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Capitolo XI - GENESI SPIRITUALE
Principio spirituale
1. L'esistenza del principio
spirituale è un fatto che non ha, per così dire, bisogno di
dimostrazione più di quanta non ne abbia il principio materiale. In un
certo senso è una verità assiomatica. Esso si afferma per i suoi
effetti, come la materia per quelli che le sono propri.
Secondo il principio: "Avendo ogni effetto una causa, ogni effetto intelligente deve avere una causa intelligente", non c'è nessuno che non riesca a fare una distinzione tra il movimento meccanico di una campana agitata dal vento e il movimento, di questa medesima campana, destinato a dare un segnale, un avvertimento, attestando proprio per questa ragione un pensiero, un'intenzione. Orbene, siccome non può venire in niente a nessuno di attribuire il pensiero alla materia della campana, se ne conclude che essa è mossa da una intelligenza alla quale essa serve come strumento per manifestarsi.
Per la stessa ragione, nessuno ha l'idea di attribuire il pensiero al corpo di un uomo morto. Se l'uomo da vivo pensa, è perché c'è in lui qualcosa che non c'è più quando è morto. La differenza che esiste tra lui e la campana è dunque la seguente: l'intelligenza che fa muovere questa è al di fuori di essa, mentre l'intelligenza che fa agire l'uomo è in lui stesso.
Secondo il principio: "Avendo ogni effetto una causa, ogni effetto intelligente deve avere una causa intelligente", non c'è nessuno che non riesca a fare una distinzione tra il movimento meccanico di una campana agitata dal vento e il movimento, di questa medesima campana, destinato a dare un segnale, un avvertimento, attestando proprio per questa ragione un pensiero, un'intenzione. Orbene, siccome non può venire in niente a nessuno di attribuire il pensiero alla materia della campana, se ne conclude che essa è mossa da una intelligenza alla quale essa serve come strumento per manifestarsi.
Per la stessa ragione, nessuno ha l'idea di attribuire il pensiero al corpo di un uomo morto. Se l'uomo da vivo pensa, è perché c'è in lui qualcosa che non c'è più quando è morto. La differenza che esiste tra lui e la campana è dunque la seguente: l'intelligenza che fa muovere questa è al di fuori di essa, mentre l'intelligenza che fa agire l'uomo è in lui stesso.
2. Il principio spirituale è
il corollario dell'esistenza di Dio. Senza questo principio, Dio non
avrebbe ragione di esistere, perché non si potrebbe concepire che la
sovrana intelligenza regnasse per tutta l'eternità sulla sola materia
bruta, più di quanto non si potrebbe concepire che un monarca terrestre
regnasse per tutta la sua vita soltanto su delle pietre. Siccome non si
può ammettere Dio senza gli attributi essenziali della Divinità, che
sono la giustizia e la bontà, queste qualità sarebbero inutili se
dovessero esercitarsi soltanto sulla materia.
3. D’altra parte, non si
potrebbe concepire un Dio sovranamente giusto e buono, che creasse degli
esseri intelligenti e sensibili per destinarli al nulla dopo alcuni
giorni di sofferenze senza compensazioni, rallegrandosi alla vista di
questa successione indefinita di esseri che nascono senza averlo
domandato, che pensano un istante per conoscere solo il dolore, che si
spengono per sempre, dopo una esistenza effimera.
Senza la sopravvivenza dell'essere pensante, le sofferenze della vita sarebbero, da parte di Dio, una crudeltà senza alcun fine. Ecco perché il materialismo e l'ateismo sono i corollari l'uno dell'altro; negando la causa, essi non possono ammettere l'effetto; negando l'effetto, essi non possono ammettere la causa. Il materialismo è dunque coerente con sé stesso, sebbene non lo sia con la ragione.
Senza la sopravvivenza dell'essere pensante, le sofferenze della vita sarebbero, da parte di Dio, una crudeltà senza alcun fine. Ecco perché il materialismo e l'ateismo sono i corollari l'uno dell'altro; negando la causa, essi non possono ammettere l'effetto; negando l'effetto, essi non possono ammettere la causa. Il materialismo è dunque coerente con sé stesso, sebbene non lo sia con la ragione.
4. L'idea della perpetuità
dell'essere spirituale è innata nell'uomo. Questa idea si trova in lui
allo stato d'intuizione e di aspirazione. L'uomo comprende che soltanto
in essa è la compensazione alle miserie della vita: ecco perché ci sono
sempre stati e ci saranno sempre più spiritualisti che materialisti e
più credenti che atei.
All'idea intuitiva e alla potenza del ragionamento, lo Spiritismo aggiunge la convalida dei fatti, la prova materiale dell'esistenza dell'essere spirituale, della sua sopravvivenza, della sua immortalità e della sua individualità; inoltre, precisa e definisce ciò che questo pensiero aveva di vago e di astratto. Ci dimostra che l'essere intelligente agisce al di fuori della materia, sia durante la vita del corpo, sia dopo.
All'idea intuitiva e alla potenza del ragionamento, lo Spiritismo aggiunge la convalida dei fatti, la prova materiale dell'esistenza dell'essere spirituale, della sua sopravvivenza, della sua immortalità e della sua individualità; inoltre, precisa e definisce ciò che questo pensiero aveva di vago e di astratto. Ci dimostra che l'essere intelligente agisce al di fuori della materia, sia durante la vita del corpo, sia dopo.
5. Il principio spirituale e il principio vitale sono una sola e medesima cosa?
Partendo, come sempre, dall'osservazione dei fatti, diremo che, se il principio vitale fosse inseparabile dal principio intelligente, vi sarebbe qualche motivo per confonderli. Ma poiché si vede che esseri, come le piante, vivono e non pensano; che i corpi umani sono ancora animati dalla vita organica, quando non esiste più alcuna manifestaziorie del pensiero; che, nell'essere vivente, si producono dei movimenti vitali indipendenti da ogni atto della volontà; che durante il sonno, la vita organica permane in tutta la sua attività, mentre la vita intellettuale non si manifesta attraverso alcun segno, esteriore, allora è proprio il caso di ammettere che la vita organica risiede in un principio inerente alla materia, indipendente dalla vita spirituale la quale è inerente allo Spirito. Dal momento che la materia ha una vitalità indipendente dallo Spirito, e che lo Spirito ha una vitalità indipendente dalla materia, resta evidente che questa doppia vitalità poggia su due principi differenti (cap. X, nn. 16-19).
Partendo, come sempre, dall'osservazione dei fatti, diremo che, se il principio vitale fosse inseparabile dal principio intelligente, vi sarebbe qualche motivo per confonderli. Ma poiché si vede che esseri, come le piante, vivono e non pensano; che i corpi umani sono ancora animati dalla vita organica, quando non esiste più alcuna manifestaziorie del pensiero; che, nell'essere vivente, si producono dei movimenti vitali indipendenti da ogni atto della volontà; che durante il sonno, la vita organica permane in tutta la sua attività, mentre la vita intellettuale non si manifesta attraverso alcun segno, esteriore, allora è proprio il caso di ammettere che la vita organica risiede in un principio inerente alla materia, indipendente dalla vita spirituale la quale è inerente allo Spirito. Dal momento che la materia ha una vitalità indipendente dallo Spirito, e che lo Spirito ha una vitalità indipendente dalla materia, resta evidente che questa doppia vitalità poggia su due principi differenti (cap. X, nn. 16-19).
6. Il principio spirituale
avrebbe quindi la sua origine nell'elemento cosmico universale? Non
sarebbe dunque che una trasformazione, una maniera di esistere di questo
elemento, come la luce, l'elettricità, il calore ecc.?
Se così fosse, il principio spirituale subirebbe le vicissitudini della materia. Si estinguerebbe per la disgregazione come il principio vitale. L'essere intelligente non avrebbe che un'esistenza temporanea come quella del corpo e alla morte ritornerebbe nel nulla, oppure, il che sarebbe uguale, nel tutto universale. Sarebbe, in una parola, la sanzione delle dottrine materialiste.
Le proprietà sui generis, che vengono riconosciute al principio spirituale, provano che esso ha una sua propria esistenza indipendente, poiché, se avesse la sua origine nella materia, non avrebbe queste proprietà. Dal momento che l'intelligenza e il pensiero non possono essere degli attributi della materia, risalendo dagli effetti alle cause, si giunge alla conclusione secondo cui l'elemento materiale e l'elemento spirituale sono i due principi costitutivi dell'universo. Individualizzato, l'elemento spirituale costituisce gli esseri chiamati Spiriti, così come, individualizzato, l'elemento materiale costituisce i differenti corpi della natura, organici e inorganici.
Se così fosse, il principio spirituale subirebbe le vicissitudini della materia. Si estinguerebbe per la disgregazione come il principio vitale. L'essere intelligente non avrebbe che un'esistenza temporanea come quella del corpo e alla morte ritornerebbe nel nulla, oppure, il che sarebbe uguale, nel tutto universale. Sarebbe, in una parola, la sanzione delle dottrine materialiste.
Le proprietà sui generis, che vengono riconosciute al principio spirituale, provano che esso ha una sua propria esistenza indipendente, poiché, se avesse la sua origine nella materia, non avrebbe queste proprietà. Dal momento che l'intelligenza e il pensiero non possono essere degli attributi della materia, risalendo dagli effetti alle cause, si giunge alla conclusione secondo cui l'elemento materiale e l'elemento spirituale sono i due principi costitutivi dell'universo. Individualizzato, l'elemento spirituale costituisce gli esseri chiamati Spiriti, così come, individualizzato, l'elemento materiale costituisce i differenti corpi della natura, organici e inorganici.
7. Ammesso l'essere spirituale e non potendo egli provenire dalla materia, qual è la sua origine, quale il suo punto di partenza?
Qui i mezzi d'indagine fanno assolutamente difetto, come in tutto ciò che attiene all'origine delle cose. L'uomo può costatare solo ciò che esiste; su tutto il resto egli può emettere solo delle ipotesi. E, sia che questa conoscenza oltrepassi la portata della sua intelligenza attuale, sia che il possederla non presenti al momento, per lui, alcuna utilità o convenienza, Dio non gliela concede, neppure attraverso la rivelazione.
Quanto Dio permette che i Suoi messaggeri gli dicano, e quanto d'altronde l'uomo stesso potrebbe dedurre dal principio della sovrana giustizia, che è uno degli attributi essenziali della Divinità, è che tutti hanno un medesimo punto di partenza; che tutti sono creati semplici e ignoranti, con una eguale attitudine per progredire, attraverso la propria attività individuale; che tutti raggiungeranno il grado di perfezione, compatibile con la creatura umana, attraverso i propri sforzi personali; che tutti, essendo i figli di un medesimo Padre, sono oggetto di un'eguale sollecitudine; che non ve n'è alcuno maggiormente favorito, o meglio dotato di altri, né dispensato dal lavoro che sarebbe imposto ad altri per raggiungere lo scopo.
Qui i mezzi d'indagine fanno assolutamente difetto, come in tutto ciò che attiene all'origine delle cose. L'uomo può costatare solo ciò che esiste; su tutto il resto egli può emettere solo delle ipotesi. E, sia che questa conoscenza oltrepassi la portata della sua intelligenza attuale, sia che il possederla non presenti al momento, per lui, alcuna utilità o convenienza, Dio non gliela concede, neppure attraverso la rivelazione.
Quanto Dio permette che i Suoi messaggeri gli dicano, e quanto d'altronde l'uomo stesso potrebbe dedurre dal principio della sovrana giustizia, che è uno degli attributi essenziali della Divinità, è che tutti hanno un medesimo punto di partenza; che tutti sono creati semplici e ignoranti, con una eguale attitudine per progredire, attraverso la propria attività individuale; che tutti raggiungeranno il grado di perfezione, compatibile con la creatura umana, attraverso i propri sforzi personali; che tutti, essendo i figli di un medesimo Padre, sono oggetto di un'eguale sollecitudine; che non ve n'è alcuno maggiormente favorito, o meglio dotato di altri, né dispensato dal lavoro che sarebbe imposto ad altri per raggiungere lo scopo.
8. Nel medesimo tempo in cui
Dio ha creato dei mondi materiali da tutta una eternità, Egli ha
egualmente creato degli esseri spirituali da tutta una eternità: senza
di ciò, i mondi materiali sarebbero stati senza scopo. Concepire gli
esseri spirituali senza i mondi materiali sarebbe più facile che
concepire questi ultimi senza gli esseri spirituali. Sono i mondi
materiali che dovrebbero fornire agli esseri spirituali degli elementi
di attività per lo sviluppo della loro intelligenza.
9. Il progresso è la
condizione normale degli esseri spirituali, e la perfezione relativa è
lo scopo ch'essi devono raggiungere. Ora, avendo Dio creato da tutta una
eternità, e creando ininterrottamente, da tutta una eternità, ci sono
perciò esseri i quali hanno raggiunto il punto culminante della scala.
Prima che esistesse la Terra, mondi si erano succeduti ai mondi, e quando la Terra uscì dal caos degli elementi, lo spazio era popolato da esseri spirituali a tutti i gradi di avanzamento, da quelli che si affacciavano alla vita, fino a quelli che, da tutta una eternità, avevano preso posto tra i puri Spiriti, comunemente chiamati angeli.
Prima che esistesse la Terra, mondi si erano succeduti ai mondi, e quando la Terra uscì dal caos degli elementi, lo spazio era popolato da esseri spirituali a tutti i gradi di avanzamento, da quelli che si affacciavano alla vita, fino a quelli che, da tutta una eternità, avevano preso posto tra i puri Spiriti, comunemente chiamati angeli.
Unione del principio spirituale con la materia
10. Dovendo essere la
materia l'oggetto del lavoro dello Spirito per lo sviluppo delle sue
facoltà, era necessario ch'egli potesse agire su di essa, ed è per
questo ch'egli è venuto ad abitarla, così come il boscaiolo abita la
foresta. Dovendo la materia essere allo stesso tempo il fine e lo
strumento del lavoro, Dio, invece di unire lo Spirito alla pietra
rigida, creò, per il suo uso, dei corpi organizzati flessibili, capaci
di ricevere tutti gli impulsi della sua volontà e di prestarsi a tutti i
suoi movimenti.
Il corpo è dunque allo stesso tempo l'involucro e lo strumento dello Spirito e, nella misura in cui questi acquisisce nuove attitudini, esso riveste un involucro appropriato al nuovo genere di lavoro che deve compiere, così come a un operaio si danno arnesi meno grossolani, man mano ch'egli diventa capace di eseguire un'opera più accurata.
Il corpo è dunque allo stesso tempo l'involucro e lo strumento dello Spirito e, nella misura in cui questi acquisisce nuove attitudini, esso riveste un involucro appropriato al nuovo genere di lavoro che deve compiere, così come a un operaio si danno arnesi meno grossolani, man mano ch'egli diventa capace di eseguire un'opera più accurata.
11. Per essere più esatti,
bisogna dire che è lo Spirito stesso che modella il suo involucro e lo
adatta alle sue nuove necessità. Egli lo perfeziona, ne sviluppa e ne
completa l'organismo nella misura in cui sente la necessità di
manifestare nuove facoltà; in una parola, lo rimodella secondo la sua
intelligenza. Dio gli fornisce i materiali: sta a lui metterli in opera.
È per questo che le razze progredite hanno un organismo o, se si vuole,
un sistema cerebrale più perfezionato di quello delle razze primitive.
In questo modo ugualmente si spiega il sigillo speciale che il carattere
dello Spirito imprime ai tratti della fisionomia e alle linee del corpo
(cap. VIII, n. 7, "Anima della Terra").
12. Fin dal momento in cui
nasce alla vita spirituale, uno Spirito deve, per progredire, fare uso
delle sue facoltà, all'inizio rudimentali. È per questo ch'egli si
riveste di un involucro corporeo adatto al suo stato d'infanzia
intellettuale, involucro che abbandona per prenderne un altro man mano
che le sue forze aumentano. Ora, siccome in tutti i tempi ci sono stati
dei mondi, e siccome questi mondi hanno dato origine a corpi organizzati
adatti a ricevere degli Spiriti, in tutti i tempi gli Spiriti hanno
trovato, qualunque fosse il loro grado di avanzamento, gli elementi
necessari alla loro vita carnale.
13. Il corpo, essendo
esclusivamente materiale, subisce le vicissitudini della materia. Dopo
aver funzionato per un certo tempo, esso si disorganizza e si decompone;
il principio vitale, non trovando più elementi per la sua attività, si
spegne, e il corpo muore. Lo Spirito, per il quale il corpo privo di
vita non ha più ormai alcuna utilità, lo abbandona, così come si
abbandona una casa in rovina o un abito fuori moda.
14. Il corpo, dunque, altro
non è che un involucro destinato a ricevere lo Spirito. Di conseguenza,
poco importano la sua origine e i materiali con cui viene costruito. Che
il corpo dell'uomo sia o non sia una creazione speciale, resta pur
sempre vero che è formato dai medesimi elementi di quello degli animali,
animato dal medesimo principio vitale o, come dicono altri, scaldato
dal medesimo fuoco, così com'è illuminato dalla medesima luce, soggetto
alle medesime vicissitudini e alle medesime esigenze. Ed è questo un
punto sul quale non ci sono contestazioni.
Considerando soltanto la materia e prescindendo dallo Spirito, l'uomo dunque non ha nulla che lo distingua dall'animale. Ma tutto cambia aspetto se si fa una distinzione tra l'abitazione e l'abitante.
Dentro una capanna o rivestito del rozzo panno del contadino, un vero signore resta pur sempre un vero signore. Egualmente avviene per l'uomo: non è la sua veste di carne che lo eleva al di sopra del bruto e ne fa un essere a parte, ma è il suo essere spirituale, il suo Spirito.
Considerando soltanto la materia e prescindendo dallo Spirito, l'uomo dunque non ha nulla che lo distingua dall'animale. Ma tutto cambia aspetto se si fa una distinzione tra l'abitazione e l'abitante.
Dentro una capanna o rivestito del rozzo panno del contadino, un vero signore resta pur sempre un vero signore. Egualmente avviene per l'uomo: non è la sua veste di carne che lo eleva al di sopra del bruto e ne fa un essere a parte, ma è il suo essere spirituale, il suo Spirito.
Ipotesi sull'origine del corpo umano
15. Dalla somiglianza delle
forme esteriori che esiste tra il corpo dell'uomo e quello della
scimmia, alcuni fisiologi hanno concluso che il primo non era che una
trasformazione della seconda. In questo non c'è nulla d'impossibile,
senza che — se così fosse — la dignità dell'uomo abbia a soffrirne.
Corpi di scimmie hanno potuto benissimo servire come abiti ai primi
Spiriti umani, necessariamente poco avanzati, che sono venuti a
incarnarsi sulla Terra. Quelle vesti, infatti, erano le più adatte alle
loro esigenze e più appropriate del corpo di qualsiasi altro animale
all'esercizio delle loro facoltà. Anziché confezionare una veste
speciale per lo Spirito, se ne sarebbe trovata una già pronta. Egli ha
dunque potuto vestire la pelle della scimmia, senza cessare d'essere uno
Spirito umano, come l'uomo indossa a volte la pelle di certi animali
senza cessare d'essere uomo.
Sia ben inteso che qui non si tratta che di una ipotesi, la quale non è assolutamente posta come principio, ma è data soltanto per dimostrare che l'origine del corpo non pregiudica affatto lo Spirito. È questo l'essere principale, e la somiglianza del corpo dell'uomo con il corpo della scimmia non implica parità tra il suo Spirito e quello della scimmia.
Sia ben inteso che qui non si tratta che di una ipotesi, la quale non è assolutamente posta come principio, ma è data soltanto per dimostrare che l'origine del corpo non pregiudica affatto lo Spirito. È questo l'essere principale, e la somiglianza del corpo dell'uomo con il corpo della scimmia non implica parità tra il suo Spirito e quello della scimmia.
16. Ammettendo questa
ipotesi, si può dire che, sotto l'influenza e per effetto dell'attività
intellettuale del suo nuovo abitante, l'involucro si è modificato,
ingentilito nei dettagli, pur conservando nel suo complesso la forma
generale (n. 11). Quei corpi migliorati, attraverso la procreazione, si
sono riprodotti nelle medesime condizioni, come avviene per gli alberi
innestati. Essi hanno dato origine a una nuova specie, che si è
allontanata a poco a poco dal tipo primitivo, nella misura in cui lo
Spirito ha progredito. Lo Spirito scimmia, che non è stato annientato,
ha continuato a procreare corpi di scimmie per il proprio uso, così come
il frutto dell'albero selvatico riproduce alberi selvatici, e lo
Spirito umano ha procreato corpi di uomini, varianti della prima forma
in cui si è stabilito. La stirpe si è biforcata; ha prodotto un
discendente, e questo discendente è divenuto a sua volta stirpe.
Siccome nella natura non esistono transizioni brusche, è probabile che i primi uomini che sono apparsi sulla Terra differissero poco dalla scimmia nella forma esteriore e senza dubbio non molto di più nell'intelligenza.
Vi sono ancora, ai giorni nostri, dei selvaggi che, per la lunghezza delle braccia e dei piedi, per la conformazione della testa, hanno talmente l'aspetto della scimmia, che manca loro soltanto d'essere villosi per completare,la somiglianza.
Siccome nella natura non esistono transizioni brusche, è probabile che i primi uomini che sono apparsi sulla Terra differissero poco dalla scimmia nella forma esteriore e senza dubbio non molto di più nell'intelligenza.
Vi sono ancora, ai giorni nostri, dei selvaggi che, per la lunghezza delle braccia e dei piedi, per la conformazione della testa, hanno talmente l'aspetto della scimmia, che manca loro soltanto d'essere villosi per completare,la somiglianza.
Incarnazione degli Spiriti
17. Lo Spiritismo ci insegna in quale maniera si effettua l'unione dello Spirito e del corpo nell'incarnazione.
Lo Spirito, per la sua essenza spirituale, è un essere indefinito, astratto, che non può avere un'azione diretta sulla materia: gli occorreva un intermediario. Questo intermediario è l'involucro fluidico che è, in qualche modo, parte integrante dello Spirito. Esso è un involucro semi materiale, che attiene cioè alla materia per la sua origine e alla spiritualità per la sua natura eterea. Come ogni materia, esso è tratto dal fluido cosmico universale, che subisce in questa circostanza una modifica particolare. Questo involucro, designato col nome di perispirito, fa di un essere astratto, cioè dello Spirito, un essere concreto e definito, percepibile attraverso il pensiero; lo rende inoltre atto ad agire sulla materia tangibile, conformemente a quanto avviene con tutti i fluidi imponderabili, che sono, come si sa, i motori più potenti.
Il fluido del perispirito è dunque l'anello di congiunzione tra lo Spirito e la materia. Durante la sua unione con il corpo, è il veicolo del suo pensiero, per trasmettere il movimento alle diverse parti, dell’organismo, le quali agiscono sotto la sua volontà, e per far sì che ripercuotano sullo Spirito le sensazioni prodotte dagli agenti esteriori. Tale fluido ha per fili conduttori i nervi, come nel telegrafo il fluido elettrico ha per conduttore il filo metallico.
Lo Spirito, per la sua essenza spirituale, è un essere indefinito, astratto, che non può avere un'azione diretta sulla materia: gli occorreva un intermediario. Questo intermediario è l'involucro fluidico che è, in qualche modo, parte integrante dello Spirito. Esso è un involucro semi materiale, che attiene cioè alla materia per la sua origine e alla spiritualità per la sua natura eterea. Come ogni materia, esso è tratto dal fluido cosmico universale, che subisce in questa circostanza una modifica particolare. Questo involucro, designato col nome di perispirito, fa di un essere astratto, cioè dello Spirito, un essere concreto e definito, percepibile attraverso il pensiero; lo rende inoltre atto ad agire sulla materia tangibile, conformemente a quanto avviene con tutti i fluidi imponderabili, che sono, come si sa, i motori più potenti.
Il fluido del perispirito è dunque l'anello di congiunzione tra lo Spirito e la materia. Durante la sua unione con il corpo, è il veicolo del suo pensiero, per trasmettere il movimento alle diverse parti, dell’organismo, le quali agiscono sotto la sua volontà, e per far sì che ripercuotano sullo Spirito le sensazioni prodotte dagli agenti esteriori. Tale fluido ha per fili conduttori i nervi, come nel telegrafo il fluido elettrico ha per conduttore il filo metallico.
18. Quando lo Spirito deve
incarnarsi in un corpo umano in via di formazione, un legame fluidico,
che altro non è se non un'espansione del suo perispirito, lo lega al
germe verso il quale egli si trova attratto da una forza irresistibile,
al momento della concezione. Nella misura in cui il germe si sviluppa,
il legame diviene più stretto. Sotto l'influenza del principio vitale materiale del germe, il perispirito, che possiede alcune proprietà della materia, si unisce molecola su molecola al
corpo in via di formazione. In seguito a ciò, si può dire che lo
Spirito, attraverso la mediazione del suo perispirito, mette in un certo
senso radici in quel germe, come una
pianta nella terra. Quando il germe è interamente sviluppato, l'unione è
completa, e allora esso nasce alla vita esteriore.
Per un effetto contrario, questa unione del perispirito e della materia carnale — che si era effettuata sotto l'influenza del principio vitale del germe — cessa quando questo principio cessa di agire in conseguenza della disorganizzazione del corpo. Tale unione, che era mantenuta soltanto da una forza attiva, si disfa non appena questa forza cessa di agire. Allora il perispirito si distacca, molecola su molecola, così come si era unito, e allo Spirito è restituita la libertà. Così, non è la dipartita dello Spirito che causa la morte del corpo, ma è la morte del corpo che causa la dipartita dello Spirito.
Dal momento che, l'integrità dello Spirito è completa; che le sue facoltà acquisiscono anzi un maggior potere di penetrazione, mentre spento è il principio di vita nel corpo, qui sta la prova evidente che il principio vitale e il principio spirituale sono due cose distinte.
Per un effetto contrario, questa unione del perispirito e della materia carnale — che si era effettuata sotto l'influenza del principio vitale del germe — cessa quando questo principio cessa di agire in conseguenza della disorganizzazione del corpo. Tale unione, che era mantenuta soltanto da una forza attiva, si disfa non appena questa forza cessa di agire. Allora il perispirito si distacca, molecola su molecola, così come si era unito, e allo Spirito è restituita la libertà. Così, non è la dipartita dello Spirito che causa la morte del corpo, ma è la morte del corpo che causa la dipartita dello Spirito.
Dal momento che, l'integrità dello Spirito è completa; che le sue facoltà acquisiscono anzi un maggior potere di penetrazione, mentre spento è il principio di vita nel corpo, qui sta la prova evidente che il principio vitale e il principio spirituale sono due cose distinte.
19. Lo Spiritismo ci fa
conoscere, per mezzo dei fatti che esso ci mette in grado di osservare, i
fenomeni che accompagnano questa separazione; la quale è a volte
rapida, facile, dolce e insensibile; altre volte è lenta, laboriosa,
orribilmente dolorosa, a seconda dello stato morale dello Spirito, e può
durare mesi interi.
20. Un fenomeno particolare,
egualmente indicato dall'osservazione, accompagna sempre l'incarnazione
dello Spirito. Non appena questi è afferrato dal legame fluidico che lo
unisce al germe, uno stato di turbamento s'impadronisce di lui. Questo
turbamento cresce nella misura in cui il legame si restringe, e lo
Spirito, negli ultimi momenti, perde ogni coscienza di sé stesso,
dimodoché non è mai testimone cosciente della sua nascita. Nel momento
in cui la creatura incomincia a respirare, lo Spirito incomincia a
recuperare le sue facoltà, che si sviluppano man mano che si formano,
mentre gli organi che devono servire alla manifestazione di tali facoltà
si consolidano.
21. Ma, nel medesimo tempo
in cui recupera la coscienza di sé stesso, lo Spirito perde il ricordo
del suo passato, senza perdere però le facoltà, le qualità e le
attitudini acquisite anteriormente, le quali erano temporaneamente
rimaste allo stato latente. Esse, riprendendo la loro attività, lo
aiuteranno a fare di più e meglio di quanto non abbia fatto
precedentemente. Egli rinasce quale è divenuto attraverso il suo lavoro
anteriore; questo è per lui un nuovo punto di partenza, un nuovo gradino
da salire. Qui ancora, si manifesta la bontà del Creatore. Infatti il
ricordo di un passato, sovente doloroso o umiliante, aggiungendosi alle
amarezze della sua nuova esistenza, potrebbe turbarlo e ostacolarlo. Lo
Spirito non si ricorda che di quanto ha appreso, perché ciò gli è utile.
Se, degli avvenimenti passati, conserva talvolta una vaga intuizione, è
come se ricordasse un fuggevole sogno. È questo, dunque, un uomo nuovo,
per quanto antico possa essere il suo Spirito; adotta nuovi metodi,
aiutato da ciò che ha acquisito. Quando ritorna alla vita spirituale, il
suo passato si snoda davanti ai suoi occhi, ed egli giudica se ha
impiegato bene o male il suo tempo.
22. Non vi è dunque continuità di soluzione nella vita spirituale, nonostante l'oblio del passato. Lo Spirito è sempre sé stesso, prima,
durante e dopo l'incarnazione; l'incarnazione è soltanto una fase
particolare della sua esistenza. Questo oblio, anzi, ha luogo solo
durante la vita esteriore di relazione; infatti durante il sonno, lo
Spirito, liberato in parte dai legami carnali, restituito alla libertà e
alla vita spirituale, ricorda; la sua vista spirituale non è più tanto
oscurata dalla materia.
23. Se si considera
l'umanità al suo livello più infimo della scala intellettiva, presso i
più arretrati selvaggi, ci si chiede se è qui il punto di partenza
dell'anima umana.
Secondo l'opinione di alcuni filosofi spiritualisti, il principio intelligente, distinto dal principio materiale, s'individualizza e si elabora, passando attraverso i vari gradi dell'animalità. È qui che l'anima si prepara alla vita e sviluppa le sue prime facoltà attraverso l'esercizio; questo sarebbe, per così dire, il suo periodo d'incubazione. Giunta al grado di sviluppo che questo stato comporta, essa riceve le facoltà speciali che costituiscono l'anima umana. Ci sarebbe così una filiazione spirituale dall'animale all'uomo, come c'è una filiazione corporale.
Questo sistema, fondato sulla grande legge di unità che presiede alla creazione, corrisponde — bisogna convenirne — alla giustizia e alla bontà del Creatore. Egli dà una via d'uscita, uno scopo, una destinazione agli animali, i quali non sono più degli esseri diseredati, poiché trovano, nell'avvenire che è loro riservato, una compensazione alle loro sofferenze. Ciò che costituisce l'uomo spirituale non è la sua origine, ma sono gli attributi speciali di cui egli è dotato al suo ingresso nell'umanità, attributi che lo trasformano, rendendolo un essere distinto, come un frutto pieno di sapore è ben diverso dalla radice amara che gli ha dato origine. Per essere passato attraverso la filiera dell'animalità, l'uomo non sarebbe per questo meno uomo; né sarebbe più animale di quanto il frutto non sia radice, così come lo scienziato non è l'informe feto che ha debuttato nel mondo.
Ma questo sistema solleva numerose questioni i cui pro e contro non è opportuno discutere qui, non più di quanto sia opportuno esaminare qui le differenti ipotesi che sono state fatte su questo argomento. Senza, dunque, ricercare l'origine dell'anima e le filiere attraverso le quali è dovuta passare, noi la prendiamo al suo ingresso nell'umanità, al punto in cui, dotata del senso morale e del libero arbitrio, essa si imbatte nella responsabilità dei suoi atti.
Secondo l'opinione di alcuni filosofi spiritualisti, il principio intelligente, distinto dal principio materiale, s'individualizza e si elabora, passando attraverso i vari gradi dell'animalità. È qui che l'anima si prepara alla vita e sviluppa le sue prime facoltà attraverso l'esercizio; questo sarebbe, per così dire, il suo periodo d'incubazione. Giunta al grado di sviluppo che questo stato comporta, essa riceve le facoltà speciali che costituiscono l'anima umana. Ci sarebbe così una filiazione spirituale dall'animale all'uomo, come c'è una filiazione corporale.
Questo sistema, fondato sulla grande legge di unità che presiede alla creazione, corrisponde — bisogna convenirne — alla giustizia e alla bontà del Creatore. Egli dà una via d'uscita, uno scopo, una destinazione agli animali, i quali non sono più degli esseri diseredati, poiché trovano, nell'avvenire che è loro riservato, una compensazione alle loro sofferenze. Ciò che costituisce l'uomo spirituale non è la sua origine, ma sono gli attributi speciali di cui egli è dotato al suo ingresso nell'umanità, attributi che lo trasformano, rendendolo un essere distinto, come un frutto pieno di sapore è ben diverso dalla radice amara che gli ha dato origine. Per essere passato attraverso la filiera dell'animalità, l'uomo non sarebbe per questo meno uomo; né sarebbe più animale di quanto il frutto non sia radice, così come lo scienziato non è l'informe feto che ha debuttato nel mondo.
Ma questo sistema solleva numerose questioni i cui pro e contro non è opportuno discutere qui, non più di quanto sia opportuno esaminare qui le differenti ipotesi che sono state fatte su questo argomento. Senza, dunque, ricercare l'origine dell'anima e le filiere attraverso le quali è dovuta passare, noi la prendiamo al suo ingresso nell'umanità, al punto in cui, dotata del senso morale e del libero arbitrio, essa si imbatte nella responsabilità dei suoi atti.
24. L'obbligo, per lo
Spirito incarnato, di provvedere alla nutrizione del corpo, alla sua
sicurezza, al suo benessere, lo costringe ad applicare le sue facoltà
nella ricerca, a esercitarle e a svilupparle. La sua unione con la
materia è dunque utile al suo avanzamento: ecco perché l'incarnazione è una necessità. Inoltre,
con il lavoro intelligente che effettua a suo profitto sulla materia,
lo Spirito concorre alla trasformazione e al progresso materiale del
globo ch'egli abita. Ed è così che, progredendo, egli concorre all'opera
del Creatore, del quale diventa l'agente inconscio.
25. Ma l'incarnazione dello
Spirito non è né costante né perpetua; essa è soltanto transitoria.
Lasciando un corpo, egli non ne prende un altro istantaneamente. Durante
un lasso di tempo più o meno considerevole, vive della vita spirituale,
che è la sua vita normale. Cosicché la somma del tempo passato nelle
diverse incarnazioni è poca cosa, paragonata a quella del tempo ch'egli
passa nello stato di Spirito libero.
Negli intervalli delle sue incarnazioni, lo Spirito progredisce egualmente, nel senso ch'egli mette a profitto, per il suo avanzamento, le conoscenze e l'esperienza acquisite durante la vita corporale; esamina ciò che ha fatto durante la sua permanenza sulla Terra, passa in rassegna ciò che ha appreso, riconosce i suoi errori, migliora i suoi piani e prende delle risoluzioni, secondo le quali intende comportarsi in una nuova esistenza, cercando di agire meglio. È così che ogni esistenza si trova un passo avanti sulla strada del progresso, una specie di scuola di applicazione.
Negli intervalli delle sue incarnazioni, lo Spirito progredisce egualmente, nel senso ch'egli mette a profitto, per il suo avanzamento, le conoscenze e l'esperienza acquisite durante la vita corporale; esamina ciò che ha fatto durante la sua permanenza sulla Terra, passa in rassegna ciò che ha appreso, riconosce i suoi errori, migliora i suoi piani e prende delle risoluzioni, secondo le quali intende comportarsi in una nuova esistenza, cercando di agire meglio. È così che ogni esistenza si trova un passo avanti sulla strada del progresso, una specie di scuola di applicazione.
26. L'incarnazione, dunque,
normalmente non è affatto una punizione per lo Spirito, come alcuni
hanno pensato, ma una condizione inerente alla inferiorità dello Spirito
e un mezzo per progredire (Il Cielo e l'Inferno, cap. III, n. 8 e ss.).
Nella misura in cui lo Spirito progredisce moralmente, si smaterializza, vale a dire che, sottraendosi all'influenza della materia, si purifica; la sua vita si spiritualizza e si approfondiscono le sue facoltà e percezioni. La sua felicità è in ragione del progresso compiuto. Ma, siccome egli agisce in virtù del suo libero arbitrio, può per negligenza o cattiva volontà, ritardare il suo avanzamento. Egli prolunga, di conseguenza, la durata delle sue incarnazioni materiali, che diventano allora per lui una punizione, poiché, per sua stessa colpa, rimane nei ranghi inferiori, obbligato a ricominciare il medesimo compito. Dipende dunque dallo Spirito abbreviare, con il suo lavoro di purificazione su sé stesso, la durata del periodo delle incarnazioni.
Nella misura in cui lo Spirito progredisce moralmente, si smaterializza, vale a dire che, sottraendosi all'influenza della materia, si purifica; la sua vita si spiritualizza e si approfondiscono le sue facoltà e percezioni. La sua felicità è in ragione del progresso compiuto. Ma, siccome egli agisce in virtù del suo libero arbitrio, può per negligenza o cattiva volontà, ritardare il suo avanzamento. Egli prolunga, di conseguenza, la durata delle sue incarnazioni materiali, che diventano allora per lui una punizione, poiché, per sua stessa colpa, rimane nei ranghi inferiori, obbligato a ricominciare il medesimo compito. Dipende dunque dallo Spirito abbreviare, con il suo lavoro di purificazione su sé stesso, la durata del periodo delle incarnazioni.
27. Il progresso materiale
di un globo segue il progresso morale dei suoi abitanti. Ora, poiché la
creazione dei mondi e degli Spiriti è incessante, poiché questi
progrediscono più o meno rapidamente in virtù del loro libero arbitrio,
ne consegue che ci sono mondi più o meno antichi, con gradi differenti
di avanzamento fisico e morale, nei quali l'incarnazione è più o meno
materiale e nei quali, di conseguenza, il lavoro per gli Spiriti è più o
meno difficile. Da questo punto di vista, la Terra è uno dei mondi meno
avanzati; è popolata da Spiriti relativamente inferiori, e la vita
corporale è qui più dolorosa che in altri. Vi sono mondi, però, ancora
più arretrati, dove la vita è più dolorosa che sulla Terra, e al
confronto dei quali la Terra sarebbe un mondo relativamente felice.
28. Quando gli Spiriti hanno
acquisito, in un mondo, la somma di progresso che lo stato di quel
mondo comporta, essi lo abbandonano per incarnarsi in un altro mondo più
avanzato dove acquisiscono nuove conoscenze, e così di seguito, fino a
quando, non essendo più utile l'incarnazione in un corpo materiale, essi
vivono esclusivamente di una vita spirituale, dove progrediscono
ancora, ma in un altro senso e con altri mezzi. Arrivati al punto
culminante del progresso, godono della suprema felicità. Ammessi nei
consigli dell'Onnipotente, ne conoscono il pensiero, diventano Suoi
messaggeri e Suoi ministri diretti per il governo dei mondi e hanno ai
loro ordini gli Spiriti di diversi gradi di avanzamento.
Così tutti gli Spiriti, incarnati o disincarnati, a qualsiasi grado della gerarchia appartengano, dal più infimo al più elevato, hanno le loro attribuzioni nel grande meccanismo dell'universo. Tutti sono utili all'insieme e nello stesso tempo sono utili a sé stessi; ai meno avanzati, come a dei semplici manovali, viene affidato un compito materiale, svolto dapprima in modo inconsapevole e poi, gradualmente, in modo intelligente. In ogni parte, nel mondo spirituale, c'è attività, in nessuna parte l'inutile oziosità.
La collettività degli Spiriti è in qualche modo l'anima dell'universo; è l'elemento spirituale che agisce su tutto e dappertutto, sotto l'impulso del pensiero divino. Senza questo elemento, non c'è che la materia inerte, senza scopo, senza intelligenza, senza altro motore se non le forze materiali, le quali lasciano insoluti innumerevoli problemi. Invece, attraverso l'azione dell'elemento spirituale individualizzato, tutto ha uno scopo, tutto ha una ragion d'essere, tutto si spiega. Ecco perché, senza la spiritualità, si urta contro difficoltà insormontabili.
Così tutti gli Spiriti, incarnati o disincarnati, a qualsiasi grado della gerarchia appartengano, dal più infimo al più elevato, hanno le loro attribuzioni nel grande meccanismo dell'universo. Tutti sono utili all'insieme e nello stesso tempo sono utili a sé stessi; ai meno avanzati, come a dei semplici manovali, viene affidato un compito materiale, svolto dapprima in modo inconsapevole e poi, gradualmente, in modo intelligente. In ogni parte, nel mondo spirituale, c'è attività, in nessuna parte l'inutile oziosità.
La collettività degli Spiriti è in qualche modo l'anima dell'universo; è l'elemento spirituale che agisce su tutto e dappertutto, sotto l'impulso del pensiero divino. Senza questo elemento, non c'è che la materia inerte, senza scopo, senza intelligenza, senza altro motore se non le forze materiali, le quali lasciano insoluti innumerevoli problemi. Invece, attraverso l'azione dell'elemento spirituale individualizzato, tutto ha uno scopo, tutto ha una ragion d'essere, tutto si spiega. Ecco perché, senza la spiritualità, si urta contro difficoltà insormontabili.
29. Quando la Terra si è
trovata nelle condizioni climatiche adatte all'esistenza della specie
umana, Spiriti umani vi si sono incarnati. Da dove venivano? Che questi
Spiriti siano stati creati in quel momento, che siano venuti del tutto
formati dalla Terra, dallo spazio o da altri mondi, la loro presenza a
partire da una certa epoca è un fatto, poiché prima di loro non c'erano
che animali. Essi si sono rivestiti di corpi appropriati ai loro
speciali bisogni, alle loro attitudini, che fisiologicamente
appartengono all'animalità. Sotto la loro influenza e attraverso
l'esercizio delle loro facoltà, questi corpi si sono modificati e
perfezionati: ecco ciò che risulta dall'osservazione. Lasciamo dunque da
parte la questione dell'origine che per il momento è ancora insolubile.
Consideriamo lo Spirito, non al suo punto di partenza, ma nel momento
in cui — manifestandosi in lui i primi germi del libero arbitrio e del
senso morale — lo vediamo svolgere il suo ruolo umanitario, senza
preoccuparci dell'ambiente in cui ha trascorso il periodo della sua
infanzia o, se si vuole, della sua incubazione. Malgrado l'analogia del
suo involucro con quello degli animali, noi sapremmo distinguerlo da
questi ultimi per le facoltà intellettive e morali che lo
caratterizzano, così come sotto il medesimo abito di rozzo panno
distinguiamo l'uomo primitivo dall'uomo civilizzato.
30. Benché i primi venuti
fossero per forza di cose poco avanzati, anche per il fatto che dovevano
incarnarsi in corpi molto imperfetti, dovevano esserci tra di loro
differenze sensibili nei caratteri e nelle attitudini. Gli Spiriti tra
di loro simili si sono naturalmente raggruppati per analogia e simpatia.
La Terra si è così ritrovata popolata da differenti categorie di
Spiriti più o meno idonei o ribelli al progresso. Ricevendo i corpi
l'impronta del carattere dallo Spirito e generandosi questi corpi
secondo il loro rispettivo, ne sono risultate razze differenti sia
riguardo al fisico sia riguardo al morale (n. 11). Continuando a
incarnarsi di preferenza tra quelli a loro somiglianti, gli Spiriti
simili hanno perpetuato il carattere distintivo fisico e morale delle
razze e dei popoli, carattere che scompare soltanto con il tempo,
mediante la loro fusione e il progresso degli Spiriti (Rivista Spiritista,luglio 1860, p. 198, "Frenologia e fisiognomonia").
31. Si possono paragonare
gli Spiriti che sono venuti a popolare la Terra a quei gruppi di
emigranti, di origini diverse, che vanno a stabilirsi su una terra
vergine. Lì trovano il legno e la pietra per costruire le loro
abitazioni, e ciascun gruppo dà alla sua un carattere diverso, a seconda
del grado delle sue conoscenze e del suo particolare genio. Riunendosi
per analogia di origini e di gusti, questi gruppi finiscono per formare
delle tribù e poi dei popoli, che hanno ciascuno costumi e caratteri
propri.
32. Il progresso non è stato
dunque uniforme in tutta la specie umana; le razze più intelligenti
hanno naturalmente superato le altre, senza poi tener conto che Spiriti,
nati recentemente alla vita spirituale, essendo venuti a incarnarsi
sulla Terra subito dopo i primi arrivati, rendono ancora più sensibile
la differenza del progresso. Sarebbe impossibile, in effetti, attribuire
la medesima anzianità di creazione ai selvaggi, che appena appena si
distinguono dalle scimmie, e ai cinesi e ancor meno agli europei
civilizzati.
Tuttavia, gli Spiriti di quei selvaggi fanno anch'essi parte dell'umanità. Un giorno essi raggiungeranno il livello in cui si trovano i loro fratelli più vecchi. Ma ciò non sarà certamente nei corpi della medesima razza fisica, inadatti a un certo sviluppo intellettivo e morale. Quando lo strumento non sarà più in rapporto con il loro sviluppo, essi emigreranno da quell'ambiente per incarnarsi in un altro più elevato, e così di seguito fino a quando non abbiano conquistato tutti i livelli terrestri, dopo di che lasceranno la Terra per passare a mondi via via più avanzati (Rivista Spiritista, aprile 1862, pag. 97, "Perfettibilità della razza negra").
Tuttavia, gli Spiriti di quei selvaggi fanno anch'essi parte dell'umanità. Un giorno essi raggiungeranno il livello in cui si trovano i loro fratelli più vecchi. Ma ciò non sarà certamente nei corpi della medesima razza fisica, inadatti a un certo sviluppo intellettivo e morale. Quando lo strumento non sarà più in rapporto con il loro sviluppo, essi emigreranno da quell'ambiente per incarnarsi in un altro più elevato, e così di seguito fino a quando non abbiano conquistato tutti i livelli terrestri, dopo di che lasceranno la Terra per passare a mondi via via più avanzati (Rivista Spiritista, aprile 1862, pag. 97, "Perfettibilità della razza negra").
Reincarnazioni
33. Il principio della
reincarnazione è una conseguenza necessaria della legge del progresso.
Senza la reincarnazione, come spiegare la differenza che esiste tra lo
stato sociale attuale e quello dei tempi della barbarie? Se le anime
sono create nello stesso tempo in cui sono creati i corpi, quelle che
nascono oggi sono altrettanto nuove, altrettanto primitive di quelle che
vivevano mille anni fa. Aggiungiamo che tra loro non ci sarebbe alcuna
connessione né alcuna relazione necessaria e che sarebbero completamente
indipendenti le une dalle altre. Perché, dunque, le anime di oggi
dovrebbero essere da Dio meglio dotate di quelle che le hanno precedute?
Perché comprendono meglio? Perché hanno istinti più purificati e
costumi più amabili? Perché di certe cose posseggono l'intuizione senza
averle mai apprese? Dubitiamo che possa esservi qualcuno capace di
uscire da questi dilemmi, a meno che non si ammetta che Dio crea delle
anime di diverse qualità, a seconda dei tempi e dei luoghi, proposizione
inconciliabile con l'idea di una giustizia sovrana (cap. II, n. 19).
Ammettete, al contrario, che le anime di oggi hanno già vissuto nei tempi passati; che hanno potuto essere barbare come il loro secolo, ma che hanno progredito; che apportano a ogni nuova esistenza quanto acquisito nelle esistenze anteriori; che, di conseguenza, le anime dei tempi civilizzati sono anime non certo create più perfette, ma che si sono perfezionate da sé stesse con il passare del tempo. In questo modo, avrete l'unica spiegazione plausibile della causa del progresso sociale (Il libro degli Spiriti, cap. IV e V).
Ammettete, al contrario, che le anime di oggi hanno già vissuto nei tempi passati; che hanno potuto essere barbare come il loro secolo, ma che hanno progredito; che apportano a ogni nuova esistenza quanto acquisito nelle esistenze anteriori; che, di conseguenza, le anime dei tempi civilizzati sono anime non certo create più perfette, ma che si sono perfezionate da sé stesse con il passare del tempo. In questo modo, avrete l'unica spiegazione plausibile della causa del progresso sociale (Il libro degli Spiriti, cap. IV e V).
34. Alcune
persone pensano che le differenti esistenze dell'anima si compiano di
mondo in mondo e non su un medesimo globo, dove ogni Spirito non
comparirebbe che un'unica volta.
Questa dottrina sarebbe ammissibile, se tutti gli abitanti della Terra si trovassero esattamente allo stesso livello intellettivo e morale. Essi, allora, non potrebbero progredire se non spostandosi in un altro mondo, e la loro reincarnazione sulla Terra sarebbe senza alcuna utilità. Orbene, Dio non fa mai nulla di inutile. Dal momento che sulla Terra si trovano tutti i gradi d'intelligenza e moralità, dalla brutalità che sfiora l'animalesco fino alla civilizzazione più avanzata, è evidente che questo mondo offre un vasto campo al progresso. Ci si chiederebbe allora perché mai il selvaggio sarebbe obbligato ad andare a cercare altrove il grado di progresso superiore a quello in cui egli vive, quando se lo trova al fianco e progressivamente. Perché mai l'uomo avanzato non avrebbe potuto fare le sue prime tappe se non nei mondi inferiori, quando gli analoghi di tutti quei mondi sono attorno a lui, quando ci sono gradi differenti di avanzamento non solo da popolo a popolo, ma nel medesimo popolo e nella medesima famiglia? Se così fosse, Dio avrebbe fatto qualcosa d'inutile collocando fianco a fianco l'ignoranza e il sapere, la barbarie e la civilizzazione, il bene e il male, mentre è proprio questo contatto che fa sì che i ritardatari avanzino.
Non vi è dunque alcuna necessità perché gli uomini mutino di mondo a ogni tappa di perfezionamento, almeno non più di quanta ve ne sia perché uno studente cambi collegio a ogni classe. Ben lungi dall'essere ciò un vantaggio per il progresso, sarebbe anzi un ostacolo, perché lo Spirito verrebbe privato dell'esempio che gli offre la vista dei gradi superiori, nonché la possibilità di riparare ai suoi errori nello stesso ambiente e nei confronti di coloro ch'egli ha offeso. È, questa, una possibilità che costituisce, per lui, il più potente mezzo di avanzamento morale. Dopo una breve coabitazione, allorché gli Spiriti si disperdono e diventano estranei gli uni agli altri, i legami di famiglia e di amicizia, non avendo avuto il tempo di consolidarsi, si spezzerebbero.
All'inconveniente morale si aggiungerebbe un inconveniente materiale. La natura degli elementi, le leggi organiche, le condizioni dell'esistenza variano a seconda dei mondi: sotto questo aspetto, non ve ne sono due che siano perfettamente identici. I nostri trattati di fisica, di chimica, di anatomia, di medicina, di botanica ecc. non servirebbero a niente negli altri mondi, e tuttavia ciò che si apprende non è mai perduto. Non soltanto ciò sviluppa l'intelligenza, ma le idee che vi si attingono aiutano ad acquisirne di nuove (cap. VI, n. 61 e ss.). Se lo Spirito non facesse che una sola apparizione, spesso di breve durata, nello stesso mondo, a ogni migrazione si troverebbe in condizioni totalmente differenti. Egli opererebbe ogni volta su elementi nuovi, con forze e secondo leggi a lui sconosciute, prima di aver avuto il tempo di elaborare gli elementi conosciuti, di studiarli, di esercitarvisi. Ogni volta sarebbe come dover fare un nuovo apprendistato, e questi incessanti cambiamenti sarebbero un ostacolo al progresso. Lo Spirito deve dunque restare nello stesso mondo fino a quando non vi abbia acquisito la somma di conoscenze e il grado di perfezione che questo mondo comporta (n. 31).
Che gli Spiriti abbandonino per un mondo più avanzato quello sul quale non possono acquisire più nulla, così dev'essere e così è: tale è il principio. Se accade che alcuni lo lascino prima, è senza dubbio per delle cause individuali che Dio pesa secondo la Sua saggezza.
Tutto ha uno scopo nella creazione, altrimenti Dio non sarebbe né prudente né saggio. Ora, se la Terra dovesse essere la sola tappa per il progresso di ogni individuo, quale utilità ci sarebbe per i bambini che muoiono in tenera età di venirvi a passare alcuni anni, alcuni mesi, alcune ore, un tempo, insomma, durante il quale non possono acquisirvi nulla? Lo stesso è per gli handicappati. Una teoria è ritenuta buona solo a condizione che risolva tutti i problemi che i essa si collegano. La questione delle morti premature è stata la pietra d'intralcio per tutte le dottrine, eccetto che per la Dottrina Spiritista, che, unica, l'ha risolta in maniera razionale e completa.
Per il progresso di coloro che svolgono sulla Terra una missione normale, c'è un vantaggio reale nel ritrovarsi nello stesso ambiente, per continuarvi ciò che avevano lasciato incompiuto, spesso nella medesima famiglia, o in contatto con le stesse persone, cui si è fatto del male, e poterlo così riparare, o per subirvi la pena del taglione.
Questa dottrina sarebbe ammissibile, se tutti gli abitanti della Terra si trovassero esattamente allo stesso livello intellettivo e morale. Essi, allora, non potrebbero progredire se non spostandosi in un altro mondo, e la loro reincarnazione sulla Terra sarebbe senza alcuna utilità. Orbene, Dio non fa mai nulla di inutile. Dal momento che sulla Terra si trovano tutti i gradi d'intelligenza e moralità, dalla brutalità che sfiora l'animalesco fino alla civilizzazione più avanzata, è evidente che questo mondo offre un vasto campo al progresso. Ci si chiederebbe allora perché mai il selvaggio sarebbe obbligato ad andare a cercare altrove il grado di progresso superiore a quello in cui egli vive, quando se lo trova al fianco e progressivamente. Perché mai l'uomo avanzato non avrebbe potuto fare le sue prime tappe se non nei mondi inferiori, quando gli analoghi di tutti quei mondi sono attorno a lui, quando ci sono gradi differenti di avanzamento non solo da popolo a popolo, ma nel medesimo popolo e nella medesima famiglia? Se così fosse, Dio avrebbe fatto qualcosa d'inutile collocando fianco a fianco l'ignoranza e il sapere, la barbarie e la civilizzazione, il bene e il male, mentre è proprio questo contatto che fa sì che i ritardatari avanzino.
Non vi è dunque alcuna necessità perché gli uomini mutino di mondo a ogni tappa di perfezionamento, almeno non più di quanta ve ne sia perché uno studente cambi collegio a ogni classe. Ben lungi dall'essere ciò un vantaggio per il progresso, sarebbe anzi un ostacolo, perché lo Spirito verrebbe privato dell'esempio che gli offre la vista dei gradi superiori, nonché la possibilità di riparare ai suoi errori nello stesso ambiente e nei confronti di coloro ch'egli ha offeso. È, questa, una possibilità che costituisce, per lui, il più potente mezzo di avanzamento morale. Dopo una breve coabitazione, allorché gli Spiriti si disperdono e diventano estranei gli uni agli altri, i legami di famiglia e di amicizia, non avendo avuto il tempo di consolidarsi, si spezzerebbero.
All'inconveniente morale si aggiungerebbe un inconveniente materiale. La natura degli elementi, le leggi organiche, le condizioni dell'esistenza variano a seconda dei mondi: sotto questo aspetto, non ve ne sono due che siano perfettamente identici. I nostri trattati di fisica, di chimica, di anatomia, di medicina, di botanica ecc. non servirebbero a niente negli altri mondi, e tuttavia ciò che si apprende non è mai perduto. Non soltanto ciò sviluppa l'intelligenza, ma le idee che vi si attingono aiutano ad acquisirne di nuove (cap. VI, n. 61 e ss.). Se lo Spirito non facesse che una sola apparizione, spesso di breve durata, nello stesso mondo, a ogni migrazione si troverebbe in condizioni totalmente differenti. Egli opererebbe ogni volta su elementi nuovi, con forze e secondo leggi a lui sconosciute, prima di aver avuto il tempo di elaborare gli elementi conosciuti, di studiarli, di esercitarvisi. Ogni volta sarebbe come dover fare un nuovo apprendistato, e questi incessanti cambiamenti sarebbero un ostacolo al progresso. Lo Spirito deve dunque restare nello stesso mondo fino a quando non vi abbia acquisito la somma di conoscenze e il grado di perfezione che questo mondo comporta (n. 31).
Che gli Spiriti abbandonino per un mondo più avanzato quello sul quale non possono acquisire più nulla, così dev'essere e così è: tale è il principio. Se accade che alcuni lo lascino prima, è senza dubbio per delle cause individuali che Dio pesa secondo la Sua saggezza.
Tutto ha uno scopo nella creazione, altrimenti Dio non sarebbe né prudente né saggio. Ora, se la Terra dovesse essere la sola tappa per il progresso di ogni individuo, quale utilità ci sarebbe per i bambini che muoiono in tenera età di venirvi a passare alcuni anni, alcuni mesi, alcune ore, un tempo, insomma, durante il quale non possono acquisirvi nulla? Lo stesso è per gli handicappati. Una teoria è ritenuta buona solo a condizione che risolva tutti i problemi che i essa si collegano. La questione delle morti premature è stata la pietra d'intralcio per tutte le dottrine, eccetto che per la Dottrina Spiritista, che, unica, l'ha risolta in maniera razionale e completa.
Per il progresso di coloro che svolgono sulla Terra una missione normale, c'è un vantaggio reale nel ritrovarsi nello stesso ambiente, per continuarvi ciò che avevano lasciato incompiuto, spesso nella medesima famiglia, o in contatto con le stesse persone, cui si è fatto del male, e poterlo così riparare, o per subirvi la pena del taglione.
Emigrazioni e immigrazioni degli Spiriti
35. Nell'intervallo delle
loro esistenze corporali, gli Spiriti si trovano in stato di erraticità e
compongono la popolazione spirituale dell'ambiente Terra. Attraverso le
morti e le nascite, queste due popolazioni si riversano incessantemente
l'una nell'altra. Ci sono dunque giornalmente delle emigrazioni dal
mondo corporale verso il mondo spirituale e delle immigrazioni dal mondo
spirituale verso il mondo corporale: è lo stato normale.
36. In certe epoche,
determinate dalla saggezza divina, queste emigrazioni e queste
immigrazioni si effettuano in masse più o meno considerevoli, in
conseguenza delle grandi rivoluzioni che ne causano la partenza
simultanea di quantità enormi, le quali sono ben presto rimpiazzate da
quantità equivalenti di incarnazioni. Bisogna quindi considerare i
flagelli distruttori e i cataclismi come occasioni di partenze e arrivi
collettivi, di mezzi provvidenziali per rinnovare la popolazione
corporale del globo e per ritemprarla con l'introduzione di nuovi
elementi spirituali più purificati. Se in queste catastrofi c'è la
distruzione di un grande numero di corpi, ciò non è da considerarsi
altro che una lacerazione di indumenti, ma nessuno Spirito perisce.
Essi non fanno altro che cambiare ambiente; poi, invece di partire isolatamente, partono in gran numero. Questa è tutta la differenza, dal momento che, si parta per una causa o per un'altra, resta pur sempre il fatto che tutti si deve fatalmente partire presto o tardi.
I rinnovamenti rapidi e quasi istantanei che si operano nell'elemento spirituale della popolazione, in seguito ai flagelli distruttori, accelerano il progresso sociale. Senza le emigrazioni e le immigrazioni che vengono di quando in quando a dargli un violento impulso, il progresso avanzerebbe con estrema lentezza.
È da notare che tutte le grandi calamità che decimano le popolazioni sono sempre seguite da un'era di progresso nell'ordine fisico, intellettuale o morale e, di conseguenza, nello stato sociale delle nazioni in cui tali calamità avvengono. Il fatto è che esse hanno come scopo di effettuare un rimodellamento nella popolazione spirituale, che è la popolazione normale e attiva del globo.
Essi non fanno altro che cambiare ambiente; poi, invece di partire isolatamente, partono in gran numero. Questa è tutta la differenza, dal momento che, si parta per una causa o per un'altra, resta pur sempre il fatto che tutti si deve fatalmente partire presto o tardi.
I rinnovamenti rapidi e quasi istantanei che si operano nell'elemento spirituale della popolazione, in seguito ai flagelli distruttori, accelerano il progresso sociale. Senza le emigrazioni e le immigrazioni che vengono di quando in quando a dargli un violento impulso, il progresso avanzerebbe con estrema lentezza.
È da notare che tutte le grandi calamità che decimano le popolazioni sono sempre seguite da un'era di progresso nell'ordine fisico, intellettuale o morale e, di conseguenza, nello stato sociale delle nazioni in cui tali calamità avvengono. Il fatto è che esse hanno come scopo di effettuare un rimodellamento nella popolazione spirituale, che è la popolazione normale e attiva del globo.
37. Questo mescolamento, che
avviene tra la popolazione incarnata e la popolazione disincarnata di
uno stesso pianeta, egualmente avviene tra i mondi, sia individualmente
nelle condizioni normali, sia in massa nelle circostanze speciali. Ci
sono dunque delle emigrazioni e delle immigrazioni collettive da un
mondo all'altro. Ne deriva l'introduzione, nella popolazione di uno di
essi, di elementi completamente nuovi; di nuove razze di Spiriti che,
venendo a mescolarsi alle razze esistenti, costituiscono nuove razze di
uomini. Ora, siccome gli Spiriti non perdono mai ciò che hanno
acquisito, essi portano con sé l'intelligenza e l'intuizione delle
conoscenze che possiedono. Di conseguenza, imprimono il loro carattere
alla razza corporea che vengono ad animare. Non hanno bisogno per questo
che nuovi corpi siano creati in modo specifico per loro; poiché la
specie corporea esiste, essi trovano sempre corpi pronti ad accoglierli.
Sono, dunque, semplicemente dei nuovi abitanti; arrivando sulla Terra,
essi fanno dapprima parte della sua popolazione spirituale, poi
s'incarnano come gli altri.
Razza adamitica
38. Secondo l'insegnamento degli Spiriti, è una di queste grandi immigrazioni o, se si preferisce, una di queste colonie di Spiriti, venuti da un'altra sfera, ad aver dato origine alla razza simbolizzata nella persona di Adamo e, per questa ragione, chiamata razza adamitica. Quando questa è arrivata, la Terra era popolata da tempo immemorabile, come l'America quando vi sono giunti gli europei.
La razza adamitica, più avanzata delle razze che l'avevano preceduta sulla Terra, è in effetti la più intelligente ed è quella che spinge al progresso tutte le altre. La Genesi ce la mostra, fin dai suoi inizi, industriosa, atta alle arti e alle scienze, senza esser passata attraverso l'infanzia intellettuale, la qual cosa non è caratteristica delle razze primitive, ma concorda con l'opinione 'secondo cui si componeva di Spiriti che erano già progrediti. Tutto prova che tale razza non è affatto antica sulla Terra, e nulla si oppone all'ipotesi che essa si trovi qui soltanto da alcune migliaia di anni. Ciò non sarebbe in contraddizione né con le prove geologiche né con le osservazioni antropologiche, anzi tenderebbe, al contrario, a confermarle.
La razza adamitica, più avanzata delle razze che l'avevano preceduta sulla Terra, è in effetti la più intelligente ed è quella che spinge al progresso tutte le altre. La Genesi ce la mostra, fin dai suoi inizi, industriosa, atta alle arti e alle scienze, senza esser passata attraverso l'infanzia intellettuale, la qual cosa non è caratteristica delle razze primitive, ma concorda con l'opinione 'secondo cui si componeva di Spiriti che erano già progrediti. Tutto prova che tale razza non è affatto antica sulla Terra, e nulla si oppone all'ipotesi che essa si trovi qui soltanto da alcune migliaia di anni. Ciò non sarebbe in contraddizione né con le prove geologiche né con le osservazioni antropologiche, anzi tenderebbe, al contrario, a confermarle.
39. La dottrina che fa
procedere tutto il genere umano da una sola individualità, da seimila
anni, non è ammissibile allo stato attuale delle conoscenze.
Riassumeremo ora i vari punti delle principali considerazioni, che
contraddicono tale dottrina, tratte dall'ordine fisico e dall'ordine
morale.
Dal punto di vista fisiologico, certe razze presentano particolari tipi caratteristici che non consentono di assegnare loro una origine comune. Ci sono differenze che non sono, in modo evidente l'effetto del clima, poiché i bianchi che si riproducono nel paese dei negri non diventano neri, e viceversa. L'ardore del sole brucia e abbronza l'epidermide, ma non ha mai trasformato un bianco in negro, non ha mai appiattito il naso, cambiato la linea dei tratti della fisionomia, né reso crespi e lanosi dei capelli lunghi e setosi. Si sa oggi che il colore della pelle del negro proviene da un particolare tessuto sottocutaneo che attiene alla specie.
Bisogna, perciò, considerare le razze negre, mongoliche, caucasiche come razze che hanno una loro propria origine e che hanno tratto origine simultaneamente o successivamente su differenti parti del globo; il loro incrocio ha prodotto le razze miste secondarie. I caratteri fisiologici delle razze primitive sono l'indice evidente che esse provengono da tipi speciali. Le stesse considerazioni si applicano, di conseguenza, all'uomo come agli animali, per quanto concerne la pluralità delle stirpi (cap. X, n. 2 e ss.).
Dal punto di vista fisiologico, certe razze presentano particolari tipi caratteristici che non consentono di assegnare loro una origine comune. Ci sono differenze che non sono, in modo evidente l'effetto del clima, poiché i bianchi che si riproducono nel paese dei negri non diventano neri, e viceversa. L'ardore del sole brucia e abbronza l'epidermide, ma non ha mai trasformato un bianco in negro, non ha mai appiattito il naso, cambiato la linea dei tratti della fisionomia, né reso crespi e lanosi dei capelli lunghi e setosi. Si sa oggi che il colore della pelle del negro proviene da un particolare tessuto sottocutaneo che attiene alla specie.
Bisogna, perciò, considerare le razze negre, mongoliche, caucasiche come razze che hanno una loro propria origine e che hanno tratto origine simultaneamente o successivamente su differenti parti del globo; il loro incrocio ha prodotto le razze miste secondarie. I caratteri fisiologici delle razze primitive sono l'indice evidente che esse provengono da tipi speciali. Le stesse considerazioni si applicano, di conseguenza, all'uomo come agli animali, per quanto concerne la pluralità delle stirpi (cap. X, n. 2 e ss.).
40. Adamo e i suoi
discendenti sono rappresentati nella Genesi come uomini essenzialmente
intelligenti, poiché, fin dalla seconda generazione, costruiscono città,
coltivano la terra, lavorano i metalli. Rapidi e costanti nel tempo
sono i loro progressi nelle arti e nelle scienze. Non si potrebbe,
pertanto, concepire che questa stirpe abbia avuto per discendenti popoli
numerosi così arretrati, d'una intelligenza tanto rudimentale, che
ancor oggi essi sfiorano l'animalità; popoli che avrebbero perduto ogni
traccia e perfino il minimo ricordo di ciò che facevano i loro padri.
Una differenza così radicale nelle attitudini intellettive e nello
sviluppo morale attesta, con non meno evidenza, una differenza
d'origine.
41. Indipendentemente dai
fatti geologici, la prova dell'esistenza dell'uomo sulla Terra prima
dell'epoca fissata dalla Genesi è tratta dalla popolazione del globo.
Senza parlare della cronologia cinese, che risale, si dice, a trentamila anni fa, documenti più autentici attestano che l'Egitto, l'India e altri paesi erano popolati e fiorenti almeno tremila anni prima dell'era cristiana e, di conseguenza, mille anni dopo la creazione del primo uomo, secondo la cronologia biblica. Documenti e osservazioni recenti non lasciano oggi alcun dubbio sui rapporti che sono esistiti tra l'America e gli antichi Egizi. Da ciò, bisogna concludere che quel paese, a quell'epoca, era già popolato. Bisognerebbe allora ammettere che in mille anni la posterità di un solo uomo ha potuto coprire la maggior parte della Terra. Orbene, una simile fecondità sarebbe in antagonismo con tutte le leggi antropologiche. [48]
"Non è opportuno pubblicare prematuramente le scoperte fatte, dal punto di vista della storia dell'uomo, dalla recente spedizione scientifica del Messico. Tuttavia nulla si oppone affinché il pubblico sappia, fin d'ora, che l'esplorazione ha segnalato l'esistenza di un gran numero di città, con il tempo scomparse, ma che il piccone e l'incendio possono trarre dalla loro tomba. Gli scavi hanno dappertutto portato alla luce tre strati di civilizzazione che sembrano dare al mondo americano un'antichità favolosa".
È così che, ogni giorno, la scienza viene a dare la smentita dei fatti alla dottrina che limita a 6000 anni fa l'apparizione dell'uomo sulla Terra e pretende di farlo derivare da un'unica stirpe.
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[48] L'Esposizione Universale del 1867 ha presentato delle antichità provenienti dal Messico, che non lasciano alcun dubbio sui rapporti che i popoli di questo paese hanno avuto con gli antichi Egizi. Léon Méchedin, in una nota affissa nel tempio messicano dell'Esposizione, si esprimeva così:
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Senza parlare della cronologia cinese, che risale, si dice, a trentamila anni fa, documenti più autentici attestano che l'Egitto, l'India e altri paesi erano popolati e fiorenti almeno tremila anni prima dell'era cristiana e, di conseguenza, mille anni dopo la creazione del primo uomo, secondo la cronologia biblica. Documenti e osservazioni recenti non lasciano oggi alcun dubbio sui rapporti che sono esistiti tra l'America e gli antichi Egizi. Da ciò, bisogna concludere che quel paese, a quell'epoca, era già popolato. Bisognerebbe allora ammettere che in mille anni la posterità di un solo uomo ha potuto coprire la maggior parte della Terra. Orbene, una simile fecondità sarebbe in antagonismo con tutte le leggi antropologiche. [48]
"Non è opportuno pubblicare prematuramente le scoperte fatte, dal punto di vista della storia dell'uomo, dalla recente spedizione scientifica del Messico. Tuttavia nulla si oppone affinché il pubblico sappia, fin d'ora, che l'esplorazione ha segnalato l'esistenza di un gran numero di città, con il tempo scomparse, ma che il piccone e l'incendio possono trarre dalla loro tomba. Gli scavi hanno dappertutto portato alla luce tre strati di civilizzazione che sembrano dare al mondo americano un'antichità favolosa".
È così che, ogni giorno, la scienza viene a dare la smentita dei fatti alla dottrina che limita a 6000 anni fa l'apparizione dell'uomo sulla Terra e pretende di farlo derivare da un'unica stirpe.
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[48] L'Esposizione Universale del 1867 ha presentato delle antichità provenienti dal Messico, che non lasciano alcun dubbio sui rapporti che i popoli di questo paese hanno avuto con gli antichi Egizi. Léon Méchedin, in una nota affissa nel tempio messicano dell'Esposizione, si esprimeva così:
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42. L'impossibilità diventa ancora più evidente se si ammette, con la Genesi, che il diluvio ha distrutto tutto il genere umano, a
eccezione di Noè e della sua famiglia, che non era numerosa, nell'anno
del mondo 1656, ossia 2348 anni prima dell'era cristiana. In realtà
sarebbe, dunque, soltanto da Noè che daterebbe il popolamento del globo.
Ora, quando gli Ebrei si stabilirono in Egitto, 612 anni dopo il
diluvio, c'era già un potente impero, che sarebbe stato popolato — senza
parlare degli altri paesi —, in meno di sei secoli, dai soli
discendenti di Noè, la qual cosa non è ammissibile.
Osserviamo, incidentalmente, che gli Egizi accolsero gli Ebrei come stranieri. Ci sarebbe da meravigliarsi che avessero perduto il ricordo di una comunanza di origine così vicina, mentre conservavano religiosamente i monumenti della loro storia.
Una logica rigorosa, corroborata dai fatti, dimostra quindi nella maniera più perentoria che l'uomo è sulla Terra da un tempo indeterminato, molto anteriore all'epoca assegnata dalla Genesi. Lo stesso accadde per quanto riguarda la diversità delle stirpi primitive: infatti, dimostrare l'impossibilità di una proposizione significa dimostrare la proposizione contraria. Se la geologia scopre tracce autentiche della presenza dell'uomo prima del grande periodo diluviale, la dimostrazione sarà ancora più assoluta.
Osserviamo, incidentalmente, che gli Egizi accolsero gli Ebrei come stranieri. Ci sarebbe da meravigliarsi che avessero perduto il ricordo di una comunanza di origine così vicina, mentre conservavano religiosamente i monumenti della loro storia.
Una logica rigorosa, corroborata dai fatti, dimostra quindi nella maniera più perentoria che l'uomo è sulla Terra da un tempo indeterminato, molto anteriore all'epoca assegnata dalla Genesi. Lo stesso accadde per quanto riguarda la diversità delle stirpi primitive: infatti, dimostrare l'impossibilità di una proposizione significa dimostrare la proposizione contraria. Se la geologia scopre tracce autentiche della presenza dell'uomo prima del grande periodo diluviale, la dimostrazione sarà ancora più assoluta.
Dottrina degli angeli decaduti e del paradiso perduto
Dottrina degli angeli decaduti e del paradiso perduto [49]
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[49] Quando, nella Rivista Spiritista del gennaio 1862, noi abbiamo pubblicato un articolo sulla interpretazione della dottrina degli angeli decaduti, abbiamo presentato questa teoria solo come ipotesi, avendo noi solo l'autorità di una opinione personale controvertibile, perché difettavamo allora di elementi sufficientemente completi per un'affermazione assoluta. Noi l'abbiamo esposta a titolo di saggio, con l'intenzione di provocarne l'analisi, ben determinati ad abbandonarla o a modificarla, se fosse stato necessario. Oggi, questa teoria ha subito la prova del controllo universale. Non solo essa è stata accolta, dalla grande maggioranza degli Spiritisti, quale la più razionale e la più conforme alla sovrana giustizia di Dio, ma è stata anche confermata dalla generalità delle istruzioni date dagli Spiriti su questo argomento. La stessa cosa si è verificata con quanto concerne l'origine della razza adamitica.
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43. I mondi progrediscono fisicamente attraverso l'elaborazione della materia e moralmente attraverso la purificazione degli Spiriti che tali mondi abitano. La felicità in essi è direttamente proporzionale al predominio del bene sul male, e il predominio del bene è il risultato dell'avanzamento morale degli Spiriti. Il progresso intellettuale non è sufficiente, poiché con la sola intelligenza essi possono anche fare del male.
Quando, dunque, un mondo è giunto in uno dei suoi periodi di trasformazione, al fine di salire nella gerarchia dei mondi, nella sua popolazione incarnata e disincarnata si operano dei mutamenti; è allora che avvengono le grandi emigrazioni e immigrazioni (nn. 34 e 35). Coloro che, malgrado la loro intelligenza e il loro sapere, hanno perseverato nel male, nella loro ribellione contro Dio e contro le sue leggi, sarebbero ormai un ostacolo per l'ulteriore progresso morale, una permanente causa di turbamento per la tranquillità e la felicità dei buoni. Ed è appunto per questo che ne vengono esclusi e inviati in mondi meno avanzati. Qui essi applicheranno la loro intelligenza e l'intuizione delle conoscenze che hanno acquisite, al progresso di coloro tra i quali sono chiamati a vivere. Nello stesso tempo, espieranno così, in una serie di esistenze dolorose e con un duro lavoro, le loro colpe passate e il loro volontario indurimento.
Che cosa saranno mai tali esseri, fra quelle popolazioni, nuove per loro e che ancora sono nello stato d'infanzia della barbarie, se non degli angeli o Spiriti decaduti inviati in espiazione? La terra da cui essi sono stati espulsi non è forse per loro un paradiso perduto? Non era forse per loro un luogo di delizie, in confronto all'ambiente ingrato in cui vanno a trovarsi, relegati per migliaia di secoli, fino a quando non avranno meritato la loro liberazione? Il vago ricordo intuitivo, che della terra da dove sono venuti custodiscono, è come un lontano miraggio che ricorda loro quanto per loro stessa colpa hanno perduto.
44. Ma i malvagi, nel tempo
stesso in cui si allontanano dal mondo che abitavano, vengono sostituiti
da Spiriti migliori, provenienti sia dall'erraticità, concernente
questo stesso mondo, sia da un mondo meno avanzato che essi hanno
meritato di lasciare: per questi la nuova residenza è una ricompensa.
Venendo così la popolazione spirituale rinnovata e purificata dei suoi
peggiori elementi, lo stato morale del mondo, dopo qualche tempo, si
trova migliorato.
Questi mutamenti sono alcune volte parziali, cioè limitati a un popolo, a una razza; altre volte sono generali, quando, cioè, è arrivato per il globo il periodo del rinnovamento.
Questi mutamenti sono alcune volte parziali, cioè limitati a un popolo, a una razza; altre volte sono generali, quando, cioè, è arrivato per il globo il periodo del rinnovamento.
45. La razza adamitica ha
tutti i caratteri di una razza colpita da proscrizione. Gli Spiriti che
di essa fanno parte sono stati esiliati sulla Terra, che era già
popolata, ma da uomini ancora primitivi, immersi nell'ignoranza. Questi
Spiriti esiliati hanno avuto come missione quella di far progredire la
Terra, apportando fra quei primitivi i lumi di una intelligenza
sviluppata. Non è forse questo, in effetti, il ruolo che tale razza ha
svolto fino a oggi? La loro superiorità intellettuale prova che il mondo
da cui provenivano era più avanzato della Terra. Ma dovendo quel mondo
entrare in una nuova fase di progresso, e non avendo saputo tali
Spiriti, data la loro ostinazione, porsi all'altezza di quel progresso,
vi si sarebbero trovati fuori posto e avrebbero costituito un ostacolo
alla marcia provvidenziale delle cose. È per questo che ne sono stati
esclusi, mentre altri hanno meritato di sostituirli.
Relegando quella razza su questa terra di fatiche e di sofferenze, con ragione Dio ha detto: "Da essa tu trarrai il tuo nutrimento col sudore della tua fronte". Nella Sua bontà Egli ha promesso all'uomo di quella razza che gli avrebbe inviato un Salvatore, colui cioè che lo avrebbe illuminato sul cammino da seguire per uscire da quel luogo di miseria, da quell'inferno, e giungere alla felicità degli eletti. Questo Salvatore glielo ha inviato nella persona del Cristo, che ha insegnato la legge d'amore e di carità da quell'uomo sconosciuta e che sarebbe stata la vera ancora di salvezza.
È ugualmente con l'obiettivo di far avanzare l'umanità in un determinato senso che Spiriti superiori, pur senza avere le qualità del Cristo, s'incarnano di quando in quando sulla Terra per compiervi missioni speciali, che sono di vantaggio, nel tempo stesso, al loro personale avanzamento, se essi le compiono in accordo con i disegni del Creatore.
Relegando quella razza su questa terra di fatiche e di sofferenze, con ragione Dio ha detto: "Da essa tu trarrai il tuo nutrimento col sudore della tua fronte". Nella Sua bontà Egli ha promesso all'uomo di quella razza che gli avrebbe inviato un Salvatore, colui cioè che lo avrebbe illuminato sul cammino da seguire per uscire da quel luogo di miseria, da quell'inferno, e giungere alla felicità degli eletti. Questo Salvatore glielo ha inviato nella persona del Cristo, che ha insegnato la legge d'amore e di carità da quell'uomo sconosciuta e che sarebbe stata la vera ancora di salvezza.
È ugualmente con l'obiettivo di far avanzare l'umanità in un determinato senso che Spiriti superiori, pur senza avere le qualità del Cristo, s'incarnano di quando in quando sulla Terra per compiervi missioni speciali, che sono di vantaggio, nel tempo stesso, al loro personale avanzamento, se essi le compiono in accordo con i disegni del Creatore.
46. Senza la reincarnazione,
la missione del Cristo sarebbe un nonsenso, così come la promessa fatta
da Dio. Supponiamo, infatti, che l'anima di ogni uomo sia creata al
momento della nascita del suo corpo e che non faccia che apparire e
scomparire sulla Terra: nessuna relazione ci sarebbe allora tra quelle
che sono venute dopo Adamo fino a Gesù Cristo, né tra quelle che sono
venute dopo. Esse sono tutte estranee le une alle altre. La promessa di
un Salvatore, fatta da Dio, non si sarebbe potuta estendere ai
discendenti di Adamo, se le loro anime non fossero state ancora create.
Perché la missione del Cristo potesse corrispondere alle parole di Dio,
era necessario che si potesse applicare alle stesse anime. Se tali anime
sono nuove, non possono essere macchiate dalla colpa del primo padre,
che è solo il padre carnale e non il padre spirituale; altrimenti Dio
avrebbe creato delle anime macchiate da una
colpa che non poteva estendersi su di loro, poiché esse non esistevano.
La dottrina comune del peccato originale implica, quindi, la necessità
di una relazione tra le anime del tempo del Cristo e quelle del tempo di
Adamo e, di conseguenza, la reincarnazione.
Ammettete che tutte queste anime facevano parte della colonia di Spiriti esiliati sulla Terra al tempo di Adamo; che esse erano macchiate dai vizi che le avevano fatte escludere da un mondo migliore, e voi avrete la sola interpretazione razionale del peccato originale, peccato peculiare di ogni individuo e non il risultato della responsabilità della colpa di un altro, che egli non ha mai conosciuto. Ammettete che queste anime o Spiriti rinascono alla vita corporale sulla Terra, a diverse riprese, per progredire e purificarsi; che il Cristo è venuto a illuminare queste stesse anime non soltanto per le loro vite passate, ma per le loro vite successive, e solo allora voi darete alla sua missione uno scopo serio e reale, accettabile dalla ragione.
Ammettete che tutte queste anime facevano parte della colonia di Spiriti esiliati sulla Terra al tempo di Adamo; che esse erano macchiate dai vizi che le avevano fatte escludere da un mondo migliore, e voi avrete la sola interpretazione razionale del peccato originale, peccato peculiare di ogni individuo e non il risultato della responsabilità della colpa di un altro, che egli non ha mai conosciuto. Ammettete che queste anime o Spiriti rinascono alla vita corporale sulla Terra, a diverse riprese, per progredire e purificarsi; che il Cristo è venuto a illuminare queste stesse anime non soltanto per le loro vite passate, ma per le loro vite successive, e solo allora voi darete alla sua missione uno scopo serio e reale, accettabile dalla ragione.
47. Un noto esempio, che colpisce per la sua analogia, farà ancor meglio comprendere i principi che sono stati appena esposti.
Il 24 maggio 1861, la fregata Iphigénie trasportò nella Nuova Caledonia una compagnia disciplinare composta da 291 uomini. All'arrivo, il comandante della colonia, rivolse loro un ordine del giorno così concepito:
“Mettendo piede su questa terra lontana, voi avete già compreso il molo che a voi è riservato.
Sull'esempio dei bravi soldati della nostra marina, che servono sotto il vostro sguardo, voi ci aiuterete a portare con fulgore, in mezzo alle tribù selvagge della Nuova Caledonia, la fiaccola della civilizzazione. Io vi chiedo: non è forse questa una bella e nobile missione? Voi la porterete a termine degnamente.
Ascoltate la voce e i consigli dei vostri capi. Io sono alla loro testa. Che le mie parole siano ben comprese.
La scelta del vostro comandante, dei vostri ufficiali, dei vostri sottufficiali e dei vostri caporali costituisce una sicura garanzia che tutti gli sforzi saranno tentati per fare di voi degli eccellenti soldati. Dirò di più: per elevarvi all'altezza di buoni cittadini e per trasformarvi in rispettabili coloni, se voi lo desiderate.
La vostra disciplina sarà severa. Deve esserlo. Affidata nelle nostre mani, essa sarà ferma e inflessibile, sappiatelo; così come sarà anche giusta e paterna, e saprà distinguere l'errore dal vizio e dalla degradazione..."
Ecco dunque degli uomini espulsi, per la loro cattiva condotta, e inviati per punizione in mezzo a un popolo barbaro. Che cosa dice il loro capo?: "Voi avete infranto le leggi del vostro paese; là siete stati causa di perturbazione e di scandalo e ne siete stati cacciati. Siete stati inviati qui, ma voi qui potete riscattare il vostro passato. Voi potete, con il lavoro, crearvi qui una posizione rispettabile e divenire così degli onesti cittadini. Voi avete una bella missione da compiere, quella di portare la civilizzazione fra queste tribù selvagge. La disciplina sarà severa, ma giusta, e noi sapremo distinguere coloro che si condurranno bene. La vostra sorte è nelle vostre mani. Voi potete migliorarla, se lo desiderate, perché avete il vostro libero arbitrio".
Per questi uomini gettati in mezzo a tribù di selvaggi, la madre patria non è forse un paradiso perduto per loro colpa, per la loro ribellione alla legge? Su questa terra lontana, non sono essi degli angeli decaduti? Il linguaggio del comandante non è forse quello che usò Dio parlando agli Spiriti esiliati sulla Terra?: "Voi avete disobbedito — Egli disse — alle mie leggi, ed è per questo che vi ho cacciato via dal mondo dove avreste potuto vivere felici e in pace. Qui voi sarete condannati al lavoro, ma potrete, con la vostra buona condotta, meritare il perdono e riconquistare la patria, che per vostra colpa avete perduta, cioè il cielo".
Il 24 maggio 1861, la fregata Iphigénie trasportò nella Nuova Caledonia una compagnia disciplinare composta da 291 uomini. All'arrivo, il comandante della colonia, rivolse loro un ordine del giorno così concepito:
“Mettendo piede su questa terra lontana, voi avete già compreso il molo che a voi è riservato.
Sull'esempio dei bravi soldati della nostra marina, che servono sotto il vostro sguardo, voi ci aiuterete a portare con fulgore, in mezzo alle tribù selvagge della Nuova Caledonia, la fiaccola della civilizzazione. Io vi chiedo: non è forse questa una bella e nobile missione? Voi la porterete a termine degnamente.
Ascoltate la voce e i consigli dei vostri capi. Io sono alla loro testa. Che le mie parole siano ben comprese.
La scelta del vostro comandante, dei vostri ufficiali, dei vostri sottufficiali e dei vostri caporali costituisce una sicura garanzia che tutti gli sforzi saranno tentati per fare di voi degli eccellenti soldati. Dirò di più: per elevarvi all'altezza di buoni cittadini e per trasformarvi in rispettabili coloni, se voi lo desiderate.
La vostra disciplina sarà severa. Deve esserlo. Affidata nelle nostre mani, essa sarà ferma e inflessibile, sappiatelo; così come sarà anche giusta e paterna, e saprà distinguere l'errore dal vizio e dalla degradazione..."
Ecco dunque degli uomini espulsi, per la loro cattiva condotta, e inviati per punizione in mezzo a un popolo barbaro. Che cosa dice il loro capo?: "Voi avete infranto le leggi del vostro paese; là siete stati causa di perturbazione e di scandalo e ne siete stati cacciati. Siete stati inviati qui, ma voi qui potete riscattare il vostro passato. Voi potete, con il lavoro, crearvi qui una posizione rispettabile e divenire così degli onesti cittadini. Voi avete una bella missione da compiere, quella di portare la civilizzazione fra queste tribù selvagge. La disciplina sarà severa, ma giusta, e noi sapremo distinguere coloro che si condurranno bene. La vostra sorte è nelle vostre mani. Voi potete migliorarla, se lo desiderate, perché avete il vostro libero arbitrio".
Per questi uomini gettati in mezzo a tribù di selvaggi, la madre patria non è forse un paradiso perduto per loro colpa, per la loro ribellione alla legge? Su questa terra lontana, non sono essi degli angeli decaduti? Il linguaggio del comandante non è forse quello che usò Dio parlando agli Spiriti esiliati sulla Terra?: "Voi avete disobbedito — Egli disse — alle mie leggi, ed è per questo che vi ho cacciato via dal mondo dove avreste potuto vivere felici e in pace. Qui voi sarete condannati al lavoro, ma potrete, con la vostra buona condotta, meritare il perdono e riconquistare la patria, che per vostra colpa avete perduta, cioè il cielo".
48. Di
primo acchito, l'idea della caduta sembra in contraddizione con il
principio secondo cui gli Spiriti non possono retrocedere. Ma si deve
considerare che in questo caso non si tratta affatto di un ritorno allo
stato primitivo: lo Spirito, benché in una posizione inferiore, non
perde nulla di quanto ha acquisito; il suo sviluppo morale e
intellettivo è il medesimo, qualunque sia l'ambiente dove egli si trovi
collocato. Lo Spirito è nella posizione dell'uomo del mondo condannato
al bagno penale per i suoi misfatti. Di certo, egli è degradato,
decaduto dal punto di vista sociale, ma non diventa né più stupido né
più ignorante.
49. Si crede forse, ora, che
quegli uomini inviati nella Nuova Caledonia si trasformeranno
improvvisamente in modelli di virtù? Che, di colpo, rinnegheranno i loro
passati errori? Si dovrebbe non conoscere l'umanità per supporlo. Per
la medesima ragione, gli Spiriti della razza adamitica, una volta
trapiantati sulle terra d'esilio, non hanno istantaneamente deposto il
loro orgoglio e i loro istinti malvagi. Per lungo tempo ancora, essi
hanno conservato le tendenze della loro origine, un resto del vecchio
fermento. Orbene, non è forse questo il peccato originale?