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LA GENESI, I miracoli e le predizioni secondo lo Spiritismo > La Genesi > Capitolo VI - URANOGRAFIA GENERALE > Lo spazio e il tempo
Lo spazio e il tempo
1. Dello spazio sono state
date parecchie definizioni, la principale delle quali è questa: lo
spazio è l'estensione che separa due corpi. Da ciò certi sofisti hanno
dedotto che là, dove non c'erano corpi, non c'era neppure spazio. È su
questo che si sono basati alcuni dottori in teologia per stabilire che
lo spazio era necessariamente limitato, adducendo il fatto che un certo
limitato numero di corpi non avrebbe potuto formarne una serie infinita;
e che là, dove i corpi si arrestavano, lo spazio si arrestava
anch'esso. Si è anche definito lo spazio in questo modo: il luogo in cui
si muovono i mondi, il vuoto dove si agita la materia ecc. Ma lasciamo
riposare nei trattati tutte queste definizioni che, in realtà, non
definiscono un bel nulla.
Spazio è una di quelle parole che rappresentano una idea primitiva e assiomatica, di per sé stessa evidente, e che le diverse definizioni — che di essa si possono dare — non servono che a oscurare. Noi tutti sappiamo che cos'è lo spazio, e io voglio stabilire la sua infinità, affinché nostri ulteriori studi non abbiano alcuna barriera che si opponga alle investigazioni del nostro sguardo. Orbene, io dico che lo spazio è infinito, per la semplice ragione che non è possibile supporne alcun limite e che, nonostante la difficoltà che noi abbiamo di concepire l’infinito, ci è tuttavia più facile andare col pensiero eternamente nello spazio, piuttosto che arrestarci in un luogo qualsiasi, dopo il quale non incontreremmo più un'estensione da percorrere.
Per figurarci, per quanto è nelle nostre limitate facoltà, l'infinità dello spazio, supponiamo di partire dalla Terra, sperduta in mezzo all'infinito, verso un punto qualsiasi dell'universo, e questo con la prodigiosa velocità della scintilla elettrica che supera migliaia di leghe al secondo. Abbiamo appena lasciato questo globo che già abbiamo percorso milioni di leghe e ci troviamo in un luogo dal quale la Terra non ci appare che sotto l'aspetto d'una pallida stella. Un istante dopo, seguendo sempre la medesima direzione, ci avviciniamo a quelle stelle lontane che a stento voi distinguete dal vostro osservatorio terrestre. E di là, non solo la Terra è, al nostro sguardo, interamente perduta nelle profondità del cielo, ma il Sole stesso, con tutto il suo splendore, si è eclissato per la distanza che ci separa da lui. Sempre animati dalla medesima velocità del lampo, superiamo, a ogni passo che muoviamo nell'immensa distesa, sistemi di mondi, isole di luce eterea, vie stellifere, paraggi sontuosi nei quali Dio ha seminato i mondi con la medesima profusione con cui ha disseminato di piante le praterie della Terra.
Orbene, camminiamo da appena alcuni minuti e già centinaia di milioni e milioni di leghe ci separano dalla Terra, miliardi di mondi sono passati sotto il nostro sguardo, eppure — ascoltate! — noi non siamo, in realtà, avanzati di un solo passo nell'universo.
Se continuiamo così per anni, per secoli, per migliaia di secoli, per milioni di periodi cento volte secolari e incessantemente con la medesima velocità del lampo, noi non saremo avanzati di più! E questo accade da qualsiasi parte noi andiamo, verso qualsiasi punto ci dirigiamo, dopo aver lasciato quel granello invisibile che si chiama Terra!
Ecco che cos'è lo spazio!
Spazio è una di quelle parole che rappresentano una idea primitiva e assiomatica, di per sé stessa evidente, e che le diverse definizioni — che di essa si possono dare — non servono che a oscurare. Noi tutti sappiamo che cos'è lo spazio, e io voglio stabilire la sua infinità, affinché nostri ulteriori studi non abbiano alcuna barriera che si opponga alle investigazioni del nostro sguardo. Orbene, io dico che lo spazio è infinito, per la semplice ragione che non è possibile supporne alcun limite e che, nonostante la difficoltà che noi abbiamo di concepire l’infinito, ci è tuttavia più facile andare col pensiero eternamente nello spazio, piuttosto che arrestarci in un luogo qualsiasi, dopo il quale non incontreremmo più un'estensione da percorrere.
Per figurarci, per quanto è nelle nostre limitate facoltà, l'infinità dello spazio, supponiamo di partire dalla Terra, sperduta in mezzo all'infinito, verso un punto qualsiasi dell'universo, e questo con la prodigiosa velocità della scintilla elettrica che supera migliaia di leghe al secondo. Abbiamo appena lasciato questo globo che già abbiamo percorso milioni di leghe e ci troviamo in un luogo dal quale la Terra non ci appare che sotto l'aspetto d'una pallida stella. Un istante dopo, seguendo sempre la medesima direzione, ci avviciniamo a quelle stelle lontane che a stento voi distinguete dal vostro osservatorio terrestre. E di là, non solo la Terra è, al nostro sguardo, interamente perduta nelle profondità del cielo, ma il Sole stesso, con tutto il suo splendore, si è eclissato per la distanza che ci separa da lui. Sempre animati dalla medesima velocità del lampo, superiamo, a ogni passo che muoviamo nell'immensa distesa, sistemi di mondi, isole di luce eterea, vie stellifere, paraggi sontuosi nei quali Dio ha seminato i mondi con la medesima profusione con cui ha disseminato di piante le praterie della Terra.
Orbene, camminiamo da appena alcuni minuti e già centinaia di milioni e milioni di leghe ci separano dalla Terra, miliardi di mondi sono passati sotto il nostro sguardo, eppure — ascoltate! — noi non siamo, in realtà, avanzati di un solo passo nell'universo.
Se continuiamo così per anni, per secoli, per migliaia di secoli, per milioni di periodi cento volte secolari e incessantemente con la medesima velocità del lampo, noi non saremo avanzati di più! E questo accade da qualsiasi parte noi andiamo, verso qualsiasi punto ci dirigiamo, dopo aver lasciato quel granello invisibile che si chiama Terra!
Ecco che cos'è lo spazio!
2. Il tempo, come lo spazio,
è una parola che si definisce da sé stessa. Ci se ne può fare un'idea
più esatta stabilendo una sua relazione con il tutto infinito.
Il tempo è la successione delle cose. Esso è legato all'eternità allo stesso modo in cui queste cose sono legate all'infinito. Figuriamoci all'origine del nostro mondo, in quell'epoca primitiva in cui la Terra ancora non si equilibrava sotto il divino impulso; in una parola, agli inizi della Genesi. Qui il tempo non è ancora uscito dalla misteriosa culla della natura. Nessuno può dirci in quale epoca secolare noi ci troviamo, poiché il bilanciere dei secoli non è ancora in movimento.
Ma silenzio! Scocca, al suono eterno di una campana, la prima ora di una Terra isolata; il pianeta si muove nello spazio e da allora c'è sera e mattino. Al di là della Terra, l'eternità resta impassibile e immobile,quantunque il tempo marci per molti altri mondi. Sulla Terra, il tempo sostituisce l'eternità, e durante una determinata serie di generazioni si conteranno gli anni e i secoli.
Trasportiamoci ora all'ultimo giorno di questo mondo, all'ora in cui, curva sotto il peso della vecchiaia, la Terra si cancellerà dal libro della vita per non ricomparirvi mai più: a questo punto la successione degli avvenimenti si arresta; i movimenti terrestri che misuravano il tempo s'interrompono, e con essi finisce anche il tempo.
Questa semplice esposizione di eventi naturali, che danno origine al tempo, lo nutrono e lo lasciano morire, è sufficiente a dimostrare che, visto dal punto in cui noi dobbiamo porci per i nostri studi, il tempo è una goccia d'acqua che cade da una nuvola nel mare, e la cui caduta viene misurata.
Tanti i mondi nella vasta estensione, tanti i tempi, diversi e incompatibili. Al di fuori dei mondi, la sola eternità sostituisce queste successioni effimere e serenamente riempie della sua luce immobile l'immensità dei cieli. Immensità senza confini ed eternità senza limiti, tali sono le due grandi proprietà della natura universale.
L'occhio dell'osservatore che attraversa, senza mai incontrare sosta, le distanze incommensurabili dello spazio, e quello del geologo che risale al di là dei limiti delle età o che discende nelle profondità dell'eternità dalle fauci spalancate, in cui entrambi si perderanno un giorno, agiscono di comune accordo, ciascuno nella sua direzione, per acquisire questa duplice funzione dell'infinito: estensione e durata.
Ora, mantenendo quest'ordine di idee, ci sarà facile comprendere che il tempo non è che il rapporto delle cose transitorie e che dipende unicamente dalle cose che si misurano. Orbene, se prendessimo come unità di misura i secoli terrestri e li ammucchiassimo a migliaia su migliaia per formarne un numero colossale, questo numero non rappresenterà mai nient'altro che un punto nell'eternità ; allo stesso modo che migliaia di leghe unite a migliaia di leghe non sono che un punto nell'infinita superficie.
Così, per esempio, essendo i secoli al di fuori della vita eterea dell'anima, noi potremmo scrivere un numero lungo tanto quanto l'equatore terrestre e immaginarci invecchiati per quel numero di secoli, senza che in realtà la nostra anima conti un solo giorno di più. Se poi aggiungessimo a questo numero indefinibile di secoli una serie, lunga come da qui al Sole, di numeri simili o ancor più considerevoli, e immaginassimo di vivere per tutta la prodigiosa successione di periodi secolari rappresentati dall'addizione di tali numeri, allorché giungessimo al termine, l'inconcepibile accumulo di secoli, che peserebbe sulle nostre teste, sarebbe come se non ci fosse: resterebbe sempre, davanti a noi, tutta intera l'eternità.
Il tempo non è che una misura relativa della successione delle cose transitorie. L'eternità non è suscettibile di alcuna misura dal punto di vista della durata. Per l'eternità non esiste né inizio né fine. Tutto è al presente per l'eternità.
Se i secoli dei secoli sono meno di un secondo in rapporto all'eternità, che cos'è la durata della vita umana!
Il tempo è la successione delle cose. Esso è legato all'eternità allo stesso modo in cui queste cose sono legate all'infinito. Figuriamoci all'origine del nostro mondo, in quell'epoca primitiva in cui la Terra ancora non si equilibrava sotto il divino impulso; in una parola, agli inizi della Genesi. Qui il tempo non è ancora uscito dalla misteriosa culla della natura. Nessuno può dirci in quale epoca secolare noi ci troviamo, poiché il bilanciere dei secoli non è ancora in movimento.
Ma silenzio! Scocca, al suono eterno di una campana, la prima ora di una Terra isolata; il pianeta si muove nello spazio e da allora c'è sera e mattino. Al di là della Terra, l'eternità resta impassibile e immobile,quantunque il tempo marci per molti altri mondi. Sulla Terra, il tempo sostituisce l'eternità, e durante una determinata serie di generazioni si conteranno gli anni e i secoli.
Trasportiamoci ora all'ultimo giorno di questo mondo, all'ora in cui, curva sotto il peso della vecchiaia, la Terra si cancellerà dal libro della vita per non ricomparirvi mai più: a questo punto la successione degli avvenimenti si arresta; i movimenti terrestri che misuravano il tempo s'interrompono, e con essi finisce anche il tempo.
Questa semplice esposizione di eventi naturali, che danno origine al tempo, lo nutrono e lo lasciano morire, è sufficiente a dimostrare che, visto dal punto in cui noi dobbiamo porci per i nostri studi, il tempo è una goccia d'acqua che cade da una nuvola nel mare, e la cui caduta viene misurata.
Tanti i mondi nella vasta estensione, tanti i tempi, diversi e incompatibili. Al di fuori dei mondi, la sola eternità sostituisce queste successioni effimere e serenamente riempie della sua luce immobile l'immensità dei cieli. Immensità senza confini ed eternità senza limiti, tali sono le due grandi proprietà della natura universale.
L'occhio dell'osservatore che attraversa, senza mai incontrare sosta, le distanze incommensurabili dello spazio, e quello del geologo che risale al di là dei limiti delle età o che discende nelle profondità dell'eternità dalle fauci spalancate, in cui entrambi si perderanno un giorno, agiscono di comune accordo, ciascuno nella sua direzione, per acquisire questa duplice funzione dell'infinito: estensione e durata.
Ora, mantenendo quest'ordine di idee, ci sarà facile comprendere che il tempo non è che il rapporto delle cose transitorie e che dipende unicamente dalle cose che si misurano. Orbene, se prendessimo come unità di misura i secoli terrestri e li ammucchiassimo a migliaia su migliaia per formarne un numero colossale, questo numero non rappresenterà mai nient'altro che un punto nell'eternità ; allo stesso modo che migliaia di leghe unite a migliaia di leghe non sono che un punto nell'infinita superficie.
Così, per esempio, essendo i secoli al di fuori della vita eterea dell'anima, noi potremmo scrivere un numero lungo tanto quanto l'equatore terrestre e immaginarci invecchiati per quel numero di secoli, senza che in realtà la nostra anima conti un solo giorno di più. Se poi aggiungessimo a questo numero indefinibile di secoli una serie, lunga come da qui al Sole, di numeri simili o ancor più considerevoli, e immaginassimo di vivere per tutta la prodigiosa successione di periodi secolari rappresentati dall'addizione di tali numeri, allorché giungessimo al termine, l'inconcepibile accumulo di secoli, che peserebbe sulle nostre teste, sarebbe come se non ci fosse: resterebbe sempre, davanti a noi, tutta intera l'eternità.
Il tempo non è che una misura relativa della successione delle cose transitorie. L'eternità non è suscettibile di alcuna misura dal punto di vista della durata. Per l'eternità non esiste né inizio né fine. Tutto è al presente per l'eternità.
Se i secoli dei secoli sono meno di un secondo in rapporto all'eternità, che cos'è la durata della vita umana!