente, perché non c’è più in lui né Spirito né perispirito. Il perispirito, liberato del corpo, prova la sensazione, ma poiché non gli giunge più da un determinato canale, la sensazione diventa generale. Ora, essendo esso nella realtà solo un agente di trasmissione fra corpo e Spirito — poiché è lo Spirito ad avere coscienza — si deduce che, se potesse esistere un perispirito senza Spirito, esso non avvertirebbe più niente, esattamente come un corpo quando è morto. Egualmente, se lo Spirito non avesse affatto il perispirito, sarebbe inaccessibile a qualsiasi sensazione dolorosa, cosa che succede agli Spiriti completamente purificati. Noi sappiamo che quanto più gli Spiriti diventano puri, tanto più l'essenza del perispirito diventa eterea, da cui consegue che l'influenza materiale diminuisce man mano che lo Spirito progredisce, ossia man mano che lo stesso perispirito diventa meno grossolano.
Ma, si dira, le sensazioni gradevoli, come quelle sgradevoli, vengono trasmesse allo Spirito dal perispirito. Pertanto se lo Spirito puro è inaccessibile alle une, deve esserlo egualmente alle altre. Sì, senza dubbio, per quelle che provengono unicamente dall'influenza della materia che conosciamo. Per esempio, il suono dei nostri strumenti e il profumo dei nostri fiori non gli fanno nessuna impressione. Tuttavia egli ha in sé delle sensazioni intime di un'attrattiva indefinibile, di cui noi non riusciamo a farci nessuna idea, perché siamo a questo riguardo come dei ciechi dalla nascita di fronte alla luce: sappiamo che essa esiste, ma come? Qui e dove si ferma la nostra scienza. Sappiamo che esistono nello Spirito delle percezioni, delle sensazioni, l'udito, la vista, e che questi requisiti sono di tutto l'essere e non, come negli uomini, di una parte dell'essere. Ma, di nuovo, attraverso quale intermediario? È questo che non sappiamo. Gli Spiriti stessi non possono darcene conto perché la nostra lingua non possiede i termini per esprimere idee che non abbiamo, così come la lingua del selvaggio non ha i termini per esprimere le nostre arti, le nostre scienze e le nostre dottrine filosofiche.
Dicendo che gli Spiriti sono inaccessibili alle impressioni della nostra materia, ci riferiamo agli Spiriti molto elevati, il cui involucro etereo non ha niente di analogo su questa Terra. Non è lo stesso per quegli Spiriti il cui perispirito e più denso. Essi percepiscono i nostri suoni e i nostri odori, non pero attraverso una parte limitata della loro individualità, come quando erano vivi. Si potrebbe dire che le sensazioni molecolari si fanno sentire in tutto il loro essere e arrivano così al loro sensorium commune, che è lo Spirito stesso, sia pure in modo differente, e fors'anche con un'impressione diversa. È questo che produce una modificazione nella percezione. Essi intendono il suono della nostra voce e pertanto ci comprendono senza l'ausilio della parola, con la sola trasmissione del pensiero. Ciò che viene a sostegno di quanto stiamo dicendo, è che questa penetrazione del pensiero è tanto più facile quanto più lo Spirito e smaterializzato. Riguardo alla vista, essa è indipendente dalla nostra luce. La facoltà della vista e un attributo essenziale dell'anima, per la quale non c’è oscurità. Ma essa è più ampia, più penetrante in quelli che sono più purificati. L'anima, o Spirito, ha dunque in sé la facoltà di tutte le percezioni. Nella vita fisica, queste facoltà sono attenuate dalla rozzezza dei nostri organi, in quella extracorporea le percezioni si affinano nella misura in cui l'involucro semi materiale diventa più etereo.
Questo involucro, attinto dall'ambiente naturale, varia secondo la natura dei mondi. Passando da un mondo all'altro, gli Spiriti cambiano involucro come noi cambiamo d'abito passando dall'estate all'inverno, dall'equatore al polo. Gli Spiriti più elevati, quando vengono a visitarci, si rivestono dunque del perispirito terreno, e da quel momento le loro percezioni si attuano come presso i nostri Spiriti inferiori. Ma tutti gli Spiriti, sia inferiori che superiori, odono e ascoltano solo quello che vogliono udire e ascoltare. Senza avere degli organi sensitivi, possono rendere le loro percezioni attive o nulle, secondo il loro volere. C’è solo una cosa che sono obbligati a udire: i consigli degli Spiriti buoni. La vista e sempre attiva, ma essi possono rendersi reciprocamente invisibili. Secondo il rango che occupano, possono celarsi agli Spiriti che sono a loro inferiori, ma non a quelli a loro superiori. Nei primi momenti che seguono alla morte, la vista dello Spirito e sempre offuscata e confusa. Essa si schiarisce man mano che si libera della materia, e può acquistare la stessa limpidezza di quando egli era in vita, indipendentemente dalla possibilità di penetrare attraverso i corpi che per noi sono opachi. Quanto alla sua estensione attraverso lo spazio infinito, nel futuro e nel passato, essa dipende dal grado di purificazione e di elevatezza dello Spirito.
Tutte queste teorie, si dira, non sono per niente rassicuranti. Noi pensavamo che, una volta sbarazzatici del nostro grossolano involucro, strumento dei nostri dolori, non avremmo sofferto più, ed ecco che voi venite a insegnarci che soffriremo ancora, la qual cosa, sia in un modo sia in un altro, non è soffrire meno. Ebbene sì! Possiamo soffrire ancora, e molto, e a lungo, ma possiamo anche non soffrire più, fin dall'istante in cui lasciamo questa vita fisica.
Le sofferenze di questa Terra a volte non dipendono da noi, ma molte di esse sono la conseguenza della nostra volontà. Si risalga all'origine, e si vedrà che la maggior parte delle sofferenze e da attribuire a cause che avremmo potuto evitare. Quanti mali, quante infermità l'uomo non deve se non ai suoi eccessi, alla sua ambizione, in una parola alle sue passioni? L'uomo che avrà vissuto sempre sobriamente, che non avrà abusato di niente, che sarà sempre stato semplice nei suoi gusti, moderato nei suoi desideri, si risparmierà molte tribolazioni. Lo stesso è per gli Spiriti: le sofferenze che patiscono sono sempre la conseguenza del modo in cui vissero sulla Terra. Senza dubbio non avranno più ne gotta né reumatismi, ma subiranno altre sofferenze che non sono da meno. Abbiamo visto che queste sofferenze sono il risultato dei legami che ancora esistono fra lo Spirito e la materia, che più lo Spirito si libererà dell'influenza della materia, in altre parole, più sarà smaterializzato e meno avrà sensazioni dolorose. Pertanto dipende dall'uomo affrancarsi dalle influenze di questa vita: ha il suo libero arbitrio e di conseguenza la facoltà di scelta di fare o non fare. Domini le sue basse passioni, non provi né odio né invidia né gelosia né orgoglio, non sia preda dell'egoismo, purifichi la sua anima con i buoni sentimenti, faccia del bene, attribuisca alle cose di questo mondo solo l'importanza che meritano. Allora, benché ancora nell'involucro materiale, già si sta purificando e liberando della materia e, quando abbandonerà questo involucro, non ne subirà più l'influenza. Le sofferenze fisiche provate non lasceranno in lui nessun ricordo doloroso, nessuna impressione sgradevole rimarrà in lui, perché esse riguardano solo il corpo e non lo Spirito. Sarà felice di essersene liberato, e la tranquillità della sua coscienza lo affrancherà da qualsiasi sofferenza morale. Abbiamo interrogato migliaia di Spiriti, appartenenti a tutti i ranghi e ceti sociali quando erano su questa Terra, li abbiamo studiati in tutti i periodi della loro vita spiritista, fin dall'istante in cui hanno lasciato il corpo. Li abbiamo seguiti passo dopo passo nella vita d'oltretomba per osservare i cambiamenti che si operavano in loro, nelle loro idee, nelle loro sensazioni. E sotto questo aspetto non sono gli uomini più comuni quelli che ci hanno fornito i soggetti di studio meno preziosi. Pertanto abbiamo visto che le sofferenze sono sempre in rapporto alla condotta terrena, di cui essi subiscono le conseguenze, e che questa nuova esistenza e fonte di una beatitudine ineffabile per quelli che hanno seguito la retta via. Da questo consegue che quelli che soffrono è perché l'hanno voluto e devono prendersela solo con sé stessi, tanto nell'altro mondo come in questo.
Scelta delle prove
«Lo Spirito sceglie lui stesso il genere di prove che vuole subire ed e in ciò che consiste il suo libero arbitrio.»
258a. Non è Dio dunque che gli impone le sofferenze della vita come castigo?
«Niente succede senza il permesso di Dio, perché e Lui che ha stabilito tutte le leggi che reggono l'universo. Domandatevi pertanto perché ha fatto la tale legge piuttosto che la talaltra! Dando allo Spirito la libertà di scelta, gli lascia tutta la responsabilità dei suoi atti e delle relative conseguenze. Niente intralcia il suo futuro. La via del bene gli sta di fronte come quella del male. Mas e soccombe, gli rimane una consolazione, quella, cioè, che non tutto e finito per lui e che Dio, nella Sua bontà, lo lascia libero di rifare ciò che ha eseguito male. Si deve, d'altronde, distinguere ciò che è opera della volontà di Dio da ciò che è opera della volontà dell'uomo. Se un pericolo vi minaccia, non siete voi che avete creato questo pericolo, e Dio. Voi avete pero la volontà di esporvi, perché in ciò avete visto un mezzo di avanzamento, ed e Dio che lo ha permesso.»
«Tutte non è il termine corretto, perché non si può dire che voi abbiate scelto e previsto tutto ciò che vi capita nella vita, fin nei minimi particolari. Voi avete scelto il genere di prova, ma i fatti in dettaglio sono la conseguenza della situazione e sovente delle vostre stesse azioni. Se, per esempio, lo Spirito ha voluto nascere in mezzo a gente di malaffare, sapeva a quali tentazioni egli si sarebbe esposto, ma non conosceva una per una le azioni che avrebbe commesso. Queste azioni sono l'effetto della sua volontà o del suo libero arbitrio. Lo Spirito sa che scegliendo una tale strada avrà un certo tipo di lotta da affrontare. Egli conosce pertanto la natura delle vicissitudini che incontrerà, ma non sa se sarà il tale avvenimento piuttosto che il talaltro. Gli eventi secondari nascono dalle circostanze e dalla forza delle cose. Sono solo i grandi eventi — quelli che influiscono sul destino — che sono prevedibili. Se si prende un cammino pieno di ostacoli, si sa che si devono prendere molte precauzioni perché si corre il pericolo di cadere, ma non si sa dove si andrà a cadere, E può anche darsi che non si cada, se si e molto prudenti. Se, camminando per strada, vi cade una tegola in testa, non crediate che, come comunemente si dice, stava scritto.»
«Si deve pur mandarlo in un ambiente dove possa subire la prova che ha domandato. Ebbene! È necessario che ci sia analogia: per lottare contro l'istinto del brigantaggio, bisogna ch'egli si trovi fra gente di questo tipo.»
260a. Se non ci fossero individui della malavita sulla Terra, lo Spirito non potrebbe allora trovarvi l'ambiente adeguato a determinate prove?
«Ci si dovrebbe allora lamentare per questo? È ciò che succede nei mondi superiori dove il male non ha accesso. È per questo che lì ci sono solo i buoni Spiriti. Fate in modo che sia al più presto così anche sulla vostra Terra.»
«Certamente no, poiché si sa che ci sono Spiriti che prendono, sin dall'inizio, un cammino che li affranca da molte prove. Ma chi sì lascia trascinare sulla cattiva strada, corre tutti i pericoli di questa strada. Per esempio, uno Spirito può chiedere la ricchezza e gli può anche essere accordata. Allora, secondo il suo carattere, potrà diventare avaro o prodigo, egoista o generoso, oppure si abbandonerà a tutti i piaceri dei sensi. Ma non è detto che dovrà passare per forza attraverso la trafila di tutte queste inclinazioni.»
«Dio supplisce alla sua inesperienza tracciandogli il cammino che deve seguire, come si fa con un bambino sin dalla culla. Poi a poco a poco lo lascia padrone di scegliere nella misura in cui il suo libero arbitrio si sviluppa, ed è allora che sovente traligna, prendendo la cattiva strada se non ascolta i consigli dei buoni Spiriti. È questa che può chiamarsi la caduta dell'uomo.»
262a. Quando lo Spirito fruisce del libero arbitrio, la scelta dell'esistenza fisica dipende sempre esclusivamente dalla sua volontà, oppure questa esistenza gli può essere imposta dalla volontà di Dio come espiazione?
«Dio sa attendere: non affretta l'espiazione. Ciononostante Dio può imporre un'esistenza a uno Spirito, quando questo, a causa del suo basso livello o per la sua cattiva volontà, non è adatto a comprendere ciò che per lui potrebbe essere più salutare, o quando vede che questa esistenza può servire alla sua purificazione e al suo avanzamento, trovandovi nello stesso tempo un'espiazione.»
«No. Molti credono all'eternità delle pene. V i è stato già detto: questo è un castigo.»
«Sceglie quelle che, secondo la natura delle sue colpe, possono essere per lui un'espiazione e possono farlo avanzare più rapidamente. Alcuni possono dunque imporsi una vita di miseria e di privazioni per tentare di sopportarla con coraggio, altri possono voler mettersi alla prova attraverso le tentazioni delle ricchezze e del potere, ben più pericolose per l'abuso o i l cattivo uso che se ne può fare, e per le basse passioni che suscitano. Altri infine vogliono mettersi alla prova attraverso le lotte che devono sostenere a contatto con il vizio.»
«Ce ne sono, e certo, ma solo tra quelli il cui senso morale è ancora poco sviluppato. La prova viene da sé ed essi la subiscono più a lungo. Prima o poi comprendono che la soddisfazione delle basse passioni ha per loro delle conseguenze deplorevoli che essi subiranno per un tempo che sembrerà loro eterno. Dio potrà lasciarli in questa condizione fin quando non abbiano compreso la loro colpa e non chiedano essi stessi di espiarla con delle prove proficue.»
«Per voi, sì. Ma per lo Spirito, no. Quando si libera della materia, l'illusione cessa ed egli pensa in modo diverso.»
L'uomo, sulla Terra, posto sotto l'influenza delle idee materiali, vede in queste prove solo il lato penoso ed è per questo che gli sembra naturale scegliere quelle che, dal suo punto di vista, coincidono con i piaceri materiali. Ma nella vita spirituale confronta queste soddisfazioni fuggitive e grossolane con la felicita inalterabile che intravede. Pertanto che cosa può importargli qualche sofferenza passeggera? Lo Spirito può dunque scegliere la prova più dura e, di conseguenza, l'esistenza più penosa, nella speranza di raggiungere più in fretta una condizione migliore, così come molte volte il malato sceglie la medicina più sgradevole per guarire prima. Chi vuole legare il proprio nome alla scoperta di un paese sconosciuto non sceglie una strada tra i fiori. Conosce i pericoli che corre, ma sa anche della gloria che lo attende se riesce nell'impresa.
La dottrina della libertà, nella scelta delle nostre esistenze e delle prove cui saremo sottoposti, cessa di sembrare straordinaria se si considera che gli Spiriti, liberatisi della materia, valutano le cose in modo diverso da quello con cui le valutiamo noi. Essi percepiscono l'obiettivo, obiettivo per loro ben più serio di quanto non lo siano le gioie passeggere del mondo. Dopo ogni esistenza essi vedono il passo avanti compiuto e quanto ancora manchi loro in purezza, per raggiungere questo obiettivo. Ecco perché si sottomettono volontariamente a tutte le vicissitudini della vita fisica, domandando essi stessi quelle prove che possano farglielo raggiungere il più presto possibile. È dunque a torto che ci si meraviglia nel vedere lo Spirito non dare la preferenza all'esistenza più dolce. Di questa vita esente da amarezze egli non può godere finché si trova nel suo stato d'imperfezione. La intravede ed è per arrivarci che cerca di migliorarsi.
D'altra parte non abbiamo forse sotto gli occhi tutti i giorni l'esempio di scelte simili? L'uomo che lavora per buona parte della sua vita senza tregua né riposo, per accumulare quanto gli serve per procurarsi il benessere, cos'e che fa se non svolgere un compito che si impone, in vista di un avvenire migliore? Il soldato che si offre per una missione pericolosa, il viaggiatore che affronta pericoli non meno gravi nell'interesse della scienza o della propria fortuna, cos'e che fanno se non compiere delle prove volontarie, che possono procurar loro felicita e profitto se riusciranno nell'impresa? A che cosa l'uomo non si sottomette e non si espone per il suo interesse o per la sua gloria? Tutti i concorsi non sono anch'essi prove volontarie alle quali ci si sottomette in vista di un avanzamento nella carriera che si e scelta? Si arriva a una posizione sociale di alto livello nelle scienze, nelle arti, nell'industria, solo passando per la trafila dei gradi inferiori che sono anch'essi altrettante prove. La vita umana e così il calco della vita spirituale: vi ritroviamo in piccolo tutte le stesse peripezie. Se dunque, nella vita terrena, scegliamo sovente le prove più dure in vista di una posizione più elevata, perché lo Spirito — che vede più lontano di noi uomini di questa Terra, e per il quale la vita fisica non è che un incidente passeggero — non dovrebbe fare la scelta di un'esistenza penosa e laboriosa, se essa può condurlo alla felicità eterna? Coloro che dicono che, se l'uomo avesse la scelta della propria esistenza, essi chiederebbero di essere principi o milionari, sono come i miopi che vedono solo quello che toccano, o come quei bambini golosi ai quali si domandi quale lavoro preferiscono e rispondono: pasticciere o cioccolataio.
Così è il viaggiatore che, in fondo a una valle immersa nella nebbia, non vede né la lunghezza né i due punti estremi della sua strada. Ma, arrivato in vetta alla montagna, abbraccia con lo sguardo il cammino che ha percorso e quel che gli resta da percorrere. Vede la sua meta, gli ostacoli che deve ancora superare, e può organizzare con maggiore sicurezza i mezzi per arrivarci. Lo Spirito incarnato e come il viaggiatore ai piedi della montagna. Sbarazzatosi dei legami terreni, domina la situazione come chi sta sulla vetta della montagna. Per il viaggiatore la meta e il riposo dopo la fatica, per lo Spirito il fine è la beatitudine suprema dopo le tribolazioni e le prove.
Tutti gli Spiriti dicono che nello stato errante indagano, studiano, osservano per fare la loro scelta. Non ne abbiamo un esempio nella vita su questa Terra? Non cerchiamo sovente per anni la carriera sulla quale fissiamo liberamente la nostra scelta, perché la crediamo la più idonea per farci realizzare il nostro cammino? Se falliamo in una, ne cerchiamo un'altra. Ogni carriera che abbracciamo e una fase, un periodo della vita. Ogni giorno non è forse impiegato nel cercare ciò che faremo il giorno seguente? Ora, che cosa sono le varie esistenze fisiche, per lo Spirito, se non delle fasi, dei periodi, dei giorni per la sua vita spiritista, che è, come si sa, la sua vita normale, essendo la vita fisica solo transitoria e passeggera?
«Il suo desiderio può avere una certa influenza; ciò dipende dall'intenzione. Quando ritorna Spirito, vede le cose in modo ben diverso. È solo lo Spirito che fa la scelta. Ma, lo ripeto, può farla anche nella vita materiale, perché lo Spirito ha sempre dei momenti in cui è indipendente dalla materia in cui abita.»
267a. Molti desiderano il potere e le ricchezze e di certo né come espiazione né come prova.
«Senza dubbio è la materia che tende a questi poteri per goderne, ed e lo Spirito che li desidera per conoscerne le vicissitudini.»
«Sì, ma esse non sono come le Intendete voi, che chiamate prove le tribolazioni materiali. Ora, lo Spirito, pervenuto a un certo grado, pur senza essere perfetto, non ha più prove da subire, ma ha sempre dei doveri che l'aiutano a perfezionarsi. Questi doveri non hanno niente di penoso per lui, non fosse altro che quello di aiutare gli altri a perfezionarsi.»
«Potrebbe sceglierne una che è al di sopra delle sue forze, e allora egli soccombe. Ma potrebbe anche sceglierne una che non gli giova affatto, come nel caso in cui cercasse un genere di vita oziosa e inutile. Ma allora, una volta rientrato nel mondo degli Spiriti, si accorge di non aver guadagnato niente e domanda di recuperare il tempo perduto.»
«Mi sembra che possiate rispondere voi stessi a questa domanda. Non è forse la conseguenza di tutto ciò che abbiamo detto sulla scelta delle prove e sul progresso compiuto in un'esistenza precedente?»
«Non sono gli Spiriti già avanzati quelli che nascono fra i cannibali, ma Spiriti della natura dei cannibali o che sono a loro inferiori.»
Sappiamo che i nostri antropofagi non si trovano all'ultimo gradino della scala evolutiva e che ci sono dei mondi in cui l'abbrutimento e la ferocia non hanno uguali sulla Terra. Questi Spiriti sono dunque inferiori ai più inferiori del nostro mondo, e venire fra i nostri selvaggi e per loro un progresso, come sarebbe un progresso per i nostri antropofagi esercitare fra di noi una professione che li obbligasse a versare il sangue. Se non mirano più in alto, e perché l'inferiorità morale non permette loro di comprendere un progresso più completo. Lo Spirito non può avanzare che gradualmente. Non può superare d'un balzo la distanza che separa la barbarie dalla civilizzazione, ed e in ciò che troviamo una delle necessita della reincarnazione, che corrisponde veramente alla giustizia di Dio. Altrimenti che cosa diventerebbero questi milioni di esseri che muoiono ogni giorno all'ultimo stadio del degrado, se non avessero i mezzi per raggiungere il grado superiore? Perché Dio avrebbe dovuto privarli dei favori concessi agli altri uomini?
«Sì, ce ne sono che fuorviano volendo salire troppo in alto. Ma allora si trovano fuori posto fra voi perché hanno dei costumi e degli istinti che cozzano con i vostri.»
Questi esseri ci offrono il triste spettacolo della ferocia in mezzo alla civilizzazione. Rinascendo essi fra i cannibali, non sarebbe una retrocessione, poiché non farebbero altro che riprendere il loro posto e forse ci guadagnerebbero ancora.
«Si.Ma ciò dipende dal genere di espiazione. Un padrone che sia stato duro con i suoi schiavi potrà diventare schiavo a sua volta e subire i maltrattamenti che ha fatto subire. Chi un giorno ha comandato può, in una nuova esistenza, obbedire proprio a coloro che si erano piegati alla sua volontà. Si tratta di un'espiazione, nel caso avesse abusato del suo potere, e Dio può imporgliela. Uno Spirito buono può anche scegliere un'esistenza autorevole fra questi popoli per farli avanzare, e allora si tratta di una missione.»
Relazioni d'Oltretomba
«Sì. C’è una gerarchia molto significativa. Gli Spiriti esercitano gli uni sugli altri un'autorità in relazione alla loro superiorità, che essi esercitano attraverso un'influenza morale irresistibile.»
274a. Gli Spiriti inferiori possono sottrarsi all’autorità degli Spiriti che sono a loro superiori?
«Ho detto: irresistibile.»
«No. Perché i piccoli saranno innalzati e i grandi saranno abbassati. Leggi i Salmi.»
275a. Come dobbiamo intendere questo innalzarsi e questo abbassarsi?
«Non sapete che gli Spiriti sono di ordini diversi secondo il merito? Ebbene! Il più grande della Terra può trovarsi all'ultimo rango fra gli Spiriti, mentre il suo servo potrebbe essere al primo. È chiaro? Gesù non ha forse detto: Chiunque si umilia sarà elevato, e chiunque si eleva sarà umiliato?»
«Sovente una umiliazione molto grande, soprattutto se era orgoglioso e invidioso.»
«Il titolo non conta niente, la superiorità reale conta su tutto.»
«Sì e no. Ovvero essi si vedono, ma rimangono distinti gli uni dagli altri. Si respingono o si attraggono secondo le affinità o l'antipatia dei loro sentimenti, come succede fra di voi. È tutto un mondo di cui il vostro è il riflesso offuscata. Quelli dello stesso livello si radunano per una sorta di affinità e formano dei gruppi o famiglie di Spiriti, uniti dalla simpatia e dall'obiettivo che si propongono: i buoni perii desiderio di fare del bene, i cattivi per il desiderio di fare del male, per la vergogna delle loro colpe e per la necessita di trovarsi fra esseri simili a loro.»
Come in una grande città dove gli uomini di tutti i livelli e di tutte le condizioni sociali si vedono e si incontrano senza confondersi, dove le società si formano per affinità di gusti, dove vizio e virtù stanno gomito a gomito, senza interloquire.
«I buoni vanno dappertutto, e bisogna che sia così affinché possano esercitare la loro influenza sui malvagi. Ma le regioni abitate dai buoni sono interdette agli Spiriti imperfetti, in modo che non possano apportarvi i turbamenti delle cattive passioni.»
«I buoni cercano di combattere le cattive tendenze degli altri al fine di aiutarli a elevarsi. È una missione.»
«Per l'invidia di non aver meritato di trovarsi fra i buoni. Il loro desiderio e di impedire, per quanto è nelle loro possibilità, agli Spiriti ancora inesperti di arrivare al bene supremo; vogliono fare provare agli altri quello che essi stessi provano. Non notate questo anche fra di voi?»
«Essi si guardano e si comprendono. La parola appartiene alla materia: è il riflesso dello Spirito. Il fluido universale stabilisce fra di loro una comunicazione costante. È il veicolo della trasmissione del pensiero, come per voi l'aria è il veicolo della trasmissione del suono. È una specie di telegrafo universale che unisce tutti i mondi e permette agli Spiriti di corrispondere da un mondo all'altro.»
«No. Per loro tutto e allo scoperto, soprattutto quando sono perfetti. Possono allontanarsi gli uni dagli altri, ma continuano a vedersi. Comunque questa non è affatto una regola assoluta, perché certe categorie di Spiriti possono benissimo rendersi invisibili agli altri Spiriti, se ritengono utile farlo.»
«Constatano la loro individualità attraverso il perispirito che ne fa degli esseri distinti gli uni dagli altri, così come il corpo per gli uomini.»
«Sì. E così di generazione in generazione.»
Essi possono egualmente riconoscersi, quando ciò sia necessario, attraverso le sembianze che avevano da vivi. Allo Spirito arrivato da poco e che perciò non abbia ancora familiarizzato con il suo nuovo stato, gli Spiriti che vanno ad accoglierlo si presentano sotto un'apparenza che permetta a quello di riconoscerli. (Quest'ultimo paragrafo fa parte degli Errata della 5a edizione, 1865.)
285a. Come gli uomini che si sono conosciuti sulla Terra possono riconoscersi nel mondo degli Spiriti?
«Noi vediamo la nostra vita passata e vi leggiamo come in un libro. Vedendo il passato dei nostri amici e dei nostri nemici, vediamo il loro passaggio dalla vita alla morte.»
«Immediatamente non sempre e il termine esatto, perché, come abbiamo già detto, ci vuole un po' di tempo per riconoscersi e scuoter via il velo materiale.»
«Quella del giusto come un fratello benamato e atteso da lungo tempo, quella del malvagio come un essere che si disprezza.»
«I malvagi sono soddisfatti nel vedere degli esseri a loro immagine e, come loro, privati della beatitudine infinita Esattamente come accade sulla Terra a un perverso fra i suoi simili.»
«Sì. Accolgono l'anima che prediligono, si rallegrano come al ritorno da un viaggio — se ha saputo evitare i pericoli del cammino — e l'aiutano a liberarsi dei legami corporei. È un premio per gli Spiriti buoni, quando quelli che li hanno molto amati si fanno loro incontro. Quello, invece, che è ancora macchiato rimane isolato o e circondato solo da Spiriti simili a lui: si tratta di un castigo.»
«Dipende dalla loro elevatezza e dal cammino che seguono per il loro avanzamento. Se uno e più avanzato e cammina più velocemente di un altro, essi non potranno restare insieme. Potranno vedersi qualche volta, ma saranno riuniti insieme per sempre solo quando potranno camminare fianco a fianco o quando avranno raggiunto Io stesso livello di perfezione. Infine l'impossibilità di vedere parenti e amici è a volte una punizione.»
Rapporti di simpatia e di antipatia fra gli Spiriti. Le metà eterne
«Sì. Come fra gli uomini. Ma il legame che unisce gli Spiriti e più forte in assenza del corpo, perché questo non è più esposto alle vicissitudini delle passioni.»
«Ci sono odi solo fra gli Spiriti impuri, e sono costoro gli stessi che seminano fra voi inimicizia e zizzania.»
«No. Essi comprenderanno che il loro odio era stupido e la causa puerile. Solo gli Spiriti imperfetti conservano una sorta di animosità finché non si siano purificati. Se non è stato che un interesse materiale a dividerli, non ci penseranno più, per quanto poco possano essere smaterializzati. Se non c’è antipatia fra di loro e se non esiste più motivo di discussione, essi possono rivedersi con piacere.»
Come due scolari che, giunti all'età della ragione, riconoscano la puerilità del litigio avuto nella loro infanzia, e cessino di volersene.
«Sì. Questo li porta a tenersi lontani.»
«Se sono buoni, perdonano a seconda del vostro pentimento. Se sono malvagi, possono conservare del risentimento e, a volte, perseguitarvi persino in un'altra esistenza. Dio può permetterlo come castigo.»
«No, perché non possono ingannare: non hanno più la maschera sotto la quale si nascondono gli ipocriti. Ecco perché i loro affetti sono inalterabili quando sono puri. L'amore che li unisce è per loro fonte di una suprema felicita.»
«Sì. Senza dubbio, s e è fondato su una simpatia reale. Ma s e la componente fisica ha avuto più peso della simpatia, l'affetto cessa con la causa. Gli affetti fra gli Spiriti sono più solidi e più duraturi di quelli sulla Terra, perché non sono minimamente soggetti al capriccio degli interessi materiali e dell'amor proprio.»
«No. Non esiste un'unione particolare e fatale fra due anime. L'unione esiste fra tutti gli Spiriti, ma a livelli differenti secondo il posto che occupano, ossia secondo il grado di perfezione acquisito: più sono perfetti, più sono uniti. Dalla discordia nascono tutti i mali dell'umanità, dalla concordia discende la felicita completa.»
«L'espressione non è esatta. Se uno Spirito era la metà di un altro, separato da questo sarebbe incompleto.»
«Tutti gli Spiriti sono uniti fra di loro. Io parlo di quelli giunti alla perfezione. Nelle sfere inferiori, allorché uno Spirito si eleva, non ha più la medesima simpatia per quelli che ha lasciato indietro.»
«La simpatia che attira uno Spirito verso un altro e il risultato della perfetta concordanza delle loro inclinazioni e dei loro istinti. Se uno dovesse completare l'altro, perderebbe la propria individualità.»
«Nell'uguaglianza dei gradi di elevatezza.»
«Sì. Tutti lo saranno. Così, lo Spirito che è oggi in una certa sfera inferiore, perfezionandosi perverrà nella sfera dove risiede un talaltro Spirito. Il loro incontro avverrà più prontamente, se lo Spirito più elevato, avendo mal sopportato le prove alle quali si è sottoposto è rimasto allo stesso livello.»
303a. Due Spiriti tra di loro simpatici possono cessare di esserlo?
«Certo. Quando uno dei due non si impegna a sufficienza.»
La teoria delle metà eterne è solo una metafora che rappresenta l'unione di due Spiriti simpatici; e un'espressione usata persino nel linguaggio corrente e che non è da prendere alla lettera. Gli Spiriti che se ne sono serviti di certo non appartengono all'ordine più elevato. La sfera delle loro idee e necessariamente limitata ed essi hanno potuto rendere il loro pensiero attraverso i termini di cui si sarebbero serviti nella loro vita fisica. Si deve dunque rigettare l'idea che due Spiriti creati l'uno per l'altro debbano fatalmente riunirsi un giorno nell'eternità, dopo essere stati separati per un lasso di tempo più o meno lungo.
Ricordo dell'esistenza fisica
«Sì. Ossia essendo vissuto più volte come uomo, si ricorda di quello che è stato e posso assicurare che, a volte, sorride di compassione per sé stesso.»
Così come l'uomo che ha raggiunto l'età della ragione ride delle follie della sua gioventù o delle ingenuità della sua infanzia.
«No, gli ritorna poco per volta, come qualcosa che sbuchi dalla nebbia, e via via ch'egli vi fissa l'attenzione.»
«Si ricorda delle cose in ragione delle conseguenze che esse hanno sulla sua condizione di Spirito. Ma si deve capire che ci sono delle circostanze della sua vita alle quali non da nessuna importanza e di cui non cerca nemmeno di ricordarsi.»
306a. Se lo volesse, potrebbe ricordarsene?
«Può ricordare alcuni particolari e gli episodi più minuziosi, sia degli avvenimenti sia persino dei pensieri. Ma quando ciò e senza alcuna utilità, non lo fa.»
306b. Intravede lo scopo della vita terrena in rapporto alla vita futura?
«Sicuramente lo vede e lo comprende molto meglio di quando era incarnato. Comprende la necessita di purificazione per arrivare all'infinito e sa che a ogni esistenza si libera di qualche impurità.»
«L'uno e l'altro. Tutti gli atti che ha interesse a ricordare sono per lui come se fossero presenti. Gli altri sono più o meno vaghi nel suo pensiero o completamente dimenticati. Più e smaterializzato, e minore importanza dà alle cose materiali. Provate a evocare spesso uno Spirito errante, che abbia appena lasciato la Terra, e noterete che non ricorda i nomi delle persone che ha amato né quei particolari che, a voi, sembrano importanti: a lui poco interessano ed e così che cadono nell'oblio. Ciò di cui si ricorda molto bene sono i fatti principali, che l'aiutano a migliorarsi.»
«Tutto il suo passato scorre davanti a lui, come le tappe che ha percorso un viaggiatore. Ma, l'abbiamo già detto, non ricorda completamente tutti gli atti. Se ne ricorda solo in ragione dell'influenza che hanno sul suo stato presente. Quanto alle prime esistenze, quelle che si possono considerare come l'infanzia dello Spirito, esse si perdono nel vago e spariscono nella notte dell'oblio.»
«Come un brutto abito che lo impacciava e di cui è felice d'essersi sbarazzato.»
309a. Quale sentimento egli prova alla vista del suo corpo in decomposizione?
«Quasi sempre un sentimento di indifferenza, come per una cosa cui non tiene più.»
«A volte sì. Dipende dal punto di vista più o meno elevato dal quale considera le cose terrene.»
«Lo Spirito è sempre felice del ricordo che si ha di lui. Le cose che di lui si conservano lo rievocano nella memoria. Ma e il pensiero che lo attira verso di voi, non sono gli oggetti.»
«Sovente lo conservano, e questo ricordo fa loro meglio sentire il valore della felicita di cui possono godere come Spiriti.»
«Solo gli Spiriti inferiori possono rimpiangere piaceri che propendono per l'impurità della loro natura e che essi espiano con sofferenza Per gli Spiriti elevati, la felicita eterna è mille volte preferibile agli effimeri piaceri della Terra.»
Così come l'uomo adulto ride di ciò che ha fatto la delizia della sua infanzia.
«No, perché vede che altri sono destinati a terminarli. Anzi, cerca di influenzare altri Spiriti incarnati a continuarli. Il suo fine sulla Terra era il bene dell'umanità. Questo fine continua a essere lo stesso nel mondo degli Spiriti.»
«Le giudica da un altro punto di vista, secondo il suo grado di elevatezza, e sovente disapprova ciò che ammirava di più.»
«Dipende dalla sua elevatezza o dalla missione che può dover compiere. Ciò che a voi sembra magnifico è sovente ben poca cosa per certi Spiriti. Essi l'ammirano, come l'erudito ammira l'opera dell'allievo. Lo Spirito prende in esame do che può attestare l'elevatezza degli Spiriti incarnati e il loro progresso.»
«Si tratta sempre dello stesso principio: per gli Spiriti elevati la patria è l'universo. Sulla Terra, la patria, per loro, e dove si trova il maggior numero di persone a loro simpatiche.»
La situazione degli Spiriti e il loro modo di vedere le cose variano all'infinito in ragione del loro grado di sviluppo morale e intellettuale. Gli Spiriti di ordine elevato generalmente non fanno sulla Terra che permanenze di breve durata. Tutto ciò che si fa qui è ben meschino a confronto della grandezza dell'infinito! Le cose alle quali gli uomini danno maggiore importanza sono così puerili ai loro occhi da trovarle ben poco seduttive, a meno che non siano chiamati sulla Terra in missione, per concorrere al progresso dell'umanità. Gli Spiriti di ordine medio soggiornano più frequentemente fra noi, pero considerano le cose da un punto di vista più elevato di quando erano incarnati. Gli Spiriti volgari si trovano li stabilmente e costituiscono la massa della popolazione del mondo invisibile: hanno conservato più o meno le stesse idee, gli stessi gusti e le stesse tendenze che avevano sotto il loro involucro corporeo. Si immischiano nelle nostre riunioni, nei nostri affari e nei nostri divertimenti, ai quali prendono parte in modo più o meno attivo, a seconda del loro carattere. Non potendo soddisfare le loro passioni, gioiscono alla vista di quelli che vi si abbandonano e verso di esse li incitano. Nel numero, ce ne sono anche dì più seri, che vedono e osservano per istruirsi e perfezionarsi.
«Molto. Le idee subiscono delle grandissime modificazioni via via che lo Spirito si smaterializza. Può restare a volte lungo tempo con le stesse idee, ma l'influenza della materia a poco a poco diminuisce ed egli vede allora le cose più chiaramente. È a questo punto che lo Spirito cerca ì mezzi per migliorarsi.»
«È solo l'effetto del primo momento e del turbamento che segue il risveglio. Più tardi si riconoscerà perfettamente, nella misura in cui gli ritorna il ricordo del passato, e l'impressione della vita terrena sì cancella.» (Vedere n. 163 e sgg.)
Commemorazione dei morti. Funerali
«Molto più di quanto si possa credere. Questo ricordo, se sono felici, accresce la loro felicita; se sono infelici, è per loro un addolcimento.»
«Gli Spiriti si presentano all'appello del pensiero in quel giorno come negli altri giorni.»
321a. Questo giorno è per loro un appuntamento presso le loro sepolture?
«Sono più numerosi in quel giorno perché più numerosi sono quelli che li chiamano, ma ciascuno di loro viene solo per gli amici e non per la folla degli indifferenti.»
321b. Sotto quale forma si presentano e come li si vedrebbe se potessero rendersi visibili?
«Quella sotto la quale li si conobbe da vivi.»
«Che importa loro della Terra? Si tiene a essa solo attraverso il cuore. Se non c’è l'amore, non c’è più niente che li riallacci a essa: lo Spirito ha tutto l'universo per sé.»
«La visita alla tomba è un modo di dimostrare che si pensa allo Spirito assente: si tratta di un'immagine. L'ho già detto: e la preghiera che santifica l'atto del ricordo. Poco importa il luogo, se viene detta con il cuore.»
«Molti vi assistono quando possono, ma sono meno sensibili all'onore che viene reso loro, che al ricordo.»
«La predilezione dello Spirito per determinati luoghi è inferiorità morale. Che importa un angolo di terra piuttosto che un altro allo Spirito elevato? Non sa forse che la sua anima sarà ricongiunta a quelli ch'egli ama, anche se in Terra le loro ossa sono separate?»
325a. Il ricongiungimento dei resti mortali di tutti membri di una stessa famiglia deve essere considerato futile?
«No, e una pia usanza e una testimonianza di simpatia per quelli che abbiamo amato. Se questa riunione poco importa agli Spiriti, essa e utile agli uomini: i ricordi, in uno stesso luogo, sono più raccolti.»
«Quando lo Spirito è arrivato già a un certo livello di perfezione, non ha più quel genere di vanita terrena e comprende la futilità di tutte queste cose. Però sappiate che sovente ci sono degli Spiriti che, nel primo momento della loro morte materiale, provano o un grande piacere per gli onori che vengono loro resi, o un'afflizione per l'abbandono del loro involucro perché conservano ancora alcuni pregiudizi terreni.»
«Molto spesso vi assiste, ma a volte, s e è ancora turbato, non si rende conto di ciò che vi succede.»
327a. È lusingato dal concorso dei partecipanti al suo funerale?
«Più o meno, secondo il sentimento che li anima.»
«Quasi sempre. Dio lo vuole per la sua istruzione e come castigo dei colpevoli. È qui che lo Spirito giudica quanto valevano le loro manifestazioni di affetto: per lui tutti i sentimenti vengono allo scoperto e la delusione che prova, vedendo la rapacità di quelli che si dividono il suo patrimonio, lo illumina sui loro sentimenti. Ma anche per costoro verrà il loro turno.»
«Ne è la conseguenza naturale: senza quella intuizione, quel rispetto sarebbe senza scopo.»
Capitolo VII — Ritorno Alla Vita Corporea
Preludi del ritorno
«L'avvertono, come il cieco sente il fuoco a cui si avvicina. Sanno che devono ritornare in un corpo, come voi sapete che un giorno dovrete morire, senza sapere pero quando ciò avverrà.» (Vedere n. 166)
330a. La reincarnazione e dunque una necessita della vita spiritista, così come la morte è una necessità della vita corporea?
«É esattamente così.»
«Ce ne sono alcuni che non ci pensano affatto, che persino non la comprendono. Ciò dipende dalla loro natura più o meno avanzata. Per alcuni il non sapere dove si troveranno nel loro futuro è una punizione.»
«Può affrettarla sollecitandola con le sue preghiere. Può anche ritardarla se indietreggia di fronte alle prove, perché anche fra gli Spiriti ci sono dei codardi e degli indifferenti. Ma non lo fa impunemente: ne soffre come chi indietreggi davanti a un rimedio salutare, che potrebbe guarirlo.»
«Indefinitamente no. L'avanzamento è una necessita che lo Spirito prima o poi avverte. Tutti gli Spiriti devono progredire: è il loro destino.»
«Lo Spirito viene sempre designato prima. Scegliendo la prova ch' egli vuole subire, domanda di essere incarnato. Pertanto Dio, che tutto sa e tutto vede, ha saputo e visto in anticipo che la tale anima si unirà al tale corpo.»
«Può anche scegliere il corpo, poiché le imperfezioni di questo corpo sono per lui delle prove che concorrono al suo avanzamento, se supera gli ostacoli che vi incontra. Ma la scelta non sempre dipende da lui; tuttavia egli può anche chiedere.»
335a. Lo Spirito potrebbe, all'ultimo momento, rifiutare di entrare nel corpo scelto per lui?
«Se rifiutasse, egli soffrirebbe molto di più di un altro che non avesse tentato nessuna prova.»
«Dio vi provvederebbe. Il bambino, quando deve nascere vitale, e sempre predestinato ad avere un'anima. Niente e stato creato senza uno scopo.»
«Può essere imposta, come le diverse prove, soprattutto quando lo Spirito non è ancora idoneo a fare una scelta con cognizione di causa. Come espiazione, lo Spirito può essere costretto a unirsi al corpo di un certo bambino che, per la nascita e la posizione che avrà nel mondo, potrà diventare per lui un motivo di castigo.»
«Molti possono chiederlo, ma in simili casi è Dio che giudica chi è il più adatto a compiere la missione alla quale il bambino è destinato. Però, come ho già detto, lo Spirito viene designato ancor prima del momento in cui deve unirsi al corpo.»
«Un turbamento molto più profondo e soprattutto più lungo. Alla morte lo Spirito esce dalla schiavitù, alla nascita vi entra.»
«Egli è come un viaggiatore che s'imbarchi per una traversata pericolosa e che non sappia se troverà la morte fra i marosi che affronta.»
Il navigante che s'imbarca sa a quali pericoli si espone, ma non sa se farà naufragio. Così è dello Spirito: conosce il genere di prove alle quali si sottopone, ma non sa se soccomberà.
Come la morte del corpo è una specie di rinascita per lo Spirito, così la reincarnazione è per lui una specie di morte, o piuttosto di esilio e di clausura. Egli lascia il mondo degli Spiriti per il mondo corporeo, così come l'uomo lascia il mondo corporeo per il mondo degli Spiriti. Lo Spirito sa che si reincarnerà, come l'uomo sa che morirà. Ma, come questi, non ne ha coscienza che all'ultimo momento, quando il tempo voluto e arrivato. Allora, in questo momento supremo, il turbamento s'impossessa di lui, come accade per l'uomo che è in agonia, e questo turbamento persiste finché la nuova esistenza non si sia nettamente formata. L'avvicinarsi della reincarnazione è una sorta di agonia per lo Spirito.
«Un'ansietà molto grande, in quanto le prove della sua esistenza rallenteranno o promoveranno il suo progresso secondo che le abbia sopportate bene o male.»
«Dipende dalla sfera in cui lo Spirito abita. Se si trova nella sfera dove regna l'affetto, gli Spiriti che lo amano lo accompagnano fino all'ultimo istante, lo incoraggiano e sovente lo seguono anche durante la vita.»
«Molto frequentemente sono loro. Essi vengono a visitarvi, come voi andate a visitare in prigione un carcerato.»
Unione dell'anima con il corpo. Aborto
«L'unione ha inizio al momento della concezione, ma non è completa che al momento della nascita. Dal momento della concezione, lo Spirito, designato ad abitare un determinato corpo, si unisce a esso con un legame fluidico, che va sempre più consolidandosi, fino all'istante in cui il bambino viene alla luce. Il grido che prorompe allora dal bambino annuncia ch'egli fa parte dei viventi e dei servitori di Dio.»
«L'unione è definitiva nel senso che nessun altro Spirito potrebbe sostituire quello che è stato designato per quel corpo. Ma poiché i legami che lo uniscono a esso sono molto fragili, possono facilmente rompersi e possono essere rotti per volontà dello Spirito, che indietreggia davanti alla prova che ha scelto. Ma in questo caso il bambino non vive più.»
«Ne sceglie un altro.»
346a. Quale può essere l'utilità di queste morti premature?
«Sono le imperfezioni della materia a essere, il più delle volte, la causa di queste morti.»
«L'essere non ha una coscienza sufficientemente sviluppata della sua esistenza, per cui l'importanza della morte è quasi nulla. Sovente si tratta, come già e stato detto, di una prova per i genitori.»
«Qualche volta lo sa. Ma, se lo sceglie per questo motivo, è perché indietreggia di fronte alle prove.»
«Non sempre immediatamente. Allo Spirito necessita del tempo per scegliere di nuovo, a meno che la reincarnazione istantanea non provenga da una determinazione precedente.»
«Voi intendete sapere se, come uomo, egli si lamenta della vita che ha e se la desidera diversa? Sì. Se invece come Spirito si pente della scelta che ha fatto, risponderò di no, perché non sa di aver fatto quella scelta. Lo Spirito, una volta incarnato, non può rimpiangere una scelta di cui non ha coscienza. Può trovare invece l'onere troppo grave e, se lo ritiene al di sopra delle sue forze, e allora che ricorre al suicidio.
«Più o meno secondo il periodo, visto che non è ancora incarnato, bensì attaccato. Dall'istante del concepimento, lo Spirito incomincia a essere preso dal turbamento, che lo avverte così che è venuto il momento di intraprendere una nuova esistenza. Questo turbamento va crescendo fino alla nascita, e in questo lasso di tempo il suo stato e pressappoco quello di uno Spirito incarnato, durante il sonno del corpo. Man mano che il momento della nascita si avvicina, le sue idee si cancellano così come un ricordo del passato, di cui non avrà più coscienza, come uomo, una volta entrato nella vita. Ma questo ricordo gli ritorna a poco a poco alla memoria ritornando allo stato di Spirito.»
«No, esse si sviluppano gradualmente con gli organi. Per lui è una nuova esistenza e deve imparare a servirsi dei suoi strumenti. Le idee gli ritornano un poco alla volta, come quando si esce dal sonno e ci si trova in una posizione diversa da quella che si aveva prima di addormentarsi.»
«Lo Spirito che deve animarlo esiste, in un certo senso, fuori di lui. Esso non ha dunque, propriamente parlando, un'anima, poiché l'incarnazione e soltanto in via di attuazione, mail feto è legato all'anima ch'egli deve possedere.»
«È come quella della pianta che vegeta. Il bambino vive di vita animale. L'uomo ha in sé la vita animale e la vita vegetale, che alla nascita si completa con la vita spirituale.»
«Succede frequentemente. Dio lo permette come prova, sia per i genitori, sia per lo Spirito designato a reincarnarsi.»
«Sì. Ci sono bambini che non hanno mai avuto uno Spirito destinato al loro corpo: niente doveva compiersi per loro. E allora e solo per i genitori che questo bambino è venuto al mondo.»
356a. Un essere di questa natura può giungere a termine?
«Sì, qualche volta. Però non sopravvive.»
356b. Pertanto, ogni bambino che sopravviva alla sua nascita ha necessariamente uno Spirito incarnato in sé?
«Che cosa sarebbe senza? Non sarebbe un essere umano.»
«L'aborto e un'esistenza annullata che dev'essere ricominciata.»
«Si tratta sempre di un crimine, perché voi trasgredite la Legge del Signore. La madre, o qualsiasi altra persona, commetterà sempre un crimine togliendo la vita a un bambino prima della sua nascita, perché impedisce all'anima di subire le prove di cui il corpo avrebbe dovuto essere lo strumento.»
«È meglio sacrificare l'essere che non esiste che l'essere che esiste.»
«In tutto do dovete vedere sempre la volontà di Dio e la Sua opera. Non trattate dunque alla leggera cosa che dovete rispettare. Perché non rispettare le opere della Creazione che a volte sono incomplete per volontà del Creatore? Questo rientra nei Suoi disegni, che nessuno è autorizzato a giudicare.»
Facoltà morali e intellettuali dell'uomo
«Sono quelle dello Spirito che si è incarnato in lui. Più questo Spirito e puro, più l'uomo è predisposto al bene.»
361a. Sembra risultare da ciò che l'uomo dabbene sia l'incarnazione di uno Spirito buono e l'uomo vizioso quella di uno Spirito malvagio.
«Sì. Ma dite piuttosto che è uno Spirito imperfetto, altrimenti si potrebbe credere all'esistenza di Spiriti sempre cattivi, a qualcosa che voi chiamate demoni.»
«Frivolo, malizioso e qualche volta malvagio.»
«No, altrimenti ve le avrebbero comunicate.»
«Sicuramente e il medesimo, e ciò in ragione del livello al quale e pervenuto. L'uomo non può avere in sé due Spiriti.»
«Perché lo Spirito in lui incarnato non è abbastanza puro, e l'uomo cede allora all'influenza di altri Spiriti più cattivi. Lo Spirito progredisce secondo una marcia ascensionale inavvertibile, mai 1 progresso non si compie simultaneamente in tutti i sensi: in un periodo può avanzare nelle scienze, in un altro in moralità.»
«Se ci si riflette, si riconoscerà che è assurdo. Lo Spirito deve avere tutte le attitudini, ma per poter progredire ha bisogno dì una volontà unica. Se l'uomo fosse un amalgama di Spiriti, questa volontà unica non esisterebbe e non ci sarebbe assolutamente per lui alcuna individualità, poiché alla sua morte tutti questi Spiriti sarebbero come un volo di uccelli fuggiti dalla gabbia. L'uomo si lamenta sovente di non comprendere certe cose, ed e singolare vedere come egli moltiplichi le difficolta, mentre ha sotto mano una spiegazione tanto semplice e naturale. È di nuovo prendere l'effetto per la causa. È fare nei riguardi dell'uomo ciò che i pagani facevano nei riguardi di Dio: credevano a tanti dei quanti sono i fenomeni nell'universo. Ma anche fra loro c'erano delle persone sensate che vedevano in questi fenomeni solo degli effetti aventi per causa un unico Dio.»
Il mondo fisico e il mondo morale ci offrono a questo proposito numerosi punti di confronto. Si è creduto alla molteplice esistenza della materia, tanto che ci si è fermati all'apparenza dei fenomeni. Oggi si comprende che questi fenomeni così vari possono benissimo essere delle modificazioni di una materia elementare unica. Le varie facoltà sono manifestazioni di una stessa causa, che è l'anima, o dello Spirito incarnato, e non di molte anime, così come i differenti suoni dell'organo sono il prodotto di una stessa specie di aria e non di tante specie di arie quanti sono i suoni. Da un siffatto sistema risulterebbe che, quando un uomo perde o acquista certe attitudini, certe tendenze, sarebbero tanti gli Spiriti che vengono o che se ne vanno. La qual cosa farebbe di lui un essere multiplo senza individualità e, di conseguenza, senza responsabilità. Questo inoltre e confutato da esempi veramente numerosi di manifestazioni attraverso le quali gli Spiriti dimostrano la loro personalità e la loro identità.
Influenza dell'organismo
«La materia e solo il rivestimento dello Spirito, come l'abito e il rivestimento del corpo. Lo Spirito, unendosi al corpo, conserva gli attributi specifici della sua natura spirituale.»
«L'esercizio delle facoltà dipende dagli organi che servono loro da strumento. Esse sono comunque indebolite dalla grossolanità della materia.»
368a. Di conseguenza l'involucro materiale sarebbe un ostacolo alla libera manifestazione delle facoltà dello Spirito, come un vetro opaco si frappone alla libera emissione della luce?
«Sì. L'involucro e molto opaco.»
Si può anche paragonare l'azione della materia grossolana del corpo sullo Spirito a quella di un'acqua fangosa che tolga la libertà di movimento al corpo che vi si immerga.
«Gli organi sono gli strumenti della manifestazione delle facoltà dell'anima. Questa manifestazione si trova a essere subordinata allo sviluppo e al grado di perfezione di questi stessi organi, così come la qualità di un lavoro e subordinata alla qualità dell'attrezzo.»
«Non confondete l'effetto con la causa. Lo Spirito mantiene sempre le facoltà che gli sono proprie. Pertanto non sono gli organi a donare le facoltà, ma sono le facoltà a sollecitare lo sviluppo degli organi.»
370a. Di conseguenza la diversità delle attitudini nell'uomo dipende unicamente dalla condizione dello Spirito?
«Unicamente non è del tutto esatto. Le qualità dello Spirito, che può essere più o meno avanzato, sono il principio. Ma bisogna tener conto dell'influenza della materia che intralcia, più o meno, l'esercizio delle sue facoltà.»
Lo Spirito, incarnandosi, apporta certe predisposizioni. Però, se si ammette, per ognuna di queste predisposizioni, un corrispondente organo nel cervello, lo sviluppo di questi organi sarà un effetto e non una causa. Se le facoltà avessero il loro avvio negli organi, l'uomo sarebbe una macchina senza libero arbitrio e senza alcuna responsabilità dei suoi atti. Si dovrebbe allora ammettere che i più grandi geni, eruditi, poeti e artisti, sono dei geni solo perché il caso ha dato loro degli organi particolari, da cui consegue che essi, senza questi organi, non sarebbero stati dei geni, e che l'ultimo degli imbecilli avrebbe potuto essere un Newton, un Virgilio o un Raffaello se fosse stato provvisto di certi organi. Supposizione ancor più assurda quando la si applichi alle qualità morali. Così, secondo questo criterio, san Vincenzo de' Paoli, se fosse stato dotato dalla natura del tale o talaltro organo avrebbe potuto essere uno scellerato e al più grande scellerato non mancherebbe che un organo per essere san Vincenzo de' Paoli. Ammettete invece che gli organi speciali, concesso che esistano, sono susseguenti, che si sviluppano con l'esercizio della facoltà, come i muscoli con il movimento, e non ci troverete niente di irrazionale. Prendiamo un paragone alla mano, a prova di verità. Da certi segni fisionomici potete riconoscere l'uomo dedito al bere. Sono questi segni che lo rendono etilico o è l'alcolismo che fa sorgere in lui questi segni? Si può dire che gli organi ricevono l'impronta dalle facoltà.
Idiotismo e follia
«No. Essi hanno un'anima umana sovente più intelligente di quanto si pensi e che soffre per l'insufficienza dei mezzi di cui dispone per comunicare, come il muto soffre per non poter parlare.»
«Sono Spiriti in punizione quelli che abitano i corpi dei deficienti. Questi Spiriti soffrono per le costrizioni cui sono sottoposti e per l'impossibilità in cui si trovano a esprimersi attraverso organi non sviluppati o non funzionanti.»
372a. Non è dunque esatto dire che gli organi non hanno influenza sulle facoltà?
«Non abbiamo mai detto che gli organi siano senza influenza. Ne hanno, e molto grande, sulla manifestazione delle facoltà, ma non generano le facoltà: qui sta la differenza. Un buon musicista con un cattivo strumento non farà della buona musica, ma ciò non gli impedirà di essere un buon musicista.»
Si deve distinguere lo stato normale dallo stato patologico. Nello stato normale l'animo supera l'ostacolo che la materia gli oppone. Ma ci sono dei casi in cui la materia oppone una resistenza tale per cui le manifestazioni vengono impedite o snaturate, come nell'idiotismo e nella follia. Questi sono dei casi patologici, e in questo stato l'anima non fruisce di tutta la sua libertà, la legge umana stessa la esime dalla responsabilità dei suoi atti.
«Si tratta di un'espiazione imposta per l'abuso che si è potuto fare di certe facoltà.: è un periodo di stasi.»
373a. Il corpo di un deficiente può così ospitare uno Spirito che abbia animato un uomo di genio in una precedente esistenza?
«Sì. Il genio diventa a volte un danno quando se ne abusi.»
La superiorità morale non sempre e in ragione della superiorità intellettuale, e i più grandi geni possono avere molto da espiare. Da ciò sovente deriva un'esistenza inferiore a quella che già hanno trascorso e una causa di sofferenza. Gli ostacoli, che lo Spirito incontra nelle sue manifestazioni, sono per lui come le catene che impediscono i movimenti a un uomo vigoroso. Si può dire che l'ebete e il deficiente sono storpi nel cervello, come lo zoppo lo è nelle gambe e il cieco negli occhi.
«Sì, molto spesso. Comprende che le catene, che impediscono il suo progresso, sono una prova e una espiazione.»
«Lo Spirito, nella condizione di libertà, riceve le impressioni direttamente e direttamente esercita la sua azione sulla materia. Ma, incarnato, si trova in tutt'altre condizioni e nella necessita di agire solo con l'aiuto di organi speciali. Qualora una parte o l'insieme di questi organi fosse alterata, le sue azioni o le sue impressioni, per quanto concerne questi organi, verrebbero interrotte. Se si perde la vista si diventa ciechi, se si tratta dell'udito si diventa sordi ecc. Immaginate ora che l'organo che presiede agli effetti dell'intelligenza e della volontà sia parzialmente o completamente colpito o modificato, vi sarà allora facile comprendere che — avendo lo Spirito a sua disposizione solo organi incompleti o danneggiati — ne debba risultare una perturbazione di cui lo Spirito, attraverso sé stesso e nella propria coscienza, ha perfetta consapevolezza, ma non è padrone di arrestarne il corso.»
375a. Pertanto è sempre il corpo, e non lo Spirito, che è disorganizzato?
«Sì. Ma non si deve perdere di vista che, allo stesso modo che lo Spirito agisce sulla materia, questa reagisce su di lui in una certa misura, e che lo Spirito può trovarsi momentaneamente impressionato a causa dell'alterazione degli organi attraverso i quali egli si manifesta e riceve le impressioni. Può succedere che col tempo, quando la follia e durata a lungo, la ripetizione degli stessi atti finisca con l'avere sullo Spirito un'influenza di cui si libererà solo dopo la sua completa separazione da ogni impressione materiale.»
«Lo Spirito soffre per le costrizioni che prova e per l'impossibilità in cui si trova a esprimersi liberamente. È per questo ch'egli cerca nella morte un mezzo per spezzare i suoi legami.»
«Può risentirne per qualche tempo dopo la morte finché non sia completamente liberato dalla materia, come chi si sveglia risente per qualche tempo del torpore in cui il sonno lo ha immerso.»
«È un ricordo, un peso che opprime lo Spirito. E siccome non ha avuto conoscenza di tutto ciò che è accaduto durante la sua follia, gli occorre sempre un certo tempo per rendersi conto di tutto. È per questo che più a lungo e durata la follia durante la vita, più a lungo dureranno la pena e l'angoscia dopo la morte. Lo Spirito, liberato dal corpo, risente per qualche tempo dell'impressione dei suoi legami.»
Dell'infanzia
«Può esserlo anche di più se di più ha progredito. Sono soltanto gli organi non ancora formati a impedirgli di manifestarsi per quello che e. Egli agisce in base all'aiuto degli strumenti di cui può disporre.»
«Quando e bambino, è naturale che gli organi dell'intelligenza, non essendo ancora sviluppati, non possono dargli tutta l'intuizione di un adulto. In effetti ha un'intelligenza molto limitata fino a che l'età non maturerà la sua ragione. Il turbamento che accompagna l'incarnazione non si placa immediatamente, al momento della nascita, ma si dissipa solo gradualmente con lo sviluppo degli organi.»
Un'osservazione avvalora questa risposta: i sogni di un bambino non hanno la stessa caratteristica di quelli dell'adulto. Il loro oggetto è quasi sempre puerile, il che indica di quale natura siano le preoccupazioni dello Spirito.
«Lo deve riprendere, perché si è liberato del suo involucro carnale. Comunque riprende la sua precedente lucidità solo quando la separazione e completa, ossia quando non esiste più nessun legame fra lo Spirito e il corpo.»
«No. Questo stato è una necessita, e nella natura e secondo i disegni della Provvidenza. È un momento di pausa per lo Spirito.»
«Lo Spirito, incarnandosi per perfezionarsi, a quell'età e più accessibile alle impressioni che riceve e che possono concorrere al suo avanzamento, al quale devono contribuire coloro che sono incaricati della sua educazione.»
«Per sollecitare l'interesse della madre e sollecitarne le cure che gli sono necessarie. Non comprendete che, se avesse solo gridi di gioia, quando ancora non sa parlare, ci si preoccuperebbe poco di ciò di cui ha bisogno? Ammirate pertanto in ogni cosa la saggezza della Provvidenza.»
«È lo Spirito che riprende la sua natura e si mostra qual era.
Voi non conoscete i segreti che i bambini nascondono nella loro innocenza. Non sapete quello che sono né quello che sono stati né quello che saranno. E, ciononostante, voi li amate, li amate teneramente, come se fossero una parte di voi stessi, tanto che l'amore di una madre per le sue creature e considerato il più grande amore che un essere possa nutrire per un altro essere. Da dove viene questo dolce affetto, questa tenera benevolenza che gli stessi estranei provano verso un bambino? Lo sapete? No. E d è ciò che vi spiegherò.
I bambini sono gli esseri che il Signore invia in nuove esistenze. Perché essi non Gli possano rimproverare una severità troppo grande, Egli da loro tutte le apparenze dell'innocenza. Anche di un bambino dall'indole cattiva si coprono le malefatte, non avendo egli coscienza dei suoi atti. Questo stato di innocenza non è vera superiorità rispetto a quello che erano prima, non è l'immagine di quello che dovrebbero essere. E, se così non sono, e solo su di loro che ricade la colpa.
Ma non è soltanto per loro stessi che Dio li ha dotati di questo aspetto. È anche e soprattutto per i genitori il cui amore e loro necessario, in quanto i bambini sono esseri deboli; e questo amore sicuramente si affievolirebbe di fronte a un carattere intrattabile e rozzo. Invece, credendo le loro creature buone e dolci, danno loro tutto l'affetto e li circondano delle più grandi premure. Ma quando i bambini non hanno più bisogno di questa protezione, dell'assistenza data loro per quindici o vent'anni, il loro vero e personale carattere ricompare in tutta la sua autenticità. Si conserva buono se era fondamentalmente buono, ma si screzia delle sfumature che erano rimaste nascoste nella prima infanzia.
Vedete bene che le vie del Signore sono sempre le migliori e, quando si ha il cuore puro, la spiegazione è facile da individuare.
In effetti, considerate che lo Spirito dei bambini, che nascono fra voi, potrebbe venire da un mondo da cui ha preso abitudini ben differenti. Come volete che stia in mezzo a voi questo nuovo essere che viene con passioni completamente diverse da quelle che voi avete, con inclinazioni e gusti assolutamente opposti ai vostri, come volete che si inserisca nei vostri ranghi se non come Dio ha voluto, vale a dire, attraverso il setaccio dell'infanzia? Qui vengono a confondersi tutti i pensieri, tutti i caratteri, tutte le varietà di esseri generati da questa molteplicità di mondi nei quali crescono le creature. E voi stessi, disincarnando, vi troverete in una sorta d'infanzia, fra nuovi fratelli. E nella vostra nuova esistenza extra terrena ignorerete le abitudini, i costumi, i rapporti di questo mondo nuovo per voi. Tratterete a fatica in una lingua che non sarete abituati a parlare, lingua più viva di quanto non sia oggi un vostro pensiero. (Vedere n. 319)
L'infanzia ha anche un'altra utilità: gli Spiriti entrano nella vita corporea solo per perfezionarsi e migliorarsi. La fragilità della giovinezza li rende più flessibili e accessibili ai consigli sia dell'esperienza sia di quelli che devono farli progredire. È allora che si può correggere il loro carattere e reprimere le loro cattive tendenze. Tale e il dovere che Dio ha affidato ai loro genitori, missione sacra di cui dovranno rispondere.
Ed è per questo che l'infanzia è non solamente utile, necessaria e indispensabile, ma è anche la conseguenza naturale delle Leggi che Dio ha stabilito e che reggono l'universo.»
Simpatie e antipatie terrene
«Riconoscersi, no; ma essere attratti l'uno verso l'altro, sì. Sovente dei legami intimi fondati su un affetto sincero non hanno altra causa. Due esseri sono avvicinati l'uno all'altro per circostanze in apparenza fortuite, ma che sono la ragione dell'attrazione di due Spiriti che si cercano tra la folla.»
386a. Non sarebbe più piacevole per loro riconoscersi?
«Non sempre. Il ricordo delle esistenze passate avrebbe degli inconvenienti più grandi di quanto voi non crediate. Dopo la morte si riconosceranno e sapranno del tempo che hanno passato insieme.» (Vedere n. 392).
«No. Due Spiriti, che si trovino in accordo, si cercano naturalmente anche se non si sono conosciuti come uomini.»
«Ci sono fra gli esseri pensanti dei legami che voi ancora non conoscete. Il magnetismo è la guida di questa scienza che comprenderete meglio più avanti.»
«Spiriti antipatici che si percepiscono e si riconoscono senza neppure parlarsi.»
«Due Spiriti non sono necessariamente cattivi perché non si trovano simpatici. L'antipatia può nascere da una mancanza di affinità nel pensiero. Ma nella misura in cui essi si elevano, le divergenze svaniscono e l'antipatia sparisce.»
«Sia nell'uno che nell'altro, ma le cause e gli effetti sono differenti Uno Spirito cattivo prova antipatia verso chiunque possa giudicarlo e smascherarlo. Vedendo una persona per la prima volta, egli sa che sarà disapprovato. Il suo allontanamento si tramuta in odio e gelosia, generando in lui il desiderio di fare del male. Lo Spirito buono prova repulsione per quello cattivo, perché sa che non sarà compreso, non condividendo gli stessi sentimenti. Ma, forte della sua superiorità, non nutre contro di lui né odio né gelosia: si accontenta di evitarlo e di compiangerlo.»
Oblio del passato
«L'uomo non può né deve sapere tutto. Dio vuole così nella Sua saggezza. Senza il velo che gli copre certe cose, l'uomo sarebbe abbagliato come chi passi di colpo dall'oscurità alla luce. Con l’oblio del passato l'uomo è più sé stesso.»
«A ogni nuova esistenza, l'uomo ha più intelligenza e può distinguere meglio il bene dal male. Dove starebbe il merito se ricordasse tutto il passato? Quando lo Spirito rientra nella sua vita originaria (quella spiritista), tutta la sua vita passata si snoda davanti a lui. Vede gli errori, che ha commesso e che sono causa della sua sofferenza, e quello che avrebbe potuto impedirgli di commetterli. Lo Spirito comprende che la posizione che gli è stata assegnata e giusta e cerca allora l'esistenza che potrebbe riparare quella che si è appena conclusa. Cerca delle prove, analoghe a quelle attraverso le quali e passato, o le lotte che crede idonee al suo avanzamento, e domanda agli Spiriti che gli sono Superiori di aiutarlo in questo nuovo compito che sta per intraprendere. Egli sa infatti che lo Spirito, che gli sarà dato come guida in questa nuova esistenza, cercherà di fargli riparare i suoi errori, donandogli una specie di intuizione degli errori che ha commesso. Questa intuizione e il pensiero, il desiderio perverso che sovente vi assale, e al quale resistete istintivamente, attribuendo per lo più la vostra resistenza all'educazione ricevuta dai vostri genitori, mentre è la voce della coscienza che vi parla. E questa voce e il ricordo del passato, voce che vi avverte di non ricadere negli errori che avete già commesso. Lo Spirito entrato in questa nuova esistenza, se sopporta queste prove con coraggio e se resiste, si eleva e sale nella gerarchia degli Spiriti, quando ritorna fra loro.»
Se e vero che noi non abbiamo, durante la vita corporea, un ricordo preciso di ciò che siamo stati e di ciò che abbiamo fatto di bene e di male nelle nostre esistenze precedenti, ne abbiamo pero l'intuizione. Le nostre tendenze istintive sono una reminiscenza del nostro passato, alle quali la nostra coscienza — che è in buona sostanza il desiderio che noi concepiamo di non ricadere più negli stessi errori — ci avverte di resistere.
«A ciò bisogna dare due risposte differenti. Ci sono dei mondi, fra quelli citati, i cui abitanti hanno un ricordo molto netto e molto preciso delle loro esistenze passate. Costoro, tu lo comprenderai bene, possono e sanno apprezzare la felicita che Dio permette loro di assaporare. Ma ci sono altri mondi i cui abitanti, situati in condizioni migliori delle vostre, hanno lo stesso dei grandi dispiaceri, persino delle sventure. Costoro non apprezzano la loro felicita per la ragione stessa che non hanno il ricordo di uno stato ancora più infelice. Però se non l'apprezzano come uomini, l'apprezzano come Spiriti.»
Non c’è forse nell'oblio di queste esistenze passate, soprattutto quando sono state dolorose, qualcosa di provvidenziale e in cui si rivela la saggezza divina? È nei mondi superiori, quando il ricordo delle esistenze infelici non è altro che un brutto sogno, che esse si presentano alla memoria, Nei mondi inferiori, le disgrazie presenti non sarebbero forse aggravate dal ricordo di tutte quelle che uno ha già potuto soffrire? Da ciò concludiamo dunque che tutto quanto Dio ha fatto è ben fatto, e che non spetta a noi né criticare il Suo operato né dire come avrebbe dovuto reggere l'universo.
Il ricordo delle nostre individualità precedenti avrebbe degli inconvenienti molto gravi. Potrebbe in certi casi stranamente umiliarci, in altri casi inorgoglirci e, proprio per questo, influenzare il nostro libero arbitrio. Dio ci ha dato, per migliorarci, esattamente ciò che ci necessita e può bastarci: la voce della coscienza e le nostre tendenze istintive, mentre ci priva di ciò che potrebbe nuocerci. Aggiungiamo ancora che, se noi avessimo il ricordo delle nostre azioni personali anteriori, avremmo pure il ricordo di quelle altrui, e questa conoscenza potrebbe avere i più incresciosi effetti sulle nostre relazioni sociali. Non sempre avendo noi motivo di gloriarci del nostro passato, è sovente un bene che un velo vi venga calato sopra. Ciò e in perfetto accordo con la Dottrina degli Spiriti sui mondi superiori al nostro. Nei mondi in cui regna solo il bene, il ricordo del passato non ha niente di penoso. Ecco perché ci si ricorda della propria precedente esistenza, così come noi ci ricordiamo di ciò che abbiamo fatto il giorno prima. Riguardo alla permanenza che abbiamo potuto fare nei mondi inferiori, non è più, come abbiamo detto, che un brutto sogno.
«Non sempre. Ciononostante molti sanno che cosa sono stati e che cosa hanno fatto. Se fosse loro permesso raccontarlo, farebbero delle singolari rivelazioni sul loro passato.»
396. Alcuni credono di avere un vago ricordo di un passato sconosciuto, che si presenta loro come l'immagine fuggevole di un sogno che si cerca invano di afferrare. Questa idea è solo un'illusione?
«A volte è vera. Ma sovente è anche un'illusione nei cui riguardi bisogna stare all'erta, perché può essere l'effetto di una immaginazione sovreccitata.»
«Sì, man mano che il corpo diventa meno materiale, ci si ricorda meglio. Il ricordo del passato è più chiaro per quelli che abitano mondi di un ordine superiore.»
«Senza dubbio, pero fino a un certo punto. È necessario tener conto del progresso che si è potuto operare nello Spirito e delle determinazioni che ha preso durante lo stato erratico. L'esistenza attuale può essere molto migliore della precedente.»
398a. Può anche essere peggiore? Ossia l'uomo può commettere in un'esistenza errori che non ha commesso nelle esistenze precedenti?
«Ciò dipende dal suo avanzamento. Se non sa far fronte alle prove, può essere trascinato in nuovi errori che sono la conseguenza della condizione che ha scelto. Ma in generale questi errori denunciano uno stato stazionario piuttosto che un arretramento, perché lo Spirito può avanzare o fermarsi, ma non indietreggia mai.»
399. Essendo le vicissitudini della vita corporea, allo stesso tempo, sia un'espiazione per gli errori passati sia delle prove pera futuro, si deduce che, dalla natura di queste vicissitudini, si possa intuire il tipo di esistenza anteriore?
«Molto di frequente è così, dal momento che ognuno viene punito per ciò che ha commesso. Ciononostante non se ne deve fare una regola assoluta: le tendenze istintive sono l'indizio più certo, perché le prove che lo Spirito subisce valgono tanto per il futuro quanto per il passato.»
Arrivato il momento, fissato dalla Provvidenza, di lasciare la vita erratica, lo Spirito sceglie lui stesso le prove alle quali vuole sottoporsi per accelerare il suo avanzamento, ossia ii genere di esistenza che crede più consono a fornirgliene i mezzi. Queste prove sono sempre in rapporto alle colpe ch'egli deve espiare: se le supera s'innalza, se soccombe deve ricominciare.
Lo Spirito fruisce sempre del suo libero arbitrio ed e in virtù di questa libertà che, allo stato di spirito, sceglie le prove della vita corporea, mentre allo stato di incarnato decide ciò che farà o non farà e sceglie fra il bene e il male. Negare all'uomo ii libero arbitrio sarebbe ridurlo allo stato di macchina.
Rientrato nella vita corporea, lo Spirito perde temporaneamente il ricordo delle sue esistenze passate, come se un velo gliele nascondesse. Tuttavia a volte ne ha una vaga coscienza e, in certe circostanze, possono persino venirgli rivelate. Ma, in questo caso, ciò avviene solo per volontà degli Spiriti superiori, che lo fanno di loro volontà per uno scopo utile e mai per soddisfare una vana curiosità.
Le esistenze future non possono essere rivelate in nessun caso, per la ragione che dipendono dal modo in cui si conduce la vita presente e dalla scelta che lo Spirito farà.
L'oblio delle colpe commesse non è un ostacolo per il miglioramento dello Spirito perché, quantunque non ne abbia un ricordo preciso, la conoscenza che ne aveva allo stato erratico e il desiderio ch'egli ha concepito di ripararle lo guidano per intuizione e gli inculcano il pensiero di resistere al male. Questo pensiero e la voce della coscienza, nella quale e assecondato dagli Spiriti che lo assistono, se ascolta le buone ispirazioni che gli suggeriscono.
Se l'uomo non conosce le azioni stesse che ha compiuto nelle sue esistenze precedenti, può sempre sapere di quale genere di errori si è reso colpevole e qual era il suo carattere dominante. Gli basta studiare sé stesso, e può giudicare che cosa egli è stato in passato, non per quello che è, ma per le sue tendenze.
Le vicissitudini della vita corporea sono, allo stesso tempo, un'espiazione per le colpe passate e delle prove per il futuro. Esse ci purificano e ci elevano a patto che noi le sopportiamo con rassegnazione e senza lamentele.
La natura delle vicissitudini e delle prove che subiamo può anche chiarirci su ciò che siamo stati e su ciò che abbiamo fatto, come su questa Terra giudichiamo i fatti di un colpevole dal castigo che a lui infligge la legge. Così un tale sarà punito nel suo orgoglio attraverso l'umiliazione di un'esistenza da subalterno; il ricco malvagio e l'avaro attraverso la miseria; colui che è stato duro con gli altri attraverso la durezza ch'egli subirà; il tiranno attraverso la schiavitù, il figlio cattivo attraverso l'ingratitudine dei suoi figli; il pigro attraverso un lavoro forzato, e così via.
Capitolo VIII — Emancipazione Dell'anima
Il sonno e i sogni
«Sarebbe come domandare a un prigioniero se gli piace il carcere. Lo Spirito incarnato aspira incessantemente alla liberazione, e più l'involucro e grossolano più desidera sbarazzarsene.»
«No, Io Spirito non è mai inattivo. Durante il sonno, i legami che lo uniscono al corpo si allentano e perciò, non avendo il corpo bisogno dello Spirito, esso percorre lo spazio ed entra in relazione più diretta con gli altri Spiriti.»
«Con i sogni. Posso assicurarti che quando il corpo riposa, lo Spirito ha più facoltà che durante la veglia. Ha il ricordo del passato e qualche volta le previsioni del futuro. Acquisisce più forza e può entrare in comunicazione con gli altri Spiriti, sia in questo mondo sia in un altro. Tu dici sovente: "Ho fatto un sogno bizzarro, un sogno terribile, ma che non ha alcuna verosimiglianza". È un errore. Si tratta sovente del ricordo di luoghi e di cose che hai visto o che vedrai in un'altra esistenza o in un altro momento. Essendo il corpo assopito, lo Spirito cerca di spezzare la sua catena alla ricerca del passato o del futuro.
Poveri uomini che poco conoscete i fenomeni più comuni della vita! Credete d'essere tanto sapienti, e poi le cose più comuni vi mettono in imbarazzo. Alla domanda di tutti i bambini: "Che cosa facciamo mentre dormiamo? Che cosa sono i sogni?" rimanete interdetti.
Il sonno libera in parte l'anima dal corpo. Quando si dorme, si è momentaneamente nello stato in cui ci si trova, in maniera permanente, dopo la morte. Gli Spiriti che alla loro morte si liberano presto della materia hanno avuto dei sonni intelligenti. Questi, quando dormono, raggiungono la società degli altri esseri superiori a loro e con loro viaggiano, discutono, si istruiscono e lavorano persino a delle opere che trovano poi compiute quando disincarnano. Questo dovrebbe insegnarvi una volta di più a non temere la morte, perché si muore ogni giorno, secondo la parola di un santo.
Questo per gli Spiriti elevati. Ma per la massa degli uomini che, alla morte, devono rimanere lunghe ore in quel turbamento, in quell'incertezza di cui si è già parlato, non è così. Costoro, mentre dormono, vanno, sia nei mondi inferiori alla Terra, dove antichi affetti li richiamano, sia a cercare piaceri forse ancora più bassi di quelli che ci sono qui. Vanno ad attingervi dottrine ancora più spregevoli, più ignobili, più nocive di quelle che professano fra di voi. E ciò che genera la simpatia sulla Terra altro non è se non il fatto di sentirsi, al risveglio, vicini col cuore a coloro con cui si sono appena passate otto o nove ore di felicita o di piacere. Cosa che, di converso, spiega anche certe antipatie invincibili. Il fatto e che in fondo al cuore sappiamo che certe persone hanno una coscienza diversa dalla nostra, perché noi quelle persone le conosciamo, pur senza averle mai viste con gli occhi. Infine e anche ciò che spiega l'indifferenza, perché non ci si tiene a farsi dei nuovi amici quando si sa di averne altri che ci amano e ci dimostrano il loro affetto. In una parola, il sonno influisce sulla nostra vita più di quanto si pensi.
Per effetto del sonno, gli Spiriti incarnati sono sempre in rapporto con il mondo degli Spiriti e ciò fa sì che gli Spiriti superiori acconsentano, senza troppa repulsione, a incarnarsi fra gli uomini. Dio ha voluto che, durante il loro contatto con il vizio, essi possano andare a ritemprarsi alla fonte del bene, affinché essi stessi non cadano in errore, essi che venivano a istruire gli altri. Il sonno e la porta che Dio ha loro aperta verso gli amici del Cielo, e la ricreazione dopo il lavoro, in attesa della grande liberazione, la liberazione finale che li restituirà al loro vero ambiente.
Il sogno e il ricordo di ciò che il vostro Spirito ha visto durante il sonno. Ma si noti che non sempre si sogna perché non sempre si ricorda ciò che si è visto, o tutto quanto si è visto. La vostra anima non è nel suo pieno sdoppiamento. Molte volte si tratta solo del ricordo del turbamento che accompagna la partenza o l'arrivo dello Spirito a cui si unisce il turbamento di ciò che si è fatto o di cui ci si è preoccupati da svegli. Senza ciò come spiegare quei sogni assurdi che fanno sia i più eruditi sia i più semplici? I cattivi Spiriti si servono anche dei sogni per tormentare le anime dei deboli e dei pusillanimi.
Del resto, voi vedrete tra poco svilupparsi un'altra specie di sogni, che è antica quanto quella che conoscete, ma voi lo ignorate. Il sogno di Giovanna D'Arco, il sogno di Giacobbe, il sogno dei profeti ebrei e di alcuni divinatori indiani: questi sogni sono il ricordo dell'anima completamente slegata dal corpo, il ricordo di quella seconda vita di cui vi parlavo poco fa.
Fate attenzione a ben distinguere queste due specie di sogni, tra quelli di cui vi ricorderete. Senza di ciò cadreste in contraddizioni ed errori che si rivelerebbero funesti per la vostra fede.»
I sogni sono il risultato dell'emancipazione dell'anima, resa più indipendente dalla sospensione della vita attiva e di relazione. Da qui una sorta di chiaroveggenza indefinita, che si estende ai luoghi più lontani o che non si sono mai visti e, qualche volta, anche ad altri mondi. Da qui, ancora, il ricordo che ripercorre nella memoria fatti compiuti nell'esistenza presente o nelle esistenze anteriori. Da qui, immagini singolari di ciò che accade o è accaduto in mondi sconosciuti, mescolate alle cose del mondo attuale, formano quegli insiemi bizzarri e confusi che sembrano essere senza senso e senza nesso.
L'incoerenza dei sogni si spiega inoltre con le lacune che presenta l'incompleto ricordo di ciò che ci è apparso in sogno. Così si presenterebbe un racconto di cui si fossero troncate a caso delle frasi o delle parti di frasi: i frammenti che ne rimarrebbero, una volta riuniti, sarebbero privi di ogni ragionevole significato.
«In quello che voi chiamate sonno non c’è che il riposo del corpo, mentre lo Spirito è sempre in attività. E d è così ch'egli recupera un po' della sua libertà e comunica con quanti gli sono cari, sia in questo mondo sia negli altri. Ma, poiché il corpo è una materia pesante e grossolana, difficilmente conserva le impressioni che lo Spirito ha ricevute, dal momento che lo Spirito non le ha percepite attraverso gli organi del corpo.»
«I sogni non sono affatto veridici, almeno non nel modo in cui li intendono gli indovini. Infatti, è assurdo credere che sognare una tal cosa preannunci la tal cosa. Essi sono veri nel senso che presentano delle immagini che sono reali per gli Spiriti, ma che non hanno alcun rapporto con quanto avviene nella vita corporea. Spesso i sogni, come abbiamo detto, rispecchiano un ricordo. Qualche volta, infine, possono essere un presagio del futuro, se Dio lo permette, oppure la visione di ciò che sta accadendo in quel momento in un altro luogo, e dove l'anima si trasporta. Non avete voi forse numerosi esempi di persone che appaiono in sogno e vengono per avvertire i loro parenti o amici di ciò che sta loro per accadere? Che cosa sono queste apparizioni se non l'anima o lo Spirito di queste persone che vengono per comunicare con il vostro Spirito? Quando voi raggiungete la certezza che quanto avete visto e realmente accaduto, non avete forse la prova che l'immaginazione non c'entra per nulla, soprattutto se questa cosa non era minimamente nei vostri pensieri durante lo stato di veglia?»
«Se non perii corpo, quelle cose possono avvenire per lo Spirito, vale a dire che lo Spirito vede la cosa che desidera, perché va a cercarsela. Non bisogna dimenticare che, durante il sonno, l'anima e sempre più o meno sotto l'influenza della materia e che, di conseguenza, non si affranca mai completamente dalle idee terrene. Ne deriva che i pensieri, che si hanno durante lo stato di veglia, possono dare a ciò che si vede in sogno l'apparenza di quanto si desidera o di quanto si teme. E questo è veramente ciò che può dirsi un effetto dell'immaginazione. Quando si è fortemente assillati da un'idea, si fa riferimento a questa per tutto ciò che si vede.»
«Atti ai quali esse non pensano assolutamente? Ma che cosa ne sapete voi? Il loro Spirito può venire a visitare il vostro, così come il vostro può visitare il loro, e non sempre voi sapete che cosa egli pensi. E poi, spesso, voi stessi attribuite a persone che conoscete, e secondo i vostri desideri, cose che sono avvenute o avvengono in altre esistenze.»
«No. Lo Spirito recupera la sua libertà appena i sensi incominciano a indebolirsi. Per emanciparsi, egli approfitta di ogni istante di tregua che il corpo gli concede. Non appena compare un infiacchimento delle forze vitali, lo Spirito inizia a liberarsi. E quanto più il corpo è debole, tanto più lo Spirito e libero.
È così che il dormiveglia, o anche un semplice intorpidimento dei sensi, presenta le stesse immagini del sogno.»
«Sì, e anche vi sembra di sentire intere frasi, soprattutto quando i sensi incominciano a indebolirsi. Si tratta, talvolta, della flebile eco di uno Spirito che vuole comunicare con voi.»
«Essendo il corpo intorpidito, lo Spirito tenta di spezzare le sue catene: si trasporta e vede. Se il sonno era profondo, si tratterebbe proprio di un sogno.»
«Esse sono il risultato della libertà dello Spirito, che si emancipa e che in quel momento fruisce di maggiori facoltà. Spesso sono anche consigli che altri Spiriti danno.»
410a. Ma a che cosa servono quelle idee, dal momento che se ne perde il ricordo e di cui, perciò, non si può approfittare?
«Queste idee appartengono, a volte, più al mondo degli Spiriti che al mondo corporeo. Ma il più delle volte, se il corpo dimentica, lo Spirito ricorda, e l'idea ritorna al momento opportuno come un'ispirazione del momento.»
«Sovente la presagisce, a volte ne ha una lucidissima coscienza, ed è proprio questo che nello stato di veglia gliene da l'intuizione. Da ciò deriva il fatto che certe persone prevedano a volte la loro morte con estrema esattezza.»
«Sì, perché lo Spirito sta attaccato al corpo, come il pallone frenato sta attaccato al palo. Ora, allo stesso modo in cui i sobbalzi del pallone scuotono il palo, così l'attività dello Spirito si ripercuote sul corpo e può arrecargli affaticamento.»
Visite spiritiste tra persone viventi
«Nello stato di emancipazione la vita del corpo cede il posto alla vita dell'anima, ma non si può propriamente parlare di due esistenze. Si tratta piuttosto di due fasi della stessa esistenza, perché l'uomo non ha una doppia vita.»
«Sì. E anche molte altre persone, che credono di non conoscersi, si riuniscono e si parlano. Puoi avere, senza che tu lo sospetti, degli amici in un altro paese. Il fatto di andare a trovare, durante il sonno, degli amici, dei parenti, dei conoscenti, delle persone che possono esserci utili, è talmente frequente che lo si compie quasi tutte le notti.»
«Di solito, al risveglio, ne rimane un'intuizione, che sta sovente all'origine di certe idee che sorgono spontaneamente senza una spiegazione plausibile e che altro non sono che le idee stesse che uno attinge in quei colloqui.»
«Ecco che cosa succede: l'uomo si addormenta e lo Spirito si sveglia. Lo Spirito e sovente ben lontano dall'eseguire ciò che l'uomo aveva programmato, perché la vita dell'uomo interessa ben poco allo Spirito quando è slegato dalla materia. Questo riguarda gli uomini già abbastanza evoluti, gli altri trascorrono ben diversamente la loro esistenza spirituale: o si abbandonano alle loro passioni o rimangono inattivi. Può dunque succedere, secondo il motivo che ci si è proposti, che lo Spirito faccia la visita richiesta. Però, il fatto di averne la volontà da svegli, non è la ragione per cui lo Spirito la fa.»
«Senza alcun dubbio. Legami di amicizia, antichi o nuovi, riuniscono sovente diversi Spiriti, felici di trovarsi insieme.»
Con il termine antico, bisogna intendere i legami di amicizia contratti in altre precedenti esistenze. Al risveglio, riportiamo un'intuizione delle idee che abbiamo attinto durante quei colloqui occulti, ma di cui ignoriamo la fonte.
«Come Spirito può certamente vederlo e conoscere la sua sorte. Se alla persona non viene imposto, come prova, di credere nella morte dell'amico potrebbe avere il presentimento della sua esistenza, come potrebbe avere quello della sua morte.»
Trasmissione occulta del pensiero
«Abbiamo già detto che durante il sonno gli Spiriti comunicano fra di loro. Pertanto, quando il corpo si sveglia, lo Spirito ricorda ciò che ha imparato e l'uomo crede di essere lui ad aver inventato ciò che ha invece appreso. Così molti possono scoprire la stessa cosa simultaneamente. Quando voi dite che un'idea e nell'aria, è un'immagine più giusta di quanto possiate credere: ognuno contribuisce a diffonderla senza sospettarlo.»
Perciò il nostro Spirito rivela lui stesso ad altri Spiriti, e a nostra insaputa, ciò che era l'oggetto delle nostre preoccupazioni da svegli.
«Lo Spirito non è chiuso dentro il corpo come in una scatola: s'irradia tutto intorno, ed è per questo che può comunicare con gli altri Spiriti, anche nello stato di veglia, benché lo faccia con maggiore difficolta.»
«Sono due Spiriti simpatici che comunicano e vedono reciprocamente il loro pensiero, anche quando il corpo non dorme.»
C’è fra gli Spiriti che si incontrano una comunicazione di pensiero che fa sì che due persone si vedano e si comprendano senza dover ricorrere ai segni esteriori del linguaggio. Si potrebbe dire che si parlano con il linguaggio degli Spiriti.
Letargia, catalessi, morte apparente
«No. Avviene attraverso lo Spirito. Lo Spirito ha coscienza di sé, ma non può comunicare.»
422a. Perché non può comunicare?
«Gli si oppongono le condizioni del corpo. Questo particolare stato degli organi confermano che c’è nell'uomo, oltre al corpo, qualcosa d'altro. Infatti il corpo non funziona più, mentre lo Spirito e attivo.»
«Nello stato letargico il corpo non è morto, dal momento che sussistono delle funzioni. La vitalità è allo stato latente, come nella crisalide, ma non è affatto annullata. Pertanto, lo Spirito e unito al corpo finché questo vive. Una volta rotti i legami con la morte reale e la disgregazione degli organi, la separazione e completa, e lo Spirito non ritorna più. Quando qualcuno, apparentemente morto, ritorna in vita, e segno che la morte non era totale.»
«Sì, senza dubbio e se ne ha tutti i giorni la prova. Il magnetismo è sovente, in casi del genere, un potente mezzo, perché restituisce al corpo il fluido vitale che gli manca e che era insufficiente per mantenere il funzionamento degli organi.»
La letargia e la catalessi hanno la stessa origine, ossia la perdita momentanea della sensibilità e del movimento per cause fisiologiche ancora sconosciute. La loro differenza sta in questo: nella letargia, la sospensione delle forze vitali e generale e da al corpo tutte le apparenze della morte, mentre nella catalessi essa è localizzata e può colpire una parte più o meno estesa del corpo, in modo da lasciare la capacita di intendere libera di manifestarsi, cosa che evita di confonderla con la morte. La letargia è sempre naturale, mentre la catalessi è a volte spontanea, ma può anche essere provocata e annullata artificialmente dall'azione magnetica.
Sonnambulismo
«Il sonnambulismo e un'indipendenza dell'anima più completa che nei sogni, e quindi le facoltà dell'anima sono più sviluppate. Essa ha delle percezioni che non ha nel sogno, il quale e uno stato di sonnambulismo imperfetto.
Nel sonnambulismo, lo Spirito è nel pieno possesso di sé stesso, e gli organi fisici, essendo in qualche modo in catalessi, non ricevono più le impressioni esterne. Questo stato si manifesta soprattutto durante il sonno: e il momento in cui lo Spirito può lasciare provvisoriamente il corpo, essendo questo consegnato al riposo necessario alla materia. Quando si generano fatti di sonnambulismo, vuol dire che lo Spirito, preoccupato per qualcosa, si abbandona a un'azione qualsiasi che necessiti dell'uso del suo corpo. E di questo si serve, allora, in modo analogo all'impiego ch'egli fa di una tavola o di qualsiasi altro oggetto materiale nel fenomeno delle manifestazioni fisiche, o anche della vostra mano nei casi di comunicazioni scritte. Nei sogni di cui si ha coscienza, gli organi, compresi quelli della memoria, cominciano a svegliarsi e a ricevere imperfettamente le impressioni prodotte da oggetti o da cause esteriori e le comunicano allo Spirito. Questo, esso stesso a riposo, percepisce solo delle sensazioni confuse, sovente senza nesso e senza alcuna apparente ragion d'essere, mescolate come sono a vaghi ricordi, sia di questa esistenza sia di esistenze precedenti. È allora facile comprendere perché i sonnambuli non custodiscano nessun ricordo di ciò che è loro successo quando si trovavano nello stato sonnambolico, e perché i sogni di cui si conserva memoria non abbiano il più delle volte nessun senso. Dico il più delle volte, perché accade che i sogni siano la conseguenza di un ricordo preciso di avvenimenti di una vita precedente e qualche volta persino una specie di intuizione del futuro.»
«È la stessa cosa, se non che il sonnambulismo magnetico è stato provocato.»
«Fluido vitale o elettricità animalizzata, che sono delle modificazioni del fluido universale.»
«L'abbiamo già detto: è l'anima che vede.»
«Esistono corpi opachi solo per i vostri organi grossolani. Non abbiamo forse già detto che per lo Spirito la materia non è assolutamente un ostacolo, poiché può attraversarla liberamente? Sovente il sonnambulo vi dice che vede con la fronte, con le ginocchia ecc., perché voi, completamente dentro la materia, non comprendete ch'egli possa vedere senza l'aiuto degli organi della vista. Lui stesso, sollecitato dal desiderio che voi avete, crede di dover ricorrere a questi organi. Mas e lo lasciaste libero, comprenderebbe che vede con tutte le parti del suo corpo o, per meglio dire, è al di fuori del suo corpo ch'egli vede.»
«Innanzi tutto non e dato agli Spiriti imperfetti vedere e conoscere tutto. Si sa che condividono ancora i vostri errori e i vostri pregiudizi. E poi, quando sono attaccati alla materia, non godono di tutte le loro facoltà di Spirito. Dio ha dato all'uomo la facoltà del sonnambulismo per uno scopo utile e serio e non per insegnargli quello che non deve sapere. Ecco perché i sonnambuli non possono dire tutto.»
«Succede che il sonnambulo possegga più cognizioni di quante si supponga. Solo che in lui sonnecchiano, poiché il suo involucro e troppo imperfetto perché egli se ne possa ricordare. Ma in definitiva chi e il sonnambulo? Come noi, uno Spirito che è incarnato nella materia per compiere la sua missione, e lo stato nel quale entra lo risveglia da questa letargia. Noi vi abbiamo detto molto spesso che riviviamo parecchie volte. È dunque questo cambiamento che gli fa perdere materialmente ciò che ha potuto imparare in un'esistenza precedente. Egli, entrando nello stato che voi chiamate crisi, ricorda, ma non sempre completamente. Sa, ma non potrebbe dire da dove provenga la sua conoscenza, né come l'abbia acquisita. Passata la crisi, tutti i ricordi si cancellano, ed egli rientra nell'oscurità.»
L'esperienza dimostra che il sonnambulo riceve anche delle comunicazioni da altri Spiriti che gli trasmettono ciò che deve dire e suppliscono alle sue carenze. Questo si evidenzia soprattutto nelle prescrizioni mediche: lo Spirito del sonnambulo vede il male, un altro gli indica il rimedio. Questa doppia azione e a volte evidente e si rivela inoltre attraverso queste espressioni molto frequenti: "uno mi dice di dire", oppure "uno mi proibisce di dire la tale cosa". In quest'ultimo caso e sempre pericoloso insistere per ottenere una rivelazione che è stata rifiutata, perché si dà adito agli Spiriti leggeri di parlare, ed essi parlano senza scrupolo e senza darsi pena della verità.
«Forse che l'anima non si trasferisce durante il sonno? Lo stesso succede nel sonnambulismo.»
«Sia l'una che l'altra. Ci sono delle predisposizioni fisiche che permettono allo Spirito di liberarsi più o meno facilmente della materia.»
«Fino a un certo punto, perché bisogna tener conto dell'influenza della materia alla quale e ancora legato.»
«La maggioranza dei sonnambuli li vede e molto bene. Dipende dal grado e dalla natura della lucidità dei sonnambuli, ma qualche volta essi non se ne rendono subito conto e li scambiano per esseri corporei. Ciò succede soprattutto a quelli che non hanno nessuna conoscenza dello Spiritismo e non comprendono ancora l'essenza degli Spiriti. Questa cosa li spaventa ed è per questo che li scambiano per degli esseri incarnati.»
Lo stesso effetto si produce nel momento della morte in colui che crede di essere ancora vivo. Niente intorno a lui gli sembra cambiato, allo Spirito sembra di avere un corpo come il nostro e scambia l'apparenza del suo stesso corpo per un corpo reale.
«Perché questa domanda dal momento che si sa che è l'anima che vede e non il corpo?»
«L'anima non lascia affatto il corpo completamente. Essa vi rimane sempre attaccata dai legami che a esso la uniscono; sono questi legami i conduttori delle sensazioni. Quando due persone comunicano tra di loro da una città all'altra per mezzo dell'elettricità, è l'elettricità il legame tra i loro pensieri. È per questa ragione che comunicano tra di loro come se fossero l'una accanto all'altra.» (vedere n. 257; prova teorica sulla sensazione presso gli Spiriti).
«Molto, come il buono o cattivo uso di tutte le facoltà che Dio ha dato all'uomo.»
Estasi
«L'estasi è un sonnambulismo più purificato. Inoltre l'anima dell'estatico è ancora più indipendente.»
«Sì. Egli li vede e comprende la beatitudine di quelli che vi si trovano. È per questo che vorrebbe rimanervi. Ma ci sono mondi inaccessibili a quegli Spiriti che non sono sufficientemente purificati.»
«Dipende dal grado di purificazione dello Spirito. Se vede la sua situazione futura migliore della sua vita presente, si sforza di rompere i legami che lo tengono legato alla Terra.»
«Sì, egli potrebbe morire. È per questo che bisogna richiamarlo per mezzo di tutto ciò che ancora può legarlo alla Terra, soprattutto facendogli intravedere che, se egli spezzasse la catena che lo trattiene qui, questo sarebbe il vero motivo per non restare là dove vede che sarebbe felice.»
«Le cose che vede sono vere per lui. Ma, poiché il suo Spirito è sempre sotto l'influenza delle idee terrene, può vederle a modo suo o, per meglio dire, può esprimerle in un linguaggio conforme ai suoi pregiudizi, alle idee con cui è stato educato o alle vostre idee, per farsi meglio comprendere. È soprattutto in questo senso che può sbagliare.»
«L'estatico può molto frequentemente essere in errore, soprattutto quando vuole penetrare ciò che deve rimanere un mistero per l'uomo, perché allora si affida alle sue proprie idee oppure diventa lo zimbello di Spiriti ingannatori, che approfittano del suo entusiasmo per affascinarlo.»
«Per la verità, e la vita passata e quella futura che l'uomo intravede. Studi l'uomo questi fenomeni e troverà la soluzione a più di un mistero, che la sua ragione cerca inutilmente di penetrare.»
«Chi li studia in buona fede e senza prevenzione non può essere né materialista né ateo.»
Seconda vista
«Tutto ciò non è che la medesima cosa. Quello che viene detto seconda vista è ancora una volta lo Spirito, che è più libero, benché il corpo non sia addormentato. La seconda vista è la vista dell'anima»
«La facoltà, sì. L'esercizio, no. Nei mondi meno materiali del vostro, gli Spiriti si liberano del corpo più facilmente ed entrano in comunicazione con il solo pensiero, senza escludere tuttavia il linguaggio articolato. Così la doppia vista e per lo più una facoltà permanente. Lo stato normale degli Spiriti può essere paragonato a quello dei vostri sonnambuli lucidi, e questa è anche la ragione per la quale si manifestano più facilmente di quelli che sono incarnati in corpi più grossolani.»
«La maggior parte delle volte è spontanea, ma sovente anche la volontà vi gioca un grande ruolo. Prendiamo per esempio i cosiddetti indovini, di cui alcuni hanno questo potere di divinare, e si constaterà che è la volontà che li aiuta a entrare in questa seconda vista e in ciò che voi chiamate visione.»
«Sì. Il lavoro fa sempre progredire, e il velo che copre le cose si dissipa.»
450a. Questa facoltà attiene in certo modo alla costituzione fisica?
«Certo. L'organismo vi gioca la sua parte. Però ci sono anche organismi che vi si ribellano.»
«Ciò è dovuto alla somiglianza dell'organismo, che si trasmette come le altre qualità fisiche, e poi allo sviluppo della facoltà, attraverso una sorta di educazione, che si trasmette così dall'uno all'altro.»
«Sì. Per esempio, una malattia, l'approssimarsi di un pericolo, una grande emozione possono svilupparla. Il corpo si trova qualche volta in una condizione particolare, tale da permettere allo Spirito div edere ciò che non si può vedere con gli occhi fisici.»
I tempi di crisi e di calamita, le grandi emozioni, tutte le cause infine che sovreccitano il morale provocano a volte lo sviluppo della seconda vista. Sembra quasi che la Provvidenza, in presenza di un pericolo, ci dia il mezzo per scongiurarlo. Tutte le sette e tutte le fazioni perseguitate ne offrono numerosi esempi.
«Non sempre. Per loro è una cosa del tutto naturale, e molti credono che, se tutti si osservassero, ognuno scoprirebbe di possederla.»
«Si tratta sempre dell'anima che s'irradia più liberamente e che giudica meglio di chi si trova sotto il velo della materia.»
454a. Questa facoltà può, in certi casi, dare la prescienza delle cose?
«Sì. Essa dona anche i presentimenti, perché in questa facoltà si distinguono vari gradi, e lo stesso soggetto può averli tutti o averne solo qualcuno.»
Compendio teorico del sonnambulismo, dell'estasi e della seconda vista
Lo stato conosciuto sotto il nome di sonnambulismo magnetico differisce dal sonnambulismo naturale solo per il fatto che uno è provocato mentre l'altro è spontaneo.
Il sonnambulismo naturale e un fatto notorio che nessuno si sogna di mettere in dubbio, nonostante l'eccezionalità dei fenomeni che presenta. Che cosa ha dunque di più eccezionale o di più irrazionale il sonnambulismo magnetico? Il fatto di essere prodotto artificialmente come, d'altronde, tante altre cose? I mistificatori, si dice, l'hanno sfruttato. Una ragione di più per non lasciarlo nelle loro mani. Quando la scienza se ne sarà appropriata, la ciarlataneria godrà di ben meno credito presso le masse. Comunque, in attesa — poiché il sonnambulismo naturale o artificiale è un fatto e poiché contro i fatti non ci sono argomenti possibili — esso si afferma nonostante la cattiva volontà di alcuni. E ciò accade nella scienza stessa, dove penetra attraverso un'infinita di piccole porte anziché entrare dalla porta principale. Quando si sarà totalmente affermato, bisognerà pure accordargli il diritto di cittadinanza.
Per lo Spiritismo, il sonnambulismo è più di un fenomeno fisiologico: e una luce gettata sulla psicologia. È qui che si può studiare l'anima perché qui si mostra allo scoperto. Ora, uno dei fenomeni attraverso i quali l'anima si caratterizza è la chiaroveggenza, che è indipendente dagli organi materiali della vista. Coloro che contestano il fatto si basano su ciò che il sonnambulo non sempre vede, e non secondo la volontà dello sperimentatore, come succede con gli occhi. C’è forse da stupirsi se, essendo gli strumenti differenti, gli effetti non sono più gli stessi? È ragionevole pretendere degli effetti identici quando lo strumento non esiste più? L'anima ha le sue proprietà come l'occhio ha le sue: le si deve giudicare per quello che sono e non per analogia.
La causa della chiaroveggenza del sonnambulo magnetico e del sonnambulo naturale è esattamente la stessa: è un attributo dell’anima, una facoltà inerente a tutte le parti dell'essere incorporeo che è in noi e che non ha limiti se non quelli che sono stati assegnati all'anima stessa. Egli vede ovunque possa trasferirsi la sua anima, qualunque sia la distanza.
Nella vista a distanza, il sonnambulo non vede le cose dal punto in cui si trova il suo corpo, ma le vede come per un effetto telescopico. Le vede presenti e come se egli stesse nel luogo dove quelle cose si trovano, perché la sua anima e in realtà là. È per questo che il suo corpo e come annientato e sembra essere privo di sensazioni, fino al momento in cui l'anima viene a riprenderne possesso. Questa separazione parziale dell'anima dal corpo è uno stato anormale che può avere una durata più o meno lunga, ma non indefinita Questa è la causa della fatica che il corpo prova dopo un certo tempo, soprattutto quando l'anima si dà a un lavoro attivo.
La vista dell'anima, o dello Spirito, non è circoscritta ne ha una sede determinata, e ciò spiega perché i sonnambuli non possono assegnarle un organo particolare. Essi vedono perché vedono, senza sapere né perché né come, non avendo, per loro, la vista una sede propria in quanto Spiriti. Se si riferiscono al loro corpo, sembra loro che questa sede si trovi nei centri dove l'attività vitale e massima: principalmente nel cervello, nella regione epigastrica o nell'organo che per loro è il punto di collegamento più tenace fra lo Spirito e il corpo.
La forza della lucidità sonnambolica non è affatto indefinita. Lo Spirito, anche se completamente libero, e limitato nelle sue facoltà e nelle sue conoscenze a seconda del grado di perfezione al quale è pervenuto. L o è ancora di più quando è legato alla materia di cui subisce l'influenza. Questa e la causa per la quale la chiaroveggenza sonnambolica non è né universale né infallibile. Ancor meno si può contare sulla sua infallibilità, quando la si distoglie dallo scopo cui mirava la natura, e se ne fa un oggetto di curiosità e di sperimentazione.
Nello stato di libertà in cui si trova, lo Spirito del sonnambulo entra più facilmente in comunicazione con gli altri Spiriti incarnati o non incarnati. Questa comunicazione si stabilisce per mezzo del contatto dei fluidi che compongono il perispirito e che servono di trasmissione al pensiero come un conduttore elettrico. Il sonnambulo non ha dunque necessita che il pensiero venga articolato attraverso la parola: egli lo sente e lo indovina. È questo che Io rende estremamente impressionabile e accessibile alle influenze dell'atmosfera morale nella quale si trova collocato. È anche per questo che un'affluenza numerosa di spettatori, e soprattutto di curiosi più o meno malevoli, nuoce essenzialmente allo sviluppo delle sue facoltà, che si ripiegano, per così dire, su sé stesse e si esplicano in tutta libertà solo nell'intimità e in un ambiente simpatico. La presenza di persone malintenzionate o antipatiche produce sul sonnambulo l’effetto del contatto della mano su una pianta sensitiva.
Il sonnambulo vede simultaneamente il suo stesso Spirito e il suo corpo. Sono, per così dire, due esseri che gli mostrano la duplice esistenza spirituale e fisica, e pertanto si confondono con i legami che li uniscono. Il sonnambulo non sempre si rende conto di questa situazione, e questa dualità fa sì che sovente egli parli di sé stesso come se parlasse di un'altra persona, tanto s e è l'essere fisico che parla all'essere spirituale quanto se è l'essere spirituale che parla a quello fisico.
Lo Spirito acquisisce un sovrappiù di conoscenze e di esperienza a ognuna delle sue esistenze corporee. Le dimentica in parte durante la sua incarnazione in una materia troppo grossolana, ma se ne ricorda come Spirito. È così che certi sonnambuli rivelano conoscenze superiori al loro grado d'istruzione e anche alle loro capacita intellettive apparenti. L'inferiorità intellettuale e scientifica del sonnambulo in stato di veglia non pregiudica affatto le conoscenze che può rivelare in stato di lucidità. Secondo le circostanze e lo scopo che ci si propone, egli può attingerle dalla propria esperienza, dalla chiaroveggenza delle cose presenti o dai consigli che riceve da altri Spiriti. Ma, poiché il suo stesso Spirito può essere più o meno avanzato, egli può dire delle cose più o meno esatte.
Attraverso i fenomeni del sonnambulismo, sia naturale che magnetico, la Provvidenza ci dà la prova inconfutabile dell'esistenza e dell'indipendenza dell'anima e ci fa assistere allo spettacolo sublime della sua emancipazione: attraverso ciò l'anima ci apre il libro del nostro destino. Quando il sonnambulo descrive quanto succede lontano, è evidente che lo vede, e non con gli occhi fisici. Egli vi vede sé stesso e vi si sente trasportato. Laggiù c’è dunque qualcosa di lui, e questo qualcosa, non essendo il suo corpo, non può essere che la sua anima o il suo Spirito. Mentre l'uomo si perde nelle sottigliezze di una metafisica astratta e inintelligibile per correre alla ricerca delle cause della nostra esistenza morale, Dio mette tutti i giorni, sotto i suoi occhi e sotto la sua mano, i mezzi più semplici e più evidenti per lo studio della psicologia sperimentale.
L'estasi è lo stato nel quale l'indipendenza dell'anima e del corpo si manifesta nel modo più sensibile e diventa in qualche modo tangibile.
Nel sogno e nel sonnambulismo l'anima erra nei mondi terreni. Nell'estasi essa penetra in un mondo sconosciuto, in quello degli Spiriti eterei con i quali entra in comunicazione, senza tuttavia poter oltrepassare certi limiti, che non potrebbe varcare senza spezzare completamente i legami che la tengono unita al corpo. Un chiarore risplendente e del tutto nuovo la circonda, armonie sconosciute sulla Terra la estasiano, un benessere indefinibile la penetra: essa gode in anticipo della beatitudine celeste, e si può dire ch'ella poggi un piede sulla soglia dell'eternità.
Nello stato di estasi l'annullamento del corpo è quasi completo, e rimane soltanto, per così dire, la vita organica. Si sente che l'anima vi è trattenuta solo da un tenue filo, che un minimo sforzo potrebbe spezzare senza ritorno.
In questo stato, tutti i pensieri terreni spariscono per fare posto al sentimento purificato che è l'essenza stessa del nostro essere immateriale. Interamente preso da questa contemplazione sublime, l'estatico considera la vita solo come una sosta momentanea. Per lui il bene e il male, le gioie grossolane e le miserie della Terra non sono che irrilevanti incidenti di un viaggio di cui è felice di vedere la fine. Questo succede sia agli estatici sia ai sonnambuli: la loro lucidità può essere più o meno perfetta, e il loro stesso Spirito, secondo che sia più o meno elevato, e più o meno atto a conoscere e a comprendere le cose. A volte in loro c’è più esaltazione che vera lucidità o, per meglio dire, la loro esaltazione nuoce alla loro lucidità.per questo che le loro rivelazioni sono sovente un miscuglio di verità e di errori, di cose sublimi e di cose assurde o persino ridicole. Sovente degli Spiriti inferiori approfittano di questa esaltazione, che è sempre causa di debolezza quando non la si sappia padroneggiare, per dominare l'estatico. E a tale scopo rivestono ai suoi occhi apparenze che Io tengono legato alle idee e ai pregiudizi di quando e sveglio. Questo rappresenta uno scoglio, ma non tutti gli statici sono uguali, sta a noi giudicare freddamente e pesare le loro rivelazioni con la bilancia della ragione.
L'emancipazione dell'anima si manifesta qualche volta nello stato di veglia e produce il fenomeno che va sotto il nome di seconda vista, che dà a quelli che ne sono dotati la facoltà di vedere, d'intendere e di sentire oltre i limiti dei nostri sensi. Essi percepiscono le cose lontane ovunque l'anima estenda la sua azione. Essi le vedono, per così dire, attraverso la vista ordinaria e come per una sorta di miraggio.
Nel momento in cui si produce il fenomeno della seconda vista, Io stato fisico dell'individuo risulta sensibilmente modificato. L'occhio ha qualcosa di vago, egli guarda senza vedere, e tutta la fisionomia riflette una sorta di esaltazione. Si constata che gli organi della vista sono estranei al fenomeno, in quanto la visione persiste, malgrado gli occhi siano chiusi.
Questa facoltà sembra, a colui che ne fruisce, naturale come quella di vedere: per lui è un attributo del suo essere, tale da non sembrargli eccezionale. L'oblio molto spesso fa seguito a questa lucidità passeggera, il cui ricordo, sempre più vago, finisce per sparire come il ricordo di un sogno.
La forza della seconda vista varia dalla sensazione confusa fino alla percezione chiara e netta delle cose vicine o lontane. Nella fase rudimentale, essa da a certuni il tatto, la perspicacia, una sorta di sicurezza nel loro agire che si potrebbe chiamare la giustezza del colpo d'occhio morale. Più sviluppata, essa risveglia i presentimenti. Più sviluppata ancora, mostra gli avvenimenti accaduti o sul punto di accadere.
Il sonnambulismo naturale e artificiale, l'estasi e la seconda vista, non sono che delle varianti o modificazioni di una medesima causa. Questi fenomeni, come gli stessi sogni, sono nella natura: ecco perché sono esistiti in tutti i tempi. La Storia ci mostra che sono stati conosciuti, e persino indagati, fin dalla più lontana antichità, e in essi si trova la spiegazione di numerosissimi fatti, che i pregiudizi hanno fatto passare per soprannaturali.
Capitolo IX — Intervento Degli Spiriti Nel Mondo Corporeo
Come gli Spiriti possono penetrare nel nostro pensiero
«Possono vederlo in quanto ne siete continuamente circondati, ma ogni Spirito vede solo le cose sulle quali dirige la sua attenzione. Infatti, delle cose che sono loro indifferenti non si occupano.»
«Sovente conoscono ciò che vorreste nascondere a voi stessi. Né atti ne pensieri possono essere loro dissimulati.»
457a. Da ciò sembrerebbe più facile nascondere qualcosa a una persona vivente di quanto non sia possibile farlo a questa stessa persona dopo la sua morte.
«Certamente. E quando credete di esservi ben nascosti, sovente avete intorno a voi una moltitudine di Spiriti che vi stanno osservando.»
Influenza occulta degli Spiriti sui nostri pensieri e sulle nostre azioni
«Per quanto riguarda ciò, la loro influenza è più grande di quanto crediate, perché molto di frequente sono loro che vi guidano.»
«La vostra anima è uno Spirito che pensa. Voi, di certo, non ignorate che molti pensieri vi arrivano contemporaneamente su uno stesso soggetto, e sovente diametralmente opposti gli uni agli altri. Ebbene, ce ne sono sempre di vostri e di nostri. È questo che vi crea incertezza, perché avete in voi due idee che si combattono.»
«Quando un pensiero vi viene suggerito è come se una voce vi parlasse. I pensieri propri sono quelli del primo impulso. Del resto per voi questa distinzione non riveste un grande interesse, e sovente e utile non saperlo: l'uomo agisce più liberamente. Se decide per il bene lo fa più volentieri, se prende la cattiva strada, ha solo una maggiore responsabilità.»
«Qualche volta le idee vengono dal loro stesso Spirito, ma frequentemente esse sono suggerite da altri Spiriti, che li giudicano capaci di comprenderle e degni di trasmetterle. Quando non le trovano in sé stessi, fanno appello all'ispirazione: e un'evocazione che fanno senza rendersene conto.»
Se fosse stato utile distinguere chiaramente i nostri pensieri da quelli che ci vengono suggeriti, Dio ce ne avrebbe dato il mezzo, come ci ha dato quello per distinguere il giorno dalla notte. Quando una cosa e nel vago, è così che conviene che accada.
«Può essere buono o cattivo secondo la natura dello Spirito incarnato. È sempre buono in chi ascolta le buone ispirazioni.»
«Considerate bene la cosa: i buoni Spiriti consigliano solo il bene. Sta a voi distinguere.»
«Per farvi soffrire come essi soffrono.»
465a. Questo diminuisce le loro sofferenze?
«No, ma essi lo fanno per invidia nel vedere degli esseri più felici di loro.»
465b. Che genere di sofferenze vogliono farci provare?
«Quelle di un essere appartenente a un ordine inferiore e lontano da Dio.»
«Gli Spiriti imperfetti sono gli strumenti destinati a provare la fede e la costanza degli uomini nel praticare il bene. Tu, essendo Spirito, devi progredire nella scienza dell'infinito, è per questo che passi attraverso le prove del male per giungere al bene. La nostra missione è quella di metterti sulla retta via e, quando delle cattive influenze agiscono su di te, sei tu che le chiami con il desiderio del male, perché gli Spiriti inferiori vengono in tuo aiuto nel male quando tu hai la volontà di commetterlo. Essi possono indurti al male solo quando tu vuoi il male. Se sei incline all'omicidio, ebbene, tu avrai un nugolo di Spiriti che alimenteranno in te questo pensiero. Ma ne avrai anche altri che tenteranno di orientarti verso il bene, cosa che ristabilisce l'equilibrio della bilancia e ti lascia padrone della scelta.»
È così che Dio lascia alla nostra coscienza la scelta del cammino che dobbiamo seguire e la libertà di cedere all'una o all'altra delle influenze contrapposte che vengono esercitate su di noi.
«Sì, perché si occupano solo di coloro che li sollecitano con i loro desideri o li attirano con i loro pensieri.»
«Che cosa vuoi che facciano? Quando non c’è niente da fare, si fanno da parte. Ciononostante stanno in agguato, in attesa del momento favorevole, come il gatto sta in agguato in attesa del topo.»
«Praticando il bene e ponendo tutta la vostra fiducia in Dio, voi respingete l'influenza degli Spiriti inferiori e annientate il predominio che essi vogliono esercitare su di voi. Guardatevi dall'ascoltare le suggestioni degli Spiriti che suscitano in voi cattivi pensieri, che seminano la discordia tra di voi e che suscitano in voi tutte le cattive passioni. Diffidate soprattutto di coloro che fanno leva sul vostro orgoglio, perché vi prendono dal vostro lato debole. Ecco perché Gesù vi fa dire nella preghiera domenicale: "Signore! Fa' che non cadiamo in tentazione, ma liberaci dal male!"»
«Nessuno Spirito riceve la missione di fare il male. Quando lo fa, e per sua stessa volontà e perciò ne subisce le conseguenze. Dio può lasciarlo fare per mettere voi alla prova. Ma non glielo ordina. Sta a voi quindi respingerlo.»
«È quasi sempre un effetto delle comunicazioni che voi avete, a vostra insaputa, con gli Spiriti o che voi avete avuto con loro durante il sonno.»
«Approfittano delle circostanze, ma sovente le provocano spingendovi, a vostra insaputa, verso l'oggetto della vostra cupidigia. Così, per esempio, una persona trova sul suo cammino una somma di denaro: non crediate che siano stati gli Spiriti ad aver portato il denaro in quel luogo, ma essi possono dare alla persona l'idea di dirigersi verso quella direzione. E allora da loro le viene suggerito il pensiero di impossessarsene, mentre altri Spiriti le suggeriscono di restituire la somma al legittimo proprietario, Lo stesso accade per tutte le altre tentazioni.»
Posseduti
«Uno Spirito non entra in un corpo come voi entrate in una casa. Si può assimilare con uno Spirito incarnato, che abbia gli stessi difetti e le stesse qualità, per agire congiuntamente. Ma è sempre lo Spirito incarnato che agisce come vuole sulla materia di cui è rivestito. Uno Spirito non può sostituirsi a quello incarnato perché lo Spirito e il corpo sono legati per tutto il tempo designato, fino al termine dell'esistenza materiale.»
«Sì, e questi sono i veri posseduti. Ma tenete presente che questo dominio non si verifica mai senza il concorso di colui che lo subisce, sia per sua debolezza, sia per suo desiderio. Sovente sono stati presi per posseduti degli epilettici o dei malati mentali che avevano più bisogno di un medico che di un esorcismo.»
La parola posseduto, secondo l'accezione comune, presuppone l'esistenza di demoni, ossia di una categoria di esseri dalla natura perversa, e la coabitazione di uno di questi esseri con l'anima che si trova nel corpo di un individuo. Poiché non ci sono demoni in questo senso, e poiché due Spiriti non possono abitare contemporaneamente lo stesso corpo, non esistono posseduti secondo il significato attribuito a questo termine. Il termine posseduto, deve intendersi solo come la dipendenza assoluta in cui può venire a trovarsi l'anima riguardo a Spiriti imperfetti che la soggiogano.
«Si può sempre scuotere un giogo quando se ne abbia la ferma volontà.»
«Se è un uomo dabbene, la sua volontà può venirgli in aiuto chiedendo il concorso dei buoni Spiriti, perché quanto più si è uomini dabbene, tanto più si ha potere sugli Spiriti imperfetti per allontanarli e sui buoni Spiriti per attrarli. Comunque tutto sarebbe inutile se chi e soggiogato non collabora. Ci sono persone che si compiacciono di una dipendenza che lusinga i loro gusti e i loro desideri. In ogni caso, chi non ha il cuore puro non può esercitare alcuna influenza, perché i buoni Spiriti lo disprezzano, e i cattivi non lo temono.»
«No. Quando questi Spiriti vedono che si prende la cosa sul serio, se la ridono e vi si ostinano.»
«Fiaccare la loro insistenza, non tenere in alcun conto le loro suggestioni, mostrare loro che perdono solo tempo. Allora, quando vedono che non c’è niente da fare, se ne vanno.»
«La preghiera è sempre un potente soccorso in tutto. Ma siate pur certi che non basta bisbigliare qualche parola per ottenere ciò che si desidera. Dio assiste coloro che agiscono e non quelli che si limitano a chiedere. Bisogna dunque che l'ossesso faccia da parte sua ciò che è necessario perché sia eliminata in lui stesso la causa che attira gli Spiriti malvagi.» (vedere Il Libro dei Medium, al capitolo su "L'ossessione").
«Dipende dall'interpretazione. Se voi chiamate demonio uno Spirito cattivo che soggioga un individuo, quando la sua influenza sarà annientata, esso sarà veramente cacciato. Se una vostra malattia viene attribuita al demonio, una volta che avrete debellato la malattia, potrete anche dire che avete scacciato il demonio. Una cosa può essere vera o falsa secondo il significato che si attribuisce alle parole. Le più grandi verità possono sembrare assurde quando si tenga conto solo della forma e quando si prenda l'allegoria per la realtà. Cercate di comprendere bene ciò e fatene tesoro: si tratta di regole di larga applicazione.»
Convulsionari
«Sì. Un ruolo molto grande, come quello del magnetismo che n e è la causa prima. Ma la ciarlataneria ha sovente sfruttato ed esagerato questi fenomeni, facendo cadere nel ridicolo i convulsionari.»
481a. In generale di quale natura sono gli Spiriti che concorrono a questo genere di fenomeni?
«Di natura poco elevata. Credete forse che gli Spiriti superiori si divertano con cose di questo genere?»
«Per effetto simpatico. Le disposizioni morali si comunicano molto facilmente in certi casi. Nessuno di voi e così estraneo agli effetti magnetici da non comprendere questo e come certi Spiriti debbano prendervi parte per simpatia verso quelli che li provocano.»
Fra le strane facoltà che si notano nei convulsionari, si riconoscono facilmente quelle di cui il sonnambulismo e il magnetismo offrono numerosi esempi. Tali sono, tra le altre, l'insensibilità fisica, la trasmissione del pensiero, la trasmissione per simpatia dei dolori ecc. Non si può dunque dubitare che queste persone in preda a crisi nervose si trovino in una sorta di sonnambulismo allo stato di veglia, provocato dall'influenza che gli uni esercitano sugli altri. Essi sono a loro volta magnetizzatori e magnetizzati a loro insaputa.
«In alcuni si tratta di un effetto esclusivamente magnetico, che agisce sul sistema nervoso allo stesso modo di certe sostanze. In altri l'esaltazione del pensiero attenua la sensibilità cosicché la vita sembra essersi ritirata dal corpo per trasferirsi nello Spirito. Non sapete forse che quando lo Spirito e fortemente preoccupato per una cosa, il corpo non sente, non vede e non ode niente?»
L'esaltazione fanatica e l'entusiasmo offrono sovente, nei supplizi, l'esempio di una calma e di un sangue freddo che non potrebbero trionfare su un dolore acuto, se non si ammettesse che la sensibilità si trova neutralizzata da una sorta di effetto anestetico. Si sa che nell'ardore della battaglia sovente non ci si accorge di una grave ferita mentre, in circostanze ordinarie, una scalfittura farebbe trasalire.
Poiché questi fenomeni dipendono da una causa fisica e dall'azione di certi Spiriti, ci si potrebbe domandare come, in certi casi, sia potuto dipendere dall'autorità farli cessare. La ragione di ciò è semplice. L'azione degli Spiriti in questi casi e solo secondaria, poiché non fanno che approfittare di una disposizione naturale. L'autorità non ha soppresso questa disposizione, ma ha soppresso la causa che la manteneva e la esaltava. Da attiva l'ha resa latente e ha avuto ragione ad agire così, poiché ne risultava abuso e scandalo. Si sa, del resto, che interventi di questo genere non hanno successo quando l'azione degli Spiriti è diretta e spontanea.
Affetto degli Spiriti per determinate persone
«Gli Spiriti buoni simpatizzano per gli uomini dabbene, o per quelli suscettibili di miglioramento. Gli Spiriti inferiori simpatizzano per gli uomini viziosi o che possono diventarlo. Da qui il loro attaccamento, conseguenza della somiglianza dei sentimenti.»
«Il vero affetto non ha niente di carnale. Ma, quando uno Spirito si attacca a una persona, non sempre e per affetto, poiché vi si può mescolare un ricordo di passioni umane.»
«Gli Spiriti buoni fanno tutto il bene possibile e sono felici di tutto ciò che vi fa felici. Si affliggono per i vostri mali quando non li sopportate con rassegnazione, poiché questi mali sono senza beneficio per voi, in quanto voi vi comportate come il malato che rifiuta l'amara pozione che deve guarirlo.»
«Si affliggono per il vostro egoismo e la vostra durezza di cuore: poiché da ciò deriva tutto. Essi si beffano di tutti quei mali immaginari che nascono dall'orgoglio e dall'ambizione e si rallegrano per quei mali che abbreviano il vostro tempo di prova.»
Gli Spiriti, sapendo che la vita fisica e solo transitoria e che le tribolazioni che l'accompagnano sono dei mezzi per arrivare a uno stato migliore, si affliggono per noi più per le cause morali che ce ne allontanano che per i mali fisici che sono solo passeggeri.
Gli Spiriti si prendono poca cura delle disgrazie che non riguardano altro che le nostre idee mondane, così come noi facciamo riguardo ai dispiaceri puerili dell'infanzia.
Lo Spirito, che vede nelle afflizioni della vita un mezzo di avanzamento per noi, le considera come la crisi momentanea che deve salvare il malato. Ha compassione per le nostre sofferenze come noi ne abbiamo per quelle di un amico. Ma, vedendo le cose da un punto di vista più giusto, egli le giudica in modo diverso dal nostro. Mentre gli Spiriti buoni mettono in rilievo il nostro coraggio nell'interesse del nostro avvenire, quelli cattivi ci spingono alla disperazione per comprometterlo.
«Senza dubbio e sovente vi proteggono come Spiriti, secondo quanto è in loro potere.»
488a. Sono sensibili all'affetto che manteniamo verso di loro?
«Molto sensibili, ma dimenticano chi li dimentica.»
Angeli custodi. Spiriti protettori, familiari o simpatici
«Sì. Il fratello spirituale, quello che chiamate il buono Spirito o il buon genio.»
«Lo Spirito protettore di un ordine elevato.»
«Quella di un padre per i suoi figli. Condurre cioè il suo protetto sulla buona via, aiutarlo con i suoi consigli, consolarlo nelle sue afflizioni, sostenere il suo coraggio nelle prove della vita.»
«Dalla nascita alla morte e molte volte lo segue dopo la morte nella vita spiritista e anche in numerose esistenze corporee perché queste esistenze non sono che fasi molto brevi in confronto alla vita dello Spirito.»
«Lo Spirito è obbligato a vegliare su di voi, perché ha accettato questo compito, ma può scegliere fra gli esseri che gli sono simpatici. Per alcuni e un piacere, per altri una missione o un dovere.»
493a. Legandosi a una persona, lo Spirito rinuncia a proteggerne delle altre?
«No. Ma lo fa in modo meno esclusivo.»
«Succede sovente che certi Spiriti lascino la loro posizione per adempiere varie missioni. Ma in questo caso vengono sostituiti.»
«Si allontana quando vede che i suoi consigli sono inutili e quando la volontà del suo protetto, di subire cioè l'influenza degli Spiriti inferiori, è più forte. Ma non lo abbandona completamente e si fa sempre sentire, ed è allora che l'uomo si tappa le orecchie. Però ritorna non appena lo si chiami.
È una dottrina che dovrebbe convertire anche i più increduli, per il suo fascino e per la sua dolcezza: e la dottrina degli angeli custodi. Pensare di avere sempre accanto a sé degli esseri a voi superiori, che sono sempre pronti a darvi dei consigli, a sostenervi, ad aiutarvi a scalare l'impervia montagna del bene, che sono amici più sicuri e più devoti dei legami più intimi che si possano intrecciare su questa Terra, non è forse un pensiero molto consolante? Questi esseri sono lì per ordine di Dio. È Lui che li ha messi accanto a voi, ed essi sono lì per amore di Dio e compiono presso voi una bella per quanto difficile missione. Sì, ovunque voi siate, l'angelo custode sarà con voi: carceri, ospedali, luoghi di corruzione, solitudine, niente vi separa da questo amico che non potete vedere, ma di cui la vostra anima sente i più dolci impulsi e intende i saggi consigli.
Perché non conoscete meglio questa verità? Quante volte vi aiuterebbe nei momenti di crisi, quante volte vi salverebbe dagli Spiriti cattivi! Ma nel grande giorno, questo angelo del bene dovrà spesso dirvi: "Non te l'ho forse detto? E tu non l'hai fatto. Non ti ho forse mostrato l'abisso? E tu ci sei precipitato. Non ti ho forse fatto sentire nella coscienza la voce della verità? E tu hai seguito i consigli della menzogna." Ah! interrogate i vostri angeli custodi, stabilite fra loro e voi quella tenera intimità che regna fra gli amici migliori. Non pensate di poter loro nascondere niente, perché sono l'occhio di Dio e non potete ingannarli. Pensate al futuro. Cercate di progredire in questa vita e le vostre prove saranno più brevi e le vostre esistenze più felici. Andiamo, uomini, coraggio! Gettate lontano da voi, una volta per tutte, pregiudizi e idee arretrate, entrate nella nuova via che si apre davanti a voi. Marciate! Marciate! Avete delle guide, seguitele: lo scopo non può mancarvi, perché questo scopo è Dio stesso.
A quelli che pensassero che è impossibile per degli Spiriti veramente elevati sobbarcarsi in ogni momento un compito così arduo, noi diremo che influenziamo le vostre anime anche quando ci troviamo a parecchi milioni di chilometri da voi. Per noi lo spazio e niente e pur vivendo in un altro mondo, i nostri Spiriti conservano il loro legame con il vostro. Noi fruiamo di qualità che voi non potete comprendere, ma siate certi che Dio non ci ha imposto un compito superiore alle nostre forze e che non vi ha abbandonati soli sulla Terra, senza amici e senza sostegno. Ogni angelo custode ha il suo protetto sul quale veglia, come un padre veglia sul proprio figlio. È felice quando lo vede sulla buona strada, è triste quando i suoi consigli non sono ascoltati.
Non temete di affaticarci con le vostre richieste. Siate invece sempre in rapporto con noi: sarete più forti e più felici. Sono proprio le comunicazioni di ogni uomo con il suo Spirito familiare che fanno di tutti gli uomini dei medium, medium oggi ignorati ma che si manifesteranno più avanti e dilagheranno come un oceano infinito per soffocare l'incredulità e l'ignoranza. Uomini istruiti, istruite! Uomini di talento, elevate i vostri fratelli! Voi non sapete quale opera compireste così: è quella del Cristo, quella che Dio vi impone. Perché Dio vi avrebbe dato l'intelligenza e la scienza se non per farne partecipi i vostri fratelli, per farli avanzare sulla strada del bene e della felicita eterna?»
La dottrina degli angeli custodi, che vegliano sui loro protetti nonostante la distanza che separa i mondi, non ha niente che debba sorprendere. Al contrario, essa e grande e sublime. Non vediamo forse sulla Terra dei padri vegliare sui figli, anche se lontani, e aiutarli con i loro consigli per corrispondenza? Che cosa ci sarebbe dunque di tanto impressionante nel fatto che gli Spiriti possano guidare coloro che prendono sotto la loro protezione, da un mondo all'altro, dal momento che per loro la distanza che separa i mondi è minore di quella che sulla Terra separa i continenti? Non hanno essi inoltre quel fluido universale che, collegando tutti i mondi e rendendoli solidali, è uno straordinario veicolo della trasmissione del pensiero, come l'aria e per noi il veicolo della trasmissione del suono?
«I buoni Spiriti non fanno mai del male, semmai lo lasciano fare a quelli che prendono il loro posto. E allora voi accusate la sorte delle disgrazie che vi accadono, mentre vostra è la colpa.»
«Ci sono degli Spiriti malvagi che si riuniscono per neutralizzare l'azione dei buoni; ma, se il protetto lo vuole, restituirà al suo buono Spirito ogni forza. Può darsi pero che il buono Spirito trovi una buona volontà per aiutare altrove e, in attesa di ritornare presso il suo protetto, ne approfitta.»
«Non è perché non può, bensì perché non vuole. Il suo protetto esce dalle prove più perfetto e più istruito. Lo assiste con dei consigli attraverso i buoni pensieri che gli suggerisce, ma che sfortunatamente non sempre vengono ascoltati. Sono la debolezza, l'indifferenza o l'orgoglio dell'uomo che danno forza ai cattivi Spiriti Il loro potere su di voi deriva solo dal fatto che voi non opponete loro alcuna resistenza.»
«Ci sono delle circostanze in cui la presenza dello Spirito protettore accanto al suo protetto non è necessaria.»
«Sì. Quando e in grado di gestirsi da solo. Così come arriva un momento in cui l'allievo non ha più bisogno del maestro. Però questo sulla vostra Terra non succede.»
«Se voi contaste sul loro appoggio non agireste da voi stessi, e il vostro Spirito non progredirebbe. Perché possa avanzare, gli ci vuole dell'esperienza e sovente bisogna che l'acquisisca a proprie spese. Deve esercitare le sue forze, poiché senza do sarebbe come un bambino a cui non fosse mai concesso di camminare da solo. L'azione degli Spiriti che vi vogliono bene è sempre regolata in modo da lasciarvi il vostro libero arbitrio perché, se non avete delle responsabilità, non procedete nel cammino che deve condurvi a Dio. L'uomo, non vedendo il suo sostegno, si affida alle proprie forze. Comunque, la sua guida continua a vegliare su di lui e di tanto in tanto lo avverte di stare attento a un pericolo.»
«È un merito di cui si tiene conto, sia riguardo al suo avanzamento sia riguardo alla sua felicita. Egli è felice quando vede il suo impegno coronato da successo, ne va fiero come un precettore va fiero dei successi del suo discepolo.»
502a. È responsabile se non ci riesce?
«No, poiché ha fatto tutto ciò che dipendeva da lui.»
rattrista per gli errori del suo protetto e se ne lamenta, ma questa afflizione non è l'angoscia della paternità terrena, perché sa che c’è rimedio al male e che ciò che non si fa oggi si farà domani.»
«Come pretendete di conoscere dei nomi che per voi non esistono? Credete forse che fra gli Spiriti ci siano solo quelli che voi conoscete?»
504a. Allora come possiamo invocarli se non li conosciamo?
«Dategli il nome che volete, quello di uno Spirito superiore per il quale avete della simpatia o della venerazione. Il vostro Spirito protettore verrà alla vostra chiamata, perché tutti i buoni Spiriti sono fratelli e si assistono fra di loro.»
«No. Ma sono nomi di Spiriti a loro simpatici, e che sovente vengono per loro ordine. Avete proprio bisogno di un nome? Allora essi ne prendono uno che vi ispiri fiducia. D'altronde quando voi non potete compiere una missione di persona, inviate un altro voi stesso che agisca a nome vostro.»
«Sì, perché sovente lo conoscevate già prima di incarnarvi.»
«Lo può. Ma la protezione presuppone non solo un certo grado di elevatezza, ma anche un potere e una virtù in più accordati da Dio. Un padre, che protegga suo figlio, può essere lui stesso assistito da uno Spirito più elevato.»
«Il loro potere è più o meno limitato. La posizione in cui si trovano non sempre lascia loro ogni libertà di agire.»
«Ogni uomo ha uno Spirito che veglia su di lui, ma le missioni sono relative al loro obiettivo. Voi non assegnate a un bambino che debba imparare a leggere un professore di filosofia. Il progresso dello Spirito familiare segue quello dello Spirito protetto. Avendo voi uno Spirito superiore che veglia su di voi, potete a vostra volta diventare il protettore di uno Spirito inferiore, e i progressi che voi lo aiuterete a compiere, contribuiranno al vostro avanzamento. Dio non chiede allo Spirito più di quanto non comportino la sua natura e il grado di elevatezza al quale egli è pervenuto.»
«È più difficile. Ma, in un momento di scioglimento dai legami, prega uno Spirito simpatico di assisterlo in questa missione. D'altra parte gli Spiriti accettano solo missioni che possono assolvere fino alla fine.
Lo Spirito incarnato, soprattutto nei mondi dove l'esistenza è ancora molto materiale, dipende troppo dal suo corpo per poter dedicarsi completamente a un altro Spirito, ossia assisterlo personalmente. Per questo, quelli che non sono abbastanza elevati vengono a loro volta assistiti da Spiriti superiori, in modo che, se uno si assenta per un motivo qualsiasi, viene sostituito da un altro.»
Attaccato non è il termine esatto. È pur vero che i cattivi Spiriti cercano di sviare dal buon cammino quando se ne presenta l'occasione. Ma quando uno di loro si lega a un individuo, lo fa di sua volontà perché spera di essere ascoltato. È allora che c’è la lotta fra il buono e il cattivo, e vince quello al quale l'uomo lascia prendere il predominio su di sé.»
«Ogni uomo ha sempre degli Spiriti simpatici, più o meno elevati, che gli sono affezionati e s'interessano a lui, ma ne ha anche di quelli che lo coadiuvano nel male.»
«Qualche volta possono avere una missione temporanea, ma per lo più sono sollecitati dall'affinità di pensiero e di sentimento tanto nel bene come nel male.»
513a. Sembrerebbe risultare da ciò che gli Spiriti simpatici possono essere buoni o cattivi.
«È così. L'uomo trova sempre degli Spiriti che simpatizzano con lui, qualunque sia il suo carattere.»
«Ci sono molte gradazioni nella protezione e nella simpatia. Date loro il nome che volete. Lo Spirito familiare è piuttosto l'amico di casa.»
Dalle spiegazioni precedenti e dalle osservazioni fatte sulla natura degli Spiriti che si legano all'uomo, si può dedurre quanto qui di seguito spieghiamo.
Lo Spirito protettore, angelo custode o buon genio, e quello che ha per missione di seguire l'uomo nel corso della sua vita e di aiutarlo a progredire. È sempre di natura superiore a quella del protetto.
Gli Spiriti familiari si legano a certe persone, con legami più o meno duraturi, con l'intento di essere loro utili, nei limiti delle proprie possibilità sovente assai limitate. Sono buoni, ma a volte poco avanzati e persino un po' leggeri. Si occupano volentieri dei particolari della vita intima e agiscono solo su ordine o con il permesso degli Spiriti protettori.
Gli Spiriti simpatici sono quelli che attraggono su di noi affetti particolari e una certa affinità di gusti e di sentimenti nel bene come nel male. La durata delle loro relazioni e quasi sempre subordinata alle circostanze.
Il cattivo genio è uno Spirito imperfetto o perverso che si lega all'uomo con lo scopo di sviarlo dal bene, ma agisce di sua propria volontà e non in nome di una missione. La sua ostinazione è in rapporto all'accesso più o meno facile che incontra. L'uomo è sempre libero di ascoltare la sua voce o di respingerla.
«Certe persone in effetti esercitano sugli altri una specie di fascinazione che sembra irresistibile. Quando ciò accade riguardo al male, si tratta di Spiriti malvagi che si servono di altri Spiriti malvagi per meglio dominare. Dio può permettere questo per mettervi alla prova.»
«A volte questo succede. Ma sovente incaricano di questa missione anche altri Spiriti incarnati, che sono loro simpatici.»
«Certi Spiriti si legano ai membri di una stessa famiglia, che vivono insieme e che sono uniti da affetto. Ma non crediate che siano Spiriti protettori dell'orgoglio delle razze.»
«Gli Spiriti vanno di preferenza dove ci sono individui simili a loro. Là si trovano più a loro agio e sono più sicuri di essere ascoltati. L'uomo attira a sé gli Spiriti in ragione delle sue tendenze, sia ch'egli sia solo, sia che formi una collettività, quale una società, una città o un popolo. Ci sono pertanto delle società, delle città e dei popoli che sono assistiti da Spiriti più o meno elevati, secondo il carattere e le passioni che vi dominano. Gli Spiriti imperfetti si allontanano da coloro che li respingono. Ne risulta che il perfezionamento morale di ogni collettività, come quello degli individui, tende ad allontanare gli Spiriti cattivi e ad attirare i buoni, che stimolano e mantengono il sentimento del bene nelle masse, come altri possono insinuarvi le cattive passioni.»
«Sì, perché questi raggruppamenti sono delle individualità collettive che marciano con uno scopo comune e che pertanto necessitano di una guida superiore.»
«Tutto e relativo al grado di avanzamento delle masse, esattamente come per gli individui.»
«Esistono Spiriti che sono dei protettori speciali e assistono gli artisti che li invocano, quando pero li ritengano degni di ciò. Ma che volete che facciano con quelli che credono di essere ciò che non sono? Non possono certo far sì che i ciechi vedano né che i sordi odono.»
Gli Antichi ne avevano fatto delle Divinità speciali. Le Muse altro non erano che la personificazione allegorica degli Spiriti protettori delle scienze e delle arti, così come designavano con il nome di Lari o di Penati gli Spiriti protettori della famiglia. Anche attualmente le arti, le varie industrie, le citta, le contrade hanno i loro patroni protettori, che altro non sono che gli Spiriti superiori, ma sotto altri nomi.
Avendo ogni uomo i propri Spiriti simpatici, ne consegue che in tutte le collettività la maggior parte degli Spiriti simpatici e in rapporto con la maggior parte degli individui e che gli Spiriti estranei vi sono attirati dall'affinità dei gusti e delle idee. In una parola, certe collettività, così come gli individui, sono più o meno circondate, assistite e influenzate a seconda della natura delle idee della moltitudine.
Presso i popoli, le cause di attrazione degli Spiriti sono i costumi, le abitudini, il carattere dominante e soprattutto le leggi, perché il carattere di una nazione si riflette nelle sue leggi. Gli uomini, che si adoperano perché regni la giustizia, combattono l'influenza dei cattivi Spiriti. Ovunque, dove le leggi consacrano delle cose ingiuste, contrarie all'umanità, i buoni Spiriti sono in minoranza, e la massa dei cattivi Spiriti che vi affluisce mantiene la nazione sotto le proprie idee e paralizza le parziali buone influenze, perdutosi nella moltitudine, come una spiga in mezzo ai rovi. Studiando i costumi dei popoli, o di ogni collettività di uomini, e quindi agevole farsi un'idea della popolazione occulta che esercita la sua influenza sul loro pensiero e sulle loro azioni.
Presentimenti
«Il presentimento è il consiglio intimo e occulto di uno Spirito che vi vuole bene. Esso sta anche alla base dell'intuizione riguardo alla scelta che si f a. È la voce dell'istinto. Lo Spirito, prima di incarnarsi, ha conoscenza delle principali fasi della sua esistenza, ossia del genere di prove nelle quali dovrà impegnarsi. Quando le prove hanno un carattere rilevante, lo Spirito ne conserva una sorta d'impressione nel proprio intimo, e questa impressione, che è la voce dell'istinto, risvegliandosi quando il momento si avvicina, diventa presentimento.»
«Quando vi trovate nel vago, invocate il buono Spirito, o pregate il Maestro di tutti, Dio, affinché vi mandi uno dei Suoi messaggeri, cioè uno di noi.»
«Tutt'e due. Essi tentano di farvi vivere il meglio possibile, pero sovente voi siete sordi ai buoni consigli e siete infelici per colpa vostra.»
Gli Spiriti protettori ci aiutano con i loro consigli attraverso la voce della coscienza, che essi fanno parlare in noi. Ma, siccome non sempre vi attribuiamo la dovuta importanza, essi ce ne danno altri più diretti, servendosi delle persone che ci circondano. Esamini ognuno le varie circostanze felici o infelici della sua vita e vedrà che in molte occasioni ha ricevuto dei consigli di cui non sempre ha approfittato. Si renderà inoltre conto che molti dispiaceri gli sarebbero stati risparmiati se avesse ascoltato quei consigli.
Influenza degli Spiriti sugli avvenimenti della vita
«Certamente, in quanto danno consigli.»
525a. In quale altro modo, oltre che attraverso i pensieri, essi esercitano questa influenza? Ossia hanno un'azione diretta sull'accadimento delle cose?
«Sì, ma non agiscono mai al di fuori delle leggi della natura.»
Noi immaginiamo, a torto, che l'azione degli Spiriti debba manifestarsi solo attraverso fenomeni eccezionali. Vorremmo che ci venissero in aiuto con dei miracoli e ce li raffiguriamo sempre muniti di una bacchetta magica. Non è assolutamente così. Ecco perché il loro intervento ci sembra occulto e ciò che si fa per mezzo del loro concorso ci sembra del tutto naturale. Così, per esempio, essi provocheranno l'incontro di due persone che sembreranno incontrarsi per caso; ispireranno a qualcuno il pensiero di passare per il tale luogo e richiameranno la sua attenzione sul tale punto, se ciò deve condurre al risultato che essi vogliono ottenere. In modo che l'uomo, credendo di seguire solo il proprio impulso, conserva sempre il suo libero arbitrio.
«È pur vero che gli Spiriti hanno dominio sulla materia, ma per il compimento delle leggi della natura e non per derogarvi facendo nascere al momento opportuno un avvenimento inatteso e contrario a queste leggi. Nell'esempio citato, la scala si è spezzata perché era o tarlata o non abbastanza robusta da sopportare il peso dell'uomo. Se era nel destino di quest'uomo morire in tal modo, gli Spiriti gli avranno ispirato il pensiero di salire su quella scala, che si sarebbe rotta sotto il suo peso. La sua morte si sarebbe così verificata per un effetto naturale e senza la necessita di dover ricorrere a un miracolo.»
«È ancora la medesima cosa. Il fulmine si è schiantato su quell'albero e in quel momento, perché era nelle leggi della natura che andasse così. Esso non è stato diretto su quell'albero perché sotto c'era quell'uomo, ma a quell'uomo e stato ispirato il pensiero di rifugiarsi sotto un albero sul quale si sarebbe dovuto abbattere il fulmine. E l'albero ne sarebbe stato comunque colpito, sia che l'uomo si fosse o non si fosse trovato lì sotto.»
«Se l'individuo non deve essere colpito, lo Spirito benevolo gli ispirerà il pensiero di schivarlo. Oppure potrà abbagliare il suo nemico in modo da offuscargli la vista. Perché il proiettile, una volta partito, segue la traiettoria che deve percorrere.»
«Pura immaginazione. L'uomo ama il fantastico e non si accontenta delle meraviglie della natura.»
529a. Gli Spiriti che dirigono gli avvenimenti della vita possono essere ostacolati da Spiriti che vorrebbero il contrario?
«Ciò che Dio vuole deve essere. Se c’è ritardo o impedimento, è per Sua volontà.»
«Essi si compiacciono di quei disagi che sono per voi delle prove con cui esercitare la vostra pazienza, ma smettono quando vedono che non ottengono risultati. Comunque non sarebbe né giusto né esatto addossare a loro tutte le contrarietà di cui voi stessi siete i primi artefici a causa della vostra sventatezza. Non dubitate: se le vostre stoviglie si rompono, ciò più che agli Spiriti e dovuto alla vostra mancanza di destrezza.»
530a. Gli Spiriti che provocano molestie agiscono in conseguenza di un'animosità personale oppure se la prendono con il primo che capita, senza un determinato motivo, unicamente per malignità?
«L'una e l'altra cosa. A volte si tratta di nemici che vi siete fatti durante questa o un'altra vita e che vi perseguitano. Altre volte non c’è alcun motivo.»
«Sovente essi riconoscono il loro agire ingiusto e il male che hanno fatto. Ma sovente vi perseguitano ancora con la loro animosità — se Dio lo permette — per continuare a mettervi alla prova.»
531a. Si può porvi un termine? E in quale modo?
«Sì, potete pregare per loro, poiché rendendo voi bene per male, essi finiscono per comprendere i loro torti. Del resto, se riuscite a mettervi al di sopra delle loro macchinazioni, essi smettono vedendo che non ci guadagnano niente.»
L'esperienza prova che certi Spiriti persistono nelle loro vendette da un'esistenza all'altra. È così che si espiano, prima o poi, i torti fatti a qualcuno.
«Non completamente, perché ci sono dei mali che sono nei disegni della Provvidenza. Ma essi alleviano i vostri dolori dandovi la pazienza e la rassegnazione.
Sappiate pure che sovente dipende da voi allontanare questi mali o, perlomeno, attenuarli. Dio vi ha dato l'intelligenza perché voi ve ne possiate servire ed e soprattutto in ciò che gli Spiriti vi vengono in aiuto suggerendovi pensieri propizi, ma essi assistono solo quelli che sanno aiutarsi da sé stessi. Questo e il senso delle parole: "Cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto".
Sappiate inoltre che quello che vi sembra un male non sempre e un male. Sovente ne può derivare un bene più grande del male. È questo ciò che voi non comprendete, perché pensate solo al presente o a voi stessi.»
«Qualche volta come prova, ma perlopiù essi si rifiutano, così come non si cede a un bambino che faccia richieste sconsiderate.»
533a. Sono i buoni o i cattivi Spiriti che accordano questi favori?
«Gli uni e gli altri: dipende dall'intenzione. Ma più spesso sono quegli Spiriti che vogliono trascinarvi verso il male e che, a questo scopo, trovano un facile mezzo nelle soddisfazioni che la buona sorte procura»
«A volte sono gli Spiriti, altre volte, e sono le più numerose, accade che siate voi a sbagliare. La posizione e il carattere influiscono molto. Se vi ostinate su una strada che non è la vostra, gli Spiriti non c'entrano per niente. Siete voi stessi il vostro genio malefico.»
«Ringraziate prima di tutto Dio, senza il cui permesso non si fa niente, e poi i buoni Spiriti che sono stati i Suoi agenti.»
535a. Che cosa succederebbe se trascurassimo di ringraziar Lo?
«Quel che succede agli ingrati.»
535b. Ciononostante, ci sono persone che non pregano ne ringraziano e a cui va tutto bene.
«Sì, ma bisogna vedere alla fine. Pagheranno ben cara questa felicita passeggera che non hanno meritata, perché più avranno ricevuto, più avranno da rendere.»
Azione degli Spiriti sui fenomeni della Natura
«Tutto ha una ragion d'essere, e niente succede senza il permesso di Dio.»
536a. Questi fenomeni hanno sempre l'uomo come obiettivo?
«Qualche volta essi hanno una precisa ragion d'essere verso l'uomo, ma sovente non hanno altro obiettivo che quello di ristabilire l'equilibrio e l'armonia delle forze fisiche della Natura.»
536b. Comprendiamo perfettamente che la volontà di Dio sia la causa prima in questa come in tutte le cose. Ma, poiché sappiamo che gli Spiriti hanno un potere sulla materia e che sono gli agenti della volontà di Dio, vorremmo sapere se alcuni di essi non esercitino un'influenza sugli elementi per agitarli, calmarli od orientarli.
«Ma questo e evidente, e non potrebbe essere diversamente. Dio non si interessa a un'azione diretta sulla materia dal momento che ha i Suoi agenti devoti a tutti i livelli della scala dei mondi.»
«Essa è così poco destituita da fondamento, che è ancora molto al di sotto della verità.»
537a. Pertanto, per la stessa ragione, ci potrebbero essere degli Spiriti che abitano all'interno della Terra e che presiedono ai fenomeni geologici?
«Questi Spiriti non abitano realmente la Terra, ma presiedono e dirigono secondo le loro attribuzioni. Un giorno avrete la spiegazione di tutti questi fenomeni e li comprenderete meglio.»
«Sono Spiriti che sono stati incarnati o che lo saranno.»
538a. Questi Spiriti appartengono agli ordini superiori o inferiori della gerarchia spiritista?
«A seconda che il loro ruolo sia più o meno intelligente o materiale. Gli uni comandano, gli altri eseguono. Quelli che eseguono le cose materiali sono sempre di un ordine inferiore, presso gli Spiriti così come presso gli uomini.»
«In masse innumerevoli.»
«Alcuni sì, altri no. Facciamo un esempio: immaginiamo quella miriade di animaletti che poco per volta fanno emergere dal mare isole e arcipelaghi. Credete voi che non ci sia in ciò uno scopo provvidenziale e che questa trasformazione della superficie del globo non sia necessaria per l'armonia generale? Non sono che animaletti del grado più basso a compiere queste cose per provvedere alle loro necessita, senza avere coscienza di essere gli strumenti di Dio. Ebbene! Allo stesso modo gli Spiriti più arretrati sono utili all'insieme. Mentre sperimentano la vita, e prima di avere la piena coscienza dei loro atti e del loro libero arbitrio, agiscono su certi fenomeni di cui a loro insaputa sono gli agenti. Dapprima eseguono. Più tardi, quando la loro intelligenza sarà più evoluta, comanderanno e dirigeranno le cose del mondo materiale. Più tardi ancora potranno dirigere le cose del mondo morale. È così che tutto serve, che tutto si concatena nella natura, dall'atomo primitivo all'arcangelo, che ha cominciato anche lui dall'atomo. Mirabile legge d'armonia di cui il vostro Spirito limitato non può ancora percepire l'insieme.»
Gli Spiriti nelle battaglie
«Sì. E ne stimolano il coraggio.»
Così, una volta, gli Antichi ci rappresentavano gli dei che prendevano parte per il tale o talaltro popolo. Questi dei, altro non erano che degli Spiriti presentati sotto figure allegoriche.
«Sapete bene che ci sono degli Spiriti che cercano solo la discordia e la distruzione. Per loro la guerra e la guerra. La giustezza della causa li riguarda poco.»
«Senza alcun dubbio. Gli Spiriti possono avere influenza in questo come su tutti gli altri progetti.»
«Sì. Ma lui non ha forse il suo libero arbitrio? Se la sua capacita di giudizio non gli permette di distinguere un'idea giusta da un'idea errata, egli ne subisce le conseguenze e farebbe meglio a obbedire piuttosto che a comandare.»
«Sovente e così per l'uomo di genio. È ciò che si chiama ispirazione e fa sì che l'individuo agisca con una specie di certezza. Questa ispirazione gli viene dagli Spiriti, che lo guidano e mettono a profitto le facoltà di cui egli e dotato.»
«Alcuni continuano a interessarsene, altri se ne allontanano.»
Nei combattimenti succede ciò che sempre succede in tutti i casi di morte violenta: in un primo momento lo Spirito e sorpreso e come stordito e non crede di essere morto. Gli sembra di prendere ancora parte all'azione. Solo a poco a poco gli appare la realtà.
«Lo Spirito, in quei momenti, non ha mai sangue freddo. In un primo momento può ancora odiare il suo nemico e persino perseguitarlo, ma quando le idee gli si chiariscono, comprende che la sua animosità non ha più scopo. Ciononostante può ancora conservarne delle tracce più o meno marcate, secondo il suo carattere.»
547a. Continua a percepire il fragore della battaglia?
«Sì, perfettamente.»
«Sono poche le morti completamente istantanee. Per la maggior parte del tempo lo Spirito, il cui corpo viene colpito mortalmente, sul momento non ne ha coscienza. Quando comincia a riconoscersi, è allora che si può distinguere lo Spirito che si mette a fianco del cadavere. Ciò appare così naturale che la vista del corpo morto non causa nessun effetto sgradevole. Essendo tutta la vita trasferita nello Spirito, solo quest'ultimo attira l'attenzione. È con lui che si conversa, e a lui che ci si rivolge.»
Dei patti
«No. Non ci sono dei patti, ma una cattiva natura che simpatizza con i cattivi Spiriti. Per esempio: se si vuole tormentare il proprio vicino, e non si sa in che modo prendersela con lui, allora ci si appella a degli Spiriti inferiori che, come gli uomini cattivi, vogliono solo il male e, per aiutarci, esigono che li si assecondi nei loro cattivi propositi. Ma da ciò non consegue che quel tale vicino non possa sbarazzarsi di loro con una macchinazione contraria e di sua volontà. Chi vuole commettere una cattiva azione chiama in aiuto proprio degli Spiriti cattivi. Egli è perciò obbligato a servirli come essi fanno per lui, perché anch'essi hanno bisogno di lui per attuare il male che vogliono commettere. Solo in ciò consiste il patto.»
La dipendenza dagli Spiriti inferiori, in cui qualche volta si trova l'uomo, proviene dal suo abbandonarsi ai cattivi pensieri che quelli gli suggeriscono, e non da un qualsiasi patto fra loro e lui. Il patto, nel senso comune attribuito a questo termine, è una allegoria, che rappresenta una natura malvagia che simpatizza per gli Spiriti maligni.
«Tutte le favole racchiudono un insegnamento e un concetto morale. Il vostro torto è di prenderle alla lettera. Questa e una allegoria che si può spiegare così: chi chiama in suo aiuto gli Spiriti per ottenerne i doni della fortuna, od ogni altro favore, si ribella alla Provvidenza, rinuncia alla missione che ha ricevuto e alle prove che deve subire su questa Terra e ne subirà le conseguenze nella vita futura. Ciò non vuol dire che la sua anima sia per sempre votata alla sofferenza. Ma poiché, invece di staccarsi dalla materia, egli vi affonda sempre più, ciò che avrà avuto in termini di felicita sulla Terra non l'avrà nel mondo degli Spiriti finché non l'avrà riscattato con nuove prove, forse più. grandi e penose. A causa della sua passione per le soddisfazioni materiali, egli si pone alle dipendenze degli Spiriti impuri. Si stabilisce così tra costoro e lui un tacito patto che lo conduce alla perdizione, ma che gli è sempre facile rompere con l'assistenza dei buoni Spiriti, se ne ha la ferma volontà.»
Potere occulto. Talismani. Fattucchieri
«No. Dio non lo permetterebbe.»
«Certe persone hanno un potere magnetico molto forte di cui possono fare un cattivo uso se il loro Spirito è cattivo e, in questo caso, possono essere assecondati da altri Spiriti cattivi. Ma non si creda a questo preteso potere magico che è solo nell'immaginazione di individui superstiziosi e che ignorano le vere leggi della natura. I fatti che si raccontano sono fatti naturali male osservati e soprattutto male intesi.»
«L'effetto e quello di renderli ridicoli, se sono in buona fede. In caso contrario, si tratta di imbroglioni che meritano un castigo. Tutte le formule sono pura ciarlataneria. Non esiste alcuna parola sacramentale né alcun segno cabalistico né alcun talismano che abbia un qualsiasi potere sugli Spiriti, perché questi sono attirati solo dal pensiero e non dalle cose materiali.»
553a. Ma certi Spiriti non hanno a volte dettato essi stessi delle formule cabalistiche?
«Sì. Ci sono degli Spiriti che vi indicano dei segni, delle parole bizzarre o vi prescrivono delle azioni per mezzo delle quali voi fate quelle che vengono chiamate congiure. Ma state pur certi che questi sono Spiriti che si beffano di voi e abusano della vostra credulità.»
«È vero. Ma la natura dello Spirito attratto dipende dalla purezza dell'intenzione e da un elevato grado dei sentimenti. Ora, e raro che colui che è così semplice da credere alla virtù di un talismano non abbia uno scopo più materiale che morale. In tutti i casi, ciò dimostra una ristrettezza e una debolezza di idee che offrono una buona occasione agli Spiriti imperfetti e beffardi.»
«Quelli che voi chiamate fattucchieri sono persone che, allorché in buona fede, sono dotate di certe facoltà quali il potere magnetico o la seconda vista. Pertanto, siccome fanno delle cose che non comprendete, li credete dotati di un potere soprannaturale. I vostri sapienti non sono forse passati spesso per dei fattucchieri agli occhi degli ignoranti?»
Lo Spiritismo e il magnetismo ci danno la chiave di moltissimi fenomeni su cui l'ignoranza ha intessuto un'infinita di favole nelle quali i fatti vengono esagerati dall'immaginazione. La conoscenza conclamata di queste due scienze — che, per così dire, ne formano una sola —, mostrando la realtà delle cose e la loro vera causa, e il migliore antidoto contro le idee superstiziose. Infatti essa dimostra ciò che è possibile e ciò che non è possibile, ciò che è nelle leggi della natura e ciò che è solo una ridicola credenza.
«Il potere magnetico può arrivare fino a questo, quando è sostenuto dalla purezza dei sentimenti e da un ardente desiderio di fare il bene, perché solo allora i buoni Spiriti vengono in aiuto. Ma si deve diffidare del modo in cui le cose vengono raccontate da persone troppo credule o troppo entusiaste, sempre propense a vedere del meraviglioso nelle cose più semplici e naturali. Si deve anche diffidare dei racconti interessati da parte di persone che sfruttano la credulità a proprio profitto.»
Benedizioni e maledizioni
«Dio assolutamente non ascolta una maledizione ingiusta, e davanti ai Suoi occhi è colpevole chi la pronuncia. Poiché abbiamo i due geni opposti, il bene e il male, può esserci un'influenza momentanea, anche sulla materia. Ma questa influenza avviene, sempre e solo, per volontà di Dio e come ulteriore prova per colui che n e è l'oggetto. D'altra parte, il più delle volte si maledice il cattivo e si benedice il buono. La benedizione e la maledizione non possono mai distogliere la Provvidenza dalla via della giustizia, che non colpisce il maledetto se non quando e malvagio, mentre la sua protezione raggiunge solo chi la merita.»
Capitolo X — Occupazioni e Missioni Degli Spiriti
“Concorrem para a harmonia do universo, executando as vontades de Deus, cujos ministros eles são. A vida espírita é uma ocupação contínua, mas que nada tem de penosa, como a vida na Terra, porque não há a fadiga corporal, nem as angústias das necessidades.”
«Tutti hanno dei doveri da compiere. L'ultimo dei manovali non concorre forse all'edificazione di un palazzo come l'architetto?» (Vedere n. 540)
«Tutti noi dobbiamo abitare in tutti i luoghi e acquisire la conoscenza di tutte le cose, presiedendo progressivamente a tutte le funzioni dell'universo. Ma, come è detto nelle Ecclesiaste, c’è un tempo per tutto. Così mentre il tale compie oggi il suo destino in questo mondo, il talaltro lo compirà o l'ha già compiuto, in un altro tempo, sulla terra, nell'acqua, nell'aria ecc.»
«Tutti devono percorrere i vari gradi della scala per perfezionarsi. Dio, che è giusto, non può voler dare la scienza agli uni senza fatica, mentre altri l'acquisiscono solo con dolore.»
Lo stesso succede fra gli uomini: nessuno arriva al massimo grado di abilita in una qualsiasi arte, senza aver acquisito le conoscenze necessarie praticando nei minimi particolari quest'arte.
«Che cosa vorreste che facessero durante l'eternità? L'ozio eterno sarebbe un eterno supplizio.»
562a. Qual è la natura delle loro occupazioni?
«Ricevere gli ordini direttamente da Dio, trasmetterli in tutto l'universo e sorvegliare la loro esecuzione.»
«Sì, sono incessanti. Ma nel senso che il loro pensiero e sempre attivo, perché gli Spiriti vivono con il pensiero. Né si devono paragonare le loro occupazioni con quelle materiali degli uomini, poiché, per gli Spiriti, la loro stessa attività e un godimento, data la consapevolezza che hanno di essere utili.»
563a. Questo è concepibile per gli Spiriti buoni. Ma che ne è degli Spiriti inferiori?
«Ci Spiriti inferiori hanno delle occupazioni appropriate alla loro natura. Affidereste forse al manovale e all'incompetente i lavori dell'uomo in essi abile?»
«Sì, ma questa condizione e temporanea e subordinata allo sviluppo della loro intelligenza. Ce ne sono alcuni che, come ce ne sono fra gli uomini, vivono solo per sé stessi. Ma questa oziosità presto o tardi diventa un peso, e il desiderio di avanzare fa loro sentire la necessita di essere attivi, e sono felici di potersi rendere utili. Stiamo parlando di Spiriti giunti al punto d'avere coscienza di sé stessi e del loro libero arbitrio, perché in origine sono come dei bambini appena nati, che agiscono più per istinto che per una volontà determinata.»
«Osservano ciò che può provare l'elevatezza degli Spiriti e il loro progresso.»
«Tutto confluisce in un disegno generale. Se lo Spirito e buono, se ne interessa nella misura in cui ciò gli permetta di aiutare le anime a salire verso Dio. D'altra parte voi state dimenticando che uno Spirito, che ha svolto un'attività artistica durante l'esistenza da voi conosciuta, può averne svolta un'altra in un'altra esistenza, poiché bisogna che egli sappia di tutto per essere perfetto. Così, a seconda del suo grado di avanzamento, potrebbe non esserci più nulla di speciale per lui. È ciò che si intende quando si dice che tutto confluisce in un disegno generale. Notate ancora questo: ciò che può essere sublime per voi, nel vostro mondo arretrato, potrebbe essere una cosa del tutto infantile per dei mondi più avanzati. Come potete pensare che gli Spiriti, i quali abitano questi mondi dove esistono delle arti a voi sconosciute, ammirino ciò che per loro è solo un'opera da scolaretti? L'ho già detto: essi osservano solo ciò che può dimostrare ii vostro progresso.»
566a. Riconosciamo che così debba essere per Spiriti molto avanzati. Ma noi stiamo parlando di Spiriti più arretrati, e che assolutamente non si sono ancora elevati al di sopra delle idee terrene.
«Per questi si tratta di altra cosa. Essendo il loro punto di vista più limitato, possono ammirare ciò che voi stessi ammirate.»
«I cosiddetti Spiriti volgari, come voi li chiamate, sì. Questi si trovano costantemente intorno a voi e a volte prendono una parte molto attiva a ciò che voi fate, a seconda della loro natura. E d è necessario che lo facciano, dovendo spingere l'uomo sui vari sentieri della vita e dovendo stimolare o moderare le sue passioni.»
Gli Spiriti si occupano delle cose di questo mondo in ragione della loro elevatezza o del loro grado di inferiorità. Gli Spiriti superiori hanno senza dubbio la facoltà di considerarle nei minimi dettagli, ma lo fanno solo nella misura in cui ciò è utile al progresso. Solamente gli Spiriti inferiori danno a questo un'importanza che è in relazione ai ricordi, ancora presenti nella loro memoria, e alle idee materiali non ancora del tutto cancellate.
«Possono trovarsi nell'uno e nell'altro stato. Per certi Spiriti erranti è una grande occupazione.»
«Esse sono così varie che sarebbe impossibile descriverle tutte. D'altra parte ce ne sono di quelle che non potreste comprendere. Gli Spiriti eseguono il volere di Dio e voi non potete penetrare tutti i suoi disegni.»
Le missioni degli Spiriti hanno sempre il bene come obiettivo. Sia come Spiriti, sia come uomini, sono incaricati di contribuire al progresso dell'umanità, dei popoli o degli individui — in un giro di idee più o meno ampio, più o meno particolare —, di preparare la strada a certi avvenimenti e di sorvegliare che certe cose giungano a compimento. Alcuni hanno delle missioni più limitate e in un certo senso personali o del tutto circoscritte quali assistere gli ammalati, gli agonizzanti, gli afflitti; vegliare su quelli di cui diventano guide e protettori; orientarli suggerendo loro consigli o buoni pensieri. Si può dire che ci sono tanti generi di missione quanti sono gli interessi da sorvegliare, sia nel mondo fisico sia in quello morale. Lo Spirito avanza secondo il modo in cui esegue questo compito.
«No. Ci sono quelli che sono strumenti ciechi, ma altri che sanno molto bene qual e lo scopo p e r il quale agiscono.»
«L'importanza delle missioni e in rapporto alle capacita e all'elevatezza dello Spirito. La staffetta che porta un dispaccio compie anch'essa una missione, che non è pero la stessa del generale.»
«Egli la richiede ed e felice di ottenerla.»
572a. Una stessa missione può essere richiesta da più Spiriti?
«Sì. Ci sono frequentemente molti candidati, ma non tutti vengono accettati.»
«Istruire gli uomini, aiutarli nel loro avanzamento, migliorare le loro istituzioni con mezzi diretti e pratici. Ma le missioni sono tutte più o meno generali e importanti. Colui che coltiva la terra compie una missione, così come colui che governa o colui che istruisce. Tutto nella natura si concatena. Nello stesso tempo che lo Spirito si purifica attraverso l'incarnazione, concorre, sotto questa forma, al compimento dei disegni della Provvidenza. Ognuno ha la sua missione su questa Terra, poiché ognuno può essere utile a qualcosa.»
«Ci sono effettivamente delle persone che vivono solo per sé stesse e non sanno rendersi utili a nulla. Sono dei poveri esseri che bisogna compiangere perché espieranno crudelmente la loro volontaria inutilità, e il loro castigo sovente incomincia su questa Terra con la noia e il disgusto per la vita.»
574a. Dal momento che potevano scegliere, perché hanno preferito una vita che non poteva procurar loro alcun vantaggio?
«Fra gli Spiriti ci sono anche dei pigri, che indietreggiano di fronte a una vita laboriosa. Dio li lascia fare. Comprenderanno in seguito e a proprie spese gli inconvenienti della loro inutilità e saranno i primi a domandare di recuperare il tempo perduto. Forse hanno anche scelto una vita più utile, ma una volta all'opera indietreggiano e si lasciano trascinare dai suggerimenti di certi Spiriti che li incoraggiano nella loro oziosità.»
«Dalle grandi cose che compie, dal progresso che fa fare ai suoi simili.»
«Qualche volta sì. Ma quasi sempre lo ignorano. Hanno solo l'idea di un vago scopo quando vengono sulla Terra. La loro missione si delinea dopo la nascita e a seconda delle circostanze. Dio li spinge sulla via dove essi devono compiere i Suoi disegni.»
«Non tutto ciò che un uomo fa e il risultato di una missione predestinata. Egli e sovente lo strumento di cui uno Spirito si serve per far eseguire qualcosa che ritiene utile. Per esempio, uno Spirito giudica che sarebbe bene scrivere un certo libro, che scriverebbe lui stesso se fosse incarnato. Cerca lo scrittore che sia il più adatto a comprendere il suo pensiero e a realizzare l'opera. Gliene da l'idea e lo guida nella realizzazione. Però quest'uomo non è assolutamente venuto sulla Terra con la missione di compiere quest'opera. Lo stesso e per certi lavori d'arte e per certe scoperte. Bisogna dire inoltre che durante il sonno del corpo, lo Spirito incarnato comunica direttamente con lo Spirito disincarnato errante e prende accordi sull'esecuzione dell'opera.»
«Sì, se non è uno Spirito superiore.»
578a. Quali sono per lui le conseguenze?
«Si deve assegnargli di nuovo il compito: è la sua punizione. E poi subirà le conseguenze del male di cui sarà stato causa.»
«Forse che Dio non sa se il suo generale riporterà la vittoria o se sarà vinto? Losa, siatene certi. E i Suoi piani, quando sono importanti, non vengono affatto affidati a quelli che abbandonerebbero le loro opere nel bel mezzo dei lavori. Per voi tutto il problema consiste nella conoscenza che Dio ha del futuro, ma che a voi non è dato conoscere.»
«No. Questo Spirito ha dell'esperienza.»
«Come falsata da loro stessi. Essi sono al di sotto del compito che hanno intrapreso. Ciononostante, si deve tener conto delle circostanze. Gli uomini di genio hanno dovuto parlare secondo i tempi in cui vivevano. E un certo insegnamento, che appare errato o ingenuo in un'epoca avanzata, poteva invece essere adeguato al loro secolo.»
«È, senza tema di smentita, una missione. Allo stesso tempo e un dovere molto grande che impegna, più di quanto l'uomo pensi, la sua responsabilità per il futuro. Dio ha messo il bambino sotto la tutela dei suoi genitori perché lo guidino sulla via del bene e ne ha facilitato il compito dando al bambino un organismo fragile e delicato che lo rende sensibile a tutte le influenze. Ma ci sono genitori più preoccupati a raddrizzare gli alberi del loro giardino e a far sì che producano molti buoni frutti che a raddrizzare il carattere del loro bambino. Se questi fallisce per colpa loro, ne subiranno le conseguenze. I patimenti del bambino, nella vita futura, ricadranno su di loro per non aver fatto ciò che dipendeva da loro, per il suo avanzamento sulla via del bene.»
«No. Ma quanto più le disposizioni del bambino sono cattive, tanto più il compito dei genitori e pesante, e tanto più grande sarà il loro merito qualora riuscissero a sviarlo dalla cattiva strada.»
583a. Se un bambino diventa una persona dabbene, malgrado la negligenza e il cattivo esempio dei genitori, costoro ne trarranno qualche bene
«Dio è giusto.»
«Il più delle volte è solo uno strumento di cui Dio si serve per il compimento dei suoi disegni. E queste calamità sono a volte un mezzo per far avanzare un popolo più rapidamente.»
584a. Colui che è lo strumento di queste calamità passeggere è estraneo al bene che ne può derivare, dato che si era proposto solo uno scopo personale. Nondimeno beneficerà di questo bene?
«Ognuno e ricompensato secondo le sue opere, il bene che ha voluto fare e la rettitudine delle sue intenzioni.»
Gli Spiriti incarnati hanno delle occupazioni inerenti alla loro esistenza fisica. Nello stato errante, o di smaterializzazione, queste occupazioni sono proporzionali al grado del loro avanzamento.
Alcuni percorrono i mondi, si istruiscono e si preparano a una nuova incarnazione.
Altri, più avanzati, si occupano del progresso orientando gli avvenimenti e suggerendo pensieri propizi. Inoltre, assistono gli uomini di genio che concorrono all'avanzamento dell'umanità.
Altri si incarnano con una missione di progresso.
Altri ancora prendono sotto la loro tutela gli individui, le famiglie, le associazioni, le citta e i popoli, di cui sono gli angeli custodi, i geni protettori e gli Spiriti familiari.
Altri infine presiedono ai fenomeni della natura di cui sono gli agenti diretti.
Gli Spiriti comuni si mescolano alle nostre occupazioni e ai nostri divertimenti.
Gli Spiriti impuri o imperfetti attendono nelle sofferenze e nelle angosce il momento in cui piacerà a Dio procurar loro i mezzi per avanzare. Se fanno del male e per risentimento, a causa del bene di cui non possono ancora fruire.
Capitolo XI — I Tre Regni
I minerali e le piante
«Sono tutte valide, dipende dal punto di vista. Sotto l'aspetto della materia ci sono solo degli esseri organici e degli esseri inorganici. Dal punto di vista morale ci sono evidentemente quattro gradi.»
Questi quattro gradi hanno in effetti caratteri distinti, per quanto i loro confini sembrino confondersi. La materia inerte, che costituisce il regno minerale, non ha in sé che una forza meccanica. Le piante, per quanto composte di materia inerte, sono dotate di vitalità. Gli animali, composti di materia inerte e dotati di vitalità, hanno in più una sorta d'intelligenza istintiva limitata e hanno coscienza della loro esistenza e della loro individualità. L'uomo, avendo tutto ciò che c’è nelle piante e negli animali, domina tutte le altre classi con un'intelligenza particolare, indefinita, che gli dà la coscienza del suo avvenire, la percezione delle cose extra materiali e la conoscenza di Dio.
«No. Esse non pensano e hanno solo la vita organica.»
«Le piante ricevono delle impressioni fisiche che agiscono sulla materia, ma non hanno delle percezioni. Di conseguenza, non provano la sensazione del dolore.»
«Sì, dal momento che non pensano. Si tratta di una forza meccanica che agisce sulla materia ed esse non potrebbero opporvisi.»
«Tutto e transizione nella natura, per il fatto stesso che niente è simile, e pertanto tutto e concatenato. Le piante non pensano e di conseguenza non hanno una volontà. L'ostrica che si apre e tutti gli zoofiti non hanno affatto il pensiero: non v'e in loro che un istinto cieco e naturale.»
L'organismo umano ci offre esempi di movimenti analoghi senza la partecipazione della volontà, come nelle funzioni digestive e circolatorie. Il piloro si rinserra a contatto di certi corpi per impedirne il passaggio. Lo stesso e per la sensitiva i cui movimenti non implicano affatto la necessita di una percezione e, ancor meno, di una volontà.
«È, se si vuole, una sorta d'istinto; dipende dal significato che si dà a questo termine, ma si tratta di un istinto puramente meccanico. Quando, negli esperimenti di chimica, osservate due corpi aggregarsi, è perché l'uno si addice all'altro, vale a dire che fra loro c’è affinità. E questo voi non lo chiamate istinto.»
«Tutto là e più perfetto. Ma le piante sono pur sempre delle piante, come gli animali sono sempre degli animali e gli uomini sempre degli uomini.»
Gli animali e l'uomo
«Su questo punto i vostri filosofi non sono quasi mai d'accordo. Alcuni vogliono che l'uomo sia un animale e altri che l'animale sia un uomo: hanno tutti torto. L'uomo è un essere a parte che a volte scende molto in basso o che può elevarsi molto in alto. Fisicamente, l'uomo e come gli animali e a volte assai meno dotato di molti di lo ro. La natura ha dato agli animali tutto ciò che l'uomo è obbligato a trovare con l'intelligenza per provvedere alle proprie necessità e alla sua conservazione. Il suo corpo deperisce come quello degli animali, e vero, mail suo Spirito ha un destino che solo lui può comprendere, perché solo lui e libero. Poveri uomini, che vi abbassate aldi sotto del bruto! Non sapete distinguervi? Riconoscete l'uomo dalla facoltà ch'egli ha di pensare a Dio!»
«È ancora una congettura. È pur vero che l'istinto domina la maggior parte degli animali, ma non vedete forse che molti agiscono con una volontà determinata? Si tratta di intelligenza, ma di una intelligenza limitata.»
Oltre a possedere l'istinto, non sarebbe possibile negare che certi animali compiono degli atti congiunti, che denotano una volontà di agire in un determinato senso e secondo le circostanze. C’è dunque in loro una specie di intelligenza il cui esercizio e pero più esclusivamente concentrato sui modi di soddisfare le loro necessita fisiche e di provvedere alla loro conservazione. In loro, nessuna creatività, nessun miglioramento. Qualunque sia il talento che noi ammiriamo nei loro esercizi, notiamo che quello che facevano una volta, lo fanno oggi, né meglio né peggio, secondo modi ed equilibri costanti e invariabili. L'uccellino, isolato da quelli della sua specie, costruisce il suo nido esattamente sul medesimo modello, senza avere ricevuto alcun insegnamento. Se alcuni sono suscettibili di una certa educazione, il loro sviluppo intellettuale, sempre contenuto in limiti ristretti, è dovuto all'azione dell'uomo su una natura duttile, poiché non esiste alcun progresso che sia ascrivibile a loro stessi. Ma anche questo progresso e effimero e puramente individuale, perché l'animale, se lasciato nuovamente a sé stesso, non tarda a rientrare nei limiti assegnatigli dalla natura.
«Se intendete un linguaggio formato da parole e da sillabe, no. Ma se intendete un modo per comunicare fra loro, sì. Essi si dicono più cose di quanto voi crediate. Mail loro linguaggio, come d'altronde le loro idee, è limitato alle loro necessita.»
594a. Ci sono degli animali che non hanno voce e pertanto sembrano non avere un linguaggio.
«Essi si comprendono con altri mezzi. Voialtri uomini avete forse solo la parola per comunicare? E che dire allora dei muti? Gli animali, avendo una vita di relazione, hanno dei mezzi per avvertirsi e per esprimere le sensazioni che provano. Credete forse che i pesci non s'intendano fra di loro? L'uomo non ha dunque affatto il privilegio esclusivo del linguaggio. Però quello degli animali e istintivo e limitato all'ambito delle loro necessita e delle loro idee, mentre quello dell'uomo e perfettibile e si presta a tutte le concezioni della sua intelligenza.»
In effetti i pesci che, come le rondini, emigrano in massa e che obbediscono alla guida che li conduce, devono avere dei mezzi per informarsi, per intendersi e per mettersi d'accordo. Forse ciò avviene per via di una vista più acuta, che permette loro di distinguere i segnali che si fanno. Forse anche l'acqua può essere un veicolo che trasmette loro determinate vibrazioni. Comunque sia, è incontestabile che abbiano un mezzo per intendersi, come tutti gli animali privi di voce, e che fanno dei lavori in comune. Ci si deve pertanto stupire, in base a ciò, che gli Spiriti possano comunicare fra loro senza ricorrere alla parola articolata? (Vedere n. 282)
«Non sono, come si crede, delle semplici macchine. Tuttavia la loro libertà di azione e limitata alle loro necessita né può essere paragonata a quella dell'uomo. Essendo di molto inferiori a lui, non hanno gli stessi doveri. La loro libertà è circoscritta agli atti della vita materiale.»
«Una particolare conformazione degli organi vocali è assecondata dall'istinto di imitazione. Avviene così che la scimmia imiti i gesti e che certi uccelli imitino la voce.»
«Sì. E sopravvive al corpo.»
597a. Questo principio è un'anima simile a quella dell'uomo?
«È anch'essa un'anima, se si vuole; dipende dal senso che si dà a questa parola; ma è inferiore a quella dell'uomo. C’è, fra l'anima degli animali e quella dell'uomo, la stessa distanza che c’è fra l'anima dell'uomo e Dio.»
«La sua individualità, sì. Ma la coscienza del suo io, no. La vita intelligente resta allo stato latente.»
«No. Essa non ha il libero arbitrio.»
«Si tratta di una specie di erraticità poiché non è unita a un corpo, ma non è uno Spirito errante. Lo Spirito errante è un essere che pensa e agisce di sua volontà. L'anima degli animali non ha la medesima facoltà. È la coscienza di sé stesso ciò che costituisce l'attributo principale dello Spirito. Lo Spirito dell'animale viene classificato, subito dopo la morte, dagli Spiriti cui questo compito compete, e quasi subito utilizzato senza che abbia il tempo di mettersi in contatto con altre creature.»
«Sì, perché nei mondi superiori, dove gli uomini sono più avanzati, anche gli animali lo sono avendo dei mezzi di comunicazione più sviluppati. Ma sono sempre inferiori e sottomessi all'uomo. Essi sono per lui dei servitori intelligenti.»
Non c’è niente di straordinario in ciò. Prendiamo i nostri animali più intelligenti, il cane, l'elefante, il cavallo che hanno una conformazione idonea ai lavori manuali. Che cosa potrebbero fare senza la guida dell'uomo?
«Per forza di cose, ed e per questo che per loro non c’è affatto espiazione.»
«No. L'uomo è un dio per loro, come un tempo gli Spiriti sono stati degli dei per gli uomini.»
«Tutto si concatena nella natura con dei legami che voi non potete ancora conoscere. Le cose in apparenza più disparate hanno dei punti di contatto che l'uomo non arriverà mai a comprendere allo stato attuale. Può intravederle con uno sforzo della sua intelligenza. Ma sarà solo quando questa intelligenza avrà raggiunto tutto il suo sviluppo e sarà affrancata dai pregiudizi dell'orgoglio e dell'ignoranza che potrà vedere chiaramente nell'opera di Dio. Fino ad allora le sue idee limitate gli fanno vedere le cose da un punto di vista meschino e ristretto. Sappiate che Dio non può contraddirsi e che tutto, nella natura, si armonizza con leggi generali che non si allontanano mai dalla sublime saggezza del Creatore.»
604a. L'intelligenza è pertanto una proprietà comune, un punto di contatto fra l'anima degli animali e quella dell'uomo?
«Sì. Ma gli animali hanno solo l'intelligenza della vita fisica. Nell'uomo l'intelligenza dà la possibilità della vita morale.»
«No. L'uomo non ha due anime, mail corpo ha i suoi istinti, che sono il risultato della sensazione degli organi. In lui c’è solo una doppia natura: la natura animale e la natura spirituale. Con il corpo partecipa della natura degli animali e dei loro istinti, con l'anima partecipa della natura degli Spiriti.»
605a. Così, oltre alle proprie imperfezioni, di cui lo Spirito deve spogliarsi, l'uomo deve anche lottare contro l'influenza della materia?
«Sì. Quanto più egli e inferiore, tanto più i legami fra Spirito e materia sono stretti. Non lo vedete? No, l'uomo non ha due anime; l'anima e sempre unica in un solo corpo. L'anima dell'animale e quella dell'uomo sono distinte l'una dall'altra, in modo tale che l'anima dell'uno non può animare il corpo creato per l'altro. Ma se l'uomo non ha anima animale che lo ponga, con le sue passioni, al livello degli animali, ha pero il corpo che lo abbassa a volte fino a loro. Infatti il suo corpo e un essere dotato di vitalità che ha degli istinti, inintelligenti e limitati al solo interesse della conservazione.»
Lo Spirito, incarnandosi nel corpo dell'uomo, gli conferisce il principio intellettivo e morale che lo rende superiore agli animali. Le due nature esistenti nell'uomo danno alle sue passioni due origini differenti: passioni provenienti dagli istinti della natura animale, e passioni provenienti dalle impurità dello Spirito di cui è l'incarnazione e che simpatizza più o meno con la grossolanità degli appetiti animali. Lo Spirito, purificandosi, si libera a poco a poco dell'influenza della materia (è sotto questa influenza che si avvicina al bruto). Libero da questa influenza, s'innalza verso la sua vera meta.
«Nell'intelligenza universale.
606a. L'intelligenza dell'uomo e quella degli animali emanano dunque da un principio unico?
«Senza alcun dubbio. Ma nell'uomo esso ha ricevuto un'elaborazione che lo eleva al di sopra del principio che anima il bruto.»
«In una serie di esistenze che precedono il periodo che voi chiamate l'umanità.»
607a. L'anima sembrerebbe così essere stata il principio intelligente degli esseri inferiori della Creazione?
«Non abbiamo forse detto che tutto in natura si concatena e tende all'unita? e in questi esseri — che voi siete lontani dal conoscere nella loro totalità — che il principio intelligente si elabora, si individualizza a poco a poco e si cimenta nella vita, come abbiamo già detto. È in un certo senso un lavoro preparatorio, come quello della germinazione, a seguito del quale il principio intelligente subisce una trasformazione e diventa Spirito. È allora che incomincia per lui il periodo dell'umanizzazione e con esso la coscienza del futuro, la distinzione fra il bene e il male e la responsabilità dei propri atti. Così come dopo il periodo dell'infanzia viene quello dell'adolescenza, poi della giovinezza e infine dell'età matura. Non c’è niente del resto, in questa origine, che possa umiliare l'uomo. I grandi geni si sentono forse umiliati per essere stati informi feti nel seno della loro madre? Se qualcosa deve umiliarlo e la sua inferiorità davanti a Dio, e la sua impotenza a sondare la profondità dei Suoi disegni e la saggezza delle leggi che regolano l'armonia dell'universo. Riconoscete la grandezza di Dio in questa mirabile armonia, che fa sì che tutto in natura sia correlato. Credere che Dio abbia potuto fare qualcosa senza scopo e creato degli esseri intelligenti senza futuro, sarebbe offendere la Sua bontà, che si estende su tutte le Sue creature.»
607b. Questo periodo dell'umanizzazione comincia sulla nostra Terra?
«La Terra non è il punto di partenza della prima incarnazione umana. Il periodo dell'umanizzazione incomincia generalmente nei mondi ancora meno evoluti. Questa comunque non è una regola assoluta e potrebbe accadere che un qualche Spirito, fin dall'inizio della sua umanizzazione, sia adatto a vivere sulla Terra. Non è un caso frequente e sarebbe piuttosto un'eccezione.»
«No, perché è solo da questo periodo che incomincia per lui la sua vita di Spirito. A fatica ricorda le sue prime esistenze come uomo, esattamente come l'uomo non ricorda più i primi tempi della sua infanzia e ancor meno il tempo che ha passato nel grembo materno. È per questo che gli Spiriti vi dicono che non sanno come hanno cominciato.» (Vedere n. 78)
«Dipende dalla distanza che separa i due periodi e dal progresso compiuto. Durante alcune generazioni può esserci un riflesso più o meno pronunciato dello stato primitivo, perché niente in natura avviene con una brusca transizione. Ci sono sempre degli anelli che collegano le estremità della catena degli esseri e degli avvenimenti. Ma queste tracce si cancellano con lo sviluppo del libero arbitrio. I primi progressi si compiono lentamente perché non sono ancora sostenuti dalla volontà, ma seguono una progressione più rapida nella misura in cui lo Spirito acquisisce una coscienza più completa di sé stesso.»
«No. Ma la questione non era stata sviluppata e, d'altra parte, ci sono cose che non possono venire chiarite se non a tempo debito. L'uomo è effettivamente un essere a parte perché ha delle facoltà che lo distinguono da tutti gli altri esseri e ha un altro destino. La specie umana e quella che Dio ha scelto per l'incarnazione degli esseri che possono conoscer Lo.»
Metempsicosi
«Due cose possono avere la medesima origine e, in seguito, non assomigliarsi affatto. Chi riconoscerebbe l'albero, le sue foglie, i suoi fiori e i suoi frutti nel germe informe contenuto nel seme da dove e uscito? Nel momento in cui il principio intelligente raggiunge il livello necessario per essere Spirito ed entrare nel periodo dell'umanizzazione, non ha più alcun rapporto con il suo stato primitivo en on è l'anima della bestia più di quanto l'albero non sia il seme. Nell'uomo, dell'animale ci sono solo il corpo e le passioni, che nascono dall'influenza del corpo e dall'istinto di conservazione inerente alla materia. Non si può dunque dire che il tale uomo sia l'incarnazione dello Spirito del tale animale, e di conseguenza la metempsicosi, così come la si intende, e in errore.»
«Sarebbe un retrocedere e lo Spirito non retrocede. Il fiume non rimonta alla sorgente.» (Vedere n. 118)
«Questo sentimento intuitivo si trova in questa credenza come in molte altre. Ma, come ha fatto per la maggior parte delle sue idee intuitive, l'uomo l'ha snaturata.»
L'idea attribuita alla metempsicosi sarebbe vera se con questo termine si intendesse la progressione dell'anima da uno stato inferiore a uno stato superiore, dove essa raggiungesse sviluppi tali da trasformare la sua natura. Ma tale idea e errata riguardo a una trasmigrazione diretta dall'animale all'uomo e viceversa, cosa che implicherebbe l'idea di una regressione o di una fusione. Ora, non potendo questa fusione aver luogo fra gli esseri corporei di due specie, è segno che esse si trovano a livelli non assimila bili e che lo stesso deve essere degli Spiriti che li animano. Se lo stesso Spirito potesse animarli alternativamente, ne conseguirebbe un'identità di natura che si tradurrebbe nella possibilità della riproduzione fisica. La reincarnazione insegnata dagli Spiriti e fondata invece sul cammino ascendente della natura e sulla progressione dell'uomo nella sua propria specie, la qual cosa non toglie nulla alla sua dignità. La abbassa invece il cattivo uso ch'egli fa delle facoltà che Dio gli ha dato perii suo avanzamento. Comunque sia, l'antichità e l'universalità della dottrina della metempsicosi, nonché gli uomini eminenti che l'hanno professata, provano che il principio della reincarnazione ha le sue radici nella natura stessa. Sono dunque ben più gli argomenti a suo favore di quanti gliene siano contrari.
Il punto di partenza dello Spirito e una di quelle questioni che attengono al principio delle cose e che sono nel segreto di Dio. Non è dato all'uomo conoscerle in modo assoluto, e si possono fare, a questo proposito, solo delle supposizioni e costruire dei sistemi più o meno probabili. Gli Spiriti, essi stessi, sono lontani dal conoscere tutto. Su ciò che non sanno, possono anche avere delle opinioni personali più o meno sensate.
È per questo, per esempio, che non tutti la pensano allo stesso modo a proposito dei rapporti che esistono fra l'uomo e gli animali. Secondo alcuni, lo Spirito non arriva al periodo dell'umanizzazione se non dopo essersi elaborato e individualizzato nei differenti stadi degli esseri inferiori della creazione. Secondo altri, lo Spirito dell'uomo sarebbe sempre appartenuto alla razza umana senza percorrere l'iter animale. Il primo di questi sistemi ha il vantaggio di dare uno scopo al futuro degli animali, che formerebbero così i primi anelli della catena degli esseri pensanti. Il secondo e più conforme alla dignità dell'uomo e può essere riassunto come è illustrato qui di seguito.
Le differenti specie di animali non procedono affatto intellettivamente le une dalle altre per progressione. Così lo spirito dell'ostrica non diventa affatto successivamente quello del pesce, dell'uccello, del quadrupede e della scimmia. Ogni specie è un tipo assoluto, fisicamente e moralmente, e ogni individuo attinge alla fonte universale la quantità del principio intelligente che gli è necessaria, secondo il grado di perfezione dei suoi organi e l'opera che deve compiere nei fenomeni della natura, quantità che alla sua morte restituisce alla fonte universale. Gli animali dei mondi più avanzati del nostro (vedere n. 188) sono egualmente delle razze speciali, adatte alle necessita di quei mondi e al grado d'avanzamento di quegli uomini — di cui sono gli ausiliari — ma che non procedono affatto da quelli della Terra, spiritualmente parlando. Non è lo stesso per l'uomo. Dal punto di vista fisico, egli forma evidentemente un anello della catena degli esseri viventi. Ma, dal punto di vista morale, fra l'animale e l'uomo c’è soluzione di continuità. L'uomo possiede una propria anima, o Spirito, scintilla divina che gli dona il senso morale e una portata intellettiva che mancano agli animali. C’è in lui l'essere principale, preesistente e sopravvivente al corpo conservandone la individualità. Qual è l'origine dello Spirito? Dov’è il suo punto di partenza? Si forma egli dal principio intelligente individuato? Questo e un mistero che sarebbe inutile cercare di penetrare, e sul quale, come abbiamo già detto, non si possono che costruire dei sistemi. La costante che emerge, allo stesso tempo, dal ragionamento e dall'esperienza, e la sopravvivenza dello Spirito, la conservazione della sua individualità dopo la morte, la sua facoltà progressiva, il suo stato felice o infelice, proporzionato al suo avanzamento sulla via del bene, e tutte le verità morali che sono la conseguenza di questo principio. Quanto ai rapporti misteriosi che esistono fra l'uomo e gli animali, là si trova, lo ripetiamo, il segreto di Dio, come molte altre cose la cui conoscenza attuale non ha affatto importanza per il nostro avanzamento e sulle quali sarebbe inutile insistere.
LIBRO TERZO — LEGGI MORALI
Capitolo I — Legge Divina o Naturale
Caratteri della legge naturale
«La legge naturale e la legge di Dio. Essa e la sola vera per la felicita dell'uomo. Gli indica ciò che deve o non deve fare, e infelice è solo colui che se ne allontana.»
«Essa e eterna e immutabile come Dio stesso.»
«Dio non può errare. Sono gli uomini a essere obbligati a mutare le loro leggi perché sono imperfette. Ma le leggi di Dio sono perfette. L'armonia, che regola l'universo materiale e l'universo morale, è fondata sulle leggi che Dio ha stabilito per l'eternità.»
«Tutte le leggi della natura sono leggi divine, poiché Dio è l'artefice di tutte le cose. Lo studioso studia le leggi della materia, l'uomo dabbene studia quelle dell'anima e le pratica.»
617a. È concesso all'uomo approfondire le une e le altre?
«Sì, ma una sola esistenza non è sufficiente.»
Che cosa sono infatti alcuni anni per acquisire tutto ciò che rende perfetto l'essere, anche se si considera solamente la distanza che separa il selvaggio dall'uomo civilizzato? L'esistenza, quella più lunga possibile, e insufficiente e, a maggior ragione, quando essa è breve, come succede nella maggior parte dei casi.
Fra le leggi divine, alcune regolano il movimento e i rapporti della materia bruta: sono le leggi fisiche, e il loro studio riguarda il campo della scienza.
Le altre concernono particolarmente l'uomo in sé stesso e i suoi rapporti con Dio e con i suoi simili. Esse comprendono le regole della vita fisica come pure quelle della vita dell'anima: sono le leggi morali.
«La logica ci dice che esse devono essere adeguate alla natura di ogni singolo mondo e proporzionate al grado di avanzamento degli esseri che lo abitano.»
Origine e conoscenza della legge naturale
«Tutti possono conoscerla, ma non tutti la comprendono. Quelli che meglio la comprendono sono gli uomini dabbene e quanti vogliono cercarla. Comunque, tutti la comprenderanno un giorno, perché e necessario che il progresso si compia.»
La giustizia delle varie incarnazioni dell'uomo e una conseguenza di questo principio, poiché a ogni nuova esistenza la sua intelligenza si evolve e comprende meglio ciò che è bene e ciò che è male. Se per l'uomo tutto dovesse compiersi in una sola esistenza, quale sarebbe la sorte di milioni e milioni di esseri che ogni giorno muoiono nell'abbrutimento della barbarie o nelle tenebre dell'ignoranza senza che dipenda da loro illuminarsi? (Vedere nn.171-222).
«L'anima comprende la legge di Dio secondo il grado di perfezione cui è pervenuta e ne conserva intuitivamente il ricordo dopo l'unione con il corpo. Ma i cattivi istinti dell'uomo gliela fanno sovente dimenticare.»
«Nella coscienza.»
621a. Dal momento che l'uomo porta la legge di Dio nella sua coscienza, che necessità c'era di rivelargliela?
«Egli l'aveva dimenticata e misconosciuta. Dio ha voluto ch'essa gli fosse ricordata.»
«Sì, certamente. In tutti i tempi, degli uomini hanno ricevuto questa missione. Sono degli Spiriti Superiori incarnati allo scopo di far progredire l'umanità.»
«Coloro che non erano ispirati da Dio e che si sono attribuiti, per ambizione, una missione che non avevano, costoro certamente hanno potuto traviarli. Ciononostante, poiché in definitiva si trattava di uomini di genio, anche in mezzo agli errori che hanno insegnato, si trovano sovente grandi verità.»
«Il vero profeta e un uomo onesto ispirato da Dio. Lo si può riconoscere dalle sue parole e dal suo operato. Dio non può servirsi della bocca di un mentitore per insegnare la verità.»
«Guardate Gesù.»
Gesù è per l'uomo il tipo della perfezione morale alla quale può aspirare l'umanità sulla Terra. Dio ce lo offre come il più perfetto dei modelli, e la dottrina ch'Egli ha insegnato e l'espressione più pura della Sua legge, perché era animato dallo Spirito divino ed era l'essere più puro che sia mai apparso sulla Terra.
Se alcuni di coloro che hanno preteso d'istruire l'uomo sulla legge di Dio lo hanno a volte fuorviato con dei falsi principi, ciò e avvenuto per essersi lasciati loro stessi dominare da sentimenti troppo terreni e per aver confuso le leggi che reggono le condizioni della vita dell'anima con quelle che reggono la vita fisica. Molti hanno divulgato come leggi divine norme che altro non erano che leggi umane create per servire le passioni e dominare gli uomini.
«Non abbiamo forse già detto che stanno scritte dappertutto? Tutti gli uomini che hanno meditato sulla saggezza hanno dunque potuto comprenderle e insegnarle fin dai secoli più remoti. Con i loro insegnamenti, sia pure incompleti, essi hanno preparato il terreno a ricevere la semente. Essendo le leggi divine scritte nel libro della natura, l'uomo ha potuto conoscerle quando ha voluto cercarle. È per questo che i precetti che esse consacrano sono stati proclamati in tutti i tempi dagli uomini probi ed è anche per questo che se ne trovano gli elementi nella dottrina morale di tutti i popoli usciti dalla barbarie, per quanto incomplete o alterate dall'ignoranza e dalla superstizione.»
«La parola di Gesù era sovente allegorica e sotto forma di parabola, perché si esprimeva secondo i suoi tempi e i suoi luoghi. Oggi è necessario che la verità sia intelligibile per tutti. È necessario spiegare bene e sviluppare queste leggi, perché sono così pochi quelli che le comprendono e ancor meno quelli che le praticano. La nostra missione è quella di aprire gli occhi e gli orecchi per confondere gli orgogliosi e smascherare gli ipocriti: quelli che esteriormente ostentano virtù e religiosità per nascondere le loro turpitudini. L'insegnamento degli Spiriti dev'essere chiaro e senza equivochi, in modo che nessuno possa addurre ignoranza, e che ognuno possa giudicarlo e apprezzarlo con la ragione. Noi abbiamo l'incarico di preparare il regno del bene annunciato da Gesù. Per questo e necessario che nessuno possa interpretare la legge di Dio secondo il proprio impulso, ne falsare il senso di una legge tutta amore e carità.»
«È necessario che ogni cosa venga a tempo debito. La verità è come la luce: bisogna abituarvisi a poco a poco, altrimenti abbaglia.
Non è mai successo che Dio permettesse all'uomo di ricevere delle comunicazioni così complete e istruttive come quelle che oggi gli è concesso di ricevere. C'erano pur stati in tempi antichi, come è noto, degli individui in possesso di quella che essi consideravano una scienza sacra e di cui facevano gran mistero con quelli da loro ritenuti profani. Dovete comprendere — in base a quanto già conoscete delle leggi che reggono questi fenomeni — che costoro ricevevano solo qualche verità isolata in mezzo a un insieme equivoco e che rimaneva per la maggior parte del tempo emblematico. Comunque non esiste per lo studioso alcun sistema filosofico antico, alcuna tradizione, alcuna religione che si possa trascurare, perché tutto racchiude germi di grandi verità che, pur sembrando in contraddizione fra di loro, sparse come sono in mezzo a complementi senza fondamento, sono facilissime da coordinare, grazie alla chiave, che lo Spiritismo vi offre, di cose che finora vi son potute sembrare senza spiegazione, e la cui realtà oggi vi viene dimostrata in modo irrecusabile. Non tralasciate dunque di attingere da questi materiali degli argomenti di studio. Essi sono molto ricchi e possono contribuire notevolmente alla vostra istruzione.»
Il bene e il male
«La morale è la norma per ben comportarsi, ossia è ciò che consente la distinzione fra il bene e il male. Essa si fonda sull'osservanza della legge di Dio. L'uomo si comporta bene quando fa tutto in vista e in funzione del bene di tutti, perché e allora ch'egli osserva la legge di Dio.»
«Il bene è tutto ciò che è conforme alla legge di Dio, e il male tutto ciò che se ne allontana. Pertanto fare il bene e conformarsi alla legge di Dio, mentre fare il male e infrangere questa legge.»
«Sì, quando crede in Dio e vuole conoscere questa distinzione. Dio gli ha dato l'intelligenza per discernere l'uno dall'altro.»
«Gesù ve l'ha detto: "Tenete conto di ciò che vorreste o non vorreste fosse fatto a voi: e tutto qui. Non potete sbagliarvi".»
«Quando mangiate in eccesso, costatate che ciò vi fa male. Ebbene! È Dio che vi dà la misura di ciò che vi serve. Quando la oltrepassate, siete puniti. E questo vale per tutto. La legge naturale segna per l'uomo i confini delle sue necessita: quando li supera, viene punito con la sofferenza. Se l'uomo ascoltasse in tutte le cose questa voce che gli dice basta, eviterebbe la maggior parte dei mali per i quali accusa la natura.»
«Ve lo abbiamo già detto: gli Spiriti sono stati creati semplici e ignoranti. (Vedere n. 115) Dio lascia all'uomo la scelta del cammino. Tanto peggio per lui se prende quello cattivo: ii suo pellegrinaggio sarà più lungo. Se non ci fossero le montagne, l'uomo non potrebbe comprendere che si può salire e scendere e, se non ci fossero le rocce, non comprenderebbe che ci sono corpi duri. È necessario che lo Spirito acquisisca esperienza, perciò e necessario che conosca il bene e il male. Per questa ragione c’è l'unione dello Spirito e del corpo.» (Vedere n. 119).
«Queste differenti posizioni sono nella natura e conformi alla legge del progresso. Ciò non impedisce l'unita della legge naturale, che si applica a tutto.»
Le condizioni d'esistenza dell'uomo cambiano secondo i tempi e i luoghi. Ne derivano per lui necessita differenti c posizioni sociali adeguate a queste necessita. Poiché questa diversità è nell'ordine delle cose, essa e conforme alla legge di Dio, e questa legge non è meno unica riguardo al suo principio. Spetta alla ragione distinguere le necessita reali da quelle fittizie o convenzionali.
«La legge di Dio è la medesima per tutti, mail mal e dipende soprattutto dalla volontà che si ha di farlo. Il bene è sempre bene e il male è sempre male, qualunque sia la posizione dell'uomo. La differenza sta nel grado di responsabilità.»
«Ho detto che il male dipende dalla volontà. Ebbene! L'uomo e tanto più colpevole quanto più sa quello che fa.»
Le circostanze conferiscono al bene e al male una gravita relativa. L'uomo commette sovente degli errori che, per essere la conseguenza della posizione in cui la società lo ha collocato, non sono meno riprovevoli. Ma la responsabilità e in ragione dei mezzi di cui dispone per distinguere il bene dal male. È così che l'uomo illuminato, che commette una semplice ingiustizia, è più colpevole agli occhi di Dio del primitivo ignorante che si abbandona ai suoi istinti.
«Non è che il male sia minore, allorquando sia necessario. Ma questa necessita scompare nella misura in cui l'anima si purifica passando da un'esistenza a un'altra. Allora l'uomo è più colpevole quando lo commette, perché lo comprende meglio.»
«Il male ricade su chi l'ha causato. Così l'uomo, che è indotto al male dalla posizione che gli viene assegnata dai suoi simili, e meno colpevole di coloro che di questo male sono causa. Infatti ognuno porterà la pena, non solamente del male che avrà fatto, ma anche del male che avrà provocato.»
«È come se lo avesse commesso. Approfittarne è parteciparvi. Forse di fronte alla malefatta si sarebbe tirato indietro. Ma se, trovando il fatto bell'e compiuto, se ne serve, vuol dire allora che lo approva e che lo avrebbe compiuto lui stesso se avesse potuto o avesse osato.»
«Dipende. Nel resistere volontariamente al male di cui si prova desiderio c’è merito, soprattutto quando si ha la possibilità di soddisfare questo desiderio. Però, se e solo l'occasione che manca, si è colpevoli.»
«No. Si deve fare il bene nei limiti delle proprie forze, perché ognuno risponderà di tutto il male che sarà stato fatto a causa del bene ch’egli non avrà fatto.»
«Non esiste nessuno che non possa fare del bene: solo l'egoista non ne trova mai l'occasione. Basta essere in rapporto con gli altri per trovare il modo di fare il bene, e ogni giorno della vita ne dà la possibilità a chiunque non sia accecato dall'egoismo. Infatti fare il bene non significa solo essere caritatevoli, ma significa anche essere utili nella misura delle vostre possibilità tutte le volte che il vostro aiuto può essere necessario.»
«Sì. Ma questa e ancora una prova scelta dallo Spirito nello stato di libertà. Ha voluto esporsi alla tentazione per acquisire il merito di aver saputo resistervi.»
«Una forza, sì, ma non irresistibile. In mezzo a queste atmosfere di vizio, infatti, si trovano a volte delle grandi virtù. Ci sono degli Spiriti che hanno avuto la forza di resistere e hanno svolto nello stesso tempo la missione di esercitare una buona influenza sui loro simili.»
«Il merito del bene sta nella difficolta: non c’è assolutamente merito nel praticare il bene senza fatica e quando non costa niente. Dio tiene in maggior conto il povero il quale divida il suo pezzo di pane che il ricco che doni solo il suo superfluo. L'ha detto Gesù a proposito dell'ultimo denaro della vedova.»
Divisione della legge naturale
«Certamente. Questa massima racchiude tutti i reciproci doveri degli uomini, ma si deve mostrare loro l'applicazione, altrimenti la trascureranno come fanno ancor oggi. D'altra parte la legge naturale comprende tutte le circostanze della vita, e questa massima non è che una parte della legge. Gli uomini hanno bisogno di regole precise. I precetti generali e troppo vaghi lasciano troppe porte aperte all'interpretazione.»
«Questa divisione della legge di Dio in dieci parti e quella di Mosè e può abbracciare tutte le circostanze della vita, la qual cosa è essenziale. Potete dunque seguirla, senza ch'essa abbia per questo niente di assoluto, niente di più di tutti gli altri sistemi di classificazione che dipendono da quale punto di vista si considera qualsiasi cosa. L'ultima legge e la più importante. È attraverso di essa che l'uomo può maggiormente avanzare nella vita spirituale, perché essa le riassume tutte.»
Capitolo II — 1. Legge di Adorazione
Scopo dell'adorazione
«È elevatezza del pensiero verso Dio. Con l'elevatezza, si avvicina la propria anima a Lui.»
«È un sentimento innato come quello della Divinità. La consapevolezza della propria fragilità porta l'uomo a inchinarsi di fronte a Colui che può proteggerlo.»
«No, perché non ci sono mai stati dei popoli atei. Tutti comprendono che al di sopra dell'uomo c’è un essere supremo.»
«L'adorazione e nella legge naturale, poiché e il risultato di un sentimento innato nell'uomo. È per questo che la si ritrova in tutti i popoli, per quanto sotto forme diverse.»
Adorazione esteriore
«La vera adorazione è nel cuore. In tutte le vostre azioni pensate sempre che c’è un maestro che vi guarda.»
653a. L'adorazione esteriore è utile?
«Sì, se non è vana parvenza. È sempre utile dare un buon esempio, ma coloro che lo fanno solo per ostentazione e amor proprio, e la cui condotta smentisce la loro apparente pieta, offrono un esempio più cattivo che buono e fanno più male di quanto non pensino.»
«Dio preferisce quelli che Lo adorano dal profondo del cuore, con sincerità, facendo il bene ed evitando il male, a quelli che credono di onorar Lo con cerimonie che non li rendono certo migliori verso i loro simili.
Tutti gli uomini sono fratelli e figli di Dio. Egli chiama a sé tutti quelli che seguono le Sue leggi, qualunque sia la forma con la quale si esprimono.
Colui che ha solo l'apparenza della pieta è un ipocrita. Colui presso il quale l'adorazione è solo ostentata e in contraddizione con la sua condotta da un cattivo esempio.
Di colui che professa di adorare il Cristo e che è orgoglioso, invidioso e geloso, che è duro e implacabile con il prossimo, o che è assetato dei beni di questo mondo, di costui io vi dico che la religione è sulle sue labbra ma non nel suo cuore. Dio, che tutto vede, dirà: questo qui che conosce la verità e cento volte più colpevole del male che fa di quanto non lo sia l'ignorante selvaggio del deserto, e sarà trattato di conseguenza il giorno del giudizio. Se un cieco vi urta passando, voi lo scusate. Mas e è un uomo che ci vede bene, voi ve ne risentite e con ragione.
Non domandate dunque se c’è una forma di adorazione più opportuna di un'altra, perché sarebbe come domandare se Dio gradisce essere adorato in una lingua piuttosto che in un'altra. Io vi dico ancora una volta: gli inni arrivano a Lui solo attraverso la porta del cuore.»
«L'intenzione, in questa come in molte altre cose, e la regola. Colui il cui scopo e solo quello di rispettare le credenze altrui non fa del male. Di certo si comporta meglio di chi le ridicolizza, perché in tal caso mancherebbe di carità. Ma chi pratica la religione per interesse e per ambizione è riprovevole agli occhi di Dio e degli uomini. Dio non può gradire coloro che mostrano di umiliarsi davanti a Lui solo per accattivarsi il consenso degli uomini.»
«Gli uomini riuniti da una comunione di pensiero e di sentimenti hanno più forza per invocare su di sé i buoni Spiriti. Lo stesso avviene quando si riuniscono per adorare Dio. Ma, con ciò, non crediate che l'adorazione individuale sia meno buona, perché ognuno può adorare Dio pensando a Lui.»
Vita contemplativa
«No, perché se non fanno del male non fanno neppure del bene e sono inutili. D'altra parte, non fare del bene è già un male. Dio vuole che si pensi a Lui, ma non vuole che si pensi solo a Lui, dal momento che ha dato all'uomo dei doveri da compiere sulla Terra. Chi si consuma nella meditazione e nella contemplazione non fa niente di meritorio agli occhi di Dio, perché la sua vita, tutta incentrata su lui stesso, non è di alcuna utilità per l'umanità. E Dio gli domanderà conto del bene che non avrà fatto.» (Vedere n. 640)
Della preghiera
«La preghiera è sempre gradita a Dio quando è dettata dal cuore, perché l'intenzione e tutto per Lui. E la preghiera del cuore e preferibile a quella che voi potete leggere, per bella che sia, specialmente se la leggete più con le labbra che con il pensiero. La preghiera è gradita a Dio quando è detta con fede, fervore e sincerità. Ma non crediate che sia toccato da quella dell'uomo vano, orgoglioso ed egoista, a meno che non ci sia da parte sua un atto di sincero pentimento e di vera umiltà.»
«La preghiera e un atto di adorazione. Pregare Dio e pensare a Lui, e avvicinarsi a Lui, è mettersi in comunicazione con Lui. Con la preghiera ci si possono proporre tre cose: lodare, chiedere, ringraziare.»
«Sì, perché chi prega con fervore e fede e più forte di fronte alle tentazioni del male, e Dio gli invia dei buoni Spiriti per assisterlo. Questo e un aiuto che non viene mai rifiutato quando e richiesto con sincerità.»
660a. Come si spiega che certe persone che pregano molto abbiano malgrado ciò, un pessimo carattere, siano gelose, invidiose e litigiose, manchino di benevolenza e indulgenza e siano a volte persino viziose?
«L'essenziale non è pregare molto, ma pregare bene. Queste persone credono che tutto il merito consista nella lunghezza della preghiera e chiudono gli occhi sui propri difetti. La preghiera è per loro un'occupazione, un modo d'impiegare il tempo, e non uno studio di sé stessi. Non è il farmaco che è inefficace, ma il modo in cui esso viene utilizzato.»
«Dio sa discernere il bene dal male: la preghiera non nasconde gli errori. Chi domanda a Dio la remissione dei propri errori la ottiene solo cambiando condotta. Le buone azioni rappresentano la preghiera migliore, perché le azioni valgono più delle parole.»
«Lo Spirito di colui che prega agisce per volontà di questi nel fare il bene. Con la preghiera attira a sé i buoni Spiriti che si associano al bene ch'egli vuole fare.»
Noi possediamo in noi stessi, attraverso il pensiero e la volontà, un potere d'azione che va ben oltre i limiti della nostra sfera fisica. La preghiera a favore degli altri e un atto di questa volontà. Se e ardente e sincera, può chiamare in loro aiuto i buoni Spiriti, affinché suggeriscano loro dei buoni pensieri e diano loro la forza fisica e spirituale di cui hanno necessita. Ma anche in questo caso la preghiera del cuore è tutto, quella delle labbra e niente.
«Le vostre prove sono nelle mani di Dio, e ci sono prove che devono essere subite fino alla fine. Ma in questo caso Dio tiene sempre conto della rassegnazione. La preghiera richiama su di voi i buoni Spiriti, che vi danno la forza di sopportarle con coraggio, così che queste prove vi sembreranno meno dure. L'abbiamo già detto: la preghiera non è mai inutile quando è ben fatta, perché dona forza e già questo è un grande risultato. Aiutati che il Ciel t'aiuta, questo voi lo sapete. D'altra parte Dio non può cambiare l'ordine della natura secondo il piacimento di ognuno, perché ciò che è un grande male, dal vostro limitato punto di vista e secondo la vostra vita effimera, e sovente un grande bene nell'ordine generale dell'universo. E poi, quanti i mali di cui l'uomo stesso è autore per la sua imprevidenza o per i suoi errori! Egli viene punito attraverso di essi proprio là dove ha peccato. Ciononostante le richieste giuste vengono esaudite più spesso di quanto pensiate. Voi credete che Dio non vi abbia ascoltato perché non ha fatto un miracolo per voi, mentre Egli vi assiste con dei mezzi talmente naturalì che vi sembrano l'effetto del caso o della forza delle cose. Sovente, anzi il più delle volte, Dio vi suscita il pensiero necessario perché usciate da voi stessi dalla difficolta.»
«La preghiera non può sortire l'effetto di cambiare i disegni di Dio, ma l'anima per la quale si prega ne prova sollievo, perché ciò è una testimonianza dell'interesse che le si offre, e perché un infelice e sempre sollevato quando trova delle anime caritatevoli che hanno compassione del suo dolore. D'altra parte, con la preghiera lo si spinge verso il pentimento e il desiderio di fare ciò che si deve per essere felici. È in questo senso che si può abbreviare la sua pena, se da parte sua egli coopera con la sua buona volontà. Questo desiderio di miglioramento, sollecitato dalla preghiera, attira verso lo Spirito sofferente degli Spiriti migliori che vengono a illuminarlo, consolarlo e a dargli speranza. Gesù pregava per le pecore smarrite, ed Egli vi dimostra così che voi sareste colpevoli se mancaste di fare per costoro ciò di cui hanno maggiormente bisogno.»
«Cristo ha detto agli uomini: "Amatevi l'un l'altro". Questa raccomandazione comprende quella di impiegare tutti i mezzi possibili per testimoniare loro dell'affetto, senza peraltro entrare in alcun dettaglio circa il modo di raggiungere lo scopo. Se e vero che nulla può impedire al Creatore di applicare la giustizia, di cui Egli è l'immagine stessa, a tutte le azioni dello Spirito, non è meno vero che la preghiera, che a Lui indirizzate a favore di chi vi ispira affetto, sia per lui una testimonianza del vostro ricordo che può solo contribuire ad alleggerire le sue sofferenze e a consolarlo. Nel momento in cui questo Spirito da prova del più piccolo pentimento, allora solamente, viene soccorso. Ma non si permette mai ch'egli ignori che un'anima simpatica si è occupata di lui, e gli si lascia il dolce pensiero che quella intercessione gli è stata utile. Ne deriva necessariamente, da parte sua, un sentimento di riconoscenza e d'affetto per chi gli ha dato questa prova d'amicizia o di pieta. Di conseguenza, l'amore che Gesù raccomandava agli uomini non ha fatto che accrescersi fra loro. Entrambi hanno dunque obbedito alla legge d'amore e d'unione di tutti gli esseri, legge divina che deve condurre all'unita, scopo e fine dello Spirito.» [9]
[9] Risposta data dallo Spirito di M. Monod, pastore protestante di Parigi, morto nell'aprile del 1856. La risposta precedente, n. 664, è dello Spirito di san Luigi.
«Si possono pregare i buoni Spiriti in quanto messaggeri di Dio ed esecutori delle Sue volontà. Ma il loro potere e commisurato al loro grado di elevatezza, e dipende sempre dal Signore di tutte le cose, senza il cui permesso nulla avviene. È per questa ragione che le preghiere che si rivolgono loro sono efficaci solo se sono gradite a Dio.»
Politeismo
«L'idea di un Dio unico non poteva essere presso l'uomo che il risultato dello sviluppo del suo pensiero. Incapace, nella sua ignoranza, di concepire un essere immateriale, senza una forma determinata e che agisse sulla materia, gli aveva dato gli attributi della natura corporea, vale a dire una forma e un'immagine, e da quel momento tutto ciò che gli sembrava oltrepassare i limiti dell'intelligenza comune era per lui una Divinità. Tutto ciò che non comprendeva doveva essere l'opera di una potenza sovrannaturale, e da lì a credere a tante distinte potenze quanti gli effetti che notava, non c'era che un passo. Ma in tutti i tempi ci sono stati uomini illuminati che hanno compreso l'impossibilità di quella moltitudine di poteri per governare ii mondo, senza una guida superiore, e si sono elevati all'idea di un Dio unico.»
«Senza dubbio. Infatti gli uomini chiamavano dei tutto ciò che era sovrumano, e gli Spiriti erano per loro degli dei. È per questo che, quando un uomo si distingueva fra tutti gli altri per le sue azioni, per il suo genio o per un potere occulto incomprensibile per i l volgo, ne facevano un dio e gli rendevano un culto dopo la morte.» (Vedere n. 603)
La parola dio aveva presso gli Antichi un'accezione molto ampia. Non era assolutamente, come ai giorni nostri, una personificazione del Signore della natura, era una qualifica generica data a ogni essere situato al di fuori delle condizioni dell'umanità. Ora, avendo le manifestazioni spiritiste rivelato loro l'esistenza di esseri incorporei, che agivano come potenze della natura, essi li avevano chiamati dei, come noi li chiamiamo Spiriti. È questa una semplice questione di termini, con la differenza che, nella loro ignoranza, mantenuta di proposito da coloro che ne avevano interesse, costruivano in loro onore dei templi e degli altari molto lucrativi, mentre per noi sono delle semplici creature come noi, più o meno perfette, che si sono spogliate dell'involucro terreno. Se si studiano con cura i diversi attributi delle Divinità pagane, vi si riconosceranno facilmente tutti quelli dei nostri Spiriti a tutti i livelli della scala spiritista, il loro stato fisico nei mondi superiori, tutte le proprietà del perispirito e il ruolo ch'essi svolgono nelle faccende terrene.
Il Cristianesimo, venendo a illuminare il mondo con la sua luce divina, non ha potuto distruggere una cosa che è in natura, ma ha fatto riversare l'adorazione su Colui al quale essa appartiene. Quanto agli Spiriti, il loro ricordo si è perpetuato sotto diversi nomi e secondo i popoli. Le loro manifestazioni, che non sono mai cessate, sono state diversamente interpretate e sovente sfruttate sotto l'aspetto del mistero. Mentre la religione vi ha visto dei fenomeni miracolosi, gli increduli vi hanno visto solo della ciarlataneria. Oggi, grazie a studi più seri fatti alla luce del sole, lo Spiritismo, liberato dalle idee superstiziose che lo hanno oscurato per secoli, ci rivela uno dei più grandi e sublimi principi della natura.
Sacrifici
«Innanzi tutto perché non concepiva Dio come sorgente di bontà. Presso i popoli primitivi la materia prevale sullo spirito. Essi si abbandonano agli istinti brutali ed è per questo che sono generalmente crudeli: in loro il senso morale non è ancora sviluppato. Inoltre gli uomini primitivi dovevano credere, per istinto, che una creatura animata avesse molto più valore agli occhi di Dio di un corpo materiale. È questo che li ha portati a immolare prima gli animali e più tardi gli uomini, perché, secondo le loro false credenze, pensavano che il valore del sacrificio fosse commisurato all'importanza della vittima. Nella vita materiale, così come generalmente voi la praticate, se offrite un regalo a qualcuno, lo scegliete di valore tanto maggiore quanto maggiori sono l'attaccamento e la considerazione che volete testimoniare alla persona cui è destinato. Doveva essere lo stesso per degli uomini ignoranti nei confronti di Dio.»
669a. Pertanto i sacrifici degli animali avrebbero preceduto i sacrifici umani?
«Senza dubbio.»
669b. Allora, stando a questa precisazione, i sacrifici umani non avrebbero la loro origine in un sentimento di crudeltà.
«No, bensì nella falsa idea che fossero graditi a Dio. Guardate Abramo. In seguito gli uomini ne hanno abusato immolando i loro nemici, anche quelli personali. Del resto Dio non ha mai preteso dei sacrifici, né quello di animali e tanto meno quello di uomini. Egli non può essere onorato con il sacrificio inutile di una sua propria creatura.»
«No, mai. Ma Dio giudica l'intenzione. Gli uomini, essendo ignoranti, potevano credere di compiere un'azione lodevole immolando un loro simile. In questo caso Dio teneva conto del pensiero e non del fatto. Gli uomini, migliorandosi, hanno dovuto riconoscere il loro errore e provare riprovazione per questi sacrifici che non rientravano nel pensiero di Spiriti illuminati. Dico illuminati, perché allora gli Spiriti erano avvolti dal velo materiale. Ma, attraverso il libero arbitrio, potevano avere una percezione della loro origine e del loro fine, e molti comprendevano già, per intuito, il male che facevano, per quanto continuassero a farlo per soddisfare le loro passioni.»
«Costoro sono spinti dai cattivi Spiriti e, facendo la guerra ai loro simili, vanno contro la volontà di Dio che dice che si deve amare il proprio fratello come sé stesso. Tutte le religioni, o piuttosto tutti i popoli, adorano un medesimo Dio, che porti un nome o n e porti un altro. Allora perché far loro una guerra di sterminio solo perché la loro religione e differente o non ha ancora raggiunto il livello di quella dei popoli illuminati? I popoli sono perdonabili quando non credono alla parola di colui che era animato dallo Spirito di Dio e da Lui inviato, soprattutto se non Lo videro e non furono testimoni delle sue azioni. E come volete che essi credano a questa parola di pace, quando voi andate a imporla loro, armi in pugno? Essi devono essere illuminati, e noi dobbiamo cercare di far loro conoscere la Sua dottrina con la persuasione e la dolcezza, e non con la forza e con il sangue. La maggior parte di voi non crede alle comunicazioni che noi abbiamo con alcuni mortali. Perché vorreste che degli estranei vi credessero sulla parola quando i vostri atti smentiscono la dottrina che voi predicate!»
«Vi ho già risposto dicendo che Dio giudica l'intenzione, e che il fatto ha poca importanza per Lui. È evidente che era più gradito a Dio vedersi offrire i frutti della terra che il sangue delle vittime. Come vi abbiamo detto, e sempre ve lo ripetiamo, la preghiera detta dal profondo del cuore e cento volte più gradita a Dio di tutte le offerte che voi potreste farGli. Io ripeto che l'intenzione e tutto, e niente il fatto.»
«Dio benedice sempre coloro che fanno del bene. Sollevare i poveri e gli afflitti è il miglior modo per onorarlo. Non dico con ciò che Dio disapprovi i riti che fate per devozione, ma c’è molto denaro che potrebbe essere impiegato più utilmente di quanto non sia. Dio ama la semplicità in tutte le cose. L'uomo che si basa sull'apparenza e non sul cuore e uno Spirito dalle vedute ristrette. Giudicate voi se Dio può basarsi più sulla forma che sulla sostanza.»
Capítulo III - 2.Legge del Lavoro
Necessita del lavoro
«Il lavoro è una legge di natura per il fatto stesso che è una necessità, e la civilizzazione obbliga l'uomo a lavorare di più perché essa aumenta le sue necessita e le sue comodità.»
«No. Lo Spirito lavora come il corpo. Ogni occupazione utile e un lavoro.»
«È una conseguenza della sua natura corporea. È un'espiazione e allo stesso tempo un mezzo per perfezionare la sua intelligenza. Senza il lavoro, l'uomo rimarrebbe nell'infanzia riguardo all'intelligenza, in quanto egli deve il suo nutrimento, la sua sicurezza e il suo benessere solo al suo lavoro e alla sua attività. A chi e di fisico debole, Dio ha dato l'intelligenza per supplirvi. Ma sempre di un lavoro si tratta.»
«Tutto lavora nella natura. Gli animali lavorano come gli uomini, ma il loro lavoro, come la loro intelligenza, si limita alla cura della loro conservazione. Ecco perché negli animali il lavoro non porta con sé il progresso, mentre nell'uomo esso ha un duplice scopo: la conservazione del corpo e lo sviluppo del pensiero, che è anche una necessita e che lo eleva al di sopra di lui stesso. Quando dico che il lavoro degli animali è limitato alla cura della conservazione, intendo lo scopo che essi si propongono lavorando. Ma, a loro insaputa, nel provvedere alle loro necessita materiali, essi sono degli agenti che assecondano i disegni del Creatore, e il loro lavoro non è un contributo da poco allo scopo finale della natura, anche se molto spesso non se ne scopre immediatamente il risultato.»
«La natura del lavoro è relativa al genere delle necessita. Quanto meno le necessita sono materiali, tanto meno il lavoro e materiale. Ma non si creda con ciò che l'uomo resti inattivo e inutile: l'ozio sarebbe un supplizio anziché un piacere.»
«Dal lavoro materiale, forse, ma non dall'obbligo di rendersi utile secondo i propri mezzi, di perfezionare la propria intelligenza e quella degli altri, cosa che è anch'essa un lavoro. Se l'uomo, al quale Dio abbia assegnato beni sufficienti per assicurarsi la sua esistenza, non è costretto a provvedere al proprio sostentamento col sudore della fronte, l'obbligo di rendersi utile verso i suoi simili e per lui tanto maggiore quante maggiori disponibilità, per fare il bene, gli offre la parte che gli è toccata in vantaggio.»
«Dio è giusto, condanna solo colui la cui esistenza e volontariamente inutile, perché vive a carico del lavoro altrui. Dio vuole che ognuno si renda utile secondo le sue facoltà.» (Vedere n. 643)
«Certamente, così come i genitori devono lavorare per i loro figli. È per questo che Dio ha fatto dell'amore filiale e dell'amore paterno un sentimento naturale affinché, attraverso questo affetto reciproco, i membri di una medesima famiglia siano portati ad aiutarsi mutuamente, la qual cosa nella vostra società attuale e troppo frequentemente disattesa.» (Vedere n. 205)
Limite del lavoro. Riposo
«Senza dubbio. Il riposo serve per recuperare le forze fisiche ed e anche necessario per concedere una certa libertà all'intelligenza, affinché si elevi al di sopra della materia.»
«Il limite delle forze. Del resto, Dio lascia l'uomo libero.»
«Si tratta di una delle peggiori azioni. Ogni uomo che abbia il potere di comandare è responsabile dell'eccesso di lavoro che impone ai suoi subalterni, perché trasgredisce la legge di Dio.» (Vedere n. 273)
«Sì. L'uomo è obbligato a lavorare solo in base alle proprie forze.»
685a. Ma che cosa deve fare l'anziano, il quale per vivere abbia necessità di lavorare e non può?
«Il forte deve lavorare per il debole. In mancanza della famiglia, la società deve sostituirsi a essa: è la legge di carità.»
Non è sufficiente dire all'uomo ch'egli deve lavorare, e anche necessario che colui che attende alla sua esistenza con il suo lavoro trovi da occuparsi. Il fatto è che non sempre capita. Quando la mancanza di lavoro diventa generale, essa assume le dimensioni di un flagello, come la carestia. La scienza economica cerca il rimedio nell'equilibrio fra produttività e consumo, ma questo equilibrio, ammesso che sia possibile, avrà sempre delle intermittenze e, durante questi intervalli, il lavoratore dovrà pur vivere. C’è un elemento che ancora non è stato fatto sufficientemente entrare nel bilancio, e senza il quale la scienza economica è solo una teoria ed e l'educazione. Non l'educazione intellettuale, ma l'educazione morale. E, ancora, non l'educazione morale acquisita attraverso i libri, ma quella consistente nell'arte di formare il carattere, quella che genera delle abitudini, perché l'educazione è l'insieme delle abitudini acquisite. Quando si pensa alla massa di individui gettati ogni giorno nel flusso della popolazione, senza principi, senza freni, abbandonati ai propri istinti, ci si deve forse stupire delle conseguenze disastrose che ne derivano? Quando quest'arte sarà conosciuta, compresa e praticata, l'uomo porterà nel mondo delle abitudini di ordine e di previdenza per sé stesso e per i suoi, di rispetto per chi è rispettabile, abitudini che gli permetteranno di attraversare meno penosamente gli inevitabili giorni infelici. Il disordine e l'imprevidenza sono due piaghe che solo un'educazione bene intesa può guarire. Là si trova il punto di partenza, il vero elemento del benessere, la garanzia della sicurezza generale.
Capítulo IV — 3. Legge di Riproduzione
Popolazione del globo
«È evidente. Senza la riproduzione il mondo fisico si esaurirebbe.»
«No. Dio vi provvede e mantiene sempre l'equilibrio. Niente di quello che fa è inutile. L'uomo, che non vede che un angolo del quadro della natura, non è in grado di giudicare l'armonia dell'insieme.»
Successione e perfezionamento delle razze
«È vero. Ma altre hanno preso il loro posto, così come altre prenderanno il vostro un giorno.»
«Sono i medesimi Spiriti che sono ritornati a perfezionarsi in nuovi corpi, ma che sono ancora lontani dalla perfezione. Così la razza umana attuale che, con la sua crescita, tende a espandersi su tutta la Terra e a sostituire le razze che si estinguono, avrà il suo periodo di flessione e, poi, quello di scomparsa. Altre razze più perfezionate, che discenderanno dalla razza attuale, le sostituiranno, così come gli uomini civilizzati di oggi discendono dagli esseri bruti e selvaggi dei tempi primitivi.»
«L'origine delle razze si perde nella notte dei tempi, ma, poiché appartengono tutte alla grande famiglia della razza umana, qualunque sia l'origine di ognuna, esse hanno potuto allearsi fra di loro e produrre dei tipi nuovi.»
«Sviluppo della forza bruta a scapito della forza intellettiva, Oggi, invece, succede il contrario: l'uomo agisce di più con l'intelligenza che con la forza fisica, e nondimeno realizza cento volte di più. Infatti ha saputo mettere a profitto le forze della natura, cosa che gli animali non sono in grado di fare.»
«Si deve fare di tutto per arrivare alla perfezione, e l'uomo stesso è uno strumento di cui Dio si serve per raggiungere i Suoi fini. Essendo la perfezione lo scopo al quale tende la natura, rispondere ai Suoi disegni vuol dire favorire questa perfezione.»
692a. Ma l'uomo è generalmente mosso nei suoi sforzi, per il miglioramento delle razze, solo da un sentimento personale e non ha altro scopo che l'aumento delle sue soddisfazioni. Questo non diminuisce il suo merito?
«Purché ci sia progresso che cosa importa se il suo merito e nullo? Spetta all'uomo rendere meritorio il suo lavoro con l'intenzione. D'altra parte attraverso questo lavoro egli esercita e sviluppa la sua intelligenza ed e sotto questo aspetto che trae il maggior vantaggio.»
Ostacoli alla riproduzione
«Tutto ciò che ostacola la natura nel suo cammino e contrario alla legge generale.»
693a. Ciononostante ci sono delle specie di esseri viventi, animali e piante, la cui riproduzione all'infinito sarebbe nociva a esseri di altre specie, e l'uomo stesso ne sarebbe ben presto vittima. Commetterebbe un atto riprovevole se egli impedisse questa riproduzione?
«Dio ha dato all'uomo, fra tutti gli esseri viventi, un potere di cui egli deve fruire a fin di bene, ma non abusare. Può regolare la riproduzione secondo le necessita, ma non deve ostacolarla senza necessità. L'azione intelligente dell'uomo è un contrappeso stabilito da Dio per ristabilire l'equilibrio tra le forze della natura, ed e questo ancora che lo distingue dagli animali, perché lo fa con cognizione di causa. Ma gli animali stessi concorrono a questo equilibrio perché l'istinto di distruzione, che è stato loro dato, fa sì che, provvedendo alla propria conservazione, essi limitino lo sviluppo eccessivo, e forse dannoso, delle specie animali e vegetali di cui si nutrono.»
«Ciò dimostra la predominanza del corpo sull'anima, e quanto l'uomo è materiale.»
Matrimonio e celibato
«È un progresso nel cammino dell'umanità.»
«Il ritorno alla vita delle bestie.»
L'unione libera e fortuita dei sessi e uno stato di natura. Il matrimonio è uno dei primi atti di progresso nelle società umane, perché stabilisce la solidarietà fraterna e si riscontra presso tutti i popoli, sia pure in condizioni diverse. L'abolizione del matrimonio sarebbe dunque il ritorno all'infanzia dell'umanità, e metterebbe l'uomo addirittura al di sotto di certi animali che gli danno esempi di unione costante.
«È una legge umana molto contraria alla legge di natura, ma gli uomini possono cambiare le loro leggi. Solo le leggi di natura sono immutabili.»
«No. E coloro che vivono così per egoismo dispiacciono a Dio e ingannano tutti.»
«Ciò è ben diverso. Io ho detto: per egoismo. Ogni sacrificio personale e meritorio quando è a fin di bene. Più il sacrificio è grande, più grande e il merito.»
Dio non può contraddirsi, né trovare non buono ciò che ha fatto: non può dunque vedere un merito nella violazione di una Sua legge. Ma se il celibato, in sé stesso, non è uno stato meritorio, lo è quando costituisce, con la rinuncia alle gioie della famiglia, un sacrificio compiuto a favore dell'umanità. Qualsiasi sacrificio personale a fin di bene, e senza preconcetti di egoismo, eleva l'uomo al di sopra della sua condizione materiale.
Poligamia
«Sì, perché tutto ha uno scopo in natura.»
«La poligamia è una legge umana la cui abolizione segna un progresso sociale. Il matrimonio, secondo i disegni di Dio, deve essere fondato sull'affetto degli esseri che si uniscono. Con la poligamia non c’è vero affetto. C’è solo sensualità.»
Se la poligamia fosse conforme alla legge di natura, essa dovrebbe poter essere universale, cosa che sarebbe materialmente impossibile data l'uguaglianza numerica fra i sessi.
La poligamia deve essere considerata come un uso, o una legislazione particolare, consona a certi costumi, e che il perfezionamento sociale farà a poco a poco scomparire.
Capítulo V — Legge di Conservazione
Istinto di conservazione
«Senza dubbio. Esso e dato a tutti gli esseri viventi, qualunque sia il grado della loro intelligenza. Presso alcuni è puramente inconscio, presso altri e razionale.»
«Perché tutti devono contribuire ai disegni della Provvidenza. È per questo che Dio ha dato loro il bisogno di vivere. E poiché la vita è necessaria al perfezionamento degli esseri, essi lo sentono istintivamente senza rendersene conto.»
Mezzi di conservazione
«Sì. E se non li trova e perché non li comprende. Dio non avrebbe potuto dare all'uomo il bisogno di vivere senza dargliene anche i mezzi. È per questo che fa produrre alla terra di che rifornire del necessario tutti gli abitanti, perché solo il necessario e utile. Il superfluo non lo e mai.»
«Il fatto è che l'uomo, ingrato, la trascura! Eppure essa è una madre eccellente. Sovente l'uomo accusa la natura di quanto è il risultato della sua imperizia e della sua imprevidenza. La terra produrrebbe sempre il necessario se l'uomo sapesse accontentarsi. Se essa non sopperisce a tutte le necessita dell'uomo, e perché l'uomo fa un uso superfluo di quanto potrebbe essere necessario. Guardate l'arabo nel deserto, egli trova sempre di che vivere, perché non si crea mai dei bisogni fittizi. Ma quando la metà dei prodotti viene sciupata per soddisfare delle fantasie, l'uomo deve forse stupirsi di non trovare niente il giorno seguente? E ha forse ragione di lamentarsi di essere senza provviste quando viene il tempo della carestia? In verità io vi dico che non è la natura a essere imprevidente, ma è l'uomo che non sa regolarsi.»
«Il suolo e la fonte primaria da cui derivano tutte le altre risorse, poiché, in definitiva, queste risorse altro non sono che una trasformazione dei prodotti del suolo. È per questo che per beni della Terra si deve intendere tutto ciò di cui l'uomo può fruire in questo mondo.»
«Con l'egoismo degli uomini, che non sempre fanno ciò che devono. Poi, e il più delle volte, devono prendersela con sé stessi. Cercate e troverete: queste parole non vogliono affatto dire che basti guardare a terra per trovare quanto si desidera, ma che bisogna cercarlo con ardore e perseveranza, e non pigramente, senza lasciarsi scoraggiare dagli ostacoli, che molto frequentemente sono dei mezzi per mettere alla prova la vostra costanza, pazienza e fermezza.» (Vedere n. 534)
Se la civilizzazione moltiplica i bisogni, essa moltiplica anche le fonti del lavoro e i mezzi per vivere. Ma bisogna convenire che, sotto questo aspetto, le resta ancora molto da fare. Quando la civilizzazione avrà compiuto la sua opera, non dovrà esserci più nessuno che possa dire che gli manca il necessario, se non per propria colpa. La sfortuna, per molti, è dovuta al fatto che si avventurano su una strada che non è quella tracciata per loro dalla natura. È allora che l'intelligenza per riuscire può far loro difetto. C’è posto per tutti al mondo, a condizione che ognuno si prenda il suo e non quello degli altri. La natura non può essere responsabile dei vizi dell'organizzazione sociale e delle conseguenze dell'ambizione e dell'amor proprio.
Tuttavia bisognerebbe essere ciechi per non riconoscere i progressi che si sono compiuti, sotto questo aspetto, presso i popoli più avanzati. Grazie ai lodevoli sforzi che la filantropia e le scienze continuano, insieme, a compiere per il miglioramento delle condizioni materiali dell'uomo e, malgrado la crescita incessante delle popolazioni, l'insufficienza della produzione risulta attenuata, per lo meno in gran parte, e gli anni più calamitosi non hanno niente di paragonabile a quelli di un tempo. L'igiene pubblica, elemento così essenziale del benessere e della salute, sconosciuto ai nostri padri, e ora oggetto di un'illuminata sollecitudine. L'infortunio e la sofferenza hanno dei luoghi di accoglienza. Ovunque ci si avvale della scienza per aumentare il benessere. Vuol dire che si è raggiunta la perfezione? Certamente no! Ma ciò che è stato fatto dà la misura di ciò che si può fare con la perseveranza, se l'uomo è abbastanza saggio da cercare la sua felicita nelle cose positive e serie, e non in utopie che lo fanno regredire anziché progredire.
«È un a prova, sovente crudele, che l'uomo deve subire e alla quale sapeva che sarebbe stato sottoposto. Il suo merito sta nella sua sottomissione alla volontà del Signore, se la sua intelligenza non gli fornisce nessun mezzo per liberarsi delle difficolta. Se e giunta la sua ora, deve rassegnarsi senza lamentarsi pensando che l'ora della vera liberazione e arrivata e che la disperazione dell'ultimo momento gli può far perdere il frutto della sua rassegnazione.»
«Ho già risposto dicendo che c’è più merito a subire tutte le prove della vita con coraggio e abnegazione. In questo caso ci sono omicidio e crimine di lesa natura, colpe che devono essere doppiamente punite.»
«Sì, ma i loro alimenti sono in rapporto alla loro natura. Questi alimenti non sarebbero sufficientemente sostanziosi per i vostri stomaci grossolani ed egualmente essi non potrebbero assumere i vostri.»
Godimento dei beni della terra
«Questo diritto e la conseguenza della necessita di vivere. Dio non può aver imposto un dovere senza aver dato i mezzi per compierlo.»
«Per stimolare l'uomo al compimento della sua missione e anche per metterlo alla prova attraverso la tentazione.»
712a. Qual è lo scopo di questa tentazione?
«Sviluppare il suo raziocinio, che deve preservarlo dagli eccessi.»
Se l'uomo fosse stato stimolato al consumo dei beni della terra solo in vista della loro utilità, la sua indifferenza avrebbe potuto compromettere l'armonia dell'universo. Dio gli ha dato l'attrattiva del piacere per sollecitarlo al compimento dei disegni della Provvidenza. Ma, per mezzo di questa stessa attrattiva, Dio ha voluto anche metterlo alla prova per mezzo della tentazione, che lo spinge verso l'abuso, da cui il suo raziocinio deve difenderlo.
«Sì, per indicarvi i limiti del necessario. Ma, a causa dei vostri eccessi, arrivate alla sazietà e così vi punite da voi stessi.»
«Che è di carattere ben meschino. Egli è da compiangere e non da invidiare, perché e molto vicino alla morte.»
714a. È alla morte fisica o a quella morale ch'egli si avvicina?
«All'una e all'altra.»
L'uomo che cerca negli eccessi di ogni genere piaceri sempre più raffinati si pone al di sotto della bestia, in quanto la bestia sa limitarsi alla soddisfazione dei bisogni. L'uomo abdica alla ragione che Dio gli ha dato come guida e, quanto più grandi sono i suoi eccessi, tanto più prevale la sua natura animale su quella spirituale. Le malattie, le infermità e la morte stessa, che sono la conseguenza dell'abuso, sono al tempo stesso la punizione per la trasgressione alla legge di Dio.
Necessario e superfluo
«Il saggio lo conosce per intuito, molti lo conoscono per esperienza e a proprie spese.»
«Sì, ma l'uomo e insaziabile. La natura ha tracciato il limite dei suoi bisogni attraverso il suo stesso organismo, ma i vizi hanno alterato la sua costituzione e gli hanno creato dei bisogni che non sono i bisogni reali.»
«Essi ignorano la legge di Dio e dovranno rispondere delle privazioni che avranno fatto subire.»
Il limite del necessario e del superfluo non ha niente di assoluto. La civilizzazione ha creato delle necessita che lo stato selvaggio non conosce, e gli Spiriti che hanno dettato questi precetti non pretendono che l'uomo civilizzato debba vivere come il selvaggio. Tutto e relativo, spetta alla ragione tener conto di ogni fatto. La civilizzazione sviluppa il senso morale e allo stesso tempo il senso di carità, che porta gli uomini a prestarsi mutuo soccorso. Coloro che vivono a spese delle privazioni altrui sfruttano a proprio vantaggio i benefici della civilizzazione. Essi della civilizzazione hanno solo la vernice, così come ci sono persone che della religione hanno solo la maschera.
Privazioni volontarie. Mortificazioni
«Sì. Senza la forza e la salute il lavoro non è possibile.»
«Il benessere e un'aspirazione naturale. Dio condanna solo l'abuso, perché l'abuso e contrario alla conservazione. Dio non ritiene assolutamente un crimine quello di ricercare il benessere, se questo benessere non viene acquisito a spese degli altri e se non indebolisce né le vostre forze morali né le vostre forze fisiche.»
«Fate del bene al prossimo e maggiormente meriterete.»
720a. Ci sono delle privazioni volontarie che sono meritorie?
«Sì. La privazione dei piaceri dei beni inutili, perché libera l'uomo dalla materia ed eleva la sua anima. Meritorio è resistere alla tentazione che spinge agli eccessi e al godimento di cose inutili; meritorio e detrarre qualcosa dal proprio necessario per darlo a chi non ha abbastanza. Se la privazione non è che una vana simulazione, è una beffa.»
«Domandatevi a chi essa serva e avrete la risposta. Se serve solamente a colui che la pratica e gli impedisce di fare del bene, si tratta di egoismo, qualunque sia il pretesto con cui la si ammanti. Fare delle rinunce e lavorare per gli altri è la vera mortificazione, secondo la carità cristiana.»
«Tutto ciò di cui l'uomo può nutrirsi senza pregiudizio per la sua salute e permesso. Però alcuni legislatori hanno deciso di interdire certi alimenti per uno scopo utile e, per dare maggior credito alle loro leggi, le hanno presentate come emanate da Dio.»
«Nella vostra costituzione fisica, la carne nutre la carne, altrimenti l'organismo umano deperisce. La legge di conservazione fa dovere all'uomo di conservare le sue forze e la sua salute per assolvere la legge del lavoro. Egli, dunque, deve nutrirsi secondo ciò che il suo organismo richiede.»
«Sì. Se ci si priva per gli altri. Ma Dio non può vedere mortificazione dove non c’è privazione seria e utile. È per ciò che noi diciamo che quelli che si privano solo in apparenza sono degli ipocriti.» (Vederen. 720)
«A che proposito una simile domanda? Domandatevi pertanto ancora una volta se una cosa e utile. Ciò che è inutile non può essere gradito a Dio, e ciò che nuoce Gli è sempre sgradito. Sappiatelo bene, Dio e sensibile solo ai sentimenti che elevano l'anima verso di Lui. È praticando la Sua legge che potrete scuotere la materia terrena. Non certo violandola.»
«Le sole sofferenze che elevano sono quelle naturali, perché vengono da Dio. Le sofferenze volontarie non servono a niente, quando non contribuiscano affatto al bene altrui. Credete forse che quelli che abbreviano la loro vita con rigori sovrumani, come fanno i bonzi, i fachiri e certi fanatici di parecchie sette, avanzino nel loro cammino? Perché non lavorano piuttosto per il bene dei loro simili? Che vestano il bisognoso, che consolino chi piange, che lavorino per colui che è infermo, che sopportino delle privazioni per il sollievo degli infelici. Allora il loro cammino sarà utile e gradito a Dio. Quando nelle sofferenze che si patiscono volontariamente, uno ha presente solo sé stesso, allora si tratta di egoismo. Quando si soffre per gli altri, allora si tratta di carità. Questi sono i precetti di Cristo.»
«L'istinto di conservazione è stato dato a tutti gli esseri contro i pericoli e le sofferenze. Fustigate il vostro spirito e non il vostro corpo, mortificate il vostro orgoglio, soffocate il vostro egoismo simile a un serpente che vi rode il cuore, e farete di più per il vostro avanzamento che con dei rigori che peraltro non sono più dei nostri tempi.»
Capítulo VI - 5. Legge di Distruzione
Distruzione necessaria e distruzione indebita
«Bisogna che tutto si distrugga perché rinasca e si rigeneri. Ciò che voi chiamate distruzione altro non è che trasformazione, che ha per scopo il rinnovamento e il miglioramento degli esseri viventi.»
728a. L'istinto di distruzione, così, sarebbe stato dato agli esseri viventi secondo disegni provvidenziali?
«Le creature di Dio sono gli strumenti di cui Egli si serve per arrivare ai Suoi scopi. Per nutrirsi, gli esseri viventi si distruggono reciprocamente, e ciò nel duplice scopo di mantenere l'equilibrio nella riproduzione, che potrebbe diventare eccessiva, e di utilizzare i resti dell'involucro esteriore. Ma è sempre e solo questo involucro che si distrugge. E questo involucro non è che l'accessorio e non la parte essenziale dell'essere pensante. La parte essenziale e il principio intelligente, il quale e indistruttibile e si evolve nelle varie metamorfosi che subisce.»
«Ciò affinché la distruzione non arrivi prima del tempo dovuto. Ogni distruzione anticipata intralcia lo sviluppo del principio intelligente. È per questo che Dio ha dato a ogni essere il bisogno di vivere e di riprodursi.»
«L'abbiamo già detto, l'uomo deve cercare di prolungare la sua vita per compiere il suo dovere. È per questo che Dio gli ha dato l'istinto di conservazione, ed è questo istinto che lo sostiene nelle prove. Senza di esso troppo spesso egli si abbandonerebbe allo scoraggiamento. La voce segreta che gli fa respingere la morte gli dice che può fare ancora qualcosa per il suo avanzamento. Quando un pericolo lo minaccia, è un avvertimento affinché possa mettere a profitto la tregua che Dio gli concede. Ma l'ingrato ringrazia più spesso la sua buona stella che il suo Creatore!»
«Il rimedio a fianco del male. L'abbiamo già detto: per mantenere l'equilibrio e perché serva da contrappeso.»
«Essa è proporzionata allo stato più o meno materiale dei mondi. Tale necessita scompare quando lo stato fisico e morale sono più depurati. Nei mondi più avanzati del vostro, le condizioni di esistenza sono tutt'altre.»
«Il bisogno di distruzione si indebolisce nell'uomo nella misura in cui lo Spirito ha il sopravvento sulla materia. Per questa ragione voi vedete l'orrore per la distruzione seguire di pari passo lo sviluppo intellettuale e morale.»
«Questo diritto e regolato dalla necessita per l'uomo di provvedere al proprio nutrimento e alla propria sicurezza. L'abuso non è mai stato un diritto.»
«Si tratta di una predominanza della forza bruta sulla natura spirituale. Qualsiasi distruzione che oltrepassi i limiti della necessita e una violazione della legge di Dio. Gli animali distruggono solo per necessita, ma l'uomo, che ha il libero arbitrio, distrugge anche senza necessita. Egli dovrà render conto dell'abuso della libertà che gli è stata accordata, perché in questo caso si tratta di cattivi istinti ai quali egli cede.»
«Si tratta di un eccesso riguardo a un sentimento lodevole in sé stesso, ma che diventa un abuso e il cui merito viene neutralizzato da abusi di ben altro genere. C’è in queste persone più superstiziosa paura che vera bontà.»
Flagelli distruttori
«Per farla progredire più rapidamente. Non abbiamo forse detto che la distruzione è necessaria alla rigenerazione morale degli Spiriti, i quali si procurano in ogni nuova esistenza un nuovo grado di perfezione? Si deve vedere la fine per apprezzarne i risultati. Voi li giudicate solo dal vostro punto di vista personale e li chiamate flagelli a causa del danno che essi vi causano. Ma questi sovvertimenti sono sovente necessari per giungere più prontamente a un ordine migliore delle cose e ottenere in pochi anni ciò che si otterrebbe con dei secoli.» (Vedere n. 744)
«Sì. E li impiega tutti i giorni, perché ha dato a ognuno i mezzi per progredire attraverso la conoscenza del bene e del male. È l'uomo che non ne approfitta, perciò bisogna ben castigarlo nel suo orgoglio e fargli sentire la sua fragilità.»
738a. Ma in questi flagelli l'uomo dabbene soccombe come il perverso. È giusto questo?
«Durante la vita l'uomo rapporta tutto al suo corpo, ma dopo la morte pensa in modo diverso. Come abbiamo già detto, la vita fisica e poca cosa. Un secolo del vostro mondo e un lampo nell’eternità. Pertanto le sofferenze che voi definite di qualche mese o di qualche giorno non sono niente. Questo è per voi un insegnamento e vi serve per il futuro. Gli Spiriti, ecco il mondo reale preesistente e sopravvivente a tutto (vedere n. 85), sono i figli di Dio e l'oggetto di tutta la Sua sollecitudine. I corpi sono solo gli abiti con i quali essi appaiono in questo mondo. Nelle grandi calamità, che decimano gli uomini, si verifica ciò che succede in un'armata, la quale, durante i combattimenti, vede le sue divise lacerate, ridotte a brandelli o perse. M a il generale ha più cura dei suoi soldati che delle loro divise.»
738b. Ma le vittime di questi flagelli sono forse per questo meno vittime?
«Se si considerasse la vita per quello che è, e come poca cosa essa sia in confronto all'infinito, le si attribuirebbe meno importanza. Queste vittime troveranno in un'altra esistenza una grande compensazione alle loro sofferenze, se sapranno sopportarle senza lamentarsi.»
Che la morte arrivi a causa di un flagello o per una causa ordinaria, quando l'ora della dipartita e suonata, bisogna morire. Una sola differenza: nei flagelli la morte riguarda contemporaneamente un grande numero di persone.
Se noi potessimo elevarci con il pensiero in modo da dominare l'umanità e abbracciarla tutta, questi flagelli così terribili ci parrebbero solo dei temporali passeggeri nel destino del mondo.
«Sì. Essi mutano a volte le condizioni di una regione, ma il bene che ne deriva viene spesso avvertito solo con le generazioni future.»
«I flagelli sono delle prove che offrono all'uomo l'occasione di esercitare la sua intelligenza, di mostrare la sua pazienza e la sua rassegnazione alla volontà di Dio e lo mettono in grado di dar prova dei suoi sentimenti di abnegazione, di disinteresse per il mondo materiale e d'amore per il prossimo, quando egli non sia dominato dall'egoismo.»
«Sì, in una certa misura, ma non come si intende generalmente. Molti dei flagelli sono la conseguenza della sua imprevidenza. Nella misura in cui l'uomo acquisisce cognizioni ed esperienza, può scongiurarli, può cioè prevenirli se sa ricercarne le cause. Però, fra i mali che affliggono l'umanità, ci sono quelli di carattere generale che si trovano nei decreti della Provvidenza, e di cui ogni individuo riceve più o meno il contraccolpo. A questi mali l'uomo non può opporre che la rassegnazione alla volontà di Dio. Inoltre questi mali sono spesso aggravati dalla sua negligenza.»
Tra i flagelli distruttori, naturali e non dipendenti dall'uomo, si devono mettere in prima linea la peste, la fame, le inondazioni e le avverse condizioni atmosferiche, fatali per le produzioni della terra. Ma l'uomo non ha forse trovato, nelle scienze, nelle arti, nel perfezionamento delle tecniche agricole, nella rotazione delle colture, nelle irrigazioni e nello studio delle condizioni igieniche, i mezzi per neutralizzare o quanto meno per attenuare molti disastri? Certe regioni, un tempo sconvolte da terribili flagelli, non ne sono forse oggi preservate? Che cosa mai non farà dunque l'uomo per il suo benessere materiale, quando saprà mettere a profitto tutte le risorse della sua intelligenza, e quando alla cura della sua conservazione personale saprà affiancare il sentimento di una vera carità per i suoi simili? (Vedere n. 707)
Guerre
«La predominanza della forza bruta sulla natura spirituale e l'appagamento delle passioni. Allo stato selvaggio, i popoli non conoscono che il diritto del più forte. Per questo la guerra e per loro una condizione normale. Comunque, man mano che l'uomo progredisce, i conflitti diventano meno frequenti perché se ne evitano le cause. E quando essi sono inevitabili, l'uomo sa affiancare all'azione lo spirito di umanità.»
«Sì. Quando gli uomini comprenderanno la giustizia e praticheranno la legge di Dio, allora tutti i popoli saranno fratelli.»
«La libertà e il progresso.»
744a. Se la guerra deve avere come effetto quello di conseguire la libertà, come accade che essa ha sovente come scopo e come risultato l'asservimento?
«Asservimento temporaneo per estenuare i popoli, al fine di farli progredire più rapidamente.»
«Costui e il vero colpevole e dovrà viverne di esistenze perché possa espiare tutti gli omicidi di cui sarà stato causa! Egli dovrà infatti rispondere di ogni uomo di cui avrà causato la morte per soddisfare la propria ambizione.»
Assassinio
«Sì. È un grande crimine, perché chi priva della vita un proprio simile spezza una vita di espiazione o di missione. Ed è questo il male.»
«L'abbiamo già detto: Dio e giusto. Giudica più l'intenzione che i fatti.»
«La sola necessita può discolparlo. Ma se si può preservare la propria vita senza attentare a quella del proprio aggressore, lo si deve fare.»
«No, se v i è indotto con la forza. M a è colpevole delle crudeltà che commette, mentre si terra conto della sua umanità.»
«Tutti e due lo sono ugualmente, perché ogni crimine è pur sempre un crimine.»
«Lo sviluppo intellettuale non implica necessariamente il bene. Uno Spirito d'intelligenza superiore può essere malvagio. È colui che ha molto vissuto senza migliorarsi: lui lo sa.»
Crudeltà
«La crudeltà è quanto di peggio si possa trovare nell'istinto di distruzione. Infatti se la distruzione può essere a volte una necessita, la crudeltà non lo e mai; essa e sempre la conseguenza di una natura cattiva.»
«Presso i popoli primitivi, come voi li chiamate, la materia ha il sopravvento sullo Spirito. Essi si abbandonano agli istinti bruti e, poiché non hanno altre necessita che quelle della vita fisica, pensano solo alla conservazione di sé stessi, ed è ciò che in genere li rende crudeli. Per di più i popoli, il cui sviluppo è incompleto, si trovano sotto il dominio di Spiriti egualmente incompleti, che sono loro simpatici, finché popoli più avanzati non vengono a distruggere o ad affievolire questa influenza.»
«Dite che il senso morale non è sviluppato, ma non dite che esso è assente: il senso morale, infatti, esiste come principio in tutti gli uomini. È questo senso morale che ne farà più tardi degli esseri buoni e umani. Esiste dunque nel selvaggio, ma vi si trova come il principio del profumo sta nel germe del fiore prima che sbocci.»
Allo stato rudimentale o latente nell'uomo esistono tutte le facoltà. Esse si sviluppano a seconda che le circostanze siano loro più o meno favorevoli. Lo sviluppo eccessivo di alcune arresta o neutralizza quello di altre. La sovreccitazione degli istinti materiali soffoca, per così dire, il senso morale, così come lo sviluppo del senso morale indebolisce a poco a poco le facoltà puramente animali.
«Così come su un albero carico di buoni frutti si possono trovare frutti non sviluppati. Quelli sono, se si vuole, dei selvaggi che della civiltà hanno solo l'abito, sono dei lupi spersi in mezzo al gregge. Spiriti di ordine inferiore e molto arretrati possono incarnarsi fra gli uomini avanzati, nella speranza di avanzare anch'essi. Ma se la prova e troppo pesante, la natura primitiva ha il sopravvento.»
«L'umanità progredisce. Questi uomini dominati dall'istinto del male e che si trovano fra le persone dabbene, spariranno a poco a poco, come il grano cattivo viene separato da quello buono quando viene mondato, ma per rinascere sotto un altro involucro. E poiché avranno più esperienza, comprenderanno meglio il bene e il male. Ne avete un esempio nelle piante e negli animali che l'uomo ha trovato modo di perfezionare sviluppando in essi qualità nuove. Ebbene! Solamente dopo molte generazioni il perfezionamento può dirsi completo. Questa è l'immagine delle varie esistenze dell'uomo.»
Duello
«No. È un omicidio e un'usanza assurda, degna dei barbari. Con una civilizzazione più avanzata e più morale, l'uomo comprenderà che il duello e ridicolo, come quei combattimenti considerati un tempo il giudizio di Dio.»
«È un suicidio.»
758a. E quando le probabilità si equivalgono, e un omicidio o un suicidio?
«È l'una e l'altra cosa.»
In ogni caso, anche quando le probabilità sono uguali, il duellante e colpevole. In primo luogo perché attenta freddamente eco n deliberato proposito alla vita di un proprio simile, secondariamente perché espone inutilmente la propria vita e senza vantaggio per nessuno.
«L'orgoglio e la vanita: due piaghe dell'umanità.»
759a. Ma ci sono dei casi in cui l'onore e stato veramente offeso, e un rifiuto sarebbe viltà?
«Ciò dipende dagli usi e dai costumi. Ogni paese e ogni secolo ha, a questo proposito, un modo differente di vedere. Quando gli uomini saranno migliori e moralmente più avanzati, comprenderanno che il vero punto d'onore si trova al di sopra delle passioni terrene e che non è affatto uccidendo o facendosi uccidere che si ripara a un torto.»
C’è più grandezza e vero onore nel confessarsi colpevoli se si ha torto, o nel perdonare se si ha ragione e, in ogni caso, nel non dar peso agli insulti, poiché essi non ci possono colpire.
Pena di morte
«La pena di morte scomparirà incontestabilmente, e la sua soppressione costituirà un progresso per l'umanità. Quando gli uomini saranno più illuminati, la pena di morte sarà completamente abolita sulla Terra. Gli uomini non avranno più bisogno di essere giudicati dagli uomini. Sto parlando di un tempo che è ancora molto lontano.»
Senza dubbio il progresso sociale lascia ancora molto a desiderare. Ma sarebbe ingiusto nei confronti della società moderna se, nelle restrizioni apportate alla pena di morte presso i popoli più avanzati e nella natura dei crimini ai quali se ne limita l'applicazione, non si riconoscesse un progresso. Se si confrontano le garanzie per mezzo delle quali la giustizia, presso questi stessi popoli, si sforza di circondare l'accusato, e lo spirito di umanità che essa adotta nei suoi confronti, anche quando viene riconosciuto colpevole, con quanto si praticava in tempi che non sono neppure tanto lontani, non si può negare il cammino progressivo nel quale ormai marcia l'umanità.
«Ci sono altri mezzi per preservarsi dai danni che non sono l'uccidere. D'altra parte al criminale si deve aprire la porta del pentimento, non chiudergliela.»
«Il termine necessita non è pertinente. L'uomo crede sempre che una cosa sia necessaria quando non trova niente di meglio. Però nella misura in cui si illumina, egli comprende meglio ciò che è giusto o ingiusto e ripudia gli eccessi commessi ai tempi dell'ignoranza in nome della giustizia.»
«Se ne può dubitare? Il vostro Spirito non si ribella forse leggendo il resoconto delle carneficine umane perpetrate un tempo in nome della giustizia e sovente in ossequio alla Divinità? Leggendo il resoconto delle torture che si facevano subire al condannato e anche all'accusato, per strappargli, con l'abuso di sofferenze, la confessione di un crimine che molte volte non aveva nemmeno commesso? Ebbene! Se voi foste vissuti a quei tempi, avreste trovato tutto questo naturale, e forse voi stessi, ritengo, avreste fatto altrettanto se foste stati preposti a giudicare. È così che quanto pareva giusto un tempo appare barbaro in un altro. Le leggi divine sono le uniche eterne, mentre le leggi umane cambiano con il progresso. E cambieranno ancora, finché non saranno poste in armonia con le leggi divine.»
«State attenti! Vi siete sbagliati riguardo a queste parole come su molte altre. La pena del taglione e la giustizia di Dio, e Lui che la applica. Voi tutti subite in ogni istante questa pena, perché venite puniti là dove avete peccato, in questa vita o in un'altra. Chi ha fatto soffrire i suoi simili si troverà nella condizione di subire lui stesso ciò che avrà fatto subire. Questo e il senso delle parole di Gesù. Ma Egli vi ha anche detto: ‘Perdonate i vostri nemici’ e vi ha insegnato a domandare a Dio di perdonarvi i vostri peccati come voi stessi li avrete perdonati agli altri, ossia nella stessa misura in cui voi avrete perdonato. Cercate di capite bene ciò.»
«Equivale a prendere il posto di Dio in fatto di giustizia. Coloro che agiscono così mostrano quanto siano lontani dal comprendere Dio, e quante cose abbiano ancora da espiare. La pena di morte e un crimine quando venga applicata nel nome di Dio, e quelli che la infliggono ne sono responsabili tanto quanto gli assassini.»
Capítulo VII — 6. Legge della Società
Necessita della vita sociale
«Certamente. Dio ha fatto l'uomo perché vivesse in società. Non per niente Dio ha dato all'uomo la parola e tutte le altre facoltà necessarie alla vita di relazione.»
«Sì, poiché gli uomini cercano per istinto la vita di relazione e poiché tutti insieme devono concorrere al progresso aiutandosi reciprocamente.»
«L'uomo deve progredire, ma da solo non può poiché non possiede tutte le facoltà. Gli è necessario relazionarsi con gli altri uomini, poiché nell'isolamento si abbrutisce e intristisce.»
Nessun uomo possiede tutte le facoltà. Attraverso le relazioni sociali, gli uomini si completano gli uni con gli altri per assicurarsi il loro benessere e progredire. È per questo che, avendo essi necessita gli uni degli altri, sono fatti per vivere in società e non per isolarsi.
Vita di isolamento. Voto di silenzio
«La soddisfazione dell'egoista! Ci sono anche uomini che trovano soddisfazione nell'ubriacarsi. Li approvate forse? Dio non può ritenere gradevole una vita attraverso la quale ci si condanna a non essere utili a nessuno.»
«Doppio egoismo.»
770a. Ma se questo ritiro ha per fine un'espiazione, che impone una dura punizione, non è forse meritoria?
«Fare del bene più di quanto non si sia fatto del male e la migliore espiazione. Per evitare un male, questi uomini cadono in un altro, perché dimenticano la legge d'amore e di carità»
«Costoro si elevano abbassandosi. Costoro hanno il duplice merito di porsi al di sopra delle soddisfazioni materiali e di fare il bene per l'adempimento della legge del lavoro.»
771a. E quelli che cercano nell'isolamento la tranquillità che certi lavori esigono?
«Questo non è affatto il ritiro assoluto dell'egoista. Essi non si isolano dalla società, dal momento che lavorano per essa.»
«Domandatevi piuttosto se il linguaggio e naturale e perché Dio ne abbia fatto dono agli uomini. Dio condanna l'abuso e non l'uso delle facoltà ch'Egli ci ha accordato. Ciononostante il silenzio è utile, perché nel silenzio ci si raccoglie, lo Spirito diventa più libero e può allora entrare in comunicazione con gli altri Spiriti. Ma il voto di silenzio e una stoltezza. Senza dubbio coloro che considerano queste privazioni volontarie come atti di virtù hanno buone intenzioni, ma si ingannano perché non comprendono sufficientemente le vere leggi di Dio.»
Il voto di silenzio assoluto, come quello di isolamento, priva l'uomo delle relazioni sociali, le quali potrebbero fornirgli le occasioni per fare il bene e contribuire alla legge del progresso.
Legami familiari
«Gli animali vivono di vita materiale, e non di vita morale. La tenerezza della madre verso i suoi piccoli ha come origine l'istinto di conservazione degli esseri ai quali ha dato la vita. Quando questi esseri diventano autosufficienti, il suo compito e finito, e la natura non le domanda altro. È per questo che li abbandona per occuparsi di altri nuovi nati.»
«L'uomo ha un destino diverso da quello degli animali, perché dunque volerlo sempre paragonare al loro? Nell'uomo c’è ben altro al di là delle necessita materiali: la necessita del progresso. I legami sociali sono necessari al progresso, e i legami familiari includono i legami sociali. Ecco perché i legami familiari sono una legge di natura. Dio ha voluto che gli uomini imparassero così ad amarsi come fratelli.» (Vedere n. 205)
«Una recrudescenza dell'egoismo.»
Capítulo VIII - 7. Legge del Progresso
Stato di natura
«No. Lo stato di natura e lo stato primitivo. La civilizzazione non è compatibile con lo stato di natura, mentre la legge naturale contribuisce al progresso dell'umanità.»
Lo stato di natura è l'infanzia dell'umanità e il punto di partenza del suo sviluppo intellettivo e morale. L'uomo, essendo perfettibile e portando in sé il germe del suo miglioramento, non è affatto destinato a vivere eternamente nello stato di natura, non più di quanto non sia destinato a vivere perpetuamente nello stato dell'infanzia. Lo stato di natura è transitorio, e l'uomo ne esce con il progresso e la civilizzazione. La legge naturale, al contrario, regge tutta l'umanità, e l'uomo migliora nella misura in cui comprende meglio e meglio pratica questa legge.
«Che cosa volete? È la felicita del bruto! Ci sono persone che non comprendono altro. Questo e essere felice alla maniera delle bestie. Anche i bambini sono più felici degli adulti.»
«No. L'uomo deve progredire incessantemente e non può ritornare allo stato infantile. Se progredisce, e perché così vuole Dio. Pensare che possa regredire allo stato primitivo sarebbe negare la legge del progresso.»
Cammino del progresso
«L'uomo si evolve lui stesso naturalmente, ma non tutti progrediscono nello stesso tempo e nello stesso modo. È allora che i più avanzati collaborano al progresso degli altri attraverso le relazioni sociali.»
«Ne è la conseguenza, ma non sempre lo segue immediatamente.»
(Vedere nn. 192 e 365)
780a. Come può il progresso intellettivo condurre al progresso morale?
«Facendo comprendere il bene e il male: allora l'uomo può scegliere. Lo sviluppo del libero arbitrio segue quello dell'intelligenza e aumenta la responsabilità delle proprie azioni.»
780b. Come accade allora che i popoli più illuminati siano sovente i più pervertiti?
«Il progresso completo e la meta, ma i popoli, come gli individui, non ci arrivano che passo dopo passo. Finché il senso morale non si è sviluppato in loro, possono anche servirsi della loro intelligenza per commettere il male. La morale e l'intelligenza sono due forze che trovano equilibrio solo nel lungo termine.» (Vedere nn. 365 e 751)
«No. Ma a volte può intralciarlo.»
781a. Che cosa pensare di quegli uomini che cercano di arrestare il cammino del progresso e di far retrocedere l'umanità?
«Poveri esseri che Dio punirà. Essi saranno travolti dal torrente che vogliono arrestare.»
Poiché il progresso è una condizione della natura umana non è nel potere di nessuno opporvisi. È una forza viva che delle cattive leggi possono ritardare, ma non soffocare. Quando queste leggi diventano incompatibili con il progresso, esso le distrugge insieme a tutti quelli che tentano di mantenerle. E sarà sempre così finché l'uomo non avrà messo le sue leggi in sintonia con la giustizia divina, che vuole il bene per tutti e non leggi fatte per il più forte a danno del più debole.
«Si tratta di una piccola pietra che, messa sotto la ruota di un grande carro, non gli impedisce di avanzare.»
«C’è il progresso regolare e lento che è dovuto alla forza delle cose. Ma quando un popolo non avanza abbastanza in fretta, Dio gli invia di quando in quando una scossa fisica o morale che lo trasforma.»
L'uomo non può restare eternamente nell'ignoranza, perché deve arrivare allo scopo indicato dalla Provvidenza, ed egli s'illumina attraverso la forza delle cose. Le rivoluzioni morali, come le rivoluzioni sociali, si insinuano a poco a poco nelle idee. Esse stanno in incubazione per dei secoli, poi improvvisamente esplodono e fanno crollare l'edificio fatiscente del passato, che non è più in armonia con le nuove necessita e le nuove aspirazioni.
L'uomo sovente in questi sommovimenti percepisce solo il disordine e la confusione del momento, poiché lo colpiscono nei suoi interessi materiali. Ma chi eleva il suo pensiero al di sopra della sua persona ammira i disegni della Provvidenza, che dal male fa scaturire il bene. Sono la tempesta e l'uragano che lasciano l'atmosfera purificata dopo averla sconvolta.
«Vi sbagliate. Osservate bene l'insieme e vedrete che l'uomo avanza, perché comprende meglio ciò che è male, e ogni giorno sopprime gli abusi. È necessario l'eccesso del male per fare comprendere la necessita del bene e delle riforme.»
«L'orgoglio e l'egoismo. E mi riferisco al progresso morale. Infatti il progresso intellettuale avanza sempre e sembra persino, di primo acchito, dare a questi vizi una doppia forza, sviluppando l'ambizione e l'amore per le ricchezze che, a loro volta, stimolano l'uomo alle ricerche, che illuminano il suo Spirito. È così che tutto si collega al mondo morale, come a quello fisico, ed e così che dal male stesso può scaturire il bene. Ma questo stato di cose è di breve durata e cambierà nella misura in cui l'uomo comprenderà meglio che, oltre al godimento dei beni terreni, c’è una felicita infinitamente più grande e infinitamente più durevole.» (Vedere Egoismo, Parte Terza, cap. XII)
Ci sono due tipi di progresso, che si prestano reciproco appoggio, e che tuttavia non camminano fianco a fianco. Si tratta del progresso intellettuale e del progresso morale. Presso i popoli civilizzati, il primo riceve, in questo secolo, ogni desiderabile incoraggiamento e ha così raggiunto un livello fino ai nostri giorni sconosciuto. Manca non poco perché il secondo sia allo stesso livello del primo, ma ciononostante, se si paragonano gli attuali costumi sociali con quelli di alcuni secoli fa, bisognerebbe essere ciechi per negare il progresso che c’è stato. Perché dunque il cammino ascendente dovrebbe arrestarsipiù sul piano morale che su quello intellettivo? Perché non dovrebbe esserci fra il diciannovesimo e il ventiquattresimo secolo la stessa differenza che c’è stata fra il quattordicesimo e il diciannovesimo? Dubitarne sarebbe presumere che l'umanità sia all'apogeo della perfezione, la qual cosa sarebbe assurda, oppure che l'umanità non sia moralmente perfettibile, la qual cosa e smentita dall'esperienza.
Popoli degenerati
«Quando la vostra casa minaccia di crollare, voi l'abbattete per costruirne una più solida e confortevole. Ma, finché essa non viene ricostruita, nella vostra dimora c’è solo disagio e confusione.
Inoltre, voi dovete ancora tener conto di questo. eravate poveri e vivevate in stamberghe che, diventati ricchi, lasciate per passare ad abitare in un palazzo. Allora altri poveri diavoli, come eravate voi, vanno a prendere il vostro posto nella vostra stamberga, e sono anche molto felici, perché prima non avevano dove rifugiarsi. Orbene, sappiate dunque che gli Spiriti, che si sono incarnati in questo popolo degenerato, non sono i medesimi che lo costituivano ai tempi del suo splendore. Quelli di allora, che erano avanzati, sono andati ad abitare in dimore migliori e hanno progredito, mentre altri meno avanzati hanno preso il loro posto, che a loro volta lasceranno.»
«Sì, ma esse si annientano fisicamente ogni giorno.»
787a. Quale sarà la sorte futura delle anime che animano queste razze?
«Esse arriveranno, come tutte le altre, alla perfezione passando per altre esistenze. Dio non disereda nessuno.»
787b. Pertanto gli uomini più civilizzati hanno potuto essere selvaggi e antropofagi?
«Voi stessi lo siete stati, più di una volta, prima di essere quello che siete.»
«Certamente. I popoli che vivono della sola vita fisica e la cui grandezza si fonda solo sulla forza e l'espansione territoriale, nascono, crescono e muoiono, perché la forza di un popolo si esaurisce come quella dell'uomo. Quelli, le cui leggi egoistiche contrastano con il progresso dei lumi e la carità, muoiono perché la luce uccide le tenebre e la carità uccide l'egoismo. Ma esiste per i popoli, come per gli individui, la vita dell'anima. Perciò coloro, le cui leggi armonizzano con le leggi eterne del Creatore, vivranno e saranno il faro per altri popoli.»
«No, non in un'unica nazione. Questo e impossibile perché dalla differenza del clima nascono costumi e bisogni diversi, che danno luogo alle nazionalità. Per questo avranno sempre bisogno di leggi adeguate a questi costumi e a queste necessita. Ma la carità non conosce affatto le latitudini ne fa distinzione fra i colori della pelle. Quando la legge di Dio diverrà ovunque la base della legge umana, i popoli praticheranno reciprocamente la carità, come gli individui da uomo a uomo. Allora gli uomini vivranno felici e in pace, perché nessuno cercherà di fare torto al suo vicino, né di vivere a sue spese.»
L'umanità progredisce in virtù degli individui che si perfezionano a poco a poco e si illuminano. Allora, quando questi prevalgono per numero, prendono il sopravvento e trascinano gli altri. Di tanto in tanto sorgono fra loro degli uomini di genio che danno lo slancio, poi degli uomini autorevoli, strumenti di Dio, che in pochi anni fanno avanzare l'umanità di molti secoli.
Il progresso dei popoli mette di nuovo in evidenza quanto sia giusta la reincarnazione. Gli uomini dabbene fanno sforzi encomiabili per far avanzare una nazione moralmente e intellettualmente. La nazione così trasformata sarà più felice in questo e nell'altro mondo, sia pure, ma nel corso della sua lenta marcia attraverso i secoli migliaia di individui muoiono ogni ora. Qual e la sorte di tutti quelli che soccombono durante questo passaggio? La loro relativa condizione di inferiorità li priva della felicita riservata agli ultimi arrivati? Oppure relativa e la loro felicità? La giustizia divina non potrebbe sancire una tale ingiustizia. Per la pluralità delle esistenze, il diritto alla felicita è uguale per tutti perché tutti ereditano il diritto al progresso. Potendo coloro che hanno vissuto al tempo della barbarie ritornare al tempo della civilizzazione presso il medesimo popolo o presso un altro, ne risulta che tutti fruiscono del cammino ascendente.
Ma il sistema dell'unicità delle esistenze presenta qui un'altra difficolta. Secondo questo sistema l'anima viene creata al momento della nascita. Dunque, se un uomo è più avanzato di un altro, è perché Dio ha creato per lui un'anima più avanzata. Perché questo privilegio? Che merito ha, lui che è vissuto non più di un altro, sovente meno di un altro, per essere dotato di un'anima superiore? Ma non consiste in ciò la difficolta maggiore. Una nazione passa, in mille anni, dalla barbarie alla civilizzazione. Se gli uomini vivessero mille anni, si comprenderebbe come in tale arco di tempo avessero la possibilità di progredire; ma tutti i giorni muoiono uomini di tutte le età, si avvicendano incessantemente in modo tale che ogni giorno se ne vedono apparire e scomparire. In capo a mille anni non c’è più traccia degli antichi abitanti. La nazione, da barbara che era, e diventata civilizzata. Chi e che ha progredito? Gli individui un tempo barbari? Ma essi sono morti da lungo tempo. I nuovi venuti? Ma, se la loro anima viene creata al momento della loro nascita, queste anime non esistevano al tempo della barbarie. Bisogna allora ammettere che gli sforzi che si fanno per civilizzare un popolo hanno il potere non di migliorare delle anime imperfette, ma di far sì che Dio crei delle anime più perfette.
Confrontiamo ora questa teoria del progresso con quella data dagli Spiriti. Le anime venute al tempo della civilizzazione hanno avuto la loro infanzia, come tutte le altre, ma esse hanno già vissuto e sono giunte perfezionate da un progresso precedente. Esse vengono attratte da un ambiente che è loro simpatico e adeguato al loro stato attuale. Cosicché le cure prestate alla civilizzazione di un popolo non hanno per effetto quello di creare per l'avvenire delle anime più perfette, ma di attirare quelle che sono già progredite, sia che abbiano già vissuto presso questo stesso popolo al tempo della sua barbarie, sia che vengano da altre parti. In ciò consiste ancora una volta la chiave del progresso di tutta l'umanità. Quando tutti i popoli si troveranno allo stesso livello riguardo al sentimento del bene, la Terra sarà solo il punto di incontro dei buoni Spiriti, che vivranno fra di loro in unione fraterna. I malvagi, invece, trovandovisi respinti e spiazzati, andranno a cercare nei mondi inferiori l'ambiente loro consono, finché non saranno degni di venire nel nostro mondo trasformato. La teoria popolare implica inoltre questa conseguenza, che l'impegno, cioè, per il miglioramento sociale è di vantaggio solo per le generazioni presenti e future. Non è di alcun vantaggio, invece, per le generazioni passate, che hanno avuto il torto di arrivare con troppo anticipo, e che diventano ciò che possono, gravate come sono dal loro carico di barbarie. Secondo la teoria degli Spiriti, invece, gli ulteriori progressi, continui e successivi, sono di vantaggio anche per le generazioni passate che si reincarnano in condizioni migliori e possono così perfezionarsi alla luce della civilizzazione. (Vedere n. 222)
Civilizzazione
«È un progresso incompleto. L'uomo non passa immediatamente dall'infanzia all'età matura.»
790a. È ragionevole condannare la civilizzazione?
«Condannate piuttosto chine abusa e non l'opera di Dio.»
«Sì, quando la morale sarà sviluppata quanto l'intelligenza. Il frutto non può venire prima del fiore.»
«Perché gli uomini non sono ancora né pronti né predisposti a ricevere questo bene.»
792a. Non potrebbe ciò essere anche dovuto al fatto che la civilizzazione, nel creare nuovi bisogni, suscita passioni nuove?
«Sì, anche perché non tutte le facoltà dello Spirito progrediscono contemporaneamente. Ogni cosa vuole il suo tempo. Non potete attendervi dei frutti perfetti da una civilizzazione incompiuta.» (Vedere nn. 751 e 780)
«La riconoscerete dallo sviluppo morale. Voi credete d'essere molto avanzati, perché avete fatto delle grandi scoperte e delle invenzioni meravigliose, perché siete meglio alloggiati e meglio vestiti dei selvaggi. Ma non avrete veramente il diritto di dirvi civilizzati finché non avrete bandito dalla vostra società i vizi che la disonorano e finché non vivrete tra di voi come fratelli, praticando reciprocamente la carità cristiana. Fino ad allora sarete solo dei popoli illuminati in quanto avrete percorso solo la prima fase della civilizzazione.»
La civilizzazione ha vari livelli come tutte le cose. Una civilizzazione incompiuta è uno stato di transizione che dà origine a mali particolari, sconosciuti allo stato primitivo. Ma non per questo si può negare che essa costituisca un progresso naturale e necessario, che porta in sé il rimedio al male che procura. Nella misura in cui la civilizzazione si perfeziona, essa elimina alcuni dei mali che ha generato, e questi mali spariranno del tutto con il progresso morale.
Fra due popoli arrivati al sommo della scala sociale, può ritenersi più civilizzato, nel vero senso della parola, solo quello che presenta meno egoismo, cupidigia e orgoglio, quello le cui abitudini sono più intellettuali e morali che materiali; quello la cui intelligenza può svilupparsi con la maggiore libertà; quello presso cui c’è più bontà, buona fede, benevolenza e generosità reciproca, quello i cui pregiudizi di casta e di nascita sono i meno radicati, perché questi pregiudizi sono incompatibili con il vero amore per il prossimo; quello le cui leggi non decretano alcun privilegio, e sono le medesime per l'ultimo uomo come per il primo; quello presso cui la giustizia si esercita con la minore parzialità, quello presso cui il più debole trova sempre sostegno contro il più forte; quello presso cui la vita dell'uomo, i suoi credo e le sue opinioni sono maggiormente rispettate; quello presso cui c’è il minor numero di infelici; quello, infine, presso cui tutti gli uomini di buona volontà sono sempre sicuri che non mancheranno mai del necessario.
Progresso della legislazione umana
«Sarebbe possibile se fossero ben comprese. E, se l'uomo avesse la volontà di praticarle, esse sarebbero sufficienti. Ma la società ha le sue esigenze e ha bisogno di leggi particolari.»
«In tempi di barbarie sono stati i più forti a fare le leggi e le hanno fatte a loro vantaggio. Ed è stato necessario modificarle nella misura in cui gli uomini hanno compreso meglio la giustizia. Le leggi umane diventano più stabili nella misura in cui si avvicinano alla vera giustizia, ossia nella misura in cui sono fatte per tutti e si identificano con la legge naturale.»
La civilizzazione ha creato per l'uomo nuove necessita, e queste necessita sono relative alla posizione sociale ch'egli si è creata. Egli ha dovuto regolare i diritti e i doveri di questa posizione con le leggi umane. Ma, sotto l'influenza delle loro passioni, gli uomini hanno sovente creato dei diritti e dei doveri immaginari, che la legge naturale condanna e che i popoli cancellano dai loro codici man mano che progrediscono. La legge naturale e immutabile ed è la medesima per tutti. La legge umana e variabile e progressiva. Essa solamente ha potuto sancire, nell'infanzia delle società, il diritto del più forte.
«Una società corrotta ha certamente necessita di leggi più severe. Purtroppo queste leggi si prefiggono di punire il male quando è ormai fatto piuttosto che disseccare la sorgente del male. Non c’è che l'educazione che possa riformare gli uomini. Allora essi non avranno più bisogno di leggi tanto rigorose.»
«Ciò accade in modo naturale, attraverso la forza delle cose e l'influenza delle persone dabbene, che avviano l'uomo sulla strada del progresso. Molte leggi l'uomo ha già riformato e molte altre ne riformerà. Attendete!»
Influenza dello Spiritismo sul progresso
«Certamente diventerà una credenza popolare e segnerà una nuova era nella storia dell'umanità, perché e nell'ordine naturale delle cose, e giunto e il tempo in cui deve occupare il suo posto fra le cognizioni umane. Ciononostante lo Spiritismo dovrà sostenere grandi lotte, ancor di più contro l'interesse che contro la convinzione, perché non bisogna nasconderselo: ci sono persone interessate a combatterlo, alcune per amor proprio, altre per ragioni completamente materiali. Ma coloro che lo avversano, trovandosi sempre più isolati, saranno obbligati a pensare come la maggioranza se non vorranno rendersi ridicoli.»
Le idee si trasformano solo col tempo e mai immediatamente. Esse si indeboliscono di generazione in generazione e finiscono con lo sparire a poco a poco insieme a coloro che le professano. Costoro vengono sostituiti da altri individui ispirati da nuovi principi, come avviene per le idee politiche. Guardate il paganesimo: certamente non c’è nessuno oggi che professi le idee religiose di allora. Ciononostante, molti secoli dopo l'avvento del Cristianesimo, quelle idee avevano lasciato delle tracce che solo il completo rinnovamento dei popoli ha potuto cancellare. Avverrà lo stesso dello Spiritismo. Esso fa molti progressi, ma ci sarà ancora, per due o tre generazioni, un fermento di incredulità che solo il tempo dissiperà. Tuttavia la marcia dello Spiritismo sarà più rapida di quella del Cristianesimo, perché e il Cristianesimo stesso che gli apre la strada ed è su di esso che lo Spiritismo si appoggia. Il Cristianesimo aveva dovuto distruggere, lo Spiritismo non ha che da edificare.
«Abbattendo il materialismo, che è una delle piaghe della società, lo Spiritismo fa comprendere agli uomini dove sta il loro vero interesse. Non essendo più la vita futura offuscata dal dubbio, l'uomo comprenderà meglio che può assicurare il suo avvenire per mezzo del presente. Distruggendo i pregiudizi di sette, caste e colori, lo Spiritismo insegna agli uomini la grande solidarietà che deve unirli come fratelli.»
«Vorrebbe dire conoscere ben poco gli uomini, se si pensasse che una qualsiasi causa potesse trasformarli come per incanto. Le idee si modificano a poco a poco secondo gli individui, e ci vogliono delle generazioni per cancellare completamente le tracce delle vecchie abitudini. La trasformazione non può dunque operarsi se non alla lunga, gradualmente e passo dopo passo. A ogni generazione una parte del velo si dissipa finché lo Spiritismo verrà a squarciarlo definitivamente. Ma se nel frattempo esso riuscisse a estirpare in un uomo anche un solo difetto, ciò sarebbe pur un passo che gli avrà fatto fare e, per ciò stesso, un grande bene, perché questo primo passo renderà gli altri passi più facili.»
«Voi non insegnate ai bambini ciò che insegnate agli adulti, e non date al neonato un alimento che non potrebbe digerire. Ogni cosa a suo tempo. Comunque, gli Spiriti hanno insegnato molte cose che gli uomini o non hanno capito o hanno snaturato, ma che ora possono comprendere. Col loro insegnamento, sia pure incompleto, hanno preparato il terreno a ricevere la semente che sta fruttificando oggi.»
«Voi vorreste dei miracoli! Ma Dio li spande a piene mani sul vostro cammino, eppure avete fra di voi uomini che ancora lo rinnegano! Lo stesso Cristo convinse forse i suoi contemporanei con i prodigi che ha compiuto? E oggi non vedete forse uomini rinnegare i fatti più evidenti che sono accaduti sotto i loro occhi? Non ci sono forse tra di voi quelli che dichiarano che non ci crederebbero neanche se li vedessero? No! Non è attraverso i miracoli che Dio vuole redimere gli uomini. Nella Sua bontà, Egli vuol loro lasciare il merito di convincersi per mezzo della ragione.»
Capítulo IX - 8. Legge d'Uguaglianza
Uguaglianza naturale
«Si, tutti tendono allo stesso scopo, e Dio ha fatto le sue leggi per tutti. Voi dite sovente: il sole splende per tutti. Estate dicendo una verità più grande e più generale di quanto non pensiate.»
Tutti gli uomini sono soggetti alle medesime leggi di natura. Tutti nascono con le medesime debolezze, sono soggetti ai medesimi dolori, e il corpo del ricco si distrugge come quello del povero. Dio non ha dunque dato a nessun uomo una superiorità naturale né con la nascita né con la morte: tutti sono uguali davanti a Lui.
Disuguaglianza delle attitudini
«Dio ha creato gli Spiriti tutti uguali, ma ognuno di essi ha vissuto più o meno a lungo e, di conseguenza, ha più o meno acquisito esperienza. La differenza sta nel livello della loro esperienza e nella loro volontà, che è il libero arbitrio: pertanto alcuni si perfezionano più rapidamente, cosa che da loro varie attitudini. La mescolanza delle attitudini e necessaria affinché ognuno possa dare il suo contributo ai disegni della Provvidenza, entro i limiti dello sviluppo delle sue forze fisiche e intellettuali. Ciò che non fa l'uno lo fa l'altro, ed è così che ognuno ha il suo ruolo utile. Inoltre essendo tutti solidali gli uni con gli altri, bisogna pure che gli abitanti dei mondi superiori, che per la maggior parte sono stati creati prima del vostro, vengano ad abitare fra di voi per darvi l'esempio.» (Vedere n. 361)
«Sì, l'abbiamo già detto. Lo Spirito, che è progredito, assolutamente non retrocede. Può scegliere, nel suo stato di Spirito, un involucro più rozzo, o una posizione più precaria di quella che ha avuta, ma tutto questo sempre affinché gli serva da insegnamento e lo aiuti a progredire.» (Vedere n. 180)
Così la diversità delle attitudini dell'uomo non attiene alla natura intima della sua creazione, ma al grado di perfezionamento al quale sono pervenuti gli Spiriti che si sono incarnati in lui. Dunque Dio non ha creato l'ineguaglianza delle attitudini, ma ha permesso che i differenti gradi di sviluppo venissero in contatto, affinché i più avanzati potessero concorrere al progresso dei più arretrati e affinché anche gli uomini, avendo essi bisogno gli uni degli altri, comprendessero la legge di carità che deve unirli.
Disuguaglianze sociali
«No, essa è opera dell'uomo e non di Dio.»
806a. Questa disuguaglianza scomparirà un giorno?
«Di eterno non ci sono che le leggi di Dio. Non vedete forse questa disuguaglianza scomparire giorno dopo giorno? Essa sparirà insieme al predominio dell'orgoglio e dell'egoismo, e resterà solo l'ineguaglianza del merito. Verrà giorno in cui i membri della grande famiglia dei figli di Dio non si considereranno più in base al sangue più o meno puro. Non c’è che lo Spirito più o meno puro, e ciò non dipende dalla posizione sociale.»
«Costoro meritano l'anatema. Guai a loro! Essi saranno oppressi a loro volta e rinasceranno in un'esistenza in cui subiranno tutto quello che avranno fatto soffrire.» (Vedere n. 684)
Disparita delle ricchezze
«Sì e no. E che cosa dite della frode e del furto?»
808a. Tuttavia, la ricchezza ereditaria non è il frutto di cattive passioni.
«Che ne sapete? Risalite alla fonte e vedrete se essa e sempre pura. Sapete voi forse se all'inizio essa non sia stata il frutto di una spoliazione o di un'ingiustizia? Ma, senza parlare dell'origine che può essere disonesta, credete forse che la cupidigia delle ricchezze — anche di quelle acquisite il più onestamente —, i desideri segreti, che uno concepisce, di possederle il più presto possibile, siano dei sentimenti lodevoli? È questo che Dio giudica, e vi assicuro che il suo giudizio e più severo di quello degli uomini.»
«Senza dubbio gli eredi non sono responsabili del male che altri hanno potuto fare, e tanto meno lo sono se lo ignorano. Ma sappiate che sovente una fortuna tocca a un uomo solo per fornirgli l'occasione di riparare a un'ingiustizia. Felice colui che lo comprende! Se lo fa in nome di chi ha commesso l'ingiustizia, verrà tenuto conto della riparazione per tutti e due, perché sovente e il colpevole che ispira la riparazione.»
«Ogni azione porta i suoi frutti. I frutti delle buone azioni sono dolci, gli altri sono sempre amari. Sempre, tenetelo ben presente.»
«No. Essa non è possibile. La diversità delle attitudini e dei caratteri vi si oppone.»
811a. Ci sono tuttavia degli uomini i quali credono che qui stia il rimedio ai mali della società. Che cosa ne pensate?
«Sono o dei sistematici o degli ambiziosi invidiosi. Non comprendono che l'uguaglianza che essi vagheggiano verrebbe ben presto infranta dalla forza delle cose. Combattete l'egoismo, perché è qui la vostra piaga sociale, e non cercate chimere.»
«No. Mail benessere è relativo, e ognuno potrebbe fruirne se lo s'intende bene... Infatti il vero benessere consiste nell'impiego del tempo a proprio piacimento e non in lavori per i quali non si prova alcun interesse. E poiché ognuno ha attitudini differenti, nessuno dei lavori utili rimarrebbe irrealizzato. L'equilibrio esiste in tutto, e l'uomo che vuole alterarlo.»
812a. È possibile per gli uomini intendersi?
«Gli uomini s'intenderanno quando praticheranno la legge della giustizia.»
«Sì, l'abbiamo già detto. La società sovente e la causa prima di questi errori. E d'altra parte essa non deve forse vegliare sull'educazione morale dei suoi membri? Sovente è stata la cattiva educazione ad alterare il loro giudizio anziché soffocarne le tendenze perniciose.» (Vedere n. 685)
Prove della ricchezza e della miseria
«Per mettere alla prova ognuno in modo differente. D'altra parte, lo sapete, sono gli Spiriti stessi che hanno scelto queste prove e molte volte vi soccombono.»
«Tanto l'una quanto l'altra. La miseria provoca mormorazioni contro la Provvidenza, la ricchezza spinge a tutti gli eccessi.»
«È esattamente quello che non sempre fa. Egli diventa egoista, orgoglioso e insaziabile. Le sue pretese aumentano con la sua fortuna, ed egli crede di non averne mai abbastanza per sé.»
L'ascesa sociale e il potere sui propri simili sono prove tanto difficili e tanto rischiose quanto la disgrazia, perché più si e ricchi e potenti, più si hanno obblighi da assolvere e più grandi sono i mezzi di fare sia il bene sia il male. Dio mette alla prova il povero attraverso la rassegnazione, e il ricco attraverso l'uso ch'egli fa dei suoi beni e del suo potere.
La ricchezza e il potere fanno nascere tutte le passioni che ci vincolano alla materia e ci allontanano dalla perfezione spirituale. È per questo che Gesù ha detto: "E ripeto: è più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio". (Vedere n. 266)
Uguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna
«Dio non ha forse dato a tutti e due la capacita di giudicare il bene e il male e la facoltà di progredire»
«È dovuta allo strapotere ingiusto e crudele che l'uomo ha assunto su di lei. È la conseguenza delle istituzioni sociali e dell'abuso della forza sulla debolezza. Presso gli uomini poco avanzati dal punto di vista morale, la forza fa il diritto.»
«Per assegnarle delle funzioni particolari. L'uomo e per i lavori rudi, essendo il più forte; la donna per i lavori leggeri, e ciò perché tutti e due si aiutino a superare le prove di una vita piena di amarezze.»
«Dio ha dato agli uni la forza per proteggere il debole e non per asservirlo.»
Dio ha adeguato l'organismo di ogni essere alle funzioni che deve compiere. Se ha dato alla donna una minore forza fisica, l'ha dotata in compenso di una maggiore sensibilità, in relazione alla delicatezza delle funzioni materne e alla fragilità degli esseri affidati alle sue cure.
«Sì, un'importanza anche più grande. È la donna che da all'uomo le prime nozioni della vita.»
«È il primo principio di giustizia: non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi.»
822a. Di conseguenza una legislazione, per essere perfettamente giusta, deve sancire l'uguaglianza dei diritti fra l'uomo e la donna?
«Uguaglianza dei diritti, sì; delle funzioni, no. È necessario che ognuno occupi il posto consentito, che l'uomo si occupi dell'esterno e la donna dell'interno, ognuno secondo le proprie attitudini. La legge umana, per essere equanime, deve sancire l'uguaglianza dei diritti fra l'uomo e la donna: qualsiasi privilegio accordato all'uno o all'altro è contrario alla giustizia. L’emancipazione della donna segue il progresso della civilizzazione. Il suo asservimento cammina con la barbarie. I sessi, d'altra parte, esistono solo nell'organismo fisico. Poiché gli Spiriti possono prendere o l'uno o l'altro, non c’è alcuna differenza fra loro sotto questo aspetto e, di conseguenza, devono fruire degli stessi diritti.»
Uguaglianza di fronte alla morte
«È l'ultimo atto di orgoglio.»
823a. Ma la sontuosità dei monumenti funebri non è soprattutto opera dei parenti, che vogliono onorare la memoria del defunto, piuttosto che opera del defunto stesso?
«Orgoglio dei parenti che vogliono glorificare sé stessi. Oh, sì! Non è sempre per il morto che si fanno tutte queste cerimonie: e per amor proprio e per il mondo, e anche per ostentare la propria ricchezza. Credete voi che il ricordo di un essere caro sia meno duraturo nel cuore del povero perché egli può mettere solo un fiore sulla tomba del suo defunto? Credete voi che il marmo salvi dall'oblio chi è stato inutile sulla Terra!»
«No. Quando essa onora la memoria di un uomo dabbene è giusta e di buon esempio.»
La tomba è il luogo d'incontro di tutti gli uomini. Là finiscono impietosamente tutte le distinzioni umane. Invano il ricco cerca di perpetuare la sua memoria con monumenti fastosi. Il tempo li demolirà, come decompone il corpo, perché così vuole la natura. La memoria delle sue buone e cattive azioni sarà meno peritura della sua tomba. La pompa dei funerali non lo monderà delle sue turpitudini e non lo farà salire di un solo scalino nella gerarchia spirituale. (Vedere n. 320 e sgg.)
Capítulo X - 9. Legge di Libertà
Liberia naturale
«No, perché tutti voi avete bisogno gli uni degli altri, i piccoli come i grandi.»
«Quella dell'eremita in un deserto.Fin dal momento in cui ci sono due uomini insieme, essi hanno dei diritti da rispettare e, di conseguenza, non fruiscono più di una libertà assoluta.»
«Assolutamente no, perché è un diritto che possiede per natura.»
«Essi hanno l'intelligenza della legge naturale, ma questa intelligenza e controbilanciata dall'orgoglio e dall'egoismo. Quando i loro principi non sono una commedia recitata per calcolo, essi comprendono bene come le cose devono essere, ma non le fanno.»
828a. Si terra conto nell'altra vita dei principi ch'essi hanno professato su questa Terra?
«Più si ha intelligenza per comprendere un principio, meno si è scusati per non averlo applicato a sé stessi. In verità vi dico che l'uomo semplice, ma sincero, e più avanzato sulla strada verso Dio di chi vuol sembrare ciò che non e.»
Schiavitù
«Qualsiasi soggezione assoluta di un uomo a un altro e contraria alla legge di Dio. La schiavitù è un abuso della forza; scompare con il progresso, come scompariranno a poco a poco tutti gli altri abusi.»
La legge umana che consacra la schiavitù è una legge contro natura, perché riduce l'uomo allo stato di bestia e lo degrada moralmente e fisicamente.
«Il male è sempre il male. Tutti i vostri sofismi non faranno certo sì che una cattiva azione diventi buona. Ma la responsabilità del male e relativa ai mezzi che si hanno per comprenderlo. Chi trae profitto dalla legge della schiavitù è sempre colpevole di una violazione della legge di natura. Ma in ciò, come in tutte le cose, la colpevolezza è relativa. Essendosi la schiavitù introdotta nei costumi di certi popoli, l'uomo ha potuto approfittarne in buona fede e come di una cosa che a lui sembrava naturale. Però, da quando la sua ragione, più sviluppata e soprattutto illuminata dai lumi del Cristianesimo, gli ha mostrato nello schiavo il suo simile davanti a Dio, egli non ha più attenuanti.»
«Sì, per elevarle, non per abbrutirle ancor di più con la schiavitù. Gli uomini per un tempo troppo lungo hanno considerato gli appartenenti a certe razze umane come animali da fatica, dotati di braccia e di mani. E si sono creduti in diritto di venderli come bestie da soma. Si credevano di un sangue più puro! Insensati, che vedevano solo la materia! Non è il sangue a esser più o meno puro, bensì lo Spirito.» (Vedere nn. 361 e 803)
«Io dico che costoro comprendono al meglio i loro interessi. Essi hanno altrettante attenzioni per i loro buoi e i loro cavalli al fine di ricavarne maggior profitto sul mercato. Non sono colpevoli come quelli che maltrattano i loro schiavi, ma non ne dispongono meno che di una mercanzia, privandoli del diritto di appartenersi.»
Libertà di pensiero
«È nel pensiero che l'uomo gode di una libertà senza limiti, perché il pensiero non conosce barriere. Se ne può arrestare il corso, ma non annientarlo.»
«Ne è responsabile davanti a Dio. Dio solo può conoscerlo e lo condanna o assolve secondo la Sua giustizia.»
Libertà di coscienza
«La coscienza è un pensiero intimo che appartiene all'uomo, come tutti gli altri pensieri.»
«Non più che alla libertà di pensiero. Spetta solo a Dio il diritto di giudicare la coscienza. Se l'uomo regola con le sue leggi i rapporti da uomo a uomo, Dio, con le Sue leggi di natura, regola i rapporti dell'uomo con Dio.»
«Costringere gli uomini ad agire diversamente da come pensano, facendone degli ipocriti. La libertà di coscienza e uno dei caratteri della vera civilizzazione e del progresso.»
«Ogni credo e rispettabile quando e sincero e quando conduce alla pratica del bene. I credi condannabili sono quelli che conducono al male.»
«È mancare di carità e costituisce una minaccia alla libertà di pensiero.»
«Si possono reprimere le manifestazioni, ma il credo intimo e inaccessibile.»
Reprimere le manifestazioni esteriori di un credo, quando questi atti portano un qualsiasi danno ad altri, non è assolutamente attentare alla libertà di coscienza, perché questa repressione lascia al credo la sua piena libertà.
«Certamente si può, anzi si deve. Ma insegnate, sull'esempio di Gesù, con la dolcezza e la persuasione. Non usate la forza, cosa che sarebbe peggiore del credo di colui che si vorrebbe convincere. Se c'è qualcosa che è permesso imporre, sono il bene e la fraternita. Ma non crediamo che il mezzo per convincere quegli individui sia l'agire con violenza: il convincimento non si impone.»
«Sarà quella che annovera più uomini dabbene e meno ipocriti, ossia quella che pratica la legge d'amore e di carità nella sua più grande purezza e la applica più ampiamente. Da questo segno riconoscerete che una dottrina è buona, perché ogni dottrina, che avesse come effetto quello di seminare la discordia e determinare una divisione fra i figli di Dio, non può essere che falsa e nociva.»
Libero arbitrio
«Poiché e libero di pensare, e anche libero di agire. Senza il libero arbitrio, l'uomo sarebbe una macchina.»
«C’è libertà d'agire dal momento in cui c’è volontà di fare. Nei primi anni di vita la libertà è quasi nulla: essa si evolve e cambia di obiettivo con lo sviluppo delle facoltà. Il bambino, avendo dei pensieri relativi alle necessita della sua età, applica il suo libero arbitrio alle cose che gli sono necessarie.»
«Le predisposizioni istintive sono quelle dello Spirito prima della sua incarnazione. A seconda ch'egli sia più o meno avanzato, queste predisposizioni possono spingerlo ad atti condannabili, ed egli sarà assecondato in questo dagli Spiriti che simpatizzano con queste tendenze. Ma non esistono affatto tentazioni irresistibili quando si ha la volontà di resistervi. Ricordatevi che volere è potere.» (Vedere n. 361)
«Lo Spirito e certamente influenzato dalla materia, che può ostacolarlo nelle sue manifestazioni. Ecco perché, nei mondi dove i corpi sono meno materiali che sulla Terra, le facoltà si sviluppano con maggiore libertà. Ma non è lo strumento che dona le facoltà. D'altronde si devono qui distinguere le facoltà morali da quelle intellettuali. Se un individuo ha l'istinto dell'assassinio, e sicuramente il suo stesso Spirito che lo possiede e che glielo trasmette, ma non i suoi organi. Chi annienta il suo pensiero per occuparsi solo della materia diventa simile al bruto e anche peggiore, perché non pensa piùa premunirsi contro il male. Ed è in ciò che è colpevole, in quanto agisce così di sua volontà.» (Vedere n. 367 e sgg. Influenza dell’Organismo)
«Colui la cui intelligenza e turbata da una qualsiasi causa non è più padrone del proprio pensiero e da quel momento non ha più libertà. Questa aberrazione e sovente una punizione per lo Spirito che, in un'altra esistenza, può essere stato frivolo e orgoglioso e aver fatto un cattivo uso delle sue facoltà. Egli può rinascere nel corpo di un menomato mentale, così come il despota nel corpo di uno schiavo, e il ricco malvagio in quello di un mendicante. Ma lo Spirito soffre di questa costrizione di cui ha perfetta coscienza. E d è questa l'azione della materia.» (Vedere n. 371 e sgg.)
«No, perché l'ubriaco si è volontariamente privato della sua ragione per soddisfare delle passioni brutali. Anziché commettere un errore, ne commette due.»
«È l'istinto, che in certe circostanze non impedisce all'uomo di agire in piena libertà. Ma, come il bambino, egli applica alle sue necessità questa libertà, la quale si evolve con l'intelligenza. Di conseguenza, voi che siete più illuminati di un primitivo, siete anche più responsabili riguardo a ciò che fate di un primitivo.»
«Il mondo ha senza dubbio le sue esigenze. Dio è giusto e tiene conto di tutto, ma vi lascia la responsabilità di quel po' di sforzi che fate per sormontare gli ostacoli.»
Fatalità
«La fatalità esiste solo riguardo alla scelta che ha fatto lo Spirito, incarnandosi, di subire questa o quella prova. Scegliendola, egli si crea una sorta di destino, che è la conseguenza stessa della posizione in cui si trova collocato. Parlo delle prove fisiche, perché per quanto riguarda le prove morali e le tentazioni, lo Spirito, conservando il suo libero arbitrio sul bene e sul male, e sempre padrone di cedere o di resistere. Uno Spirito buono, vedendolo indebolirsi, può andare in suo aiuto, ma non può influire su di lui in modo tale da dominare la sua volontà. Uno Spirito cattivo, ossia inferiore, mostrandogli un pericolo fisico ed esagerandoglielo, può impressionarlo e spaventarlo. Ma la volontà dello Spirito incarnato non resta per questo meno libera da ogni ostacolo.»
«Sono forse delle prove che devono subire e che essi hanno scelto. Ma ancora una volta voi attribuite al destino ciò che il più delle volte non è che la conseguenza di un vostro stesso errore. Nei mali che vi affliggono, fate in modo che la coscienza sia pura, e sarete quasi consolati.»
Le idee, giuste o false, che noi ci facciamo delle cose, ci fanno riuscire o fallire secondo il nostro carattere e la nostra posizione sociale. Troviamo più semplice e meno umiliante per il nostro amor proprio, attribuire i nostri fallimenti alla sorte o al destino piuttosto che ai nostri stessi errori. Se l'influenza degli Spiriti qualche volta vi contribuisce, possiamo sempre sottrarci a questa influenza respingendo le idee che essi ci suggeriscono, quando queste non sono buone.
«C’è fatalità, nel vero senso del termine, solo al momento della morte. Quando questo momento e arrivato, che sia in un modo o in un altro, voi non potrete sfuggirvi.»
853a. Pertanto, qualunque sia il pericolo che ci minaccia, non morremo se la nostra ora non è arrivata?
«No, non morrete e ne avete migliaia di esempi. Ma quando la vostra ora di partire e arrivata, niente può salvarvi. Dio conosce in anticipo attraverso quale genere di morte partirete da qui, e sovente anche lo Spirito lo sa, perché gli viene rivelato quando fa la scelta di questa o quella esistenza.»
«No, perché le precauzioni che voi prendete vi vengono suggerite affinché evitiate la morte che vi sta minacciando. Quelle precauzioni sono dei modi perché essa non avvenga.»
«Quando la vostra vita è messa in pericolo, e un avvertimento che voi stessi avete auspicato al fine di distogliervi dal male e rendervi migliori. Quando sfuggite a questo pericolo, ancora sotto l'influsso del rischio che avete corso voi pensate, più o meno seriamente, secondo l'azione più o meno forte dei buoni Spiriti, di diventare migliori. Tornando il cattivo Spirito a tentarvi (dico cattivo, sottintendendo il male che è ancora in lui), voi pensate che sfuggirete anche ad altri pericolie lasciate di nuovo che le vostre passioni si scatenino. Per mezzo dei pericoli che correte, Dio vi ricorda la debolezza e la fragilità della vostra esistenza. Se si esamina la causa e la natura del pericolo, si vedrà che, il più delle volte, le conseguenze sarebbero state la punizione per un errore commesso o per un dovere trascurato. Dio vi avverte così di rientrare in voi stessi e di correggervi.» (Vedere nn. 526-532)
«Egli sa che il genere di vita che ha scelto lo porta a morire in un modo piuttosto che in un altro. Ma conosce anche le lotte che dovrà sostenere per evitarla e, se Dio lo permette, non soccomberà.»
«Assai frequentemente l'uomo ha il presentimento della sua fine, così come può avere quello secondo cui ancora non morirà. Questo presentimento gli viene dai suoi Spiriti protettori che vogliono avvertirlo di tenersi pronto ad andarsene o ne stimolano il coraggio nel momento in cui gli è più necessario. Gli può venire anche dall'intuizione ch'egli ha dell'esistenza che ha scelto, o della missione che ha accettato e che sa di dover compiere.), (Vedere nn. 411-522)
«È l'uomo che teme la morte, non lo Spirito. Chi la presagisce pensa più come Spirito che come uomo: egli comprende la sua liberazione e attende.»
«Sono sovente dei fatti assai insignificanti perché uno Spirito ve ne possa avvertire. A volte pero uno Spirito può fare in modo che li evitiate orientando il vostro pensiero, perché noi Spiriti detestiamo le sofferenze materiali. Ma ciò è poco importante per la vita che avete scelto. La fatalità consiste veramente solo riguardo al momento in cui dovete nascere o morire su questa Terra.»
859a. Ci sono dei fatti che, inevitabilmente, devono accadere e che la volontà degli Spiriti non può scongiurare?
«Sì. Ma li avete visti e presentiti nello stato di Spirito, quando avete fatto la vostra scelta. Tuttavia non crediate che tutto ciò che succede stia scritto, come si dice. Un avvenimento e sovente la conseguenza di una cosa che avete fatto attraverso un atto della vostra libera volontà. Dimodoché, se voi non aveste fatto questa cosa, l'avvenimento non sarebbe potuto accadere. Se vi bruciate un dito, questo nonè niente. È la conseguenza della vostra imprudenza e della materia. Sono solo i grandi dolori, gli avvenimenti importanti e quelli che possono influire sul morale che sono previsti da Dio, in quanto utili alla vostra purificazione e istruzione.»
«Lo può, se questa deviazione apparente può rientrare nell'ordine generale della vita ch'egli ha scelto. Inoltre, per fare il bene come dev'essere fatto, ed essendo il solo scopo della vita, egli può impedire il male, soprattutto quel male che potrebbe contribuire a un male più grande.»
«No. Sa che, scegliendo una vita di lotta, esiste per lui la possibilità di uccidere uno dei suoi simili, ma non sa se lo farà, perché c’è quasi sempre in lui l'intenzione prima di commettere il crimine. Pertanto chi delibera su una cosa e sempre libero di farla o di non farla. Se lo Spirito sapesse in anticipo che, come uomo, dovrà commettere un assassinio, vorrebbe dire che vi sarebbe predestinato. Sappiate dunque che nessuno e predestinato al crimine, e che ogni crimine o atto qualsiasi è sempre un fatto della volontà e del libero arbitrio.
Del resto si confondono sempre due cose ben distinte: gli avvenimenti materiali della vita e gli atti della vita morale. Se a volte c’è fatalità, essa e negli avvenimenti materiali, la cui causa si trova al di fuori di voi e che sono indipendenti dalla vostra volontà. Quanto agli atti della vita morale, essi provengono sempre dall'uomo stesso, che ha sempre di conseguenza la libertà di scelta. Dunque, per questi atti, non c’è mai fatalità.»
«È proprio fatalità, se così volete chiamarla. Ma essa riguarda le scelte di genere esistenziale, perché queste persone hanno voluto essere provate da una vita di delusioni al fine di esercitare la loro pazienza e la loro rassegnazione. Ciononostante non crediate che questa fatalità sia assoluta. Essa è sovente il risultato della falsa strada che esse hanno preso e che non è in alcun rapporto con la loro intelligenza e le loro attitudini. Chi vuole attraversare un fiume a nuoto senza saper nuotare ha molte probabilità di annegare. Lo stesso è per la maggior parte degli avvenimenti della vita. Se l'uomo intraprendesse solo cose adatte alle sue capacita, quasi sempre ce la farebbe. Ciò che lo perde sono il suo amor proprio e la sua ambizione, che lo inducono a uscire dalla sua strada e a scambiare per vocazione il desiderio di soddisfare certe passioni. Fallisce, e la colpa e sua. Ma, anziché prendersela con sé stesso, preferisce accusare la sua stella. Chi sarà un cattivo poeta e morirà di fame sarebbe divenuto un buon operaio e si sarebbe guadagnato onestamente la vita. Ci sarebbe posto per tutti se ognuno sapesse mettersi al proprio posto.»
«Sono gli uomini che fanno i costumi sociali e non Dio. Se essi vi si sottomettono, vuol dire che a loro conviene, e anche questo e un atto di libero arbitrio, perché se volessero potrebbero affrancarsene. Allora perché lamentarsi? Non sono i costumi sociali che essi devono accusare, ma il loro sciocco amor proprio che fa loro preferire morire di fame piuttosto che abbassarsi. Nessuno tiene conto di questo loro sacrificio fatto in nome dell'opinione pubblica, mentre Dio terra conto del sacrificio fatto in nome della loro vanita. Questo non vuol dire che si debba sfidare l'opinione pubblica insensatamente, come fanno certuni che hanno più bizzarria che vera filosofia. C’è tanto di ridicolo nel farsi segnare a dito o nel farsi guardare come una bestia rara, quanto c’è di saggio nel discendere volontariamente e senza rumore, quando non ci si può mantenere in cima alla scala.»
«Sovente questo accade perché taluni ci sanno fare. Ma può anche essere un genere di prova. Il successo li ubriaca, si affidano al loro destino e, frequentemente, più tardi pagano questi stessi successi con crudeli fallimenti, che avrebbero potuto evitare con la prudenza.»
«Alcuni Spiriti hanno scelto in anticipo certi tipi di piacere. La fortuna che li favorisce e una tentazione. Colui che guadagna come uomo perde come Spirito: e una prova perii suo orgoglio e la sua cupidigia.»
«Anche voi avete scelto la vostra prova. Più essa è dura e meglio la sopportate, più vi elevate. Chi trascorre la vita nell'abbondanza e nelle gioie umane e uno Spirito debole che rimane stazionario. Così il numero degli sfortunati è di gran lunga preponderante rispetto al numero dei fortunati di questo mondo, ammesso che gli Spiriti cerchino per la maggior parte la prova che sarà loro più profittevole. Essi vedono troppo bene la futilità dei vostri fasti e dei vostri piaceri. D'altra parte la vita più felice è sempre agitata, sempre inquieta, non foss'altro che per la mancanza del dolore.» (Vedere n. 525 e sgg.)
«È una vecchia superstizione che collegava le stelle al destino di ciascun uomo, un'allegoria che certuni hanno la stoltezza di prendere alla lettera.»
Conoscenza del futuro
«Il futuro, in linea di massima, gli è nascosto, ed e solo in casi rari ed eccezionali che Di one permette la rivelazione.»
«Se l'uomo conoscesse il futuro, trascurerebbe il presente e non agirebbe con la stessa libertà, perché sarebbe dominato dal pensiero che, se una cosa deve accadere, non c’è bisogno di occuparsene oppure cercherebbe di contrastarla. Dio non ha voluto che fosse così, affinché ognuno potesse concorrere al compimento delle cose stabilite, anche di quelle alle quali vorrebbe opporsi. Così voi stessi predisponete, sovente senza sospettarlo, gli avvenimenti che succederanno nel corso della vostra vita.»
«È quando questa preveggenza deve facilitare il compimento di qualcosa invece di avversarlo, impegnando l'uomo ad agire diversamente da come avrebbe fatto senza quella preveggenza. E, inoltre, sovente è una prova. La prospettiva di un avvenimento può risvegliare pensieri più o meno buoni. Se l'uomo dovesse sapere, per esempio, che riceverà un’eredità sulla quale non contava, potrebbe venire sollecitato dal sentimento della cupidigia, dal piacere di aumentare le sue soddisfazioni terrene, dal desiderio di possedere al più presto quella fortuna, magari augurandosi la morte di colui che deve lasciargliela. Oppure questa prospettiva potrà risvegliare in lui dei buoni sentimenti e dei pensieri generosi. Se la predizione non si compie, è un'altra prova: quella del modo in cui egli sopporterà la delusione. Ma non avrà meno merito o demerito dei pensieri buoni o cattivi che il credere all'avvenimento ha fatto nascere in lui.»
«Tanto varrebbe domandarsi perché Dio non abbia creato l'uomo perfetto e realizzato (vedere n. 119), e perché l'uomo debba passare attraverso l'infanzia prima di arrivare all'età adulta (vedere n. 379). La prova non ha lo scopo di illuminare Dio sui meriti di un uomo, perché Dio sa perfettamente quanto egli vale; ma ha lo scopo di lasciare a quest'uomo tutta la responsabilità della sua azione, dal momento che è libero di agire o non agire. Potendo l'uomo scegliere fra il bene e il male, la prova ha per effetto di metterlo alle prese con la tentazione del male e di lasciare a lui tutto il merito della resistenza. Ora, benché Dio sappia molto bene e in anticipo se riuscirà o no, non può, nella Sua giustizia, né punirlo né ricompensarlo per un atto che non ha compiuto.» (Vedere n. 258)
Così è fra gli uomini. Per quanto un candidato possa essere capace, e per quanto si abbia qualsiasi certezza di vederlo riuscire, non gli si conferisce alcun grado senza esame, ossia senza prova. Egualmente il giudice condanna un accusato solo in base a un atto compiuto e non sulla previsione che egli possa o debba compiere questo atto.
Più si riflette sulle conseguenze che risulterebbero per l'uomo dalla conoscenza del futuro, più ci si rende conto di come la Provvidenza sia stata saggia nel nascondergliela. La certezza di un avvenimento felice lo farebbe cadere nell'inerzia, quella di un avvenimento infelice, nello scoraggiamento. Nell'uno e nell'altro caso le sue forze rimarrebbero paralizzate. Ecco perché il futuro viene mostrato all'uomo solo come fine cui egli deve tendere con i suoi sforzi, ma senza conoscere le fila attraverso le quali deve passare per raggiungerlo. La conoscenza di tutti gli incidenti di percorso gli toglierebbe l'iniziativa e l'uso del libero arbitrio. Si lascerebbe travolgere dalla china fatale degli avvenimenti, senza esercitare le sue facoltà. Quando il successo di una cosa e assicurato, non ci se ne preoccupa più.
Riassunto teorico del movente delle azioni dell'uomo
L'uomo non è affatto portato fatalmente al male. Le azioni che compie non sono affatto scritte in precedenza, e i crimini che commette non avvengono affatto a causa di una sentenza del destino. L'uomo può, come prova e come espiazione, scegliere un'esistenza in cui avrà degli impulsi criminali, sia a causa dell'ambiente sociale in cui si trova, sia a causa delle circostanze che si verificano, ma e sempre libero di agire o di non agire. Pertanto il libero arbitrio esiste: allo stato di Spirito, nella scelta dell'esistenza e delle prove; allo stato fisico, nella facoltà di cedere o di opporsi agli impulsi ai quali ci siamo volontariamente sottoposti. È l'educazione che deve combattere queste cattive tendenze. Essa lo farà utilmente quando sarà basata sullo studio approfondito della natura morale dell'uomo. Attraverso la conoscenza delle leggi che reggono questa natura morale, si arriverà a modificarla, così come si modifica l'intelligenza attraverso l'istruzione, e il temperamento attraverso l'igiene.
Lo Spirito, liberato della materia e in stato errante, fauna scelta delle sue esistenze corporee future secondo il grado di perfezione al quale e pervenuto, ed e in ciò, come abbiamo già detto, che consiste soprattutto il suo libero arbitrio. Questa libertà non viene assolutamente annullata dall'incarnazione. Se l'uomo cede all'influenza della materia, vuol dire che soccombe alle prove stesse che ha scelto. È per essere aiutato a superarle che può invocare l'assistenza di Dio e dei buoni Spiriti. (Vedere n. 337)
Senza il libero arbitrio, l'uomo non avrebbe ne demerito nel male, né merito nel bene. E ciò è talmente evidente che nel nostro mondo il biasimo o l'elogio si mettono sempre in relazione all'intenzione, ossia alla volontà. Pertanto, chi dice volontà dice libertà. L'uomo non potrebbe dunque cercare una scusa ai suoi misfatti nel suo organismo, senza rinnegare la sua ragione e la sua condizione di essere umano, rendendosi quindi simile al bruto. Se così fosse per il male, altrettanto dovrebbe esserlo per il bene. Però, quando l'uomo fa del bene, si preoccupa molto di farsene un merito, e si guarda bene dal gratificarne i suoi organi, la qual cosa dimostra che istintivamente egli non rinuncia mai, nonostante le congetture di qualche scienza sistematica, al più bello dei privilegi della sua specie: la libertà di pensiero.
La fatalità, così come la s'intende generalmente, suppone la determinazione presciente e irrevocabile di tutti gli avvenimenti della vita, qualunque sia la loro importanza. Se tale fosse l'ordine delle cose, l'uomo sarebbe una macchina senza volontà. A che cosa gli servirebbe la sua intelligenza, dal momento che sarebbe costantemente dominato in tutti i suoi atti dalla forza del destino? Una tale dottrina, se fosse vera, sarebbe l'annullamento di ogni libertà morale. Non ci sarebbe più per l'uomo alcuna responsabilità e, di conseguenza, non ci sarebbero né bene né male né crimini né virtù. Dio, sovranamente giusto, non potrebbe castigare una sua creatura per degli errori che non sarebbe dipeso da lei commettere o non commettere, ne potrebbe ricompensarla per delle virtù di cui non avrebbe alcun merito. Una tale legge sarebbe inoltre la negazione della legge del progresso, perché l'uomo che si attendesse tutto dalla sorte non tenterebbe minimamente di migliorare la sua posizione, dal momento che non potrebbe cambiarla né in meglio né in peggio.
Però la fatalità non è una parola vana. Essa esiste nella posizione che l'uomo occupa sulla Terra e nelle funzioni che vi compie, in conseguenza del genere di esistenza scelto dal suo Spirito come prova, espiazione o missione. Egli subisce fatalmente tutte le vicissitudini di questa esistenza e tutte le tendenze buone o cattive a essa inerenti. Ma lì si ferma la fatalità, perché dipende dalla volontà dell'uomo cedere o non cedere a queste tendenze. Il dettaglio degli avvenimenti è subordinato alle circostanze che provoca lui stesso con le sue azioni, e sulle quali gli Spiriti possono influire attraverso i pensieri che gli suggeriscono. (Vedere n. 459)
La fatalista sta dunque negli avvenimenti che si presentano, perché essi sono la conseguenza della scelta dell'esistenza fatta dallo Spirito. Può non esserci nell'esito di questi avvenimenti, perché può dipendere dall'uomo modificarne il corso con la sua prudenza. Non c'è mai fatalità negli atti della vita morale.
È nella morte che l'uomo e sottomesso, in modo assoluto, all'inesorabile legge della fatalità. Egli infatti non può sottrarsi alla sentenza che fissa il termine della sua esistenza, né al genere di morte che deve interrompere il corso della sua vita.
Secondo la dottrina volgare, l'uomo attingerebbe tutti i suoi istinti in sé stesso. Essi procederebbero sia dal suo organismo, — e pertanto non ne sarebbe responsabile — sia dalla sua stessa natura, nella quale può cercare una giustificazione ai suoi stessi occhi, asserendo che non è colpa sua s e è fatto così. La Dottrina Spiritista e in modo evidente più morale. Essa ammette nell'uomo il libero arbitrio in tutta la sua completezza. E dicendogli che, se commette il male cede a una cattiva ed estranea suggestione, gliene lascia tutta la responsabilità, poiché gli riconosce il potere di resistere, cosa evidentemente più facile che se dovesse lottare contro la sua stessa natura. Così, secondo la Dottrina Spiritista, non ci sono impulsi irrefrenabili: l'uomo può sempre chiudere le orecchie alla voce occulta che nel suo intimo lo sollecita al male, come può chiuderle alla voce materiale di qualcuno che gli parla. Lo può fare di sua volontà, domandando a Dio la forza necessaria e chiedendo a questo scopo l'assistenza dei buoni Spiriti. È ciò che Gesù ci insegna nella sublime Orazione domenicale, quando ci fa dire: «Non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male.»
Questa teoria della causa determinante dei nostri atti risulta evidente da tutto l'insegnamento dato dagli Spiriti. Non solo essa è sublime in quanto a moralità, ma aggiungeremo ch'essa rivela l'uomo ai suoi stessi occhi; lo mostra libero di scuotere un giogo che lo ossessiona, così come è libero di chiudere la sua casa agli importuni. Non è più una macchina che agisce per un impulso indipendente dalla sua volontà, e un essere dotato di ragione, che ascolta, giudica e sceglie liberamente fra due partiti. Aggiungiamo ancora che, malgrado ciò, l'uomo non è affatto privato della sua iniziativa, non cessa di agire secondo i suoi impulsi, perché in definitiva non è che uno Spirito incarnato, il quale conserva, sotto l'involucro del corpo, le qualità e i difetti che aveva come Spirito. Gli errori che commettiamo hanno dunque la loro origine primitiva nell'imperfezione del nostro stesso Spirito, che non ha ancora raggiunto la superiorità morale che avrà un giorno, ma che non per questo il suo libero arbitrio ha dei limiti. La vita fisica gli viene data per purificarsi delle sue imperfezioni attraverso le prove che subisce, e sono precisamente queste imperfezioni che lo rendono più debole e più accessibile alle suggestioni degli Spiriti imperfetti. Costoro, a loro volta, ne approfittano per cercare di farlo soccombere nella lotta che egli ha intrapreso. Se esce vincitore da questa battaglia, si eleva. Se soccombe, rimane quello che era, ne peggiore, ne migliore: è una prova che dovrà essere ricominciata e che potrà così durare a lungo. Più si purifica, più i suoi lati deboli diminuiscono e meno dà adito a chi lo sollecita al male. La sua forza morale cresce in ragione della sua elevatezza, e i cattivi Spiriti si allontanano da lui.
Tutti gli Spiriti più o meno buoni, quando si incarnano, costituiscono la specie umana. Poiché la nostra Terra e uno dei mondi meno avanzati, in essa si trovano più Spiriti cattivi che Spiriti buoni. Ecco perché qui vediamo tante perversioni. Compiamo dunque tutti i nostri sforzi per non ritornarci dopo questa stazione, e per meritarci di andare a riposare in un mondo migliore, in uno di quei mondi privilegiati dove il bene regna assoluto, e dove ci ricorderemo del nostro passaggio su questa Terra solo come di un tempo d'esilio.
Capítulo XI — 10. Legge di Giustizia, Amor e Carità
Giustizia e diritti naturali
«Esso è talmente nella natura umana che vi sentite ribellare al pensiero di un'ingiustizia. Il progresso morale senza dubbio sviluppa questo sentimento, ma non lo dà: Dio l'ha posto nel cuore dell'uomo. Ecco perché sovente negli uomini semplici e incolti voi trovate delle nozioni di giustizia più esatte che in coloro che hanno molto sapere.»
«Il fatto e che nelle leggi sovente si mescolano delle passioni che alterano questo sentimento — come succede per la maggior parte degli altri sentimenti naturali — e fanno vedere le cose sotto un falso punto di vista.»
«La giustizia consiste nel rispetto dei diritti di ognuno.»
875a. Che cosa determina questi diritti?
«Essi sono determinati da due fattori: la legge umana e la legge naturale. Avendo gli uomini fatto delle leggi adeguate ai loro costumi e al loro carattere, queste leggi hanno stabilito dei diritti che sono potuti variare con il progredire delle conoscenze. Verificate voi se le vostre leggi odierne, sia pur imperfette, sanciscono ancora gli stessi diritti del Medioevo. Questi diritti ormai superati, che oggi vi apparirebbero mostruosi, sembravano a quell'epoca giusti e naturali. Il diritto stabilito dagli uomini non è dunque sempre conforme alla giustizia. D'altra parte esso regola solo determinati rapporti sociali, mentre nella vita privata c’è una quantità di atti che sono unicamente una conseguenza del tribunale della coscienza.»
«Cristo l'ha già detto: Vogliate per gli altri quello che vorreste per voi. Dio ha posto nel cuore dell'uomo la regola di ogni vera giustizia, secondo il desiderio di ognuno di vedere rispettati i propri diritti. Nell'incertezza su ciò che deve fare riguardo a un suo simile in una data circostanza, si chieda l'uomo come vorrebbe che ci si comportasse con lui in un'identica circostanza. Dio non avrebbe potuto dargli una guida più sicura della propria coscienza.»
Il criterio della vera giustizia in effetti e quello di volere per gli altri ciò che si vorrebbe per noi stessi, e non di volere per sé ciò che si vorrebbe per gli altri, il che non è del tutto la stessa cosa. Poiché non è naturale volersi del male, prendendo il proprio desiderio personale come modello di riferimento, o punto di partenza, si è certi di volere sempre solo il bene per il proprio prossimo. In tutti i tempi e in tutte le credenze, l'uomo ha sempre cercato di far prevalere il suo diritto personale. Il sublime della religione cristiana è stato di prendere il diritto personale come base del diritto del prossimo.
«Sì. E il primo di tutti e quello di rispettare i diritti dei suoi simili. Chi rispetterà questi diritti sarà sempre giusto. Nel vostro mondo, in cui sono tanti gli uomini che non praticano la legge di giustizia, ognuno usa delle rappresaglie, ed è questo che crea turbamenti e confusione nella vostra società. La vita sociale da dei diritti e impone dei doveri reciproci.»
«Il limite del diritto ch'egli riconoscerebbe al suo simile verso di lui, nella medesima circostanza, e reciprocamente.»
878a. Ma se ognuno attribuisce a sé stesso i diritti del proprio simile, che cosa ne sarebbe della subordinazione nei confronti dei superiori? Non sarebbe forse l'anarchia di tutti i poteri?
«I diritti naturali sono uguali per tutti gli uomini dal più piccolo fino al più grande. Dio non ha creato gli uni con un fango migliore che per gli altri. E tutti sono uguali davanti a Lui. Questi diritti sono eterni, mentre quelli stabiliti dall'uomo periscono con le loro istituzioni. Del resto, ognuno conosce bene la propria forza o debolezza e saprà avere sempre una sorta di deferenza per chi se ne renderà degno grazie alla sua virtù e saggezza. È importante notare ciò, affinché coloro che si credono superiori conoscano i loro doveri per meritarsi questa deferenza. La subordinazione non sarà affatto compromessa, quando l'autorevolezza sarà affiancata dalla saggezza.»
«Quello del vero giusto, sull'esempio di Gesù, perché egli praticherebbe anche l'amore del prossimo e la carità, senza i quali non c’è vera giustizia.»
Diritto di proprietà. Furto
«È il diritto di vivere. Nessuno infatti ha il diritto di attentare alla vita di un suo simile né di fare alcunché che possa comprometterne l'esistenza fisica.»
«Sì. Ma deve farlo in famiglia, come l'ape, con un lavoro onesto, e di certo non accumulando da egoista. Anche certi animali danno all'uomo l'esempio della previdenza.»
«Dio non ha forse detto: "Tu non ruberai". E Gesù: "Bisogna rendere a Cesare quel che è di Cesare"?»
Ciò che l'uomo accumula con un lavoro onesto è una proprietà legittima, che egli ha il diritto di difendere. La proprietà, che è il frutto del lavoro, e infatti un diritto naturale, sacro quanto quello di lavorare e di vivere.
«Sì. Ma quando è solo per sé stessi e per la propria soddisfazione personale, allora si tratta di egoismo.»
883a. Ma il desiderio di possedere non è forse legittimo, dal momento che chi ha di che vivere non è a carico di nessuno?
«Ci sono uomini insaziabili che accumulano beni senza profitto per alcuno e neppure per soddisfare le loro passioni. Credete che ciò sia ben visto da Dio? Invece chi accumula con il suo lavoro, con l'intenzione di aiutare i suoi simili, questi pratica la legge d'amore e di carità, e il suo lavoro e benedetto da Dio.»
«Non esiste proprietà legittima all'infuori di quella che è stata acquisita senza danno per altri.» (Vedere n. 808)
La legge d'amore e di giustizia, proibendo di fare ad altri ciò che non vorremmo fosse fatto a noi, condanna con ciò stesso qualsiasi mezzo d'acquisizione che fosse contrario a questa legge.
«Senza dubbio. Tutto ciò che è acquisito legittimamente e una proprietà. Ma, come abbiamo già detto, essendo la legislazione degli uomini imperfetta, essa consacra sovente dei diritti di convenzione che la giustizia naturale condanna. È per questo che gli uomini riformano sovente le loro leggi nella misura in cui il progresso avanza e in cui essi comprendono meglio la giustizia. Ciò che sembra perfetto in un certo secolo, sembra barbaro nel secolo successivo.» (Vedere n. 795)
Carità e amore del prossimo
«Benevolenza per tutti, indulgenza per i difetti altrui, perdono delle offese.»
L'amore e la carità sono il complemento della legge di giustizia, perché amare il prossimo e fare al prossimo tutto il bene che è in nostro potere e che vorremmo fosse fatto a noi. Tale è il senso delle parole di Gesù: Amatevi l'un l'altro come fratelli.
La carità, secondo Gesù, non si limita all'elemosina. Essa abbraccia tutti i rapporti che noi abbiamo con i nostri simili, siano essi nostri inferiori, nostri uguali o nostri superiori. Essa ci raccomanda l'indulgenza, perché noi stessi ne abbiamo bisogno. Essa ci impedisce di umiliare lo sfortunato, contrariamente a quanto si fa troppo di frequente. Quando una persona ricca ci si presenta si hanno per lei mille riguardi, mille attenzioni. Se e una povera persona sembra che non ci sia alcun bisogno d'incomodarsi per lei. Però, più la sua condizione e da compiangere, più si deve temere, al contrario, di aggiungere umiliazione alla sua infelicità. L'uomo veramente buono cerca di elevare nell'inferiore la sua autostima, accorciando le distanze.
«Senza dubbio, non si può nutrire per i propri nemici un amore tenero e appassionato. Non è questo che Gesù ha voluto dire. Amare i propri nemici significa perdonarli e rendere loro bene per male: con ciò si diventa superiori a loro, con la vendetta ci si pone al di sotto di loro.»
«L'individuo ridotto a chiedere l'elemosina si degrada moralmente e fisicamente: si abbrutisce. In una società basata sulla legge di Dio e sulla giustizia, si deve provvedere alla vita del debole senza umiliarlo. Essa deve assicurare l'esistenza a coloro che non possono lavorare, senza lasciare la loro vita alla merce del caso e della buona volontà.»
888a. Voi biasimate l'elemosina?
«No, non è l'elemosina che è da biasimare. Sovente, il modo con cui viene fatta e da biasimare. L'uomo dabbene, che comprende la carità secondo l'insegnamento di Gesù, va verso l'infelice senza aspettare che questi gli tenda la mano.
La vera carità è sempre buona e benevola, lo e tanto nella forma quanto nei fatti. Un beneficio reso con delicatezza raddoppia di valore; se invece viene fatto con ostentazione, la necessita può farlo accettare, ma il cuore non ne rimane toccato.
Ricordate anche che l'ostentazione toglie agli occhi di Dio il merito della beneficenza. Gesù ha detto: "Che la vostra mano sinistra non sappia quello che dà la vostra mano destra". Gesù vi insegna così a non confondere assolutamente la carità con l'orgoglio.
Si deve distinguere l'elemosina propriamente detta dalla beneficenza. I più bisognosi non sempre sono quelli che chiedono. Il timore dell'umiliazione trattiene il vero povero, che sovente soffre senza lagnarsi. È questo che l'uomo veramente umano deve andare a cercare senza darlo a vedere.
Amatevi l'un l'altro, in ciò consiste tutta la legge, la legge divina con la quale Dio governa i mondi. L'amore e la legge d'attrazione per gli esseri vivi e organizzati. L'attrazione è la legge d'amore per la materia inorganica.
Non dimenticate mai che lo Spirito, qualunque sia il suo grado di avanzamento, la sua situazione come reincarnato o essere errante, e sempre posto fra un superiore, che lo guida e lo perfeziona, e un inferiore di fronte al quale ha gli stessi doveri da compiere. Siate dunque caritatevoli, non solo di quella carità che vi porta a tirar fuori dalla vostra borsa l'obolo che voi freddamente porgete a chi trova coraggio di domandarvelo, ma andate a cercare i disagiati che si nascondono. Siate indulgenti con i difetti dei vostri simili. Anziché biasimarne l'ignoranza e il vizio, istruiteli e fate presso di loro opera moralizzatrice. Siate dolci e benevoli con tutti quelli che sono inferiori a voi. Siatelo anche nei riguardi degli esseri più infimi della creazione. E voi avrete ubbidito alla legge di Dio.»
SAN VINCENZO DE' PAOLI
«Senza dubbio, ma se una buona educazione morale avesse loro insegnato a praticare la legge di Dio, non sarebbero caduti negli eccessi che sono causa della loro perdizione. È soprattutto da ciò che dipende il miglioramento del vostro globo.» (Vedere n. 707)
Amore materno e amore filiale
«È l'una e l'altra cosa. La natura ha dato alla madre l'amore per i propri figli ai fini della loro protezione, ma negli animali questo amore e limitato alle necessita materiali e cessa quando le cure diventano superflue. Nell'essere umano, esso dura per tutta la vita e comporta una dedizione e un'abnegazione che sono proprie della virtù. Esso sopravvive anche alla morte e segue il figlio al di là della tomba. Vedete bene che c’è nell'uomo dell'altro, rispetto agli animali.» (Vedere nn. 205 e 385)
«Questa e a volte una prova scelta dallo Spirito del bambino. Oppure è un'espiazione se lui stesso, in un'altra esistenza, e stato un cattivo padre o una cattiva madre o un cattivo figlio (vedere n. 392). In tutti i casi, la cattiva madre non può essere che animata da uno Spirito cattivo, il quale cerca di ostacolare lo Spirito del bambino, al fine di farlo soccombere sotto la prova che ha voluto. Ma questa violazione della legge di natura non rimarrà impunita, e lo Spirito del bambino sarà ricompensato per gli ostacoli che avrà superato.»
«No, perché questo e un compito che è stato loro affidato, e fare tutto il possibile per ricondurre i figli al bene è la loro missione (vedere nn. 582-583). Ma questi dispiaceri sono sovente la conseguenza della cattiva piega che hanno lasciato prendere ai figli sin dalla culla. Perciò raccolgono quello che hanno seminato.»
Capítulo XII — Perfezione Morale
Le virtù e i vizi
«Tutte le virtù hanno un loro merito, perché tutte sono segni di progresso sulla via del bene. C’è virtù tutte le volte che si oppone resistenza volontaria all'impulso delle cattive tendenze. Ma il sublime della virtù consiste nel sacrificio dell'interesse personale per il bene del prossimo, senza secondi fini. La più meritoria delle virtù è quella che si fonda sulla carità più disinteressata.»
«Quelli che non devono affatto lottare sono coloro in cui il progresso e compiuto. Essi un tempo hanno lottato e hanno trionfato. È per questo che i buoni sentimenti non costano loro nessuno sforzo e le loro azioni sembrano del tutto naturali. Per costoro il bene e diventato un'abitudine. Bisogna dunque onorarli come dei vecchi guerrieri che si sono conquistati i gradi.
Poiché voi siete ancora molto lontani dalla perfezione, questi esempi vi impressionano per il loro contrasto, e quanto più sono rari tanto più li ammirate. Ma sappiate che, nei mondi più avanzati del vostro, ciò che fra di voi è un'eccezione, là è la regola. Il sentimento del bene là è ovunque spontaneo, perché vi abitano solo buoni Spiriti e una sola cattiva intenzione sarebbe un'eccezione mostruosa. Ecco perché le creature là sono felici. Sarà lo stesso sulla Terra quando l'umanità si sarà trasformata e quando essa capirà e praticherà la carità nella sua vera accezione.»
«È l'interesse personale. Le qualità morali sono sovente come la doratura applicata su un oggetto di rame, e che non resiste alla pietra di paragone. Un uomo può possedere delle qualità oggettive che ne fanno, per il mondo, un uomo dabbene. Ma queste qualità, sebbene costituiscano un progresso, non sempre sopportano certe prove, e a volte basta toccare la corda dell'interesse personale per portare allo scoperto il fondo. Il vero disinteresse e cosa talmente rara sulla Terra che quando si presenta lo si ammira come se fosse un fenomeno. L'attaccamento alle cose materiali e un notorio segno di inferiorità perché, più l'uomo tiene ai beni di questo mondo, meno comprende il suo destino. Con il disinteresse, invece, egli dimostra di vedere il futuro da un punto di vista più elevato.»
«Hanno il merito del disinteresse, ma non quello del bene che potrebbero fare. Se il disinteresse e una virtù, la prodigalità irragionevole e sempre, come minimo, una mancanza di buonsenso. La ricchezza non viene data a certuni per essere gettata al vento, né ad altri per venire rinchiusa in cassaforte. È un deposito di cui i privilegiati dovranno rendere conto, perché dovranno rispondere di tutto il bene che era in loro potere fare e che non avranno fatto, di tutte le lacrime che avrebbero potuto asciugare con i soldi che hanno dato a coloro che non ne avevano bisogno.»
«Sì. Si deve fare il bene con carità, ossia con disinteresse.»
897a. Comunque tutti hanno il desiderio molto naturale di avanzare, per uscire dallo stato penoso di questa vita. Gli stessi Spiriti non ci insegnano forse a praticare il bene a questo scopo? è dunque un male pensare che, facendo il bene, si può sperare di stare meglio che sulla Terra?
«Certamente no. Ma chi fa del bene senza secondi fini, e per il solo piacere di essere gradito a Dio e al suo prossimo sofferente, si trova già a un certo grado di avanzamento che gli permetterà di arrivare molto prima alla felicita di suo fratello che, più calcolatore, f a il bene con raziocinio e non è spinto dal calore naturale del suo cuore.» (Vedere n. 894)
897b. A questo punto non è il caso di distinguere fra il bene che si può fare al prossimo e l'impegno che si mette per correggersi dei propri difetti? Noi ben comprendiamo che fare il bene con il pensiero che se ne terrà conto nell'altra vita è poco meritorio. Ma correggersi, vincere le proprie passioni, migliorare il proprio carattere per avvicinarsi ai buoni Spiriti ed elevarsi, non è ugualmente un segno di inferiorità?
«No. Assolutamente no. Quando diciamo fare il bene, noi intendiamo dire essere caritatevoli. Chi calcola quanto ogni buona azione può fruttargli nella vita futura, così come in quella terrena, agisce da egoista. Non c’è invece alcun egoismo nel migliorare sé stesso con lo scopo di avvicinarsi a Dio, perché questo è il fine cui ognuno deve tendere.»
«Senza dubbio. Innanzi tutto, ciò vi mette in grado di soccorrere i vostri fratelli, poi il vostro Spirito salirà più velocemente se ha già progredito in intelligenza. Nell'intervallo fra una reincarnazione e l'altra, voi imparerete in un'ora ciò che sulla vostra Terra vi richiederebbe degli anni. Non c’è conoscenza che non sia utile. Tutte contribuiscono più o meno al progresso, perché uno Spirito perfetto deve sapere tutto, e perché, dovendo il progresso compiersi in tutti i sensi, tutte le idee acquisite contribuiscono allo sviluppo dello Spirito.»
«Quello che ha conosciuto le sofferenze. Egli sa che cosa vuol dire soffrire, conosce quel dolore che ora, pero, egli non allevia negli altri, perché troppo spesso non si ricorda più del suo.»
«Si tratta di un compromesso con la sua cattiva coscienza.»
«Quello che se la gode: lui e più egoista dell'avaro. L'altro ha già trovato in parte la sua punizione.»
«Il sentimento è senza dubbio apprezzabile, quando è puro. Ma questo desiderio è sempre così disinteressato? Non nasconde nessun secondo fine personale? La prima persona alla quale desiderate fare del bene non è sovente la vostra?»
«Se e per criticarli e divulgarli si e molto colpevoli, perché è mancare di carità. Se e per trarne un vantaggio personale, al fine di evitarli noi stessi, può qualche volta essere utile. Ma non bisogna dimenticare che l'indulgenza per i difetti altrui e una delle virtù comprese nella carità. Prima di censurare gli altri per i loro difetti, osservate se non si potrebbe dire lo stesso di voi. Cercate dunque di avere le qualità opposte a quei difetti che si criticano negli altri. È questo il modo di rendersi superiori. Rimproverate a qualcuno di essere avaro? Siate generosi. Di essere orgoglioso? Siate umili e modesti. Di essere duro? Siate dolci. Di agire con piccineria? Siate grandi in tutte le vostre azioni. In una parola, fate in modo che non si possano applicare a voile parole di Gesù: Egli vede una pagliuzza nell'occhio del suo vicino e non vede una trave nel proprio.»
«Dipende dal sentimento con cui si è indotti a farlo. Se chi scrive non ha che l'intento di sollevare scandalo, e una soddisfazione personale che si procura presentando dei quadri che sono piuttosto dei cattivi che dei buoni esempi. Lo Spirito apprezza, ma può essere punito per questo tipo di piacere che prova nel rivelare il male.»
904a. In questo caso, come giudicare la purezza delle intenzioni e la sincerità di chi scrive?
«Non sempre questo vostro esame e utile. Ma se costui scrive delle cose buone, ricavatene un vantaggio. Se invece scrive cose cattive, è una questione di coscienza che riguarda lui solo. Del resto, se tiene a provare la sua sincerità, sta a lui suffragare l'insegnamento col suo stesso esempio.»
«La morale, senza le azioni, e la semente senza il lavoro. A che cosa vi serve la semente se non la fate fruttare per nutrirvi? Questi uomini sono più colpevoli, perché avevano l'intelligenza per comprendere. Non praticando le massime che davano agli altri, hanno rinunciato a raccoglierne i frutti.»
«Dal momento che l'uomo può avere coscienza del male che ha fatto, deve avere anche coscienza del bene, al fine di sapere se agisce bene o male. È pesando tutte le sue azioni sulla bilancia della legge di Dio, e soprattutto su quella della legge di giustizia, amore e carità, le potrà dire se esse sono buone o cattive, se approvarle o disapprovarle. Egli non può dunque essere biasimevole di riconoscere che ha trionfato sulle cattive tendenze, e di esserne soddisfatto, purché non ne tragga motivo di vanita, nel qual caso cadrebbe in un altro errore.» (Vedere n. 919)
Delle passioni
«No. La passione sta nell'eccesso unito alla volontà, poiché tale principio è stato dato all'uomo a fin di bene, e le passioni possono portarloa realizzare grandi cose. È l'abuso ch'egli può farne che causa il male.»
«Le passioni sono come un cavallo, che è utile quando e domato ed e dannoso quando è lui a dominare. Riconoscete dunque che una passione diventa perniciosa nel momento in cui cessate di poterla governare ed essa diventa in qualche modo pregiudizievole per voi o per gli altri.»
Le passioni sono delle leve che moltiplicano le forze dell'uomo e lo aiutano a realizzare i disegni della Provvidenza. Ma se, anziché indirizzarle, l'uomo si lascia da loro condurre, cade negli eccessi, e quella forza stessa, che nelle sue mani avrebbe potuto fare il bene, ricade su di lui e lo fa crollare.
Tutte le passioni hanno il loro principio in un sentimento o in una necessita naturale. Il principio delle passioni pertanto non è affatto un male, poiché poggia su una delle condizioni provvidenziali della nostra esistenza. La passione propriamente detta e l'esagerazione di una necessita o di un sentimento. Essa sta dunque nell'eccesso e non nella causa. Questo eccesso diventa un male quando ha per conseguenza un male qualsiasi.
Ogni passione, che avvicini l'uomo alla natura animale, lo allontana dalla natura spirituale.
Ogni sentimento che elevi l'uomo al di sopra della natura animale annuncia la predominanza dello Spirito sulla materia e lo avvicina alla perfezione.
«Sì, e qualche volta con un impegno relativo: è la volontà che gli manca. Ahimè! Come sono pochi fra di voi quelli che si impegnano!»
«Se prega Dio e il suo buon genio con sincerità, i buoni Spiriti gli verranno certamente in aiuto perché questa e la loro missione.» (Vedere n. 459)
«Ci sono molte persone che dicono: Io voglio, ma la volontà non è che sulle loro labbra. Esse vogliono, ma sono ben contente che ciò non avvenga. Quando si crede di non poter vincere le proprie passioni, è lo Spirito che se ne compiace a causa della sua inferiorità. Chi cerca di reprimerle comprende la sua natura spirituale. Vincerle e per lui una vittoria dello Spirito sulla materia.»
«Praticare il disinteresse verso sé stessi.»
Dell'egoismo
«L'abbiamo detto molte volte: e l'egoismo. Da esso deriva tutto il male. Considerate tutti i vizi e vedrete che al fondo di ognuno di essi c’è l'egoismo. Avrete un bel combatterli, ma non arriverete mai a estirparli finché non avrete attaccato il male alle sue radici, finché non ne avrete distrutto la causa. Che tutti i vostri sforzi tendano dunque a questo scopo, perché lì sta la vera piaga della società. Chiunque voglia avvicinarsi, fin da questa vita, alla perfezione morale, deve estirpare dal suo cuore ogni sentimento d'egoismo, perché l'egoismo è incompatibile con la giustizia, l'amore e la carità. Esso neutralizza tutte le altre qualità.»
«Nella misura in cui l'uomo si illumina sulle cose spirituali, dara meno valore alle cose materiali. È necessario quindi riformare le istituzioni umane che favoriscono e sollecitano l'egoismo. Ciò dipende dall'educazione.»
«È certo che l'egoismo è il più grande dei vostri mali, ma esso attiene all'inferiorità degli Spiriti incarnati sulla Terra, e non all'umanità in sé stessa. Pertanto gli Spiriti, purificandosi attraverso le incarnazioni successive, perdono l'egoismo così come perdono le altre loro impunita. Non avete voi sulla Terra alcun uomo privo d'egoismo e che pratichi la canta? Ce ne sono più di quanti voi crediate, ma li conoscete poco, perché la virtù non cerca la piena luce del giorno. E se ce n'e uno, perché non dovrebbero essercene dieci? Se ce ne sono dieci, perché non dovrebbero essercene mille, e così di seguito?»
«Più il male è grande, più diventa mostruoso. Era proprio necessario che l'egoismo causasse molto male per far comprendere la necessità di estirparlo. Quando gli uomini avranno abbandonato l'egoismo che li domina, vivranno come fratelli, non facendosi nessun male, aiutandosi reciprocamente attraverso il mutuo sentimento della solidarietà. Allora il forte sarà l'appoggio e non l'oppressore del debole, né si vedrà più un solo uomo mancare del necessario, perché tutti praticheranno la legge della giustizia. Questo e il regno del bene che gli Spiriti sono incaricati di preparare.» (Vedere n. 784)
«Fra tutte le imperfezioni umane e la più difficile da estirpare, perché l'egoismo deriva dall'influenza della materia dalla quale l'uomo, ancora troppo vicino alle sue origini, non ha potuto affrancarsi. E questa influenza tutto concorre a mantenerla: le sue leggi, la sua organizzazione sociale, la sua educazione. L'egoismo si affievolirà con la predominanza della vita morale su quella materiale e soprattutto con la comprensibile visione, che lo Spiritismo vi da, della vostra vera condizione futura, e non alterata dalle creazioni allegoriche. Lo Spiritismo ben compreso, quando si sarà identificato con i costumi e le credenze, trasformerà le abitudini, gli usi e le relazioni sociali. L'egoismo e fondato sull'importanza della personalità. Pertanto lo Spiritismo ben compreso, lo ripeto, fa vedere le cose così dall'alto che il sentimento della personalità in qualche modo sparisce di fronte all'immensità. Annullando questa importanza, o quanto meno facendola vedere per quello che è, necessariamente si combatte l'egoismo.
È il turbamento che l'uomo prova per l'egoismo degli altri che sovente rende egoista lui stesso, perché sente la necessita di tenersi sulla difensiva. Vedendo che gli altri pensano solo a sé stessi, egli è portato a occuparsi di sé più che degli altri. Sia il principio della carità e della fraternita la base delle istituzioni sociali, delle relazioni legali da popolo a popolo, da uomo a uomo, e l'uomo penserà meno alla sua persona quando vedrà che altri ci hanno pensato. Egli subirà l'influenza moralizzatrice dell'esempio e della relazione con gli altri. Di fronte a questo straripamento d'egoismo, ci vuole una vera virtù per praticare il disinteresse della propria personalità a favore degli altri, che sovente non ne hanno nessuna riconoscenza. È soprattutto per quanti possiedono questa virtù che il regno dei cieli è aperto. A questi soprattutto è riservata la felicita degli eletti perché io in verità vi dico che nel giorno della giustizia chiunque avrà pensato solo a sé stesso sarà messo da parte, e soffrirà del suo abbandono.» (Vedere n. 785)
FÉNELON
L'uomo vuole essere felice, e questo sentimento è naturale. Per questo lavora incessantemente per migliorare la sua posizione sulla Terra e cerca le cause dei suoi mali per porvi rimedio. Quando avrà ben compreso che l'egoismo è una di queste cause, quella che genera l'orgoglio, l'ambizione, la cupidigia, l'invidia, l'odio, la gelosia — da cui è a ogni istante colpito —, quella che porta il turbamento in tutte le relazioni sociali, che provoca i dissensi, che distrugge la fiducia, che obbliga a tenersi costantemente sulla difensiva col vicino, quella infine che fa dell'amico un nemico, allora comprenderà pure che questo vizio e incompatibile con la sua stessa felicita e, aggiungiamo noi, anche con la sua stessa sicurezza. Più avrà sofferto per questo, più sentirà la necessita di combatterlo, come si combatte la peste, gli animali nocivi e tutti gli altri flagelli. Sarà così sollecitato ad agire nel suo stesso interesse. (Vedere n. 784)
L'egoismo e la fonte di tutti i vizi, come la carità lo è di tutte le virtù. Distruggere l'uno, sviluppare l'altra, tale dev'essere lo scopo di tutti gli sforzi dell'uomo, se vuole assicurarsi la sua felicita su questa Terra come pure in futuro.
Caratteristiche dell'uomo dabbene
«Lo Spirito dimostra il suo grado di elevatezza quando tutte le azioni della sua vita fisica sono la messa in pratica della legge di Dio, e quando egli comprende in anticipo la vita spirituale.»
Il vero uomo dabbene è colui che pratica la legge di giustizia, amore e carità nel suo più alto grado di purezza. Se interroga la sua coscienza sulle azioni compiute, si domanderà se non ha minimamente violato questa legge, se non ha fatto assolutamente del male, se ha fatto tutto il bene che ha potuto, se nessuno si è dovuto lamentare di lui, se infine ha fatto agli altri tutto ciò che avrebbe voluto che fosse fatto a lui.
L'uomo pervaso dal sentimento di carità e di amore per il prossimo fa il bene per il bene, senza sperare in un ritorno, e sacrifica il suo interesse alla giustizia.
Egli è buono, umano e benevolo con tutti, perché vede dei fratelli in tutti gli uomini, senza eccezione di razza o di fede.
Se Dio gli ha dato il potere e la ricchezza, considera queste cose come un deposito di cui deve servirsi per fare il bene. Né di queste cose si fa vanto, perché sa che Dio, il quale gliele ha date, può togliergliele.
Se l'ordine sociale ha posto degli uomini alle sue dipendenze, egli li tratta con bontà e benevolenza, perché davanti a Dio essi sono suoi uguali. Usa della sua autorità per sollevare il loro morale, e non per frustrarli con il suo orgoglio.
È indulgente con le debolezze altrui, perché sa che lui stesso ha bisogno di indulgenza e perché si ricorda di queste parole di Cristo: Colui che è senza peccato scagli la prima pietra.
Non è affatto vendicativo. Sull'esempio di Gesù perdona le offese per ricordarsi solo dei benefici, perché sa che sarà perdonato come lui stesso avrà perdonato.
Infine rispetta nei suoi simili tutti i diritti che le leggi naturali concedono, come vorrebbe che venissero rispettati nei suoi confronti.
Conoscenza di sé stesso
919. Qual è il mezzo pratico più efficace per migliorare sé stessi in questa vita e resistere alle tentazioni del male?
«Un saggio dell'antichità ve l'ha già detto: Conosci te stesso.»
919a. Noi comprendiamo tutta la saggezza di questa massima, ma la difficoltà sta appunto nel conoscere sé stessi. Qual è il mezzo per riuscirvi?
«Fate come facevo io stesso quando vivevo sulla Terra: alla fine della giornata interrogavo la mia coscienza, passavo in rassegna ciò che avevo fatto e mi domandavo se avessi mancato a qualche dovere, se qualcuno si fosse dovuto lamentare di me. È così che arrivai a conoscermi e a vedere che cosa c'era da modificare in me. Colui che ogni sera richiamerà alla memoria tutte le azioni della sua giornata e si domanderà che cosa ha fatto di bene o di male, pregando Dio e il suo angelo custode di illuminarlo, acquisterà una grande forza per perfezionarsi, perché, credetemi, Dio lo assisterà. Ponetevi dunque delle domande. Chiedetevi ciò che avete fatto, con quale scopo avete agito in una certa circostanza, se avete fatto qualcosa che biasimereste negli altri, se avete compiuto un'azione che non osereste confessare. Domandatevi ancora questo: "Se a Dio piacesse richiamarmi in questo momento, rientrando io nel mondo degli Spiriti dove niente e nascosto, avrei da temere di fronte a qualcuno?" Esaminate quello che potete aver fatto contro Dio, poi contro il vostro prossimo e, infine, contro voi stessi. Le risposte potranno essere un sollievo per la vostra coscienza o il segnale di un male che bisogna guarire.
La conoscenza di sé stessi è dunque la chiave del miglioramento individuale. Ma, direte voi, come giudicarsi? Non c’è forse l'inganno dell'amor proprio, che attenua gli errori e li fa scusare? L'avaro si crede semplicemente economo e previdente, l'orgoglioso crede di avere solo della dignità. Ciò e più che vero, ma voi avete un mezzo di controllo che non può ingannarvi. Quando siete indecisi sul valore di una vostra azione, domandatevi come la qualifichereste se fosse l'azione di un'altra persona. Se la biasimate in altri, non potrebbe più essere legittima in voi, perché Dio non ha due misure per la giustizia. Cercate anche di sapere che cosa ne pensano gli altri e non trascurate l'opinione dei vostri nemici, perché costoro non hanno nessun interesse a dissimulare la verità. Sovente Dio li mette al vostro fianco come uno specchio, perché vi avvertano con più franchezza di quanto non farebbe un amico. Chi ha la seria volontà di migliorarsi, esplori dunque la sua coscienza, al fine di estirpare le sue cattive tendenze, così come estirpa le erbe cattive del suo giardino. Faccia il bilancio della propria giornata morale, così come il mercante fa quello del suo passivo e del suo attivo, e vi assicuro che l'uno gli apporterà più dell'altro. Se può dire a sé stesso che la sua giornata e stata buona, può dormire in pace e attendere senza timore il risveglio in un'altra vita.
Ponetevi dunque delle domande nette e precise e non temete dì moltiplicarle: si può ben concedere qualche minuto alla conquista della felicita eterna. Non lavorate forse tutti i giorni per risparmiare quanto vi possa concedere la tranquillità nei giorni della vecchiaia? Questa futura tranquillità non è forse l'oggetto dei vostri desideri, lo scopo che vi fa sopportare al momento fatiche e privazioni? Ebbene! Che cos'e questo riposo di pochi giorni, turbato dalle infermità del corpo, a confronto di quello che attende l'uomo dabbene? Non vale forse la pena di fare qualche sacrificio? Io so che molti dicono che il presente e certo e il futuro incerto. Ora, ecco esattamente il pensiero che noi siamo incaricati di distruggere in voi, dal momento che vogliamo farvi comprendere questo futuro, in modo che non possa lasciare alcun dubbio nella vostra anima. È per questo che abbiamo dapprima richiamato la vostra attenzione sui fenomeni naturali capaci di colpire i vostri sensi, dopo vi abbiamo dato delle istruzioni che ognuno di voi e incaricato di divulgare. È a questo scopo che noi abbiamo dettato Il libro degli Spiriti.»
SANT'AGOSTINO
Molti degli errori che noi commettiamo passano per noi inavvertiti. Se, in effetti, seguendo il consiglio di sant'Agostino, noi interrogassimo più frequentemente la nostra coscienza, vedremmo quante volte abbiamo sbagliato senza pensarci, per non aver esaminato la natura e le motivazioni delle nostre azioni. La forma interrogativa ha qualcosa di più preciso di un motto, che sovente non si applica. Essa esige delle risposte categoriche, attraverso il sì o il no, che non lasciano alternative. Sono altrettanti argomenti personali, e per mezzo della somma delle risposte si può calcolare la somma del bene e del male che è in noi.
LIBRO QUARTO — SPERANZE E CONSOLAZIONI
Capítulo I — Pene e Gioie Terrene
Felicità e infelicità relative
«No, perché la vita gli è stata data come prova o espiazione. Ma dipende da lui alleviare i suoi mali ed essere felice, per quanto gli è possibile, anche sulla Terra.»
«L'uomo è, il più delle volte, l'artefice della sua stessa infelicità. Praticando la legge di Dio egli evita molti mali e si procura una felicita tanto grande quanto lo consente la sua esistenza grossolana.»
L'uomo che sia ben convinto del suo destino futuro vede nella propria vita fisica soltanto una situazione transitoria. Per lui è un passaggio momentaneo in un cattivo ostello. Si consola facilmente dei disagi passeggeri di un viaggio che deve condurlo a una posizione tanto migliore quanto meglio e in anticipo avrà fatto i suoi preparativi.
Noi siamo puniti, fin da questa vita, per l'infrazione alle leggi dell'esistenza fisica, attraverso i mali che sono la conseguenza di questa infrazione e dei nostri eccessi. Se noi risaliamo progressivamente all'origine di ciò che chiamiamo i nostri mali terreni, noi vedremo, nella maggior parte dei casi, che essi sono la conseguenza di una prima deviazione dalla retta via. A causa di questa deviazione noi ci siamo immessi su una cattiva strada e, di conseguenza, sprofondiamo nell'infelicità.
«Per la vita materiale questa misura è data dal possesso del necessario. Per la vita morale è data dalla buona coscienza e dalla fede nel futuro.»
«Sì, secondo le vostre idee materiali, i vostri pregiudizi, la vostra ambizione e tutti i vostri ridicoli capricci, di cui il futuro farà giustizia quando voi comprenderete la verità. Certamente chi aveva cinquantamila lire di rendita e oggi si trova ridotto a dieci, si ritiene molto infelice perché non può più ben figurare, mantenere quella ch'egli chiama la sua posizione, avere dei cavalli, dei lacchè, soddisfare tutte le sue passioni ecc. Crede di mancare del necessario. Ma pensate francamente che lo si debba compiangere, quando a fianco a lui c’è chi muore di fame e di freddo e non ha un rifugio dove riposare le sue membra? Il saggio, per essere felice, guarda al di sotto di sé, e mai al di sopra, a meno che non sia per elevare la sua anima verso l'infinito.» (Vedere n. 715)
«L'uomo deve rassegnarsi e sopportarli senza lamentarsi, se vuole progredire. Ma egli trae sempre consolazione dalla sua coscienza, che gli dà la speranza d'un futuro migliore, se fa ciò che è necessario per ottenerlo.»
«È un privilegio agli occhi di coloro che vedono solo il presente. Ma, sappiatelo, la ricchezza e spesso una prova più pericolosa della miseria.» (Vedere n. 814 e sgg.)
«I mali di questo mondo sono in ragione dei bisogni fittizi che voi vi create. Chi sa limitare i propri desideri, e guarda senza invidia ciò che sta al di sopra di lui, si risparmia molte delusioni in questa vita. Il più ricco degli uomini è colui che ha meno bisogni.
Voi invidiate le gioie di coloro che vi sembrano i felici del mondo; ma sapete voi che cosa e loro riservato? Se essi fruiscono dei vantaggi solo per sé stessi, sono degli egoisti e allora avverrà il rovescio. Compiangeteli, piuttosto. Dio permette qualche volta che il malvagio prosperi, ma la sua felicita non è da invidiare, perché la pagherà con lacrime amare. Se il giusto è infelice, e una prova di cui gli sarà tenuto conto se la sopporterà con coraggio. Ricordatevi di queste parole di Gesù: Felici quelli che soffrono, perché saranno consolati.»
«L'uomo e veramente infelice solo quando soffre della mancanza di ciò che è necessario alla vita e alla salute del corpo. Questa privazione potrebbe essere un suo errore, e allora dovrà prendersela solo con sé stesso. Se, invece, e un errore di altri, allora la responsabilità ricadrà su colui che ne è la causa.»
«È vero. E sono sovente i genitori che, per orgoglio o per grettezza, fuorviano i loro figli dalla strada tracciata dalla natura e compromettono con questo spostamento la loro felicita. Essi ne saranno responsabili.»
928a. Così voi trovereste giusto che ii figlio di un uomo di elevata condizione sociale facesse, per esempio, ii ciabattino se avesse attitudine per questo mestiere?
«Non si deve cadere nell'assurdo, né esagerare in nulla: la civilizzazione ha le sue necessita. Perché il figlio di un uomo altolocato, come voi dite, dovrebbe fare il ciabattino se può fare altro? Potrà sempre rendersi utile secondo le sue attitudini, se queste non vengono impiegate controsenso. Così, per esempio, invece di un cattivo avvocato, forse potrebbe essere un ottimo meccanico ecc.»
Il dislocamento degli uomini fuori della loro sfera intellettuale e sicuramente una delle cause più frequenti di delusione. La inidoneità per la carriera abbracciata è una fonte inesauribile di insuccessi. Infatti l'amor proprio, venendosi a unire a ciò, impedisce all'uomo prostrato di cercare una risorsa in una professione più umile, e gli indica il suicidio come il rimedio supremo per sfuggire a ciò che egli crede sia un'umiliazione. Se un'educazione morale l'avesse elevato al di sopra degli sciocchi pregiudizi dell'orgoglio, giammai egli sarebbe stato preso alla sprovvista.
«Non si deve mai avere l'idea di lasciarsi morire di fame. Si può sempre trovare il modo di nutrirsi, se l'orgoglio non s'interponesse fra necessità e lavoro. Si dice sovente: "Non esiste affatto un mestiere sciocco". Non c’è lavoro che disonori. Lo si dice per gli altri e non per sé stessi.»
«In una società organizzata secondo la legge di Cristo, nessuno deve morire di fame.»
Con una organizzazione sociale saggia e previdente, l'uomo non può mancare del necessario se non per propria colpa. Ma i suoi errori sono sovente anche il risultato dell'ambiente in cui si trova. Quando l'uomo praticherà la legge di Dio, avrà un ordine sociale fondato sulla giustizia e sulla solidarietà, e anche lui stesso sarà migliore. (Vedere n. 793)
«Nessuna e completamente felice. Ciò che si crede felicita nasconde sovente strazianti dolori. La sofferenza e ovunque. Ciononostante, per rispondere al vostro pensiero, diro che le classi che voi chiamate sofferenti sono più numerose, perché la Terra e un luogo di espiazione. Quando l'uomo ne avrà fatto il regno del bene e dei buoni Spiriti, non ci saranno più infelici, e la Terra sarà per lui il paradiso terrestre.»
«Ciò è dovuto alla debolezza dei buoni. I cattivi sono intriganti e audaci, i buoni sono timidi. Ma quando questi lo vorranno, prenderanno il sopravvento.»
«Più ancora, perché le sofferenze materiali sono a volte indipendenti dalla volontà. Ma l'orgoglio offeso, l'ambizione frustrata, l'ansietà dell'avarizia, l'invidia, la gelosia, tutte le passioni, in una parola, sono torture dell'anima.
L'invidia e la gelosia! Beati coloro che non conoscono questi due vermi roditori! Con l'invidia e la gelosia, nessuna calma, nessun riposo e possibile a chi e afflitto da questo male: gli oggetti della sua cupidigia, del suo odio, del suo rancore si drizzano davanti a lui come fantasmi che non gli concedono alcuna tregua e lo perseguitano persino nel sonno. L'invidioso e il geloso si trovano in un costante stato febbrile. È forse questa una condizione desiderabile? E non comprendete che con le sue passioni l'uomo si crea dei supplizi volontari, e che la Terra diventa per lui un vero inferno?»
Molte espressioni illustrano in modo efficace gli effetti di queste passioni. Si dice: essere pieno d'orgoglio, morire d'invidia, consumarsi di gelosia o di rancore perdendo la voglia di bere, di mangiare ecc. Tutte espressioni non lontane dal vero. A volte l'invidia non ha nemmeno un oggetto determinato. Ci sono persone invidiose per natura di tutto ciò che si distingue, di tutto ciò che esce dal comune, anche se non ne hanno alcun interesse diretto, ma unicamente perché non possono raggiungerlo. Tutto ciò che appare al di sopra dell'orizzonte le offusca e, se esse fossero in maggioranza nella società, vorrebbero ridurre tutto al loro livello. Si tratta di invidia unita alla mediocrità.
L'uomo è sovente infelice per l'importanza che attribuisce alle cose della Terra. Sono la vanita, l'ambizione e la cupidigia deluse che fanno la sua infelicità. Se si ponesse al di sopra del ristretto ambito della vita materiale, se elevasse i suoi pensieri verso l'infinito, che è la sua destinazione, le vicissitudini dell'umanità gli sembrerebbero allora meschine e puerili, come i dispiaceri del bambino che si affligge per la perdita di un giocattolo che rappresentava la sua felicita suprema.
Colui che vede la felicita solo nella soddisfazione dell'orgoglio e degli appetiti grossolani è infelice quando non può soddisfarli, mentre colui che non domanda niente di superfluo e felice di ciò che altri considererebbero come delle calamità.
Stiamo parlando dell'uomo civilizzato, perché il primitivo, avendo dei bisogni più limitati, non ha gli stessi motivi di cupidigia e di angoscia. Il suo modo di vedere le cose e tutt'altro. Nello stato di civilizzazione l'uomo riflette sulla sua infelicità e l'analizza, ed e per questo che ne e maggiormente ferito, ma può anche riflettere sui mezzi di consolazione e analizzarli. Questa consolazione egli l'attinge nel sentimento cristiano, che gli dà la speranza di un futuro migliore, e nello Spiritismo, che gli dà la certezza di questo futuro.
Perdita delle persone amate
«Questa causa di dolore colpisce il ricco come il povero: e una prova o un'espiazione, ed è legge comune. Ma c’è la consolazione di poter comunicare con i vostri amici con i mezzi di cui disponete, in attesa di averne altri più diretti e più accessibili ai vostri sensi.»
«Non ci può essere profanazione quando c’è raccoglimento e quando l'evocazione e fatta con rispetto e convenientemente. Ciò è dimostrato dal fatto che gli Spiriti che vi amano vengono con piacere, sono felici del vostro ricordo e di intrattenersi con voi. Ci sarebbe profanazione se lo si facesse con leggerezza.»
La possibilità di entrare in comunicazione con gli Spiriti è una grande consolazione, poiché ci dà modo di intrattenerci con i nostri parenti e amici, che hanno lasciato la Terra prima di noi. Con l'evocazione li avviciniamo a noi. Essi stanno al nostro fianco, ci ascoltano e ci rispondono, non c’è più, per così dire, separazione fra loro e noi. Ci aiutano con i loro consigli, ci testimoniano il loro affetto e la gioia ch'essi provano per il nostro ricordo. Per noi è una soddisfazione saperli felici, apprendere da loro stessi i particolari della loro nuova esistenza e acquisire la certezza di raggiungerli a nostra volta.
«Lo Spirito e sensibile al ricordo e al rimpianto di quelli che l'hanno amato, ma un dolore incessante e irrazionale lo colpisce dolorosamente perché egli vede, in questo dolore eccessivo, una mancanza di fede nel futuro e di fiducia in Dio e, di conseguenza, un ostacolo al loro progresso e forse al ricongiungimento.»
Dal momento che lo Spirito è più felice che sulla Terra, dolersi ch'egli abbia lasciato la vita corporea e come dolersi ch'egli sia felice. Due amici si trovano in carcere, rinchiusi nella medesima cella; tutti e due devono un giorno riacquistare la loro libertà, ma uno la ottiene prima dell'altro. Sarebbe caritatevole, da parte di quello che rimane in carcere, sentirsi offeso perché il suo amico e stato liberato prima di lui? Non ci sarebbe forse più egoismo che affetto, da parte sua, nel volere che l'altro condivida la sua prigionia e le sue sofferenze tanto quanto lui? Lo stesso è di due esseri che si amano sulla Terra. Chi parte per primo e il primo a essere liberato, e noi dobbiamo felicitarcene, attendendo pazientemente il momento in cui lo saremo a nostra volta.
A questo proposito facciamo un altro paragone. Avete un amico, vicino a voi, che si trova in una situazione molto penosa. La sua salute o i suoi interessi esigono che vada in un altro paese dove si troverà meglio sotto tutti gli aspetti. Non sarà più vicino a voi momentaneamente, ma voi sarete sempre in comunicazione con lui, poiché la separazione sarà solo fisica. Sareste voi dispiaciuti per il suo allontanamento, dal momento che è per il suo bene?
La Dottrina Spiritista, attraverso le prove evidenti che dà sulla vita futura, sulla presenza intorno a noi di coloro che abbiamo amato, sulla continuità del loro affetto e della loro sollecitudine, attraverso le relazioni che essa ci permette d'intrattenere con loro, ci offre una profondissima consolazione per una delle cause più legittime di dolore. Con lo Spiritismo, non più solitudine, non più abbandono. L'uomo più isolato ha sempre vicino a lui degli amici con i quali può intrattenersi.
Noi non sopportiamo con pazienza le tribolazioni della vita. Esse ci sembrano così intollerabili che pensiamo di non poterle sopportare. Tuttavia, se le abbiamo sopportate con coraggio, se abbiamo saputo mettere a tacere le nostre lamentele, ce ne feliciteremo quando saremo fuori da questa prigione terrena, come il paziente che soffre si felicita, quando e guarito, di essersi sottoposto a un trattamento doloroso.
Delusioni. Affetti spezzati
«Sì. Ma noi vi insegniamo a compiangere gli ingrati e gli amici infedeli: essi saranno più infelici di voi. L'ingratitudine è figlia dell'egoismo, e l'egoista troverà più tardi dei cuori insensibili come lui stesso ha avuto. Pensate a tutti quelli che hanno praticato il bene più di voi, che erano meglio di voi e che sono stati ripagati con l'ingratitudine. Pensate che Gesù stesso e stato schernito e vilipeso quando era in vita, trattato da furfante e da impostore, e non stupitevi che accada lo stesso nei vostri confronti. Il bene che avete fatto sia la vostra ricompensa in questo mondo, e non considerate ciò che ne dicono coloro che l'hanno ricevuto. L'ingratitudine è una prova per la vostra costanza nel fare il bene. Di ciò a voi sarà tenuto conto, mentre a coloro che vi avranno disconosciuti la punizione sarà tanto maggiore quanto maggiore sarà stata la loro ingratitudine.»
«Questo sarebbe un errore, perché l'uomo di cuore, come voi dite, è sempre felice del bene che fa. Sa che, qualora non ci se ne ricordi in questa vita, ci si ricorderà di lui nell'altra, e che l'ingrato ne avrà vergogna e rimorsi.»
938a. Questo pensiero non impedisce al suo cuore di sentirsi ferito. Pertanto, ciò non potrebbe far nascere in lui l'idea che sarebbe più felice se fosse meno sensibile?
«Sì, se preferisce la felicita dell'egoista, che è una ben triste felicita! Sappia dunque che gli amici ingrati che l'abbandonano non sono degni della sua amicizia e che si è ingannato sul loro conto. Pertanto non deve rimpiangerli. Più tardi ne troverà altri che sapranno comprenderlo meglio. Compatite coloro che hanno verso di voi comportamenti riprovevoli, che voi non avete meritato, perché ne avranno un triste riscontro. Ma non affliggetevene: è questo il mezzo per mettervi al di sopra di loro.»
La natura ha dato all'uomo la necessita di amare e di essere amato. Una delle gioie più grandi, che gli sia concessa sulla Terra, e quella di incontrare dei cuori che simpatizzino con il suo. Questa gioia gli offre così le primizie della felicita che gli è riservata nel mondo degli Spiriti perfetti, dove tutto e amore e benevolenza. È una gioia che all'egoista è preclusa.
Unioni antipatiche
«Voi non comprendete dunque che è una punizione, ma che essa e solo passeggera. E poi quanti ce n'e di quelli che credono di amare perdutamente perché giudicano solo dalle apparenze e, quando sono obbligati a vivere con le persone, non tardano a riconoscere che altro non è che attrazione fisica! Non basta essere innamorati di una persona che vi piace e a cui voi attribuite belle qualità. È vivendo veramente insieme che si può apprezzarla. Quante unioni ci sono che a tutta prima sembrano non dover mai essere compatibili, e dopo, quando l'uno e l'altra si sono ben conosciuti e ben studiati, finiscono con l'amarsi di un amore tenero e duraturo, perché fondato sulla stima! Non bisogna dimenticare che è lo Spirito che ama, e non il corpo, e quando l'infatuazione fisica svanisce, lo Spirito si rende conto della realtà.
Ci sono due tipi di affetto: quello del corpo e quello dell'anima, e sovente si scambia l'uno per l'altro. L'affetto dell'anima, quando e puro e simpatico, è duraturo. Quello del corpo e passeggero. Ecco perché spesso quelli che credono di amarsi di un amore eterno si odiano quando l'attrazione fisica si esaurisce.»
«Molto amari, in effetti. Ma e una di quelle infelicità di cui voi sovente siete la prima causa. Innanzi tutto sono le vostre leggi che sono sbagliate, perché voi credete che Dio vi obblighi a restare con chi non vi piace. E poi, in queste unioni, voi cercate sovente più la soddisfazione del vostro orgoglio e della vostra ambizione che la felicita di un mutuo affetto. Voi subite quindi le conseguenze dei vostri pregiudizi.»
940a. Ma in questo caso non c'è quasi sempre una vittima innocente?
«Sì. Ed e per lei una dura espiazione. Ma la responsabilità della sua infelicità ricadrà su coloro che ne saranno la causa. Se la luce della verità e già penetrata nella sua anima, essa riporrà la sua consolazione nella sua fede nel futuro. Del resto nella misura in cui i pregiudizi andranno indebolendosi, le cause di questa infelicità intima andranno esse pure scomparendo.»
Paura della morte
«È a torto che essi hanno questa paura. Ma che volete? Si cerca di persuaderli nella loro giovinezza che c’è un inferno e un paradiso, ma che è più certo che essi andranno all'inferno, perché si dice loro che quanto è nella natura stessa è già un peccato mortale per l'anima. Allora, quando diventano adulti, se hanno un po' di giudizio, non possono più ammettere ciò e diventano atei o materialisti. È così che li si induce a credere che oltre alla vita presente non c’è più niente. Quanto a coloro che hanno persistito nelle loro credenze dell'infanzia, essi temono questo fuoco eterno che deve bruciarli senza distruggerli.
La morte, invece, non ispira al giusto alcuna paura perché, con la fede, ha la certezza del futuro. La speranza gli fa attendere una vita migliore; la carità, di cui ha praticato la legge, gli dà la sicurezza che non incontrerà nel mondo, in cui sta per entrare, nessun essere di cui debba temere lo sguardo.» (Vedere n. 730)
L'uomo carnale, più attaccato alla vita fisica che a quella spirituale, ha sulla Terra pene e gioie materiali. La sua felicita consiste nella soddisfazione passeggera di tutti i suoi desideri. La sua anima, costantemente preoccupata e minacciata dalle vicissitudini della vita si trova in uno stato di ansietà e di tormento perenni. La morte lo spaventa perché dubita del suo futuro e perché lascia sulla Terra tutti i suoi affetti e tutte le sue speranze.
L'uomo morale, che si è elevato al di sopra dei bisogni fittizi creati dalle passioni, ha già sulla Terra delle gioie sconosciute all'uomo materialista. La moderazione dei suoi desideri dona al suo Spirito la pace e la serenità. Felice del bene che fa, non ci sono per lui delusioni, e le contrarietà scivolano sulla sua anima senza lasciarvi tracce dolorose.
«Ce ne sono di quelle che diranno questo, e molte. Ma accade a loro come a certi malati, ai quali il medico prescrive la dieta, ma essi vorrebbero guarire senza medicine e continuando a fare indigestioni.»
Disgusto della vita. Suicidio
«Conseguenza dell'ozio, della mancanza di fede e, sovente, della sazietà.
Per colui che esercita le sue facoltà con uno scopo utile e secondo le sue attitudini naturali, il lavoro non ha niente di arido, e la vita scorre più rapidamente. Egli ne sopporta le vicissitudini con tanta più pazienza e rassegnazione, in quanto agisce in vista della felicita più solida e duratura che lo attende.»
«No. Solo Dio ha questo diritto. Il suicidio volontario e una trasgressione a questa legge.»
944a. Il suicidio non è forse sempre volontario?
«Il folle che si uccide non sa quello che fa.»
«Insensati! Perché non si davano da fare? L'esistenza non sarebbe stata loro di peso.»
«Poveri Spiriti! Che non hanno il coraggio di sopportare le miserie dell'esistenza! Dio aiuta quelli che soffrono e non quelli che non hanno né forza né coraggio. Le tribolazioni della vita sono delle prove o delle espiazioni. Felici coloro che le sopportano senza lamentarsi, perché essi ne saranno ricompensati! Infelicità invece per coloro che s'aspettano la loro salvezza da quella che, nella loro empietà, chiamano caso o sorte! Il caso o la sorte, per servirmi del loro linguaggio, possono in effetti favorirli provvisoriamente, ma è per far loro sentire, più tardi e più crudelmente, la nullità di queste parole.»
946a. Quelli che hanno condotto gli infelici a questo atto di disperazione ne subiranno le conseguenze?
«Oh, quelli là! Infelicità a loro!Perché essi ne risponderanno come di un assassinio.»
«È un suicida. Ma coloro che ne sono la causa o che avrebbero potuto trattenerlo sono più colpevoli di lui. L'indulgenza lo attende. Comunque non crediate che sia completamente assolto se ha mancato di fermezza e di perseveranza e se non ha fatto uso di tutta la sua intelligenza per uscire dalle difficolta. Infelicità soprattutto a lui, se la sua disperazione nasce dall'orgoglio. Intendo dire se e uno di quegli uomini in cui l'orgoglio paralizza le risorse dell'intelligenza, che si vergognano di dover affidare l'esistenza al lavoro manuale e che preferiscono morire di fame piuttosto che rinunciare a quella che essi chiamano la posizione sociale! Non c’è forse cento volte più grandezza e dignità nel lottare contro le avversità, nell'affrontare la critica di un mondo futile ed egoistico, che si dimostra ben disposto solo verso coloro che non mancano di niente, e che vi gira le spalle appena di questo mondo voi avete bisogno? Sacrificare la propria vita alla considerazione di questo mondo e stupido, perché esso non ne tiene alcun conto.»
«Il suicidio in questo caso non cancella il peccato. Al contrario, perché qui i peccati sono due al posto di uno. Quando si è avuto il coraggio di fare il male, bisogna anche avere quello di subirne le conseguenze. Dio giudica e, secondo la causa, può a volte attenuare il rigore.»
«Chi agisce così non fa bene, ma lo crede. E Dio gliene tiene conto, perché è un'espiazione che s'impone da sé stesso. Egli attenua la sua colpa attraverso l'intenzione, ciò nondimeno commette un errore. Pertanto, abolite abusi e pregiudizi dalla vostra società e non avrete più suicidi.»
Chi si priva della vita, per sottrarsi alla vergogna di una cattiva azione, dimostra di tenere più alla stima degli uomini che a quella di Dio, perché egli sta per rientrare nella vita spirituale carico delle sue iniquità e si è privato dei mezzi per ripararle durante la vita. Però Dio è sovente meno intransigente degli uomini. Perdona il pentimento sincero e tiene conto della riparazione. Il suicidio non ripara niente.
«Altra follia! Faccia del bene e sarà più sicuro di arrivarci. Con il suicidio, infatti, ritarda il suo ingresso in un mondo migliore e lui stesso domanderà di tornare per finire questa vita che ha spezzato per una falsa idea. Una colpa, qualunque essa sia, non apre mai il santuario degli eletti.»
«Questo e sublime, secondo l'intenzione, poiché il sacrificio della propria vita non è un suicidio. Ma Dio si oppone a un sacrificio inutile e non può vederlo con piacere se è offuscato dall'orgoglio. Un sacrificio è meritorio solo se disinteressato, mentre a volte chi lo compie ha un secondo fine, che ne diminuisce il valore agli occhi di Dio.»
Ogni sacrificio, fatto a spese della propria stessa felicita, e un atto sovranamente meritorio agli occhi di Dio, perché si tratta della pratica della legge di carità. Pertanto, essendo la vita il bene terreno al quale l'uomo attribuisce il più alto valore, chi vi rinuncia per il bene dei suoi simili non commette affatto un reato: e un sacrificio quello che compie. Ma prima di compierlo egli deve considerare se la sua vita non possa essere più utile della sua morte.
«È un suicidio morale. Non comprendete che in questo caso l'uomo e doppiamente colpevole? C’è in lui mancanza di coraggio e bestialità, e soprattutto oblio di Dio.»
952a. È più colpevole o meno colpevole di chi si toglie la vita per disperazione?
«È più colpevole, perché ha il tempo per riflettere sul suo suicidio. In colui che lo commette all'improvviso c’è qualche volta una specie di sconvolgimento che assomiglia alla follia. L'altro sarà punito molto di più perché le pene sono sempre proporzionali alla consapevolezza che si ha delle colpe commesse.»
«Si è sempre colpevoli quando non si attende il termine fissato da Dio. D'altra parte si e veramente certi che questo termine sia arrivato malgrado le apparenze? Non si potrebbe ricevere un aiuto insperato all'ultimo momento!»
953a. Ben si comprende che in circostanze ordinarie il suicida sia condannabile. Ma supponiamo il caso in cui la morte sia inevitabile e la vita venga abbreviata solo di qualche istante.
«È sempre una mancanza di rassegnazione e di sottomissione alla volontà del Creatore.»
953b. Quali sono, in questo caso, le conseguenze di questa azione?
«Un'espiazione proporzionata alla gravita della colpa, secondo le circostanze, come sempre.»
«Non c’è colpevolezza se non quando vi sia intenzione o effettiva coscienza di fare il male.»
«Esse ubbidiscono a un pregiudizio e sovente più al potere che alla loro stessa volontà. Esse credono di compiere un dovere, e questo non si configura come suicidio. L'attenuante sta nella nullità morale della maggior parte di loro e nella loro ignoranza. Questi costumi barbari e stolti spariranno con la civilizzazione.»
«Il risultato per loro e ben diverso da quello che si aspettano e, anziché essere riuniti all'oggetto del loro affetto, se ne allontanano per più lungo tempo, perché Dio non può ricompensare un atto di codardia e l'insulto che a Lui è stato fatto, dubitando della Sua Provvidenza. Essi pagheranno questo istante di follia con dispiaceri più grandi di quelli che essi credevano di abbreviare e non avranno per compensarli la soddisfazione che si attendevano.» (Vedere n. 934 e sgg.)
«Le conseguenze del suicidio sono molto varie. Non ci sono pene prefissate e, in ogni caso, sono sempre relative alle cause che l'hanno provocato. Ma una conseguenza alla quale il suicida non può sottrarsi è la delusione. Del resto la sorte non è la medesima per tutti: dipende dalle circostanze. Alcuni espiano la loro colpa immediatamente, altri in una nuova esistenza, che sarà peggiore di quella di cui hanno interrotto il corso.»
L'osservazione dimostra in effetti che le conseguenze del suicidio non sono sempre le medesime, ma che ce ne sono di comuni a tutti i casi di morte violenta o a seguito dell'interruzione brusca della vita. Si tratta innanzi tutto del persistere più prolungato e più tenace del legame che unisce lo Spirito al corpo, essendo questo legame quasi sempre al culmine della sua forza nel momento in cui è stato troncato. Nella morte naturale, invece, esso s'indebolisce gradualmente e sovente viene spezzato prima che la vita sia completamente estinta. Le conseguenze di questo stato di cose sono il protrarsi del turbamento dello Spirito, poi il protrarsi dell'illusione che, per un tempo più o meno lungo, fa credere allo Spirito che si trovi ancora nel numero dei vivi. (Vedere nn. 155 e 165)
L'affinità che persiste fra lo Spirito e il corpo produce, in qualche suicida, una sorta di ripercussione dello stato del corpo sullo Spirito. Questo risente così, suo malgrado, degli effetti della decomposizione e ne prova una sensazione colma di angoscia e di orrore. Questo stato può persistere tanto a lungo quanto avrebbe dovuto durare la vita che essi hanno interrotta. Questo effetto non è generale, ma in nessun caso il suicida viene liberato dalle conseguenze della sua mancanza di coraggio e prima o poi, in un modo o nell'altro, espia la sua colpa. Avviene così che certi Spiriti, che erano stati molto infelici sulla Terra, hanno detto di essersi suicidati nella loro precedente esistenza e di esserci volontariamente sottoposti a nuove prove per tentare di superarle con maggiore rassegnazione. In alcuni c’è una specie di attaccamento alla materia, da cui cercano invano di liberarsi per fuggire verso mondi migliori, il cui accesso, pero, e loro interdetto. Nella maggior parte di loro c’è il rimorso d'aver fatto una cosa inutile, poiché ne provano solo delusione. La religione, la morale, tutte le filosofie condannano il suicidio in quanto contrario alla legge di natura. Tutti, in linea di massima, ci dicono che non si ha il diritto di abbreviare volontariamente la propria vita. Ma perché non si ha questo diritto? Perché non si è liberi di porre termine alle proprie sofferenze? Era riservato allo Spiritismo dimostrare, attraverso l'esempio di quelli che ne soccombettero, che non si tratta solo di una colpa, come un'infrazione a una legge morale — considerazione di poco peso per certuni — ma di un atto stupido, perché non ci si guadagna niente. Non è con la teoria che lo Spiritismo ci erudisce, ma con i fatti che ci mette sotto gli occhi.
Capítulo II - Dolori e Gioie Future
Il nulla. Vita futura
«Perché il nulla non esiste.»
«È già stato detto. Prima della sua incarnazione, lo Spirito conosceva tutto ciò, e l'anima conserva un vago ricordo di quello che sapeva e di quello che ha visto allo stato spirituale.» (Vedere n. 393)
In tutti i tempi l'uomo si è preoccupato del suo avvenire dopo la morte, e ciò e molto naturale. Per quanta importanza egli attribuisca alla vita presente, non può impedirsi di notare come la vita sia breve e soprattutto precaria, dal momento che può essere spezzata in qualsiasi istante, e l'uomo non è mai sicuro del domani. Che cosa succede dopo l'istante fatale? La questione è grave, perché non si tratta di qualche anno, bensì dell'eternità. Chi deve passare molti anni in un paese straniero, si preoccupa della posizione che li avrà. Come dunque non dovremmo preoccuparci della posizione che avremo, lasciando questo mondo, dal momento che è per sempre?
L'idea del nulla ha qualcosa che contrasta con la ragione. L'uomo più incurante, durante il corso della sua vita, giunto al momento supremo, si domanda che cosa sta per diventare e involontariamente spera.
Credere in Dio senza ammettere la vita futura sarebbe un nonsenso. Il sentimento di un'esistenza migliore è nel più profondo di tutti gli uomini, e non è possibile che Dio ve lo abbia collocato invano.
La vita futura implica la conservazione della nostra individualità dopo la morte. In effetti, che cosa ci importerebbe di sopravvivere al nostro corpo, se la nostra essenza morale dovesse perdersi nell'oceano dell'infinito? Le conseguenze per noi sarebbero le stesse che il nulla.
Intuizione delle pene e delle gioie future
«È sempre la stessa cosa: presentimento della realtà trasferita all'uomo dallo Spirito incarnato in lui. Perché, sappiatelo, non è invano che una voce interiore vi parla. Il vostro torto sta nel non ascoltarla. Se voi ci pensaste bene e spesso, diventereste migliori.»
«Il dubbio per gli scettici irriducibili, la paura per i colpevoli, la speranza per gli uomini dabbene.»
«Ci sono meno scettici di quanto si creda. Molti si atteggiano a Spiriti forti durante la vita per orgoglio, ma al momento di morire non sono così spavaldi.»
La conseguenza della vita futura dipende dalla responsabilità dei nostri atti. La ragione e la giustizia ci dicono che, nella ripartizione della felicita alla quale tutti gli uomini aspirano, buoni e cattivi non possono essere confusi. Dio non può volere che gli uni godano, senza fatica, di beni ai quali altri pervengono solo con sforzo e perseveranza.
L'idea che Dio ci dà della Sua giustizia e della Sua bontà attraverso la saggezza delle Sue leggi, non ci consente di credere che il giusto e il cattivo siano ai Suoi occhi sullo stesso piano, né di dubitare che essi non ricevano, un giorno, l'uno la ricompensa e l'altro il castigo, per il bene o il male che avranno fatto. È per questo che il sentimento innato che noi abbiamo della giustizia ci dà l'intuizione delle pene e delle ricompense future.
Intervento di Dio nelle pene e nelle ricompense
«Dio si occupa di tutti gli esseri che ha creato, per quanto piccoli essi siano. Niente e troppo piccolo per la Sua bontà.
«Dio ha le sue leggi, che regolano tutte le vostre azioni: se voi le violate, questo è un vostro errore. Senza dubbio, quando un uomo commette un eccesso, Dio non emette un giudizio contro lui dicendogli, per esempio: "'Tu sei stato goloso, io ti punirò". Ma Egli ha tracciato un limite. Le malattie, e sovente la morte, sono la conseguenza di questi eccessi. Ecco la punizione: essa e il risultato dell'infrazione della legge. E d è così per tutto.»
Tutte le nostre azioni sono sottoposte alle leggi di Dio. Non ce n'e alcuna, per quanto insignificante ci sembri, che non possa esserne la violazione. Se noi subiamo le conseguenze di questa violazione, non dobbiamo prendercela che con noi stessi, che ci rendiamo così gli artefici stessi della nostra felicita o della nostra infelicità a venire.
Questa verità è resa percettibile dal seguente apologo:
"Un padre ha dato a suo figlio educazione e istruzione, ossia i mezzi per sapersi comportare. Gli cede anche un campo da coltivare e gli dice: 'Ecco la regola da seguire e tutti gli strumenti necessari per rendere questo campo fertile e assicurare così la tua esistenza. Ti ho dato l'istruzione per comprendere questa regola: se la seguirai, il tuo campo produrrà molto e ti assicurerà la tranquillità per la tua vecchiaia. Altrimenti non ti produrrà niente e tu morirai di fame'. Detto questo, lo lascia agire liberamente."
Non è forse vero che quel campo produrrà in ragione delle cure elargite alla sua coltura e che qualsiasi negligenza sarà a detrimento della raccolta? Il figlio sarà dunque, in vecchiaia, felice o infelice a seconda che abbia seguito o trascurato la regola indicata da suo padre. Dio e ancora più previdente, perché ci avverte a ogni istante se facciamo bene o male. Egli ci invia gli Spiriti per ispirarci, ma noi non li ascoltiamo. C’è ancora questa differenza: Dio da sempre all'uomo una risorsa nelle sue nuove esistenze, per riparare i suoi errori passati, mentre il figlio di cui parliamo non ne ha più, nel caso avesse impiegato male il suo tempo.
Natura delle pene e delle gioie future
«Esse non possono essere materiali, perché l'anima non è materia: lo dice il buon senso. Queste pene e queste gioie non hanno niente di carnale e pertanto sono mille volte più vive di quelle che voi provate sulla Terra. Lo Spirito, infatti, una volta libero, è più impressionabile: la materia non ne attenua più le sensazioni.» (Vedere nn. 237-257)
«È perché la sua intelligenza non è ancora abbastanza sviluppata. Il bambino comprende forse come l'adulto? Inoltre dipende anche da ciò che gli è stato insegnato: è là che vi è necessita di una riforma.Il vostro linguaggio è troppo incompleto per esprimere ciò che esiste al di fuori di voi stessi. Pertanto c’è stato proprio bisogno di paragoni, e sono queste immagini e queste figure che voi avete preso per realtà. Però, nella misura in cui l'uomo si illumina, la sua mente va comprendendo le cose che il suo linguaggio non può esprimere.»
«Consiste nel conoscere tutto. Non avere ne odio né gelosia né invidia né ambizione né alcuna delle passioni che fanno l'infelicità degli uomini. L'amore che li unisce è per loro la fonte di una suprema felicita. Essi non provano né le necessita né le sofferenze né le angosce della vita materiale. Sono felici del bene che fanno. Del resto la felicita degli Spiriti e sempre proporzionata al loro livello di elevatezza. Solo i puri Spiriti gioiscono, è vero, della felicita suprema, ma tutti gli altri non sono infelici. Fra i cattivi e i perfetti c’è un'infinita di livelli, in cui le gioie sono relative allo stato morale. Quelli che sono abbastanza avanzati comprendono la felicita di coloro che sono arrivati prima di loro, ed essi aspirano a ciò. Ma questa aspirazione e per loro motivo di emulazione e non di gelosia. Sanno che dipende da loro arrivarci e s'impegnano a questo scopo, ma con la calma della buona coscienza, e sono felici di non dover soffrire ciò che sopportano i malvagi.»
«Sì, le gioie del primitivo. E quando non potete soddisfare questi bisogni, e una tortura.»
«È un'allegoria che esprime la comprensione che essi hanno delle perfezioni di Dio, perché essi Lo vedono e Lo comprendono. Ma questa allegoria non dev'essere presa alla lettera più di tante altre. Tutto in natura, fin dal granello di sabbia, canta, ossia proclama la potenza, la saggezza e la bontà di Dio. Ma non crediate che gli Spiriti beati siano in eterna contemplazione. Sarebbe una felicita sciocca e monotona e inoltre sarebbe quella dell'egoista, perché la loro esistenza sarebbe di un'inutilità senza fine. Essi non hanno più le tribolazioni dell'esistenza fisica, il che e già una gioia. E poi, come abbiamo detto, essi conoscono e sanno tutto, mettono a profitto l'intelligenza che hanno acquisito per contribuire al progresso degli altri Spiriti: e la loro occupazione e allo stesso tempo la loro felicita.»
«Esse sono tanto varie quanto le cause che le hanno generate e sono proporzionate al livello di inferiorità, così come le gioie lo sono al livello di superiorità. Esse possono riassumersi così: invidiare tutto ciò che loro manca per essere felici e non poterlo ottenere; vedere la felicita e non poterla raggiungere; rimpianto, gelosia, rabbia, disperazione per ciò che impedisce loro d'essere felici, e poi rimorso e ansietà morale indefinibili. Hanno il desiderio di tutti i piaceri e non possono soddisfarli, ed è questo che li tortura.»
«È sempre buona da parte degli Spiriti buoni, questo non occorre dirlo. Ma gli Spiriti perversi cercano di fuorviare dal cammino del bene e del pentimento quelli che ritengono suscettibili di lasciarsi influenzare e che sovente essi hanno indotto al male durante la vita.»
971a. Pertanto la morte non ci libera dalla tentazione?
«No. Ma l'influsso dei cattivi Spiriti e molto meno profondo sugli altri Spiriti che sugli uomini, perché i cattivi Spiriti non hanno più la collaborazione delle passioni materiali.» (Vedere n. 996)
«Se le passioni non esistono materialmente, nel pensiero esistono ancora presso gli Spiriti arretrati. I cattivi alimentano questi pensieri trascinando le loro vittime in luoghi dove assistono allo spettacolo di queste passioni e di tutto ciò che può suscitarle.»
972a. Ma a che cosa servono queste passioni, dal momento che non hanno più un obiettivo reale?
«Sta proprio in questo il loro supplizio. L'avaro vede oro che non può possedere, il libertino orge alle quali non può prendere parte, l'orgoglioso onori che invidia e di cui non può godere.»
«Non esiste una descrizione possibile delle torture morali che costituiscono la punizione di certi crimini. Lo Spirito stesso che le prova faticherebbe a darvene un'idea. Ma sicuramente la cosa più orribile è il pensiero ch'egli ha di essere condannato senza ritorno.»
L'uomo si fa, delle pene e delle gioie dell'anima dopo la morte, un'idea più o meno elevata a seconda del livello della sua intelligenza. Più la sua intelligenza si sviluppa e più questa idea si purifica e si libera della materia: comprende le cose sotto un punto di vista più razionale e smette di prendere alla lettera le immagini del linguaggio figurato. La ragione, più illuminata, insegnandoci che l'anima è un essere completamente spirituale, ci dice, proprio per questo, che essa non può essere influenzata dalle impressioni, le quali agiscono solo sulla materia. Ma da ciò non consegue che essa sia esente da sofferenza né che non riceva la punizione delle sue colpe. (Vedere n. 237)
Le comunicazioni spiritiste hanno lo scopo di mostrarci lo stato futuro dell'anima, non più come una teoria, ma come una realtà. Esse mettono sotto i nostri occhi tutte le peripezie della vita d'oltretomba, ma allo stesso tempo ce le mostrano come conseguenze perfettamente logiche della vita terrena. E, benché liberate dell'apparato fantasioso creato dall'immaginazione degli uomini, queste peripezie d'oltretomba non sono certo meno penose per coloro che hanno fatto un cattivo uso delle loro facoltà. La varietà di queste conseguenze è infinita, ma si può dire in generale che ognuno e punito attraverso il medesimo peccato che ha commesso. È così che alcuni vengono puniti attraverso la vista incessante del male che hanno fatto, altri attraverso i rimpianti, la paura, la vergogna, il sospetto, l'isolamento, le tenebre, la separazione dagli esseri che sono loro cari ecc.
«È un'allegoria presa, come tante altre cose, per vera.»
974a. Ma questa paura non potrebbe dare dei buoni risultati?
«Vedete un po' voi se sono molti — anche fra quelli che la insegnano — a cui serve da freno! Se voi insegnate delle cose che la ragione in seguito rifiuta, voi creerete un'idea che non sarà né duratura né salutare.»
L'uomo, impossibilitato a rendere con il suo linguaggio la natura di quelle sofferenze, non ha trovato un paragone più incisivo di quello del fuoco, perché per lui il fuoco rappresenta il genere di supplizio più crudele e il simbolo dell'attività più energica. È per questo che la credenza nel fuoco eterno risale alla più remota antichità, e i popoli moderni l'hanno ereditata dai popoli antichi. E d è anche per questo che, nel suo linguaggio figurato, l'uomo dice: il fuoco delle passioni, ardere d'amore, di gelosia ecc.
«Sì. Ed e ciò che costituisce il loro supplizio, perché comprendono che ne sono privati per loro stessa colpa. Per questo lo Spirito, liberato dalla materia, aspira in seguito a una nuova esistenza fisica. Perché ogni esistenza, se viene bene impiegata, può abbreviare la durata di questo supplizio. È allora che egli fa la scelta delle prove attraverso le quali potrà espiare i suoi errori. Sappiate, infatti, che lo Spirito soffre per tutto il male che ha fatto o di cui è stato la causa volontaria, per tutto il bene che avrebbe potuto fare e che non ha fatto, e per tutto il male che deriva dal bene che non ha fatto.
Lo Spirito errante non ha più veli, e come se fosse uscito dalla nebbia e vede ciò che lo allontana dalla felicita. Allora soffre di più, perché comprende quanto e stato colpevole. Per lui non ci sono più illusioni: vede la realtà delle cose.»
Lo Spirito allo stato errante prende coscienza da una parte di tutte le sue esistenze passate, dall'altra vede il futuro promesso e comprende che cosa gli manca per raggiungerlo. Così come un viandante, giunto sulla vetta di una montagna, vede il cammino percorso e quello che gli resta da fare per raggiungere la sua meta.
«Non si tratta affatto di un'afflizione, dal momento che gli Spiriti buoni sanno che questo male avrà un termine. Essi aiutano gli altri a migliorarsi e tendono loro una mano: in ciò consiste la loro occupazione, ed e una gioia quando ci riescono.»
976a. Questo è concepibile se riguarda Spiriti estranei o indifferenti. Ma la vista dei dolori e delle sofferenze delle persone che essi hanno amato sulla Terra non turba la loro felicita?
«Il fatto è che essi sarebbero a voi estranei dopo la morte, se non vedessero queste sofferenze. Ora, la religione vi dice che le anime le vedono. Ma gli Spiriti considerano le vostre sofferenze da un altro punto di vista. Sanno che queste sofferenze sono utili al vostro avanzamento, se le sopporterete con rassegnazione. Essi dunque si affliggono più per la vostra mancanza di coraggio, che vi procura ritardo, piuttosto che per le sofferenze in sé stesse, le quali sono soltanto passeggere.»
«Non può essere diversamente, lo dice il buon senso.»
977a. La divulgazione di tutti gli atti riprovevoli e la presenza perpetua di quelli che ne sono state le vittime sono un castigo per il colpevole?
«Un castigo più grande di quanto si pensi, ma solamente fin quando egli non abbia espiato queste colpe, sia come Spirito, sia come uomo nelle nuove esistenze fisiche.»
Quando noi stessi saremo nel mondo degli Spiriti, e tutto il nostro passato sarà allo scoperto, saranno pure conosciuti il bene e il male che avremo fatto. Inutilmente chi ha fatto il male cercherà di sottrarsi alla vista delle sue vittime: la loro inevitabile presenza sarà per lui un castigo e un rimorso incessante, fino a quando non avrà espiato le sue colpe. L'uomo dabbene, invece, incontrerà ovunque solo sguardi affettuosi e benevoli.
Per il malvagio, non esiste tormento più grande sulla Terra della presenza delle sue vittime. È per questo che le evita continuamente. Che sarà di lui quando, dissipatasi l'illusione delle passioni, comprenderà il male che ha fatto, vedrà i suoi atti più segreti svelati, la sua ipocrisia smascherata, e capirà che non potrà sottrarsi alla loro vista? Mentre l'anima dell'uomo perverso è in preda alla vergogna, all'afflizione e al rimorso, quella del giusto gioisce di una serenità perfetta.
«No, perché essa ha riscattato le sue colpe ed e uscita vittoriosa dalle prove alle quali si era sottoposta a questo scopo.»
«Per l'anima che è ancora impura, sì. È per questo che non può gioire di una felicita perfetta se non quando sarà completamente pura. Ma per quella che è già elevata, il pensiero delle prove che le restano da subire non ha niente di penoso.»
L'anima che è già arrivata a un certo grado di purezza gode già della felicita. Un sentimento di dolce soddisfazione la invade; è felice di tutto quello che vede, di tutto quello che la circonda. Il velo si solleva per lei sui misteri e sulle meraviglie della creazione, e le perfezioni divine le appaiono in tutto il loro splendore.
«L'unione degli Spiriti che simpatizzano per il bene, è per loro una delle gioie più grandi, perché non temono di vedere questa unione turbata dall'egoismo. Essi formano, nel mondo completamente spirituale, delle famiglie con gli stessi sentimenti, ed è in ciò che consiste la felicita spirituale, così come sulla Terra voi vi raggruppate per categorie e provate un certo piacere quando vi radunate. L'affetto puro e sincero, che gli Spiriti provano e di cui essi sono l'oggetto, è una fonte di felicita, perché non ci sono là né falsi amici né ipocriti.»
L'uomo gusta le primizie di questa felicita, sulla Terra, quando incontra delle anime con le quali può fondersi in un'unione pura e santa. In una vita più purificata, questa gioia sarà ineffabile e senza limiti, perché egli incontrerà solo delle anime simpatiche che l'egoismo non raffredderà. Nella natura infatti tutto è amore: e l'egoismo che lo uccide.
«La differenza può essere molto grande. Comunque essa sovente viene meno di fronte alle cause che generano questa paura o questo desiderio. Sia che la si tema, sia che la si desideri, si può essere mossi da sentimenti molto diversi, e sono questi sentimenti che influiscono sullo stato dello Spirito. È evidente, per esempio, che per colui che desidera la morte, unicamente perché vi scorge la fine delle sue tribolazioni, si tratta di una specie di rivolta contro la Provvidenza e contro le prove che deve subire.»
«Se così fosse, ne conseguirebbe che tutti quelli che non credono o che non sono stati in grado di illuminarsi verrebbero esclusi, il che sarebbe assurdo. È la pratica del bene che assicura il buon esito a venire. Pertanto, il bene è sempre il bene, qualunque sia la via che a esso conduce.» (Vedere nn. 165 e 799)
Credere nello Spiritismo aiuta a migliorarsi, fissando le idee su certi punti del futuro. Accelera il progresso degli individui e delle masse perché permette di rendersi conto di ciò che saremo un giorno. È un punto d'appoggio, una luce che ci guida. Lo Spiritismo insegna a sopportare le prove con pazienza e rassegnazione e distoglie da azioni che possono ritardare la felicita futura. È così che esso contribuisce a questa felicita, ma non è detto che senza ciò non ci si possa arrivare.
Pene temporanee
«È pur vero che quando l'anima e reincarnata, le tribolazioni della vita sono per lei delle sofferenze, ma e solo il corpo che soffre materialmente.
Voi dite sovente di colui che è morto che non ha più da soffrire. Questo non sempre e vero. Come Spirito, non ha più dolori fisici, ma a seconda degli gli errori che ha commesso può avere dei dolori morali più penosi e, in una nuova esistenza, può essere ancora più infelice. Il ricco malvagio domanderà l'elemosina e sarà vittima di tutte le privazioni inflitte dalla miseria, mentre l'orgoglioso lo sarà di tutte le umiliazioni. Chi abusa della propria autorità e tratta i subordinati con disprezzo e durezza sarà obbligato a obbedire a un padrone più duro di quanto lui stesso sia stato. Tutte le pene e le tribolazioni della vita sono l'espiazione delle colpe di un'altra esistenza, allorché non siano la conseguenza degli errori della vita attuale. Quando sarete usciti da qui, lo comprenderete. (Vedere nn. 273, 393 e 399)
L'uomo che si crede felice sulla Terra, perché può soddisfare le sue passioni, e quello che fa il minor sforzo per migliorarsi. Egli espia sovente, già in questa vita, tale effimera felicita. Comunque la espierà certamente in un'altra esistenza tanto materiale quanto questa.»
«No. L'abbiamo già detto: sono delle prove imposte da Dio o scelte da voi stessi, nello stato di Spiriti e prima della reincarnazione, per espiare gli errori commessi in un'altra esistenza. Mai, infatti, le trasgressioni alle leggi di Dio, e soprattutto alla legge di giustizia, restano impunite. Se non saranno punite in questa vita, lo saranno necessariamente in un'altra. È per questo che colui che ai vostri occhi appare giusto spesso è colpito per il suo passato.» (Vedere n. 393)
«È la conseguenza della sua purificazione. Perché, nella misura in cui gli Spiriti si purificano, s'incarnano in mondi sempre più perfetti, finché non si siano liberati completamente della materia e di tutte le loro impurità, per gioire eternamente della felicita degli Spiriti puri in seno a Dio.»
Nei mondi in cui l'esistenza e meno materiale che sulla Terra, le necessita sono meno grossolane, e tutte le sofferenze fisiche meno vive. Gli uomini non conoscono più le cattive passioni che, nei mondi inferiori, li fanno nemici gli uni degli altri. Non avendo alcun motivo né di odio né di gelosia, vivono in pace con sé stessi, perché praticano la legge di giustizia, amore e carità. Essi non conoscono assolutamente i tormenti e le angosce che nascono dall'invidia, dall'orgoglio e dall'egoismo e che fanno della nostra esistenza terrena una vera tortura. (Vedere nn. 172 e 182)
«Sì. Se non ha potuto compiere la sua missione, può lui stesso domandare di completarla in una nuova esistenza. Ma in questo caso per lui non è più una espiazione.» (Vedere n. 173)
«Poiché non fa nessun passo verso la perfezione, deve ricominciare un'esistenza della stessa natura di quella lasciata. Egli resta stazionario ed e così che prolunga le sofferenze dell'espiazione.»
«Ne conoscete molti? Se lo credete, vi sbagliate. Sovente la calma è solo apparente. Essi possono aver scelto questa esistenza, ma quando la lasciano si rendono conto che non è servita affatto al loro progresso. E così — come i pigri — rimpiangono il tempo perduto. Sappiate che lo Spirito può acquisire delle cognizioni ed elevarsi, solo con l'attività. Se si lascia andare all'indifferenza, non avanza. Egli e come chi avesse necessita (secondo i vostri costumi) di lavorare e se ne andasse a spasso o a riposare e ciò con il fermo proposito di non fare niente. Sappiate anche che ognuno dovrà render conto dell'inutilità volontaria della sua esistenza. Questa inutilità è sempre fatale alla felicità futura. L'entità della felicita futura e in ragione dell'entità del bene che ciascuno ha fatto. Quella dell'infelicità è in ragione del male fatto e di quanti ciascuno ha reso infelici.»
«Costoro sicuramente non sono buoni, ed espieranno avendo sempre davanti agli occhi quelli che essi hanno reso infelici, e questo sarà per loro un castigo. Poi, in un'altra esistenza, soffriranno quello che fecero soffrire.»
Espiazione e pentimento
«Allo stato spirituale, ma può anche manifestarsi allo stato fisico, quando comprenderete bene la differenza fra il bene e il male.»
«Il desiderio di una nuova incarnazione per purificarsi. Lo Spirito comprende le imperfezioni che gli impediscono d'essere felice, ed e per questo che aspira a una nuova esistenza in cui potrà espiare le sue colpe.» (Vedere nn. 332 e 975)
«Iniziare l'avanzamento fin dalla vita presente, se si ha il tempo di riparare ai propri errori. Quando la coscienza biasima un errore e mostra un'imperfezione, è sempre possibile migliorare.»
«Ho già detto che bisogna progredire incessantemente. Chi, in questa vita, ha solo l'istinto del male, avrà quello del bene in un'altra, ed è per questo che rinasce molte volte. È necessario infatti che tutti avanzino e raggiungano lo scopo, solo che alcuni lo raggiungono in un tempo più breve, altri in un tempo più lungo: secondo il loro desiderio. Chi non ha che l'istinto del bene è già purificato, perché ha avuto quello del male in un'esistenza precedente.» (Vedere n. 894)
«Sì, le riconosce sempre, e allora egli soffre di più perché risente di tutto il male fatto o di cui è stato la causa volontaria. Ciononostante il pentimento non è sempre immediato. Ci sono degli Spiriti che si ostinano sulla cattiva strada malgrado le loro sofferenze. Ma prima o poi riconosceranno la falsa strada nella quale si sono inoltrati, e il pentimento verrà. È per illuminarli che lavorano i buoni Spiriti, e anche voi potete lavorare in questo senso.»
«Ci sono Spiriti che non s'interessano a niente di veramente utile. Essi si trovano in una condizione di aspettativa. Ma soffrono, in questo caso, in proporzione. E poiché in tutto ci deve essere progresso, questo progresso si manifesta con il dolore.»
995a. Non hanno essi il desiderio di abbreviare le loro sofferenze?
«Lo hanno senza dubbio, ma non hanno sufficiente energia per volere ciò che potrebbe sollevarli. Quante persone ci sono fra voi che preferiscono morire di miseria piuttosto che lavorare»
«Sono quegli Spiriti il cui pentimento è tardivo ad agire così. Lo Spirito che si pente può in seguito lasciarsi di nuovo trascinare sulla via del male da altri Spiriti ancora più arretrati.» (Vedere n. 971)
«La preghiera e efficace solo per gli Spiriti che si pentono. Quelli che, spinti dall'orgoglio, si ribellano a Dio e persistono nei loro errori esasperandoli, come fanno gli Spiriti infelici, su costoro la preghiera non può niente, e non potrà niente fino al giorno in cui una luce di pentimento non si manifesterà in loro.» (Vedere n. 664)
Non si deve perdere di vista che lo Spirito, dopo la morte del corpo, non si trasforma subito. Se la sua vita è stata riprovevole, è perché egli era imperfetto. Pertanto la morte non lo rende immediatamente perfetto. Può persistere nei suoi errori, nelle sue false opinioni, nei suoi pregiudizi, finché non si sarà illuminato con lo studio, la riflessione e la sofferenza.
«L'espiazione si compie durante l'esistenza fisica attraverso le prove alle quali lo Spirito e sottoposto, e nella vita spirituale attraverso le sofferenze morali legate alla condizione d'inferiorità dello Spirito.»
«Il pentimento contribuisce al miglioramento dello Spirito, ma il passato dev'essere riparato.»
999a. Se, in seguito a ciò, un criminale dicesse che, dovendo in ogni modo espiare il suo passato, non ha necessità di pentirsi, che cosa avverrebbe di lui?
«Se insiste nel pensiero del male, la sua espiazione sarà più lunga e più penosa.»
«Sì, riparandole. Ma non crediate di poterle riscattare con qualche privazione puerile, o facendo delle donazioni dopo la morte, quando non avrete più necessita di nulla. Dio non tiene alcun conto d'un pentimento sterile, sempre facile, e che costa solo la fatica di battersi il petto. La perdita di un dito mignolo, realizzando un servizio, cancella più colpe che il supplizio del cilicio subito per anni, senz'altro scopo se non se stessi. (Vedere n. 726)
Il male si risarcisce solo col bene, e la riparazione non ha nessun
merito se non colpisce l'uomo né nel suo orgoglio né nei suoi interessi materiali.
Che gli serve, a sua discolpa, restituire dopo la morte i beni male acquisiti, quando gli diventano inutili e di cui ha approfittato?
Che gli serve la privazione di qualche piacere futile e di qualcosa di superfluo, se il torto fatto agli altri resta il medesimo?
Che gli serve, infine, umiliarsi davanti a Dio, se mantiene il suo orgoglio davanti agli uomini?» (Vedere nn. 720-721)
«Nessun merito non è il termine esatto. È comunque sempre meglio di niente. Ma la sfortuna è che colui che fa donazioni solo dopo la morte e sovente più egoista che generoso. Vuole avere l'onore del bene senza averne la fatica. Chi si priva in vita ha doppio vantaggio: il merito del sacrificio e il piacere di vedere le persone che ha reso felici. Ma l'egoismo è là che gli dice: Ciò che tu dai è altrettanta privazione delle tue gioie. E poiché la voce dell'egoismo grida più forte del disinteresse e della carità, egli salvaguarda i suoi beni con il pretesto dei suoi bisogni e delle esigenze della sua posizione. Ah! Compiangete chi non conosce il piacere di dare: costui è veramente privo di una delle più puree più dolci gioie. Dio, sottoponendolo alla prova della buona sorte, così sfuggente e così dolorosa per il suo futuro, ha voluto dargli in compenso la fortuna della generosità di cui può gioire già sulla Terra.» (Vedere n. 814)
«Il pentimento affretta la sua riabilitazione, ma non lo assolve. Non ha forse davanti a sé il futuro, che per lui non è mai chiuso?»
Durata delle pene future
«Dio non agisce mai per capriccio, e tutto nell'universo è retto da leggi che rivelano la Sua saggezza e la Sua bontà.»
«Sul tempo necessario al suo miglioramento. Essendo lo stato di sofferenza e di felicita proporzionato al grado di purificazione dello Spirito, la durata e la natura delle sue sofferenze dipendono dal tempo che impiega a migliorarsi. Nella misura in cui egli progredisce, i suoi sentimenti si purificano, le sue sofferenze diminuiscono e cambiano di natura.»
SAN LUIGI
«Gli sembra alquanto più lungo: il sonno non esiste per lui. È solo per gli Spiriti giunti a un certo grado di purificazione che il tempo si cancella, per così dire, di fronte all'infinito.» (Vedere n. 240)
«Senza dubbio. Se fosse eternamente cattivo, ossia se non dovesse né pentirsi né migliorarsi mai, soffrirebbe eternamente. Ma Dio non ha creato degli esseri perché fossero votati al male perpetuamente. Li ha solo creati semplici e ignoranti, e tutti devono progredire in un tempo più o meno lungo, secondo la volontà di ognuno. La volontà può essere più o meno tardiva — così come ci sono dei bambini più o meno precoci — ma prima o poi essa compare per la necessita irresistibile, che lo Spirito prova, di uscire dalla sua inferiorità ed essere felice. La legge che regola la durata delle pene e dunque eminentemente saggia e benevola, poiché subordina questa durata agli sforzi dello Spirito. Questa legge, pero, non lo priva mai del suo libero arbitrio: se lo Spirito ne fa un cattivo uso, ne subisce le conseguenze.»
SAN LUIGI
«Ci sono Spiriti il cui pentimento e molto tardivo. Ma presumere che non migliorino mai sarebbe negare la legge del progresso e sostenere che il bambino non può diventare adulto.»
«Sì. Certe pene possono essere imposte per un certo tempo, ma Dio, che vuole solo il bene delle Sue creature, accoglie sempre il pentimento, e il desiderio di migliorarsi non è mai vano.»
SAN LUIGI
«Interrogate il vostro buon senso, la vostra ragione, e domandatevi se una condanna eterna per alcuni momenti di errore non sarebbe la negazione della bontà di Dio. Che cosa è in effetti la durata della vita, fosse anche di cento anni, in rapporto all'eternità? Eternità! Comprendete bene questa parola? Sofferenze, torture senza fine e senza speranze, per qualche peccato! Il vostro raziocinio non rifiuta una tale idea? Che gli antichi vedessero nel maestro dell'universo un Dio terribile, geloso e vendicativo è comprensibile. Nella loro ignoranza essi attribuirono alla Divinità le passioni degli uomini. Ma non è questo il Dio dei cristiani, Colui che, tra le virtù, mette al primo posto l'amore, la carità, la misericordia e l'oblio delle offese. Potrebbe mancare Lui stesso di quelle qualità di cui ci f a un dovere? Non c’è forse contraddizione nell'attribuirGli la bontà infinita e allo stesso tempo la vendetta infinita? Voi dite che Egli, prima di tutto, è giusto e che l'uomo non comprende la Sua giustizia. Ma la giustizia non esclude la bontà, e Dio non sarebbe buono se condannasse a delle pene orribili e perpetue, la maggior parte delle Sue creature. Potrebbe fare obbligo ai Suoi figli di essere giusti, se non avesse dato loro i mezzi per comprendere la Sua giustizia? D'altra parte il sublime della giustizia, unito alla bontà, non consiste forse nel far dipendere dagli sforzi del colpevole la durata delle pene per migliorarsi? Qui sta la verità di queste parole: "A ciascuno secondo il suo agire".»
SANT' AGOSTINO
«Con tutti i mezzi di cui disponete, sforzatevi di combattere e annientare l'idea delle pene eterne, pensiero blasfemo nei confronti della giustizia e della bontà di Dio, sorgente fecondissima dell'empietà, del materialismo e dell'indifferenza, che si sono diffusi fra gli uomini dopo che la loro intelligenza ha incominciato a svilupparsi. Lo Spirito, vicino a illuminarsi, o anche appena dirozzato, ha subito compreso la mostruosa ingiustizia. La sua ragione la rifiuta e allora molto spesso confonde nel medesimo ostracismo sia la pena, che gli ripugna, sia il Dio al quale la attribuisce. Da ciò gli innumerevoli mali che sono venuti ad abbattersi su di voi, e ai quali noi veniamo a porre rimedio. Il compito che noi vi indichiamo vi sarà tanto più facile, in quanto le autorità, sulle quali si appoggiano i difensori di questa dottrina, hanno tutte evitato di pronunciarsi formalmente. Né i Concili né i Padri della Chiesa hanno mai risolto questa grave questione. Se, dopo gli stessi Evangelisti, e prendendo alla lettera le parole emblematiche del Cristo, si credesse che egli ha minacciato i colpevoli di un fuoco che non si spegne mai, di un fuoco eterno, per contro non c’è assolutamente niente in queste parole che dimostri che egli ve li abbia condannati per l'eternità.
Povere pecorelle smarrite! Sappiate scorgere il Buon Pastore, che viene a voi! Egli, lungi dal volervi bandire per sempre dalla Sua presenza, vi viene incontro Lui stesso per ricondurvi all'ovile. Figlioli prodighi, lasciate il vostro esilio volontario, volgete i vostri passi verso la dimora paterna: il Padre vi tende le braccia ed e sempre pronto a festeggiare il vostro ritorno in famiglia.»
LAMENNAIS
«Guerre di parole! Guerre di parole! Non avete fatto versare abbastanza sangue? Si devono dunque ancora riaccendere i roghi? Si discute sui termini: eternità delle pene, eternità dei castighi. Non sapete dunque che quanto voi oggi intendete per eternità, gli antichi non l'intendevano come voi? Che il teologo consulti le fonti e, come tutti voi, scoprirà che il testo ebraico non dava alle parole, che i Greci, i Romani e i moderni hanno tradotto con pene senza fine, irremissibili, il medesimo significato. Eternità dei castighi corrisponde a eternità del male. Sì, finché il male esisterà fra gli uomini, i castighi sussisteranno: è in senso relativo che è importante interpretare i testi sacri. L'eternità delle pene e dunque solo relativa e non assoluta. Venga il giorno in cui tutti gli uomini, con pentimento, si vestiranno della tunica dell'innocenza, e in quel giorno non ci saranno più né gemiti né digrignar di denti. La vostra ragione umana e limitata, e vero, ma anche così è un regalo di Dio, e con l'aiuto della ragione non ci sarà un solo uomo di buona fede che possa comprendere in modo diverso l'eternità dei castighi. L'eternità dei castighi! Come? Si dovrebbe dunque ammettere che il male sarà eterno? Solo Dio è eterno e non ha potuto creare il male eterno. Se così fosse, Gli si dovrebbe togliere il più sublime dei Suoi attributi: il potere sovrano. Non è infatti sovranamente potente chi può creare un elemento distruttore delle proprie opere. Umanità! Umanità! Non affondare dunque più i tuoi cupi sguardi nelle profondità della Terra per cercarvi i castighi. Piangi, spera, espia e rifugiati nell'idea di un Dio intimamente buono, assolutamente potente, essenzialmente giusto.»
PLATONE
Muoversi nell'orbita dell'unita divina: questa e la meta dell'umanità. Per raggiungerla sono necessarie tre cose: la giustizia, l'amore e la scienza. Mentre tre le sono contrarie e opposte: l'ignoranza, l'odio e l'ingiustizia. Ebbene, in verità, vi dico che voi rinnegate questi principi fondamentali quando compromettete l'idea di Dio con l'esagerare la Sua severità. Doppiamente voi compromettete questa idea insinuando, nello Spirito della creatura, che in lei c’è maggiore clemenza, mansuetudine, amore e più vera giustizia di quanta non ne attribuiate all'Essere Infinito. Ostinandovi distruggete persino l'idea dell'inferno, rendendola ridicola e inammissibile al vostro credo, così come lo e al vostro cuore l'orrendo spettacolo dei boia, dei roghi e delle torture del Medioevo! Ma come? Allorché l'era delle rappresaglie cieche e stata per sempre bandita dalle legislazioni umane, voi sperate forse di mantenerla negli ideali? Credete a me, fratelli in Dio e in Gesù Cristo, credete a me, oppure rassegnatevi a lasciar perire nelle vostre mani tutti i vostri dogmi, anziché lasciarli modificare, o vivificarli aprendoli ai benevoli influssi che i Buoni vi riversano in questo momento. L'idea dell'inferno con le sue fornaci ardenti, con le sue caldaie ribollenti, poteva essere tollerabile, o meglio perdonabile, in un secolo di ferro, ma oggi, nel XIX secolo, è solo un vano fantasma in grado tutt'al più di spaventare i bambini, e al quale i bambini non credono più una volta divenuti adulti. Persistendo in questa mitologia terrificante, voi incentivate l'incredulità, madre di tutti i disordini sociali. Io tremo nel vedere tutto un ordine sociale sovvertito e che rovina sulla sua base per mancanza di sanzioni penali. Uomini dalla fede ardente e viva, avanguardia del giorno della luce, all'opera dunque! Non per mantenere delle favole superate e ormai prive di credito, ma per ravvivare, vivificare e restaurare il vero senso della sanzione penale, in modo che sia in rapporto con i costumi, i sentimenti e i lumi della vostra epoca.
Chi e in effetti il colpevole? È colui che, per uno sbaglio, per un falso moto dell'anima, si allontana dallo scopo della Creazione, che consiste nel culto armonioso del bello e del bene, idealizzato dall'archetipo umano, dall'Uomo-Dio, da Gesù Cristo.
Che cos'e il castigo? La conseguenza naturale derivata da quel falso moto, una somma di dolori necessaria perché il colpevole detesti la sua difformità, attraverso l'esperienza della sofferenza. Il castigo e il pungolo che stimola l'anima, attraverso l'afflizione, a ripiegarsi su sé stessa e a ritornare sulla sponda della salvezza. Lo scopo del castigo altro non è che la riabilitazione, la redenzione. Volere che la pena sia eterna, per un errore che non è eterno, e negarle ogni ragion d'essere.
Io, in verità, vi dico basta! Smettete di porre in parallelo, nella loro eternità, il Bene, essenza del Creatore, con il Male, essenza della creatura, poiché questo sarebbe creare penalità ingiustificabili. Affermate invece l'ammortizzamento graduale dei castighi e delle pene con la trasmigrazione, e voi consacrerete, con la ragione unita al sentimento, l'unita divina.»
PAOLO L'APOSTOLO
Si cerca cli sollecitare l'uomo al bene e di distoglierlo dal male con la lusinga di ricompense e la paura di castighi. Ma, se questi castighi sono presentati in modo tale che la ragione si rifiuta di credervi, essi non avranno su cli lui nessuna influenza. Al contrario, rigetterà tutto: la forma e la sostanza. Che il futuro gli venga presentato, invece, in maniera logica, e allora non lo rifiuterà. Lo Spiritismo gli fornisce questa spiegazione.
La dottrina delle pene eterne, in senso assoluto, fa dell'essere supremo un Dio implacabile. Sarebbe logico dire di un sovrano che è molto buono, molto benevolo, molto indulgente, che vuole solo il bene di quanti lo circondano, ma che allo stesso tempo è geloso, vendicativo, inflessibile nel suo rigore, e che punisce con l'estremo supplizio i tre quarti dei suoi sudditi per un'offesa o un'infrazione alle sue leggi, anche quegli stessi che hanno sbagliato per ignoranza? Non sarebbe questa una contraddizione? Ora, può essere Dio meno buono di quanto non lo sarebbe un uomo?
Un'altra contraddizione si presenta qui. Poiché Dio sa tutto, sapeva dunque, creando un'anima, che questa avrebbe sbagliato. Essa è stata dunque, fin dalla sua formazione, destinata all'infelicità eterna: e possibile questo? È razionale? Con la dottrina delle pene relative, tutto si giustifica. Dio sapeva, senza dubbio, che quell'anima avrebbe fallito, ma le dà i mezzi per illuminarsi con la sua stessa esperienza, con i suoi stessi errori: è necessario che espii i suoi errori per meglio confermarsi nel bene. Ma la porta della speranza non le viene chiusa per sempre, e Dio fa dipendere il momento della sua liberazione dagli sforzi che essa fa per arrivarci. Ecco ciò che tutti possono comprendere, ciò che la logica più rigorosa può ammettere. Se le pene future fossero state presentate sotto questo punto di vista, ci sarebbero moltissimi scettici in meno.
Il termine eterno viene frequentemente impiegato, nel linguaggio corrente, per designare qualcosa di lunga durata e di cui non si prevede la fine, per quanto si sappia molto bene che questa fine esiste.
Noi diciamo, per esempio, i ghiacci eterni delle alte montagne, dei poli, benché sappiamo, sia che il mondo fisico può avere una fine, sia che lo stato di queste regioni può cambiare per il normale spostamento dell'asse terrestre o per un cataclisma. Il termine eterno, in questo caso, non vuole dunque dire eterno fino all'infinito. Quando soffriamo di una lunga malattia, diciamo che il nostro male e eterno. Cosa c’è dunque di tanto sorprendente se degli Spiriti che soffrono da anni, da secoli, persino da migliaia di anni, lo dicono nello stesso modo? Ma soprattutto non dimentichiamo che — non permettendo la loro inferiorità che essi vedano l'estremità del cammino — essi credono di soffrire sempre, e che per loro questa e una punizione.
Del resto la dottrina del fuoco materiale, delle fornaci e delle torture, improntate al Tartaro del paganesimo, è oggi completamente abbandonata dall'alta teologia, ed è solo nelle scuole che questi impressionanti quadri allegorici vengono ancora propinati come verità positive da alcuni, più zelanti che illuminati. E tutto questo ben a torto, perché quei giovani ricchi di fantasia, una volta ripresisi dal terrore, potrebbero andare a ingrossare il numero dei non credenti. La teologia oggi riconosce che la parola fuoco nella Bibbia viene impiegata in senso figurato, e dev'essere intesa come fuoco morale. (Vedere n. 974) Coloro che hanno seguito, come noi, le avversità della vita e le sofferenze d'oltretomba attraverso le comunicazioni spiritiste, hanno potuto convincersi che quelle sofferenze, pur non avendo niente di materiale, non sono per questo meno dolorose. Anche riguardo alla loro durata, certi teologi cominciano ad ammetterla nel senso limitativo indicato qui sopra e pensano che in effetti la parola eterno può intendersi per le pene in sé stesse, come conseguenze di una legge immutabile, e non per la loro applicazione a ogni individuo. Il giorno in cui la religione ammetterà questa interpretazione, così come alcune altre che sono anch'esse la conseguenza del progresso dei lumi, riunirà molte pecore smarrite.
Resurrezione della carne
1010
«È evidente. D'altra parte questa dottrina è la conseguenza di molte cose che sono passate inosservate e che non tarderemo a comprendere in questo senso. In breve si riconoscerà che lo Spiritismo emerge a ogni passo perfino dal testo delle Sacre Scritture. Gli Spiriti non vengono dunque a rivoluzionare la religione, come alcuni pretendono, vengono invece a confermarla, a sancirla con prove inconfutabili. Ma, siccome giunto è il tempo di non impiegare più il linguaggio figurato, essi si esprimono senza allegorie e danno alle cose un senso chiaro e preciso, che non possa essere soggetto ad alcuna falsa interpretazione. Ecco perché, fra poco, voi avrete più persone sinceramente religiose e credenti di quante non ne abbiate oggi.»
Effettivamente la scienza dimostra l'impossibilità della resurrezione, secondo l'idea ordinaria. Se i resti del corpo umano rimanessero omogenei, per quanto dispersi e ridotti in polvere, si concepirebbe ancora la loro riunione in un determinato tempo. Ma le cose non stanno affatto così. Il corpo e formato da elementi diversi: ossigeno, idrogeno, azoto, carbonio ecc. Con la decomposizione, questi elementi si disperdono, ma per servire alla formazione di nuovi corpi, in modo che la stessa molecola di carbonio, per esempio, potrebbe essere entrata nella composizione di molte migliaia di corpi differenti (parliamo solo di corpi umani, escludendo tutti quelli degli animali). È possibile così che un determinato individuo abbia nel suo corpo delle molecole appartenute agli uomini delle età primitive; che queste stesse molecole organiche, che voi assimilate nutrendovi, provengano forse dal corpo di un certo individuo che avete conosciuto. È così di seguito. Essendo la materia in quantità definita, e le sue trasformazioni in quantità indefinita, come potrebbe ognuno di questi corpi ricostituirsi con i medesimi elementi? È materialmente impossibile. Si può dunque razionalmente ammettere la resurrezione della carne solo come una figura che simbolizza il fenomeno della reincarnazione, e allora non c’è più niente che scuota la ragione, niente che sia in contraddizione con i dati della scienza.
È vero che, secondo il dogma, questa resurrezione deve aver luogo solo alla fine dei tempi, mentre secondo la Dottrina Spiritista essa ha luogo tutti i giorni. Ma non esiste ancora nel quadro dell'ultimo giudizio una grande e bella figura che nasconda, sotto il velo dell'allegoria, una di quelle verità immutabili, che non troverà più scettici quando sarà ricondotta al suo vero significato? Si voglia anche meditare sulla teoria spiritista, circa il futuro delle anime e circa la loro sorte in seguito alle varie prove che esse devono subire, e si vedrà che, con eccezione della simultaneità, il giudizio che le condanna o che le assolve non è assolutamente una finzione, come ritengono gli increduli. Notiamo ancora che questa teoria e la conseguenza naturale della pluralità dei mondi, oggi perfettamente ammessa, mentre, secondo la dottrina dell'ultimo giudizio, la Terra è considerata come l'unico mondo abitato.
Nota dei revisori: Va notato che, nella numerazione degli elementi del libro, Kardec è balzato al n. 1011. Nonostante l'evidente errore, il testo è stato mantenuto in questo modo nelle quattordici edizioni successive fino alla disincarnazione di Allan Kardec. Per evitare confusione, questa edizione non ha cercato di "correggere" la numerazione.
Paradiso, inferno e purgatorio
«Abbiamo già risposto a questa domanda. Le pene e le gioie sono inerenti al grado di perfezione degli Spiriti. Ognuno attinge in sé stesso il principio della propria felicita o infelicità e, poiché essi si trovano ovunque, nessun luogo ne circoscritto ne chiuso e riservato agli uni piuttosto che agli altri. Quanto agli Spiriti incarnati, essi sono più o meno felici o infelici, a seconda che il mondo da loro abitato sia più o meno avanzato.»
1012a. Detto questo, l'inferno e il paradiso non esisterebbero così come l'uomo se li rappresenta?
«Sono solo delle rappresentazioni: ovunque ci sono degli Spiriti felici o infelici. Ciononostante, come abbiamo già detto, gli Spiriti del medesimo ordine si riuniscono per simpatia; ma, quando sono perfetti, possono riunirsi dove vogliono.»
La localizzazione assoluta dei luoghi delle pene e delle ricompense esiste solo nell'immaginazione dell'uomo. Essa proviene dalla propensione a materializzare e a circoscrivere le cose di cui non può comprendere l'essenza infinita.
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Nota dei revisori: Va notato che, nella numerazione degli elementi del libro, Kardec è balzato al n. 1011. Nonostante l'evidente errore, il testo è stato mantenuto in questo modo nelle quattordici edizioni successive fino alla disincarnazione di Allan Kardec. Per evitare confusione, questa edizione non ha cercato di "correggere" la numerazione.
«Dolori fisici e morali: è il tempo dell'espiazione. È quasi sempre sulla Terra che fate il vostro purgatorio e che Dio vi fa espiare i vostri errori.»
Ciò che l'uomo chiama purgatorio è anch'esso un emblema con il quale si deve intendere non un qualche luogo determinato, bensì la condizione degli Spiriti imperfetti che sono in espiazione fino alla purificazione completa, la quale deve elevarli al rango di Spiriti beati. Avvenendo questa purificazione durante le varie reincarnazioni, il purgatorio consiste nelle prove della vita fisica.
«Gli Spiriti parlano un linguaggio che possa essere compreso dalle persone che li interrogano. Quando queste persone sono troppo imbevute di certe idee, essi non vogliono urtarle troppo bruscamente, per non ferirle nelle loro convinzioni. Se uno Spirito andasse a dire, senza alcuna precauzione oratoria, a un musulmano che Maometto non è un profeta, quello Spirito sarebbe molto male accolto.»
1014a. Si comprende che così possa essere da parte di Spiriti che vogliono istruirci. Ma come si spiega che certi Spiriti, interrogati sulla loro condizione, abbiano risposto che soffrono le torture dell'inferno o del purgatorio?
«Quando gli Spiriti sono inferiori, e ancora non completamente smaterializzati, conservano in parte le loro idee terrene e rendono le loro impressioni con termini che sono loro familiari. Essi si trovano in un ambiente che permette loro di sondare solo in parte il futuro. È per questo motivo che sovente degli Spiriti erranti, o recentemente disincarnati, parlano come avrebbero parlato da vivi. Inferno si può tradurre con una vita di prove estremamente penose, con l'incertezza di averne un'altra migliore. Purgatorio può tradursi con una vita anch'essa di prove, ma con la coscienza di un futuro migliore. Quando provate un grande dolore, non dite anche voi che soffrite come dannati? Si tratta solo di parole e sempre in senso figurato.»
«Un'anima errante e sofferente, incerta sul suo futuro, e alla quale potete procurare un sollievo che sovente essa sollecita, venendo a comunicare con voi.» (Vedere n. 664)
«Credete che sia un luogo come gli Champs-Élysées di un tempo, dove tutti i buoni Spiriti si trovano ammucchiati alla rinfusa senz'altra preoccupazione se non quella di godere per l'eternità di una felicita passiva? No! È lo spazio universale, sono i pianeti, le stelle e tutti i mondi superiori, dove gli Spiriti godono di tutte le loro facoltà, senza avere le tribolazioni della vita materiale né le angosce inerenti alla condizione di inferiorità.»
«Se voi domandate loro quale cielo abitano — poiché avete l'idea di molti cieli disposti come i piani di una casa — allora essi vi rispondono secondo il vostro linguaggio. Ma per loro queste parole, quarto e quinto cielo, esprimono differenti gradi di purificazione e, di conseguenza, di felicita. È esattamente come quando si domanda a uno Spirito s e è all'inferno. Se e infelice, dirà di sì, perché per lui inferno è sinonimo di sofferenza. Ma sa molto bene che non è una fornace. Un pagano avrebbe detto di trovarsi nel Tartaro.»
Allo stesso modo si devono intendere molte espressioni analoghe, come quelle di città dei fiori, citta degli eletti, prima, seconda o terza sfera ecc., che sono solo delle allegorie impiegate da certi Spiriti, sia come immagini, sia a volte per ignoranza della realtà delle cose e anche delle più semplici nozioni scientifiche.
Secondo l'idea ristretta che ci si faceva anticamente dei luoghi delle pene e delle ricompense, e soprattutto in base all'opinione secondo cui la Terra era al centro dell'universo, il cielo formava una volta e c'era una regione delle stelle, si poneva il cielo in alto e l'inferno in basso. Da qui le espressioni: salire al cielo, essere nel più alto dei cieli, essere precipitati negli Inferi. Oggi che la scienza ha dimostrato che la Terra non è che uno dei mondi più piccoli fra tanti milioni di altri, e senza particolare importanza; che ha tracciato la storia della sua formazione e descritto la sua costituzione; che ha provato che lo spazio è infinito e che non c’è né alto né basso nell'universo, oggi si è così dovuto rinunciare a porre il cielo sopra le nuvole e l'inferno nei luoghi inferiori. Quanto al purgatorio, nessun posto gli era stato assegnato. Era stato riservato allo Spiritismo il compito di dare, riguardo a tutte queste cose, la spiegazione più razionale, più grandiosa e allo stesso tempo più consolatoria per l'umanità. Pertanto si può dire che portiamo in noi stessi il nostro inferno e il nostro paradiso. Il nostro purgatorio noi lo troviamo nell'incarnazione, nella nostra vita materiale o fisica.
«Il Cristo, rispondendo così, parlava in senso figurato. Voleva dire ch'Egli regna solo nei cuori puri e disinteressati. Egli si trova ovunque regni l'amore per il bene. Ma gli uomini avidi delle cose di questo mondo e attaccati ai beni della Terra non sono con Lui.»
«Il bene regnerà sulla Terra quando, fra gli Spiriti che vengono ad abitarla, i buoni prevarranno sui cattivi. Allora essi vi faranno regnare l'amore e la giustizia, che sono la fonte del bene e della felicita. È con il progresso morale e praticando le leggi di Dio che l'uomo attirerà sulla Terra i buoni Spiriti e ne allontanerà i cattivi. Ma i cattivi la lasceranno solo quando egli ne avrà bandito l'orgoglio e l'egoismo.
La trasformazione dell'umanità e stata predetta, e voi siete vicini a quel momento che tutti gli uomini, che collaborano al progresso, sollecitano. Questa trasformazione si compirà con l'incarnazione degli Spiriti migliori, che costituiranno sulla Terra una nuova generazione. Allora gli Spiriti dei malvagi, che la morte miete ogni giorno, e tutti quelli che cercano di arrestare la marcia degli eventi ne verranno esclusi, perché si troverebbero fuori posto tra gli uomini dabbene, di cui turberebbero la felicita. Essi andranno in mondi nuovi meno avanzati a compiere delle missioni penose, dove potranno lavorare al loro avanzamento e allo stesso tempo lavoreranno all'avanzamento dei loro fratelli ancora più arretrati. Non vedete in questa esclusione dalla Terra trasformata la sublime immagine del Paradiso perduto, e nell'uomo venuto sulla Terra in simili condizioni, portando in sé il germe delle sue passioni e le tracce della sua inferiorità primitiva, non vedete la figura non meno sublime del peccato originale? Il peccato originale, considerato sotto questo punto di vista, attiene alla natura ancora imperfetta dell'uomo, che è così responsabile solo di sé stesso e dei suoi errori, ma non di quelli dei suoi avi.
Voi tutti, uomini di fede e di buona volontà, lavorate dunque con zelo e coraggio alla grande opera della rigenerazione, perché raccoglierete centuplicato il grano che avrete seminato. Guai a coloro che chiudono gli occhi alla luce, perché preparano a sé stessi lunghi secoli di tenebre e di delusioni. Guai a quelli che ripongono tutte le loro gioie nei beni di questo mondo, perché soffriranno più privazioni di quante gioie non avranno avute. Guai soprattutto agli egoisti perché non troveranno nessuno che li aiuti a portare il fardello delle loro miserie.»
SAN LUIGI
CONCLUSIONE
Certuni, e fra i più scettici, si fanno apostoli della fratellanza e del progresso. Ma la fratellanza presuppone il disinteresse, l'abnegazione della personalità. Con la vera fratellanza, l'orgoglio e un'anomalia. Con quale diritto volete imporre un sacrificio a colui al quale dite che quando è morto tutto è finito per lui, e che domani forse non sarà altro che un vecchio arnese scassato e gettato tra i rifiuti? Quale ragione avrebbe d'imporsi una qualsiasi privazione? Non è più naturale che, nei brevi istanti che gli concedete, cerchi di vivere il meglio possibile? Da qui il desiderio di possedere molto per godere di più. Da questo desiderio nasce la gelosia verso coloro che possiedono più di lui. E da questa gelosia al desiderio d'impossessarsi di ciò che essi hanno, non c’è che un passo. Che cosa lo trattiene? La legge? Ma la legge non contempla tutti i casi. Mi direte che è la coscienza il sentimento del dovere? Ma su che cosa basate il sentimento del dovere? Questo sentimento ha ragion d'essere con la credenza secondo la quale tutto finisce con la vita? Con questo credo una sola massima è logica: ognuno per sé. Le idee di fratellanza, di coscienza, di dovere, di umanità e dello stesso progresso non sono che vane parole. Oh voi, che proclamate simili dottrine, non sapete il male che fate alla società né di quanti crimini vi assumete la responsabilità! Ma perché parlo di responsabilità? Per lo scettico, assolutamente non esiste. Egli rende omaggio solo alla materia.
Per mezzo dello Spiritismo l'amanita deve entrare in una fase nuova, quella del progresso morale che ne e la immancabile conseguenza. Cessate dunque di stupirvi della rapidità con la quale le idee spiritiste si propagano. La causa è nella soddisfazione che esse procurano a tutti quelli che le approfondiscono e che ci vedono ben altro che un futile passatempo. Perciò, siccome si vuole innanzitutto la propria felicita, non sorprende affatto che l'uomo si appigli a un'idea che rende felici.
Lo sviluppo di queste idee presenta tre momenti distinti: il primo e quello della curiosità, determinata dalla originalità dei fenomeni che si sono prodotti. Il secondo e quello del ragionamento e della filosofia. Il terzo è quello della sua applicazione e delle sue conseguenze. Il periodo della curiosità è passato; la curiosità non ha che un tempo: una volta che sia stata soddisfatta, se ne abbandona lo scopo per passare ad altro. Non è la stessa cosa per chi si rivolge alla seria meditazione e alla ragione. Il secondo periodo e cominciato. Il terzo seguirà inevitabilmente. Lo Spiritismo è progredito soprattutto da quando e meglio compreso nella sua essenza intima, da quando se ne constata la portata, perché esso tocca la corda più sensibile dell'uomo: quella della felicita anche in questo mondo. Qui sta la ragione del suo propagarsi, il segreto della forza che lo farà trionfare. Ora, esso rende felici quelli che lo comprendono, in attesa che la sua influenza si estenda alle masse. Chi non è stato testimone di alcun fenomeno materiale di manifestazioni, dice a sé stesso: al di fuori di questi fenomeni c’è una nuova filosofia, e questa filosofia mi spiega ciò che NESSUN'altra filosofia mi aveva spiegato. Io vi trovo, con il solo ragionamento, una dimostrazione razionale dei problemi che interessano al più alto livello il mio futuro, essa mi procura la tranquillità, la sicurezza, la fiducia perché mi libera dall'angoscia dell'incertezza. A fronte di ciò la questione dei fatti materiali è una questione secondaria. Voi tutti che attaccate lo Spiritismo volete un mezzo per combatterlo con successo? Eccolo. Sostituitelo con qualcosa di meglio. Trovate una soluzione più filosofica a tutte le questioni che esso risolve. Date all'uomo un'ALTRA CERTEZZA, che lo renda più felice. Cercate di comprendere bene la portata della parola certezza, perché l'uomo non accetta come certo se non ciò che gli pare logico. Non accontentatevi di dire: "Ciò non è vero". È troppo facile. Provate, non con una negazione, ma con dei fatti, che ciò che non è vero non lo è, non lo è mai stato ne PUÒ esserlo. Se non è vero, dite soprattutto che cosa ci sarebbe al suo posto. Provate, infine, che le conseguenze dello Spiritismo non sono tali da rendere l'uomo migliore, e pertanto più felice, con la pratica della più pura morale evangelica, morale che si loda molto, ma che si pratica così poco. Quando avrete fatto ciò, solo allora avrete il diritto di combattere lo Spiritismo. Esso e forte perché si fonda sulle basi stesse della religione: Dio, l'anima, le pene e le ricompense future; perché soprattutto ci mostra queste pene e queste ricompense come conseguenze naturali della vita terrena, e che niente, nel quadro che esso offre dell'avvenire, può essere rifiutato dalla più esigente delle ragioni. Voi, la cui dottrina consiste tutta nella negazione dell'avvenire, quale compensazione offrite per le sofferenze patite sulla Terra? Voi vi appoggiate sullo scetticismo, lo Spiritismo si appoggia sulla fiducia in Dio. Mentre esso invita gli uomini alla felicita, alla vera fraternita, voi offrite loro il NULLA come prospettiva e l'EGOISMO come consolazione. Lo Spiritismo spiega tutto, voi non spiegate niente. Lo Spiritismo dimostra con i fatti e voi non dimostrate niente. Come volete che si possa esitare fra le due dottrine?
Lo Spiritismo non è l'opera di un uomo, nessuno può dirsene l'inventore, perché lo Spiritismo e antico come la creazione. Esso si trova ovunque, in tutte le religioni, e nella religione cattolica più ancora, e con maggiore autorevolezza che in tutte le altre, perché vi si trova il principio di tutto: gli Spiriti di tutti i livelli, i loro rapporti occulti e palesi con gli uomini, gli angeli custodi, la reincarnazione, l'emancipazione dell'anima durante la vita, la seconda vista, le visioni, le manifestazioni di tutti i generi, le apparizioni e persino le apparizioni tangibili. Riguardo ai demoni, essi altro non sono che gli Spiriti cattivi e, salvo la credenza secondo cui i primi sono dannati al male in perpetuo, agli altri non è negata la via del progresso. Fra i due c’è solo la differenza del nome.
Che cosa fa la scienza spiritista moderna? Essa riunisce in un corpo ciò che era sparso. Spiega in termini propri ciò che non lo era che in forma allegorica. Elimina ciò che la superstizione e l'ignoranza hanno generato per lasciare solo la realtà e il positivo. Ecco il suo ruolo. Ma quello di fondatrice non le appartiene: mostra ciò che è e coordina, ma non crea niente perché le sue basi sono di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Chi dunque oserebbe credersi tanto forte da soffocarla con il sarcasmo e persino con la persecuzione? Se la si sopprimerà da una parte, rinascere in altri luoghi, nello stesso terreno da cui sarà stata bandita, perché essa si trova nella natura, e all'uomo non e dato annientare una forza della natura né mettere il suo veto sui decreti di Dio.
Quale interesse si avrebbe del resto a impedire il propagarsi delle idee spiritiste? È vero che queste idee si ergono contro gli abusi che nascono dall'orgoglio e dall'egoismo, ma questi abusi, di cui alcuni approfittano, nuocciono alle masse. Avrà dunque la massa dalla sua parte lo Spiritismo e avrà come seri avversari solo quelli che hanno interesse a mantenere tali abusi. Invece, con la loro influenza, queste idee, rendendo gli uomini migliori gli uni verso gli altri, meno avidi di interessi materiali e più rassegnati ai decreti della Provvidenza, sono una garanzia di ordine e tranquillità.
Quanto agli avversari, anch'essi possono essere classificati secondo tre categorie: 1°) Quelli che negano sistematicamente tutto ciò che è nuovo o che non viene da loro, e ne parlano senza cognizione di causa. A questa classe appartengono tutti quelli che non ammettono niente al di fuori della prova dei sensi. Essi non hanno visto nulla ne vogliono vedere nulla e ancor meno approfondire. Sarebbero persino infastiditi se vedessero troppo chiaramente, nel timore di essere costretti a convenire che non hanno ragione. Per loro lo Spiritismo e una chimera, una follia, un'utopia. Non esiste: è detto tutto. Sono gli increduli per partito preso. Accanto a costoro si possono mettere quelli che si sono degnati di gettarvi uno sguardo per tacitare la loro coscienza, al fine di poter dire: "Ho voluto vedere e non ho visto nulla". Non comprendono costoro che occorre qualcosa di più di una mezz'ora per rendersi conto di tutta una scienza! 2°) Quelli che, pur sapendo molto bene come regolarsi circa la realtà dei fatti, nondimeno li combattono per dei motivi di interesse personale. Per costoro, lo Spiritismo esiste, ma ne temono le conseguenze e lo attaccano come un nemico. 3°) Coloro che trovano nella morale spiritista una censura troppo severa delle loro azioni e delle loro inclinazioni. Lo Spiritismo preso sul serio li turberebbe, per cui, non lo rinnegano né lo approvano: preferiscono chiudere gli occhi. I primi sono mossi dall'orgoglio e dalla presunzione, i secondi dall'ambizione, i terzi dall'egoismo. Se ne deduce che queste cause di dissenso, non fondandosi su nulla di consistente, dovranno sparire col tempo. E invano cercheremmo una quarta classe di antagonisti, quella che dovrebbe basarsi su prove contrarie evidenti e attestare uno studio coscienzioso e assiduo della questione. Tutti oppongono solo la negazione, ma nessuno apporta una dimostrazione seria e inconfutabile.
Sarebbe pretendere troppo dalla natura umana il credere che essa possa trasformarsi immediatamente attraverso le idee spiritiste. La loro azione di sicuro non è né la stessa né dello stesso livello presso tutti quelli che le professano. Ma, in ogni caso, il risultato, per debole che sia, sarebbe sempre un miglioramento, non foss'altro per il fatto di dare la prova dell'esistenza di un mondo extracorporeo, cosa che implica la negazione delle dottrine materialistiche. Anche ciò e la conseguenza dell'osservazione dei fatti. Ma presso coloro che comprendono lo Spiritismo filosofico, e che vedono in esso ben altro al di là di fenomeni più o meno curiosi, ci sono altri effetti. Il primo, e il più generale, e quello di sviluppare il sentimento religioso anche in chi, senza essere materialista, è solo indifferente riguardo alle cose spirituali. Si verifica in lui l'accettazione della morte. Non diciamo il desiderio della morte, lungi da ciò, perché lo spiritista difenderà la sua vita come tutti, ma parliamo di quel distacco che fa accettare, senza lamenti e senza rimpianti, una inevitabile morte come cosa più lieta che temibile, nella certezza della condizione che verrà dopo. Il secondo effetto, anch'esso quasi generale come il primo, e la rassegnazione circa le vicissitudini della vita. Lo Spiritismo fa vedere le cose così dall'alto che, perdendo la vita terrena i tre quarti della sua importanza, non ci si affligge più di tanto per le tribolazioni che l'accompagnano: da ciò, più coraggio nelle afflizioni, più moderazione nei desideri. Da ciò anche l'allontanamento del pensiero di porre fine ai propri giorni, perché la scienza spiritista insegna che con il suicidio si perde sempre ciò che si sarebbe voluto guadagnare. La certezza di un futuro, che dipende da noi rendere felice, e la possibilità di stabilire dei rapporti con gli esseri che ci sono cari offrono allo spiritista una consolazione suprema. Il suo orizzonte si spinge fino all'infinito attraverso lo spettacolo incessante della vita d'oltretomba, di cui può sondare i profondi misteri. Il terzo effetto e quello di esortare all'indulgenza per i difetti degli altri. Ma — si deve ammetterlo — il principio egoistico e tutto ciò che ne deriva sono quanto di più tenace ci sia nell'uomo e, di conseguenza, i più difficili da sradicare. L'uomo fa volentieri dei sacrifici, purché non costino niente e, soprattutto, purché non lo privino di niente. Il denaro ha ancora, per i più, un'attrattiva irresistibile, e ben pochi comprendono la parola superfluo quando si tratta della loro persona. Anche l'abnegazione della personalità e un segno di progresso fra i più eccellenti.
Gesù è venuto a mostrare agli uomini la via del vero bene. Perché Dio, che l'aveva inviato per far ricordare la Sua legge trascurata, non dovrebbe inviare oggi gli Spiriti per farla ricordare di nuovo e con maggiore esattezza, dal momento che gli uomini la dimenticano per sacrificare tutto all'orgoglio e alla cupidigia? Chi oserebbe imporre delle limitazioni alla potenza di Dio e indicarGli le vie da seguire? Chi dice che, come affermano gli Spiriti, i tempi predetti non si siano già realizzati e che noi non siamo ormai giunti a quelli in cui verità mal comprese o falsamente interpretate debbano essere apertamente rivelate al genere umano, per accelerare il suo avanzamento? Non c’è forse qualcosa di provvidenziale in queste manifestazioni che si producono simultaneamente in tutti i punti del globo? Non è solo un uomo, un profeta, che viene ad avvertirci, e in ogni luogo che la luce sorge, e tutto un mondo nuovo che si sviluppa davanti ai nostri occhi. Come l'invenzione del microscopio ci ha rivelato il mondo degli infinitamente piccoli che non supponevamo, come il telescopio ci ha rivelato le migliaia di mondi che prima non supponevamo, così le comunicazioni spiritiste ci rivelano il mondo invisibile che ci circonda, che ci guida continuamente e che prende parte a nostra insaputa a tutto ciò che facciamo. Qualche tempo ancora e l'esistenza di questo mondo, che è quello che ci attende, sarà tanto incontestabile quanto quello del mondo microscopico e dei mondi sperduti nello spazio. Non è dunque nulla il fatto di averci fatto conoscere tutto un mondo? Di averci iniziato ai misteri della vita d'oltretomba? È vero che queste scoperte, se così si possono chiamare, contraddicono in parte certe idee preconcette. Ma tutte le grandi scoperte scientifiche non hanno egualmente modificato, persino rovesciato, le idee più accreditate? E non e stato forse necessario che il nostro amor proprio si piegasse di fronte all'evidenza? Sarà lo stesso riguardo allo Spiritismo, che tra poco avrà diritto di cittadinanza fra le discipline umane.
Le comunicazioni con gli esseri d'oltretomba hanno avuto come risultato quello di farci comprendere la vita futura, di farcela vedere, di iniziarci alle pene e alle gioie che ci attendono secondo i nostri meriti, e per ciò stesso di ricondurre allo spiritualismo coloro che vedevano in noi solo la materia, solo una macchina organizzata. Perciò abbiamo avuto ragione cli dire che lo Spiritismo ha ucciso il materialismo con i fatti. Non avesse ottenuto che questo risultato, l'ordine sociale già dovrebbe essergliene grato. Ma ha fatto di più: ha mostrato gli inevitabili effetti del male e, cli conseguenza, la necessita del bene. Il numero di coloro che ha ricondotto a sentimenti migliori, di cui ha neutralizzato le tendenze cattive e che ha distolto dal male è più grande di quanto non si creda e aumenta tutti i giorni. Per loro il futuro non è più nel vago, non è più una semplice speranza, ma è una verità che si comprende esi spiega, quando vediamo e ascoltiamo coloro che ci hanno lasciato lamentarsi o rallegrarsi per quello che hanno fatto sulla Terra. Chiunque ne sia testimone incomincia a riflettere e sente la necessita di conoscersi, di giudicarsi e di emendarsi.
"La luce più pura non viene oscurata da nessuna nube. Il diamante senza macchia e quello che ha più valore. Giudicate dunque gli Spiriti dalla purezza del loro insegnamento. Non dimenticate che fra gli Spiriti ci sono quelli che non si sono ancora spogliati delle idee della vita terrena. Sappiateli distinguere dal loro linguaggio, giudicate nel suo complesso quello che vi dicono, osservate se c’è coordinamento logico nelle idee, se niente ne dirveli l'ignoranza, l'orgoglio o il malanimo, in una parola, se il loro discorso è sempre improntato a un livello di saggezza che palesi la vera superiorità. Sei 1 vostro mondo fosse inaccessibile all'errore, sarebbe perfetto, invece n e è ben lontano. Voi vi trovate ancora a imparare per distinguere l'errore dalla verità. A voi necessitano le lezioni dell'esperienza per esercitare il vostro giudizio e progredire. L'unita si farà là dove il bene non è mai stato mescolato al male. È là che gli uomini si raduneranno per forza di cose, perché giudicheranno che là sta la verità.
Che importano, d'altra parte, alcune divergenze che consistono più nella forma che nella sostanza? Badate che i principi fondamentali sono ovunque gli stessi e devono riunirvi in un pensiero comune: l'amore di Dio e la pratica del bene. Qualunque sia dunque il modo di progredire che uno suppone e qualunque sia la condizione normale dell'esistenza futura, lo scopo finale e lo stesso: fare il bene, e non ci sono due modi per farlo."
Se fra gli adepti dello Spiritismo alcuni sono di differente opinione su qualche punto della teoria, tutti sono concordi sui punti fondamentali. C’è dunque unita, eccetto da parte di quelli, in piccolissimo numero, che non ammettono ancora l'intervento degli Spiriti nelle manifestazioni e le attribuiscono o a cause puramente fisiche — cosa contraria a questo assioma: ogni effetto intelligente deve avere una causa intelligente — o al riflesso del nostro stesso pensiero, cosa smentita dai fatti. Gli altri punti sono solo secondari e non minano in niente le basi fondamentali. Pertanto ci possono essere delle scuole che cercano di chiarire le parti ancora controverse della scienza, ma non sette rivali fra di loro. Ci sarebbe antagonismo solo fra coloro che vogliono il bene e coloro che farebbero o vorrebbero il male: ora, non c’è uno spiritista sincero e compenetrato dalle grandi massime morali insegnate dagli Spiriti che possa volere il male, né augurarsi il male del prossimo, qualunque sia la sua opinione. Se uno di essi e in errore, la luce presto o tardi si farà anche per lui, se la cerca in buona fede e senza essere prevenuto. In attesa tutti hanno un legame comune che deve unirli in uno stesso pensiero. Tutti hanno la stessa meta. Poco importa dunque il cammino, purché questo cammino conduca a questa meta. Niente dev'essere imposto in modo coercitivo materialmente o moralmente, e sarebbe nel falso chi gettasse l'anatema sull'altro, perché agirebbe palesemente sotto l'influenza dei cattivi Spiriti. La ragione dev'essere il supremo argomento, e la moderazione assicurerà il trionfo della verità meglio delle diatribe, avvelenate dall'invidia e dalla gelosia. I buoni Spiriti predicano solo l'unione e l'amore del prossimo, e mai un solo pensiero malevolo o contrario alla carata è potuto scaturire da una fonte pura. Per terminare ascoltiamo a questo proposito i consigli dello Spirito di sant'Agostino.
"Per troppo tempo gli uomini si sono dilaniati fra loro e si sono scambiati anatemi in nome di un Dio di pace e di misericordia, e Dio si offese di un tale sacrilegio. Lo Spiritismo e il legame che unirà un giorno tutti gli uomini, porche mostrerà loro dove si trova la verità e dove sta l'errore. Ma ci saranno ancora per molto tempo degli Scribi e dei Farisei che rinnegheranno ciò, come hanno rinnegato Cristo. Volete dunque sapere sotto l'influenza di quali Spiriti si trovano le diverse sette che si dividono il mondo? Giudicatele dalle loro opere e dai loro principi. Mai i buoni Spiriti sono stati gli istigatori del male, mai hanno legittimato l'assassinio o la violenza, mai hanno fomentato l'odio di parte o la sete di ricchezza e di onori o l'avidità dei beni della Terra. Solo quelli che sono buoni, umani e benevoli con tutti, sono i loro preferiti, e sono anche i preferiti da Gesù. Perché essi seguono il cammino che è stato loro mostrato per arrivare a Lui."
SANT'AGOSTINO